Capitolo 31: Il patto rotto

Nell’Oscura Piramide da poco apparsa nelle lande egizie, due figure attendevano quiete in un’immensa sala l’arrivo di nemici che non si fecero attendere molto.

"Ma bene, vedo che su tanti avversari che potevamo incontrare, sempre gli stessi si oppongono al mio volere", esordì il maligno Apophis, apparendo dalle ombre sotto cui si era celato.

Dietro il dio egizio, il suo parigrado, una guardia del corpo poteva apparire per la freddezza con cui gli camminava vicino per custodirne la vita, Bennu.

A quelle parole sia Esmeria, appena uscita dal cunicolo in cui aveva lasciato Joen a combattere, sia Anhur, che aveva superato la strada custodita da Seth, si fermarono, osservandosi dapprima vicendevolmente, e studiando poi i loro due nemici.

"Regina di Cartagine, a te Bennu, a me lascia il Serpente", esordì il Pharaon di Selkit lanciandosi in avanti verso la divinità nemica di Ra.

"Quanto sei sfrontato, mortale", lo osservò Apophis, "ucciderti non sarebbe una punizione sufficiente", esclamò poi, espandendo il proprio cosmo divino.

"Taci, nemico di Ra", replicò con determinazione Anhur, "Black Fire Needle", invocò poi, scatenando la sua nera cuspide fiammeggiante, che tanti nemici aveva battuto prima d’allora.

Apophis subì in pieno il colpo, ma il cosmo che da quella divinità scaturiva spense con facilità la puntura dello scorpione egizio, "Mi sorprende che ad un misero mortale come te siano state date quelle vestigia, in fondo tu sei coperto da una divinità, Selkit, la cui puntura era di certo molto più potente di questo fastidioso ago che ha cercato di perforarmi", osservò annoiato Apophis, "Già a Cartagine lo avevo intuito, ma ora, mortale, ne ho la certezza, tu non sei niente", lo ammonì in fine la divinità.

Il cosmo del dio si accumulò intorno al braccio sinistro, tramutandosi in un gigantesco serpente nero, "Serpente Distruttore", esclamò la divinità, scatenando quel colpo già usato nella città Sacra ad Era.

Anhur questa volta, però, non scappò, piuttosto si lanciò in avanti con gli avambracci a difesa del corpo, con i quali sperava di distruggere l’attacco energetico, ma, con sua grande sorpresa, riuscì solo a farsi bloccare meglio.

Il serpente d’energia nera, infatti, si strinse con maggiore facilità intorno ad un corpo le cui braccia erano conserte, facendo subito leva per spezzarne le ossa.

"Lo senti, mortale? Senti la forza di un dio che ti schiaccia? Non avresti dovuto crederti così potente da affrontarmi", lo avvisò Apophis, la cui maschera a testa di Serpente osservava con attenzione i movimenti spasmodici del nemico.

"Quanto è stato stupido Ra ad affidarti la difesa del suo regno, tu, un misero mortale incapace persino di difendersi da questo mio colpo", continuò il dio egizio, "ma ora raggiungerai tutti i tuoi compagni nell’Oltretomba, non preoccuparti, Anubi ti accoglierà con gioia, ne sono certo", concluse, mentre la sua mano si chiudeva in un pugno. In quel momento Anhur sentì la presa del serpente farsi ancora più stretta, un dolore lancinante lo afflisse alla schiena, mentre delle urla prorompevano dalla sua bocca.

Allora, fra la vita e la morte, un ricordo prese vita nella mente di Anhur, "Perché non sono abbastanza forte?", si sentì dire da Ihi, era una delle cose che il giovane musico si era chiesto la notte precedente quel giorno, una delle ultime frasi che i due avevano scambiato prima della morte del Pharaon di Khepri. Fu quella frase a far tornare nella mente del guerriero egizio un ricordo ancora più vivido: gli allenamenti con il dio Horus, che per mesi lo aveva sottoposto a prove fisiche per renderne prima di tutto più temprato il corpo e poi, in seguito, lo spirito e l’aura.

