Capitolo 37: Una forza donata
In India, all’interno della Nera Torre in cui le divinità induiste avevano affrontato per due giorni di fila i loro nemici, tre figure camminavano lungo percorsi diversi, diretti ognuno verso un nemico differente da combattere e, possibilmente, vincere.
Camus dell’Acquario aveva preso la strada che scendeva ripida verso le fondamenta della costruzione, subito, mentre continuava quella lunga discesa, alla mente del santo d’oro tornò il resoconto di Jenghis, riguardo al nemico che aveva affrontato il giorno prima in uno strano lago al di sotto della Torre.
La camminata del cavaliere dell’Acquario, però, si fermò all’improvviso per un forte rumore che tuonò tutt’intorno al gold saint. Inaspettatamente delle colonne d’acqua esplosero intorno al guerriero, distruggendo la lunga scalinata che lui percorreva e facendolo cadere per diversi metri in un baratro che sembrava senza fine.
Dopo una caduta interminabile ed un potente tonfo, Camus si riprese e notò di essere dentro un gigantesco lago sotterraneo, o, più probabilmente un fiume, un immenso fiume.
"Bene, dunque dopo aver combattuto per due giorni con quel guerriero dalle vestigia verdi seguace di Ares, oggi avrò l’onore di affrontare uno dei fantomatici cavalieri d’oro, i difensori della Giustizia", esclamò con tono ironico una voce, mentre una figura prendeva lentamente forma dall’acqua, apparendo dinanzi al figlio di Hyoga.
"Immagino tu sia Varuna, il dio dell’Acqua?", domandò il giovane cavaliere d’oro, "Si, esatto, mentre tu chi sei?", domandò con tono disinteressato la divinità indiana, "Camus dell’Acquario, figlio ed allievo del Cigno Divino", si presentò il santo di Atena, espandendo il proprio cosmo gelido.
"Mostrami che sai fare, cavaliere d’oro, forza", lo sfidò subito Varuna, "altrimenti non potrai aiutare quel tuo alleato che si è diretto dal grande Indra e che di certo non può aspettarsi niente di più della morte", ridacchiò la divinità, invitando il nemico ad attaccarlo.
"Diamond Dust", invocò subito dopo Camus, scatenando il colpo base che suo padre gli aveva trasmesso e dirigendo con impetuosità contro l’avversario divino.
La polvere di Diamanti, però, non raggiunse mai Varuna, fu fermata molto prima da una gigantesca barriera che si sviluppò dall’acqua stessa. Camus non poté far altro che osservare il suo attacco mentre l’acqua si increspava lievemente per fermarne l’avanzata.
"Acqua in grado di fermare il mio ghiaccio?", si domandò sorpreso il cavaliere, preparandosi ad attaccare di nuovo, ma ancora una volta la "Polvere di Diamanti" fu fermata da quella barriera acquatica.
"Se speravi di congelare le acque di cui sono padrone, allora hai sbagliato i tuoi calcoli, cavaliere d’oro, poiché queste acque sono animate dal mio cosmo divino e possono resistere a temperature prossime allo zero assoluto grazie alla mia volontà", spiegò il dio, mentre lentamente una nuvola di vapore si andava sviluppando sopra di lui, dirigendosi, oscura e silenziosa, verso il figlio di Hyoga.
"Ora, è il mio turno di attaccare, quindi alza le difese, cavaliere", minacciò Varuna, "Poison Rain", invocò poi, scatenando la pioggia corrosiva e velenosa contro il nemico.
Camus ampliò il suo cosmo, "Kolito", invocò poi, innalzando la barriera di anelli di ghiaccio che più volte aveva già usato suo padre.
Una risata proruppe dalle labbra di Varuna mentre la pioggia velenosa investiva il nemico, sciogliendo quella difesa di ghiaccio e danneggiando il corpo stesso del cavaliere d’oro nei punti in cui l’armatura non lo proteggeva.
