Capitolo 34: Argento dorato
Un altro luogo stava per diventare scenario di atroci battaglie, l’India, dove cinque figure erano arrivate dinanzi alla Nera Torre del dio Indra.
"Ecco, cavalieri d’oro, qui noi, Tok’ra ed i nostri compagni abbiamo combattuto. In questo terreno Koryo ha conosciuto la morte per mano di quel terribile Cavaliere", spiegò Ryo di Libra, indicando il suolo dove il giorno prima era caduto il Beast Keeper di Seiryu.
"In questo luogo quel vile essere ha tolto la vita al nostro compagno d’allenamenti?", domandò cupo Lorgash, avanzando verso il portone nero della Torre, finché un cosmo possente lo fermò, aprendo le due immani ante.
"Dunque siete giunti di nuovo presso di noi?", esclamò una voce femminile mentre una figura appariva dinanzi ai cinque.
"Il nostro sommo signore Indra si augurava che voi non tornaste, ma purtroppo dovremo completare questa battaglia", spiegò quella che era chiaramente una divinità, "quindi sarò io il vostro primo ostacolo, cavalieri, Durga, a combattervi, fatevi anche tutti insieme", li sfidò la dea, sollevando la propria ascia.
Ryo si fece avanti in mezzo al gruppo, "Vuoi completare il nostro scontro, dea?", domandò il santo di Libra, "No, cavaliere, se hai intenzione di iniziarne un altro lo accetto, ma non completerò uno scontro passato, per me è già finito, quindi, preferirei affrontare qualcun altro", propose la divinità.
I cinque si guardarono, "Lasciatela a noi", esordì poi la voce di Daidaros, facendosi avanti insieme a Kano del Pavone, "Saremo noi due i suoi avversari", continuò il santo allievo di Kaor.
"Voi, santi d’oro, avanzate verso altri avversari, lasciate a noi questa nemica", suggerì il cavaliere di Cefeo.
Né Ryo, né Lorgash o Camus si mossero, fu solo Durga a parlare: "Avanzate pure, cavalieri d’oro, troverete tre vie, una per ogni divinità che ancora resta nella Torre, Indra compreso", spiegò la dea, invitando i nemici ad avanzare.
Quando i tre santi d’oro si allontanarono, la dea sorrise, "Alle divinità maggiori vanno i nemici più forti", disse fra se, prima di voltarsi verso i due cavalieri d’argento, invitandoli a farsi avanti.
"Bene, Kano, questo sarà per noi il momento di combattere", esordì Daidaros, movendo le proprie catene verso la nemica, "Nebula chain", esclamò il cavaliere d’argento, ma Durga evitò l’attacco con facilità, sollevando poi la propria ascia.
"Mi aspettavo di più da due avversari di Kumara ancora vivi", osservò la dea prima di scatenare il proprio attacco, "Ascia indiana", che travolse in pieno i due santi d’argento, gettandoli a terra, entrambi feriti.
"Tutto bene?", domandò subito dopo Kano del Pavone, rialzandosi per primo, "Si, cavaliere", gli rispose il figlio di Shun, ponendosi accanto a lui.
L’allievo di Kaor scattò in avanti, lanciandosi in un attacco contro la divina nemica, "Ruota del Pavone", tuonò, lanciando i suoi veloci pugni, che, però, si dimostrarono ben misera cosa dinanzi all’Ascia nemica, usata come scudo da Durga, la quale travolse con un singolo fendente l’avversario, rigettandolo a terra, con una ferita al ventre.
"Mi chiedo se voi abbiate davvero tenuto testa a Kumara", osservò titubante la dea guerriera, pronta ad attaccare di nuovo, "Si, lo abbiamo fatto ed ora ti mostreremo come", esclamò in tutta risposta Daidaros, ponendosi dinanzi al parigrado ed espandendo il proprio cosmo, che iniziò a brillare di una luce dorata.
Durga fu sorpresa da quel bagliore, lo stesso che circondava Ryo il giorno precedente, ma che questi due sembravano non saper controllare con la medesima bravura, "Vediamo che sai fare, ragazzo", esclamò la dea, sollevando di nuovo la propria arma, "Ascia Indiana", tuonò poi, scatenando lo stesso attacco per la seconda volta.
"Circular defense", invocò Daidaros, ponendosi dinanzi a Kano e difendendolo con la propria catena.