"Le vestigia di Selkit sono dotate di due grandi scudi naturali, che sono le chele della divinità", gli aveva spiegato il dio, "ma per colui di cui il corpo è temprato quanto l’anima, quelle chele non saranno solo una difesa minima, ma un’arma capace di difendere ed offendere insieme, poiché da quelle potrai destare lo Scorpione del Deserto e la furia che sono in te nascoste", aveva concluso allora il dio.

"Sono stato addestrato per questo", pensò fra se Anhur, "perché la forza dello Scorpione del Deserto scaturisse attraverso me, perché la furia di un dio si risvegliasse nelle mie braccia, perché questa serpe non arrivasse mai dinanzi al Sole che tutto l’Egitto governa, quindi non posso farmi sconfiggere", tuonò infine il giovane guerriero egizio, lasciando esplodere il proprio cosmo.

Apophis fu sorpreso da ciò che vide, immense fiamme iniziarono a bruciare il suo serpente energetico, circondando il corpo dell’avversario, per difenderlo, "Furia guerriera", tuonò in quel momento Anhur, liberandosi dalla presa.

Una violenta ondata di fuoco, più ampia e distruttiva del solito vortice, si espanse intorno al guerriero egizio, investendo in pieno il dio serpente, che fu costretto ad indietreggiare di alcuni passi, riuscendo poi a fermarsi.

"Ottima mossa, mortale, ma sei ancora lontano dal saper controllare così tanta potenza", osservò il dio egiziano, "inoltre il tuo corpo è fin troppo stanco", lo derise poi, mentre Anhur si chinava al suolo, chiaramente affaticato.

Mentre Anhur scattava verso Apophis, Bennu si era alzato in aria, galleggiando dinanzi alla giovane figlia di Ikki, "Ieri, mortale, non abbiamo avuto il tempo né il modo di confrontare chi fra noi due sia il vero Uccello di Fuoco", esordì la divinità con voce fredda e distaccata, "forse è tempo che ognuno di noi mostri la sua massima potenza", la sfidò poi, espandendo il cosmo fiammeggiante.

Esmeria non parlò con il nemico, posò la frusta ed espanse il proprio cosmo, pronta a confrontarsi con il nemico, mostrando tutta la potenza del colpo trasmessogli dal padre, il Battito d’ali della Fenice.

I cosmi dei due guerrieri entrarono a contatto, delle fiamme immani circondarono il loro campo di battaglia, rinchiudendoli in un’immensa sfera di fuoco, "Sei pronta mortale?", tuonò Bennu, "Fire Bird Flap", invocando il suo attacco.

Due immense ali di fuoco furono disegnate nel cielo, richiudendosi intorno a Bennu, per poi riaprirsi e scatenare due gigantesche ondate fiammeggianti verso la propria avversaria.

"Hokuyu Tensho", replicò Esmeria, scatenando l’attacco che tante volte aveva portato alla vittoria suo padre Ikki.

Le ali dell’Uccello di Fuoco egizio e quelle della Fenice del Cielo Meridionale si scontrarono, la furia dei due attacchi fu senza pari, entrambi gli avversari furono schiantati contro le pareti di fuoco che loro stessi avevano sviluppato.

Esmeria si riprese quasi subito dall’impatto e vide che Bennu, malgrado l’urto, era ancora in piedi, fiero e determinato ad eliminarla con la maschera che non ne trasmetteva alcuna sensazione.

"Sei brava, donna mortale, sei riuscita a resistere al mio battito d’ali con il tuo, ora, però, è giunto il tempo di concludere lo scontro", avvisò il dio egizio, scatenando nuovamente il medesimo attacco.

Questa volta Esmeria non ebbe nemmeno il tempo di rispondere all’offensiva nemica, il colpo scatenatole contro aveva una potenza senza pari ed era molto più veloce ed efficace del precedente.

La Beast Keeper di Suzaku fu travolta dall’attacco nemico, cadendo al suolo, ferita e stordita per la potenza del colpo subito.