Il cosmo nemico era incredibilmente potente ed in quel momento, Camus si sentì mancare, ustioni e dolori gli erano portati da quella particolare pioggia violacea, costringendolo a chinarsi in parte verso la superficie dell’acqua, ma poi, il cavaliere d’oro si rialzò, forse spinto più dalla propria determinazione che da altre motivazioni.
Si sollevò in piedi Camus, iniziando la stessa danza che più volte il padre e maestro aveva compiuto nelle sue passate battaglie. Il cosmo del cavaliere d’oro aveva ormai raggiunto lo zero assoluto, fu allora che il custode dell’Undicesima Casa attaccò, "Aurora Thunder Attack", invocò il santo d’oro, scatenando quel colpo così potente e maestoso.
L’ondata d’energia corse verso il dio nemico, il quale sollevò ancora una volta le sue difese, ma, con sua gran sorpresa, questa volta lo scudo d’acqua fu completamente congelato dal portentoso attacco nemico.
"Meglio del colpo precedente, ma non sufficiente contro un dio", replicò Varuna, espandendo ancora di più il suo cosmo, che trattenne la potenza dell’Aurora del Nord, lasciando implodere l’attacco.
Camus fu sorpreso da ciò che vide, ma ancora più sbalorditivo fu ciò che accadeva all’acqua intorno alle sue gambe: stava aumentando di volume, come se una sorgente nascosta ne inserisse altra in quella immensa grotta, "Com’è possibile?", si chiese il cavaliere d’oro, "Il volere di un dio può questo è altro", replicò con tono deciso Varuna, "e tu ti pentirai di avermi istigato ad attaccarti con tale potenza", minacciò poi, mentre l’acqua stava lentamente ricoprendo il corpo di entrambi fino alla cinta.
"Ora muori, cavaliere d’oro, per mano del mio attacco migliore", invocò il dio, "Stretta Velenosa", tuonò poi, mentre una gigantesca onda, simile alla testa di un serpente si lanciava verso il santo d’oro, pronta ad inghiottirlo.
"Aurora Thunder Attack", invocò il cavaliere dell’Acquario, scatenando il proprio attacco, che, però, fu inghiottito dal gigantesco serpente, che, inesorabile, travolse il bersaglio prefissosi.
Lentamente Camus, come prima di lui Jenghis, si ritrovò a roteare in quello che era diventato il corpo del serpente. La rotazione dilaniava la pelle e le vestigia, la corrente lo colpiva più volte con una ferocia senza pari e, nello stesso tempo, una fastidiosa sensazione, come di un malore improvviso, lo invadeva a causa del veleno di cui quel vortice acquatico era composto.
"Dunque così devo cadere?", si domandò infuriato il santo d’oro, la cui ira cresceva insieme alla certezza di perdere la vita in quella battaglia, ma, improvvisamente, un sorriso si stampò sul volto del cavaliere mentre roteava con tanta forza in quel vortice nemico.
Una domanda simile l’aveva posta la sera prima Botan, dopo l’incontro che vi era stato fra tutti in cui Mamyia aveva letto il testo antico trovato nella caverna dei Runouni in Cina.
Camus non aveva fatto caso a quella domanda, mentre altri, come Golia, avevano voluto rispondere alla sacerdotessa d’oro. "Il dubbio non è se moriremo in questa battaglia, ma quanto riusciremo a fare prima di morire", aveva replicato il cavaliere del Toro, "In una battaglia contro degli dei è quasi impossibile uscirne tutti e vincitori, lo sanno bene Endimon, Ilew, Ihi, Jacov e tutti gli altri che sono già caduti in questi due giorni, ma la cosa veramente importante non è se moriremo, ma quanto avremo combattuto per la nostra dea prima di allora", aveva aggiunto Ryo di Libra, "Tutti noi siamo pronti a morire per Atena, seppur alcuni nel momento della battaglia finale potranno mostrarsi titubanti sul campo, ma di certo nessuno di noi cederà il passo, lasciando vincere l’avversario senza combattere fino all’ultimo, proprio come ha fatto Koryo di Seiryu", concluse poi Tok’ra di Virgo, prendendo a sua volta la parola.