Dei bagliori dorati risplendevano attraverso gli anelli dell’arma difensiva di Cefeo, ma quella forza ancora all’inizio sembrava inutile contro la dea, "Prima di sconfiggere gli dei avversari, Daidaros, devi controllare pienamente te stesso, solo la forza data dalla padronanza del proprio essere rende pari agli dei in battaglia", gli aveva detto la sera prima Kain, quando il cugino era andato ad augurargli buona fortuna per il giorno successivo ed ora quelle parole risuonavano nella testa del figlio di Shun, il quale si concentrò il più possibile, sollevando la catena non per vincere, ma per difendere se stesso ed un parigrado. Più volte, in diverse battaglie, Daidaros aveva avuto la sensazione che tutti lo aiutassero, da Rabat che contro i titani un anno prima lo aveva protetto lungo la via per il Santuario, fino a quel cosmo paterno che lo aveva sorretto nella battaglia contro Ryoga della Lepre, ora toccava a lui difendere qualcuno.
Quei bagliori dorati sulla catena divennero sempre più nitidi deviando la potenza distruttrice del colpo di Durga, ma non disperdendone la pressione, che sembrava schiacciare sempre di più il corpo mortale di Daidaros, finché un cosmo gli si avvicinò, quello di Kano, di nuovo in piedi e pronto ad aiutare l’amico nella battaglia.
"Non crederai certo che lasci a te la battaglia?", domandò con tono ironico il santo d’argento, espandendo il suo cosmo e concentrandolo fra le mani.
Anche nella mente di Kano tornarono delle parole amiche scambiate la sera prima, quelle con Tok’ra, suo compagno d’addestramenti, "Ricordati, cavaliere d’argento, che la battaglia di domani potrebbe essere l’ultima contro Indra ed il suo seguito. Il dio indiano non ama servire gli Horsemen, specialmente ora che ha colto i loro malvagi mezzi e ne ha intuito i contorti pensieri, quindi, non so in che modo, ma cercherà di finirla con noi e con loro. Mi ha persino suggerito un modo per sconfiggere uno dei Quattro. In ogni modo, Kano, stai attento domani durante la battaglia, se non troverai in te stesso la piena padronanza del tuo essere, cadrai sotto i colpi di un nemico divino", lo aveva avvisato il santo di Virgo, nel periodo di meditazione che avevano condiviso.
"Si, troverò in me stesso la conoscenza", esclamò Kano, ripensando alla frase dettagli, in quel momento la sfera d’energia cosmica nelle sue mani cambiò colore, non più verde come quelle con cui aveva fronteggiato molti nemici, da Dione il Titano Cieco fino a Jango di Black Virgo, ma dorata, proprio come quelle che Tok’ra, Shaka ed il loro predecessori sapevano creare.
"Abbraccio dell’Oriente", tuonò il santo del Pavone, congiungendo il suo attacco alla difesa di Daidaros. I due colpi, combinati, riuscirono a superare per potenza ed intensità l’attacco nemico, scagliandone la furia contro chi l’aveva prodotta, Durga, la cui Ascia andò in pezzi, gettando la dea stessa al suolo.
Quando la nemica fu al suolo, le luci dorate che circondavano i due santi d’argento scomparvero, come quietate, "Daidaros, lo hai visto anche tu quel cosmo intorno a noi? Era dorato?", esclamò sorpreso Kano, che quasi non si era curato della potenza che da loro era scaturita, "Si, cavaliere, le mie catene, come la tua sfera erano d’oro, avevamo superato un limite, almeno apparentemente", rispose titubante il figlio di Shun.
"Esatto, apparentemente", replicò Durga, rialzandosi, "per voi, che siete una classe cadetta nell’esercito della dea Atena, sperare di raggiungere una forza sufficiente per abbattere una dea come me è una possibilità pari a quella di un miracolo. Sarebbe come se degli uomini di caste infime riuscissero a risalire fino al grado di sacerdoti in India", criticò la dea, "cosa impossibile", concluse.
"Non impossibile, ma rara. Mio padre, Shun di Andromeda, riuscì a sconfiggere da solo un cavaliere d’oro e le sue stesse vestigia divennero dorate durante una passata battaglia, prima di raggiungere lo stato di cloth divina", replicò Daidaros, "Ed il grande Shaka di Virgo, che fra i cavalieri d’oro era considerato il più vicino ad un dio, fu sconfitto da un cavaliere di casta ancora più bassa della nostra", aggiunse Kano, riferendosi ad Ikki della Fenice ed a ciò che gli aveva narrato il suo maestro durante gli anni di allenamento.
"Belle parole le vostre, ma mi chiedo a che serviranno contro la mia tecnica più potente?", domandò con falsa baldanza Durga, avvicinando le mani alle spalle ed impugnando i due coltelli.
Dinanzi ai due santi d’argento accadde ciò che già Ryo aveva visto, "Il colpo di cui aveva parlato il santo di Libra", esclamò sorpreso il cavaliere di Cefeo, "Cerchio dei 100 coltelli", esclamò in tutta risposta Durga, movendosi con una tale velocità che nessuno dei suoi avversari riuscì a bloccare quell’attacco ed entrambi caddero al suolo feriti.