In quel momento, quando entrambi i guerrieri alleati alle divinità olimpiche erano al suolo ed i due Gotra erano pronti ad eliminarli, accadde qualcosa di inaspettato, due figure apparvero dal nulla, una luce dorata ed una bluastra.

"Che cosa ci fate voi qui?", tuonò Apophis, mentre i corpi feriti di Anhur ed Esmeria scomparivano, per riapparire alle spalle delle figure luminose, che, lentamente, prendevano una forma umana, con la copertura di due maschere di animali.

"Horus, il Falco, e Thot, l’Ibis. Chi vi ha impartito quest’ordine? Ra?", tuonò infuriato il dio dal capo di serpente.

"Non Ra, come già abbiamo detto hai tuoi soldati, Serpe, bensì noi stessi abbiamo deciso di giungere fin qui, per fermare la vostra malsana mano", minacciò il dio egizio con il capo di Falco.

Una risata scoppiò da sotto l’elmo a forma di Serpente, "Bene, finalmente gli sgherri di Ra hanno fatto l’errore che mi auguravo", esclamò con gioia Apophis, "Non lo pensi anche tu, Bennu?", incalzò poi con tono di voce soddisfatto.

In quel momento, Anhur si riprese, "Che succede?", sussurrò il Pharaon, "Non lo so, guerriero egizio", replicò Esmeria, "queste due divinità del tuo paese natio sono giunte in nostro aiuto, ma, stranamente, Apophis sembra più lieto che preoccupato da questo fatto", concluse la Beast Keeper.

"Esatto mortale", esclamò il dio egizio, "Ne sono veramente lieto, non puoi nemmeno immaginare quanto sia facile adesso attaccare Ra per me senza incorrere in un atto di slealtà", spiegò con voce sibilante.

"Che vuol dire tutto questo?", tuonò allora una nuova voce, mentre un cosmo immenso si faceva strada nell’oscura piramide.

"Questo è", balbettò Bennu alzando il capo, "Silas", concluse Apophis, mentre l’Horseman prendeva forma dinanzi al gruppo di guerrieri egizi ed ad Esmeria.

"Questa Piramide si sta affollando", affermò divertito Thot, "Dunque anche un vostro alleato appare qui di sorpresa, vero dio Serpente?", domandò allora Horus, espandendo il proprio cosmo.

Silas impugnò l’ascia, "Prima di spazzare via di persona questi esseri, Apophis, spiegami che intendevi dire prima, altrimenti dirò ai miei fratelli che ho dovuto annullare anche te", minacciò l’Horseman rappresentante la Bestia.

Nella sala calò il silenzio, l’Horseman, i due guerrieri mortali, tutti coloro che lì non sapevano il senso di quelle parole sibilline, si chiedevano cosa volesse dire quella frase che Apophis aveva detto ed infine il dio Serpente parlò.

"Molti millenni fa, quando Ra governava sull’Egitto alla luce del Giorno, senza nascondersi nella mitologia e nei culti passati, io, Apophis tentai per la prima volta di prendere il potere sulle calde terre bagnate dal Nilo, Horus, Thot, Api, Anubi e molti altri si unirono a colui che delle Piramidi è il Re ed il Sole, ma anch’io trovai degli alleati, gli stessi che voi mortali avete visto e combattuto in questi due giorni.

Però gli dei egizi sono da sempre degli ottimi diplomatici ed io e Ra decidemmo di giungere a patti così, con Bennu e Thot come testimoni sancimmo un trattato. Io avrei dominato nell’ombra su quello che è il male ed il caos in Egitto, mentre lui sarebbe rimasto il Re delle terre di sabbia e nessuno avrebbe attaccato l’altro nel suo mausoleo. Ra, però, fu furbo e costituì il suo esercito di mortali, con vestigia che rimembravano dei e con divinità come maestri. Questi mortali ci sconfissero, seppur con difficoltà ed io rimasi rinchiuso in quella tomba. La furbizia di Ra fu di mandarmi dei mortali e non dei nostri pari ad attaccarmi, così non ruppe il trattato ed anche adesso, se fossero stati solo i Pharaons con i loro alleati ad attaccarmi, io non avrei potuto invadere la Nera Piramide, ma adesso che Horus e Thot sono entrati nel mio territorio, potrò assaltare il mausoleo del mio nemico ed ucciderlo", concluse il dio egizio.