Solo i sette gold saints erano nella sala in quel momento e quelle poche parole bastarono a calmare i dubbi sollevati da Botan, che per prima avvicinò la mano al tavolo centrale, seguita poi da Golia, Tok’ra, Ryo, Lorgash, Camus ed Odeon, tutti appoggiarono la mano e se le strinsero vicendevolmente. "Come i nostri maestri e padri, hanno combattuto fino alla fine per la salvezza di tutto il genere umano, così faremo anche noi", aveva detto lo stesso santo dell’Acquario, "Come i precedenti santi d’oro, simili a fratelli ci aiuteremo a vicenda per vincere le battaglie più aspre e riuscire in un’impresa grande e pericolosa, quale sconfiggere i quattro Horsemen ed i loro alleati", aveva aggiunto Odeon, "In molti hanno fiducia in noi, non solo i nostri maestri che ci addestrarono e gli alleati che da noi accettano di riposare ed essere guidati, ma anche gli amici ed i compagni che sono caduti in questa battaglia e nelle precedenti", concluse poi Lorgash di Capricorn, sorridendo ai propri pari, che ricambiarono il gesto.
Questo ricordo prese forma nella mente di Camus, convincendolo che non poteva lasciarsi battere senza raggiungere con almeno un colpo il suo nemico, doveva trovare la forza necessaria per ripetere il miracolo di cui era stato capace contro Cooler della Capra, superare le leggi della fisica e scendere al di sotto dello Zero Assoluto ad una temperatura tale da permettergli di sconfiggere anche un dio come Varuna.
La mente di Camus andò indietro ancora ed ancora, ripensando alle passate battaglie ed agli amici persi, primo fra tutti il fratellastro Fasolt e, più importante anche di lui, i genitori, Flare e Hyoga, che era asceso al titolo di semidivinità della Giustizia insieme ai suoi quattro amici più cari.
Furono questi ricordi a ridare al santo dell’Acquario la determinazione e la forza per scavare dentro di se fino all’ottavo senso, la forza ultima di un cavaliere.
Varuna osservava con soddisfazione il vortice roteare con dentro il cavaliere d’oro, che, girando vorticosamente su se stesso, stava ormai, probabilmente, perdendo anche le ultime forze rimastegli, mentre il veleno e le correnti ne segnavano gli ultimi attimi di vita. Costui non avrebbe tentato una fuga gettando via l’armatura d’oro, non era simile a quel berseker per mosse e stile di lotta, lui puntava più su attacchi diretti e potenti che su tecniche sottili ed ingegnose come il volo dell’Avvoltoio.
Qualcosa accadde però di inaspettato dinanzi al dio, lentamente il vortice si fermò, come paralizzato dall’interno, "Che cosa?", balbettò la divinità, mentre il cosmo dorato e gelido di Camus esplodeva intorno a lui, congelando il vortice prima e poi l’intera superficie acquatica che Varuna comandava.
Il dio si lanciò fuori dell’acqua pochi attimi prima che questa si congelasse intorno al suo corpo, "Ha superato lo Zero Assoluto, com’è possibile ciò? Non pensavo che costui fosse così abile", esclamò sorpresa la divinità, appoggiando i piedi sulla lastra di ghiaccio incredibilmente spesso che era ora sotto di lui.
Il vortice in cui era imprigionato Camus, intanto, si ruppe, lasciando libero il cavaliere d’oro, che atterrò dinanzi al nemico, mentre una pioggia di ghiaccio si schiantava al suolo intorno ai due combattenti.
"Preparati, Varuna, è tempo che il cavaliere dell’Acquario mostri i suoi ultimi attacchi per sconfiggerti", minacciò il santo d’oro con un tono gelido, lanciandosi contro il dio.