La dea guardò i due nemici con un sorriso triste, "Forse fra qualche anno mi avreste battuto, ma la vostra forza non è ancora sufficiente", osservò con tristezza la divinità, sollevando i coltelli per finirli.
"Non ancora", replicò Kano, alzandosi in piedi per primo, un bagliore dorato sembrava provenire dal suo cosmo, "Ruota del Pavone", tuonò il cavaliere d’argento, lanciando di nuovo quel colpo, che ancora una volta Durga riuscì a bloccare, "Mi dispiace, mortale, ma è tempo di morire, smetti di combattere", replicò la dea, "Mai", tuonò il santo di Atena, "Soul’s eye", sussurrò poi, aprendo il terzo occhio che prorompeva sulla sua fronte, brillante della luce verde che da tempo lo contraddistingueva. Questa volta, la "Ruota del Pavone" raggiunse con più pugni la propria meta, gettando in dietro di alcuni passi la divinità avversa, che, sorpresa da questo attacco e da tale dono sulla fronte del nemico, lo investì con il suo cosmo, gettandolo di nuovo al suolo, sanguinante.
Ma, con grande sorpresa di Durga, dopo la caduta di Kano si rialzò Daidaros, "Per quanto tu ci getti a terra, noi ci rialzeremo, sempre più decisi e vicini al senso ultimo", avvisò il cavaliere d’argento, sollevando le proprie catene. "Nebula Chain", invocò il Silver saint, senza però colpire la nemica.
"Adesso basta", tuonò in tutta risposta la dea, "Cerchio dei 100 coltelli", invocò poi, lanciando l’attacco contro il giovane avversario, "Circular defense", replicò Daidaros, le cui catene, però, non resistettero all’attacco avverso, spezzandosi e producendo diversi tagli sul corpo del cavaliere.
Il figlio di Shun, però, non cadde al suolo, anzi, rialzò il braccio destro verso il cielo, "Attaccami di nuovo", sembrò sussurrare mentre le sue labbra restavano immobili. "Sei forse impazzito, mortale? Il tuo braccio non ti difenderà senza le catene che io stessa ho distrutto", osservò Durga, "Attaccami", ripeté la voce di Daidaros, mentre la sua mente volava a tempi passati ai giorni dell’addestramento.
Ricordava l’Isola di Andromeda, Daidaros, il luogo dove era nato e cresciuto, dove il padre lo aveva addestrato insieme a Gallio, Hamer, Argo ed Awyn, in quel luogo egli aveva imparato a comandare le catene d’argento di Cefeo, finché, il giorno dell’investitura non aveva saputo domare la potente presa del padre, ricevendo in dono l’armatura di cui era divenuto padrone, la stessa con cui ormai combatteva da più di un anno.
Quel giorno, dopo la prova per l’investitura, Shun parlò al figlio, "In questi anni, Daidaros, non ti ho mostrato come difenderti, ma come attaccare, la tua forza doveva essere il risultato di un perfezionamento di ciò che ho saputo fare, ho cercato di evitare in te quella titubanza che spesso mi ha portato a preferire la pace alle battaglie, quella stessa perdizione interiore che non riuscivo a vincere durante i miei primi scontri. Ma ricordati comunque, figlio mio, che la volontà di sacrificarsi per gli altri e l’amicizia che lega due cavalieri è la più potente delle tecniche di attacco. Quando affrontai il cavaliere d’oro dei Pesci, poi dinanzi alla colonna del Sud Pacifico, in tutte queste circostanze ero pronto a dare la vita, fui prossimo a sacrificarla e non per me stesso, bensì per la Giustizia ed i compagni che insieme a me avevano intrapreso quelle battaglie", spiegò allora Shun al figlio.
Quelle parole risuonarono nella mente di Daidaros, "Non combatto solo per me, né ora né in passato, questa battaglia è per la Giustizia, per difendere il mio parigrado che è qui con me, per superare questi dei alleati degli Horsemen e soprattutto per salvare la Terra dalla Fine", pensò fra se il santo d’argento, mentre il suo cosmo esplodeva intorno a lui di una luce dorata.
"Che cosa?", esclamò Durga, "Cerchio dei 100 coltelli", tuonò poi, non preoccupandosi delle vestigia di Cefeo, ormai diventate d’oro e delle catene rinate del medesimo materiale pregiato che ora deviavano tutti gli attacchi della nemica.