"Per questo ieri non ci hai finito? Non per timore o fretta, ma perché non ti serviva a niente ucciderci a Cartagine, non avrebbe spinto gli dei egiziani ad attaccarti nel tuo regno, giusto?", domandò Esmeria, che iniziava a capire il contorto piano di Apophis, "Esatto", concluse la divinità nemica.

"Non avrete il tempo di attaccare Ra", esclamò Horus, espandendo il proprio cosmo dorato, "Horus’s flap", tuonò il dio egizio.

L’immane figura di Silas si pose dinanzi ad Apophis, bloccando la potenza dell’attacco del dio egizio con la mano libera.

In quel momento l’immane cosmo dell’Horseman decuplicò, mentre la sua figura sembrava aumentare di stazza e lo sguardo diventava sempre più animalesco.

Un ringhio proruppe dalla bocca del Cavaliere, per poi esplodere in un ruggito che buttò indietro Anhur ed Esmeria, entrambi feriti e storditi, mentre Thot e Horus si fermarono, grazie ai loro cosmi divini.

"Mi dispiace per voi, seguaci di Ra, ma questi è Silas, la Bestia, non potrete fare niente contro di lui", ridacchiò divertito Apophis, facendosi indietro con Bennu, "La Bestia", ripeté sorpreso Thot, indietreggiando verso i due alleati mortali.

"Anche se egli fosse la Morte in persona, non posso certo togliermi il piacere di affrontare un Horseman", tuonò il dio egizio assieme a Thot, "Horus claw!", invocò la divinità con il capo di Falco.

Una gigantesca luce dorata avvolse la divinità prima che tre grandi lame prorompessero simili ad artigli colpendo in pieno Silas. L’Horseman divenne ancora più immane e feroce, "Beast Axe", tuonò quello che non sembrava più nemmeno un uomo dentro un’armatura.

Un gigantesco fendente dell’Ascia proruppe dalla mano del Cavaliere, dilaniando il terreno e correndo verso Horus, che sembrò chiaramente incapace di difendersi. Solo un veloce movimento di Thot lo salvò. Il dio con il volto di Ibis, infatti, si pose dinanzi al suo pari, creando con le mani alcuni simboli egizi nell’aria, che si composero in una gigantesca barriera.

"Horus, attaccare costui è la più inutile delle mosse. Egli dei quattro è colui che rappresenta Bestia, contro la sua forza è necessaria la quiete di un dio, non l’ira. La tua furia non è l’arma migliore per sconfiggerlo, bisogna essere quieti come i guerrieri mortali che lo sconfissero più di mille anni fa", spiegò Thot, mostrando un antico papiro nelle sue mani.

"Per ora ritiriamoci, dio Falco", propose la divinità conficcando il papiro dinanzi a se, "Prendi i due mortali e portiamo anche gli altri alla Piramide del Grande Ra", continuò poi, "Si, scappate", esclamò divertito Apophis, "Tanto domani saremo noi a farvi visita, divinità egizie, avvisate il vostro signore, i patti sono stati sciolti da voi, quindi abbiamo il diritto di attaccarvi", esclamò il dio Serpente, "Domani invaderemo la vostra Nera Piramide", concluse.

Thot, Horus, Anhur ed Esmeria sentirono quelle parole di sfida prima di scomparire, i due guerrieri furono portati dai loro alleati e tutti insieme ebbero da Horus il permesso di tornare ad Atene, dopo aver ricevuto le sue congratulazioni per il coraggio dimostrato in battaglia.

Così finì la seconda giornata di battaglie per i guerrieri diretti in Egitto, che tornarono per ultimi al Santuario, trovando i resti del passaggio di Kronos, Morrigan ed i loro alleati, oltre che sentendo i racconti di ciò che era accaduto in India ed in Cina.