"Ice Fist", invocò il cavaliere d’oro, ma il corpo del dio si scompose, diventando acqua, dinanzi al nemico, così da oltrepassarlo, "Speri di battermi così?", domandò divertito Varuna, "Rinuncia, sarà più onorevole per te", lo avvisò poi, ma nuovamente il figlio di Hyoga si lanciò in un attacco alla velocità della luce con il suo "Ice fist", ricevendone il medesimo risultato.
Per tre volte il santo d’oro caricò il nemico alla velocità della luce, ma per tre volte questi ancora gli sfuggì, fermandosi, infine, quando il nemico sembrava ormai stremato.
"Ammetto che tu, cavaliere d’oro, sei riuscito a sorprendermi raggiungendo lo Zero Assoluto ed oltrepassandolo, ma di certo questa faticosa padronanza dell’ultimo livello della conoscenza ti è costata parecchio, sarei stremato e non potrai finirmi con così poche forze, arrenditi, è meglio per te", ridacchiò la divinità, "tra l’altro il mio veleno dovrebbe essere in circolo da molto ormai, è strano che tu non sia ancora caduto al suolo stremato", concluse la divinità, espandendo il proprio cosmo, che, però, non evaporò, stavolta.
"Per quanto tu sia forte, dio indiano, quello che diventi è sempre acqua e l’acqua può congelarsi, anche se riscaldata da un cosmo divino", avvisò il santo d’oro, indicando le zone più chiara del corpo di Varuna, zone il cui colore ricordava quello del ghiaccio sotto i loro piedi.
"Quando hai fatto ciò? Mi hai congelato in cinque punti del corpo?", esclamò sorpreso il dio, "Cinque punti, esatto, uno per ogni attacco che pensavi di schivare diventando liquido, ma purtroppo non sei riuscito a fare quello che speravi, anzi mi hai aiutato nel mio intento, fermarti a sufficienza per finirti", spiegò il figlio di Hyoga.
"A tanto arriva la vostra empietà? Vuoi uccidere un dio?", domandò infuriato Varuna, "Non vorrei dover uccidere una divinità, ma se veramente sei seguace degli Horsemen, allora anche tu minacci la Giustizia con il tuo agire. Inoltre i miei compagni che si dirigono da Indra e dall’altra divinità avranno bisogno di un aiuto, non posso certo fermarmi qui, dinanzi a te, lasciandoli correre da soli dai loro avversari. C’è un legame di profonda amicizia fra noi cavalieri d’oro e verso gli altri alleati che noi si sono presi l’arduo compito di sconfiggervi, non posso lasciarli combattere da soli", spiegò il cavaliere d’oro, congiungendo le mani sopra il capo.
"Ora, Varuna, osserva la forza che mi è stata donata dal mio maestro e padre, Hyoga del Cigno, e che il ricordo di sei amici fidati e di tante persone care mi ha fatto ritrovare, preparati, dio indiano a subire il colpo ultimo dell’Acquario, portato ad una potenza tale da non essere un’esecuzione, ma quasi una fine troppo breve, persino per l’Aurora", avvisò il cavaliere d’oro, "Estinzione dell’Aurora", invocò infine Camus, travolgendo il nemico.
Varuna non ebbe nemmeno il tempo di urlare, il suo corpo divenne subito ghiaccio, frantumandosi in mille pezzi.
Il santo dell’Acquario osservò la grande parete congelata dinanzi a lui e si chiese come avrebbe potuto risalirla, poi, malgrado i dolori provocatigli dal veleno del dio nemico, iniziò la sua scalata su quel muro di ghiaccio che lui stesso aveva creato e che sapeva ben manipolare.
"Un guerriero che trova forza nell’amicizia e nella lealtà verso i compagni, costui non si fermerà nemmeno a causa del veleno di Varuna, vorrei tanto complimentarmi con lui, ma non penso che arriverà a conoscermi", rifletté fra se il dio Indra, che aveva seguito lo scontro grazie al proprio cosmo, mentre i primi passi si iniziavano a sentire dalla scalinata dinanzi alle sue stanze.