Il rumore dei coltelli che cozzavano contro le catene svegliò Kano, il santo d’argento vide la figura dorata del parigrado dinanzi a se ed in quel momento una voce lo circondò, "Esatto, giovane successore di Shiba, è quella la forza ultima per i comuni mortali. Il settimo senso, fonte di potere, il tuo pari ne è padrone ed anche tu puoi esserlo. L’occhio dell’Anima è la via, una via che il tuo predecessore non seppe solcare, ma che la Tigre Occidentale ha saputo indicarti, ora, giovane cavaliere, sorpassa quel confine invisibile, trova in te quella forza necessaria, come colui che hai dinanzi", sussurrò in lui quella voce, una voce decisa e chiara, che lo ammoniva con la gentilezza di un maestro e la determinazione che solo in Tok’ra aveva già percepito.
"Una forza a cui il mio maestro mi ha diretto, il settimo senso", si ripeté Kano, alzandosi in piedi, per un attimo gli parve di vedere dinanzi a se il cavaliere di Virgo, i cui capelli erano però biondi e con profondi occhi azzurri, circondato dai suoi compagni d’addestramento: Yakros, Teros, Adtula ed Obbuan, erano tutti lì, intorno a lui, insieme ad altre figure, fra cui riconobbe quella del maestro, Kaor di Byakko e del suo assassino, Hyunkel del Cavallo, ma tutto ciò sembrò un allucinazione agli occhi di Kano, il quale si concentrò sulla battaglia che era in corso.
"Brucia, cosmo, trova la via verso il settimo senso e la conoscenza ultima che lo sorpassa", tuonò il santo d’argento, lanciandosi in aria.
Durga vide una figura dorata apparire da dietro le spalle di Daidaros, era l’altro saint suo avversario, anche le sue vestigia erano ora divenute d’oro ed il terzo occhio non brillava più di una luce verde, bensì aurea anch’essa.
"Ruota del Pavone", tuonò il giovane cavaliere, bloccando con le mani i coltelli che ancora la dea lanciava e colpendola poi con un pugno, che la gettò al suolo.
La dea fece fatica a rialzarsi, dinanzi a lei non aveva più i due santi d’argento di cui aveva fermato l’avanzata, ma due cavalieri d’oro, entrambi si guardavano l’un l’altro con sorpresa, forse nemmeno loro credevano al miracolo compiuto.
"Tutto questo è stato possibile grazie a Kiki dell’Ariete", esclamò Daidaros, "egli aveva riparato le nostre vestigia con il sangue dei santi d’oro, oltre che con gli strumenti dei Fabbri di Efesto, ora noi possiamo usufruire di questo potere straordinario grazie a tale dono", rifletté il cavaliere di Cefeo, "Si, e grazie al settimo senso che ormai possediamo a pieno", concluse Kano.
"Non è ancora tempo di esultare, giovani cavalieri, poiché ho ancora la forza di affrontarvi", esclamò Durga, espandendo il suo cosmo divino, "Cerchio dei 100 coltelli", tuonò la dea, "Ora, giovani mortali, mostratemi la forza con cui volete difendere la Giustizia ed i vostri simili!", ordinò poi la divinità.
"Padre, osservami dall’alto dei cieli, ecco la potenza che mi tramandasti usata per il prossimo", urlò Daidaros, "Nebula storm", tuonò poi. "Maestro, compagni d’addestramento, questa è la potenza di chi conosce se stesso, a voi la dedico", aggiunse poi Kano, "Eye power", concluse, lasciando esplodere anch’egli il suo colpo migliore.
I due colpi combinati travolsero il cerchio di coltelli, raggiungendo con una potenza incredibile la divinità, la potenza che solo gli attacchi combinati di due Gold saints poteva scatenare, una potenza tale da distruggere completamente le vestigia di Durga e troncarne la vita.
"Due fiori nel grande prato della Giustizia sono infine sorti", sussurrò la dea, prima di cadere al suolo senza vita.
I due cavalieri d’argento, ormai pari a Gold saints, si guardarono fra loro, entrambi erano stanchi, stremati dallo scontro, e feriti in più punti, ma ciò non fermò i loro passi, anzi li spinse ad incamminarsi con maggiore determinazione verso i tre santi d’oro i cui scontri stavano per iniziare, ma, in quel momento, un’esplosione bloccò loro il passo.
Qualcuno aveva fatto crollare la strada dinanzi a loro, chiudendogli il passaggio ed impedendogli di aiutare i compagni.
"Due giovani pronti a sacrificarsi per la Giustizia e capaci di trovare tanta forza e bontà nel cuore sono costoro. Il tempo della battaglia per questi nuovi santi dorati è finito, che riposino", sussurrò Indra, che aveva osservato, grazie al suo cosmo, lo scontro di Durga.