Capitolo 22: L’ultima battaglia di un Drago
Koryo osservava con titubanza il nemico paratosi davanti, le mani erano già scese sulla lunga spada del Beast Keeper, quando il cosmo dell’Horsemen esplose in tutta la sua orribile potenza.
Lentamente, il guerriero di Seiryu sentì una febbre terribile prenderlo e convergere la sua concezione dell’ambiente circostante, turbandone l’animo, "Cosa ti prende, mortale? Non hai più voglia di affrontarmi, stai allontanando le mani dalla spada", lo derise Kaspian, appoggiando le mani sulla sella del cavallo.
Koryo ricordò in quel momento una delle lezioni dategli da Shiryu, "Quando la paura, o il dolore vi blocca, allievi miei, distogliete la mente. Il terrore che ferma i vostri corpi non è una paralisi fisica, ma puramente mentale. Con la mente voi dovete sconfiggere le vostre paure, non con il corpo", aveva spiegato il Drago Divino ai suoi sei discepoli.
La memoria di quel racconto e di mille altre esperienze in cui la determinazione era riuscita a rendere Koryo più forte, permise al Beast Keeper di alzarsi ed espandere il proprio cosmo, richiamando in lui la forza del senso ultimo dei mortali, "Non mi servirà la spada contro di te, figlio del Caos, ora vedrai la potenza del Drago Orientale, Seiryu", avvisò il guerriero allievo di Shiryu.
"Fammi vedere che sai fare", lo sfidò Kaspian, invitandolo ad avanzare con un gesto della mano.
"Rozan Shoryuha", invocò Koryo, scatenando l’attacco tramandatogli dal maestro, ma una sola risata proruppe dalla maschera dell’Horseman, dopo essere saltato dal suo cavallo. Il Cavaliere rappresentante la Pestilenza sollevò la mano sinistra e fermò con il proprio cosmo l’attacco nemico, che, inaspettatamente scomparve poco prima di toccare il bersaglio.
"Sembra che il tuo piccolo drago sia morto sul nascere", lo derise Kaspian, "vuoi provare qualche altro giochetto per riscaldarti, o iniziamo a fare sul serio?", lo minacciò l’Horseman, con chiaro accento sarcastico.
"Reputi il colpo del mio maestro un misero riscaldamento?", domandò sorpreso Koryo, espandendo il proprio cosmo in maniera ancora maggiore, "Si, esatto, ora mostrami qualcosa di meglio, o accetta una morte così dolorosa da non avere eguali, se non per mano dei miei fratelli, ovviamente", lo minacciò allora Kaspian, impugnando la frusta di cui era padrone.
"Quei Quattro osano invadere il territorio circostante la mia Torre", esordì Indra, ancora rinchiuso nella stanza doveva aveva avuto luogo lo scontro con Tok’ra, "questa sarà un’azione che pagheranno cara", rifletté fra se il dio delle Tempeste.
"No, questo è un segno", lo contraddisse il santo d’oro, "un segno di quello che io le avevo detto. I Cavalieri non hanno lealtà verso nessuno, nessuno può usarli per i suoi fini, poiché saranno loro ad usarvi, Sommo Indra", spiegò il custode della Sesta Casa, "non vi è rispetto o lealtà in loro, se non per chi chiamano fratello", concluse rialzandosi a stento.
"Non so quanto tu abbia ragione o torto, cavaliere d’oro, ma una cosa è certa, nessuno può dominare la mia volontà, o utilizzarmi per i propri fini, specialmente nel mio regno", tuonò il dio della Pioggia, espandendo il cosmo dorato.
In quel momento, Tok’ra vide intorno a se una luce accecante, poi, chiudendo gli occhi, li riaprì pochi attimi dopo e, con sua gran sorpresa, si ritrovò sullo stesso altopiano in cui il signore delle Tempeste lo aveva trasportato il giorno prima, dopo aver testato le sue qualità, "Dunque Indra ha deciso così", osservò sorpreso, sedendosi al suolo.
Kumara percepì il cosmo del suo signore circondarlo, "Questo è ciò che lei, sommo Indra ha deciso? Bene, non mi opporrò a questa decisione, che i miei due giovani nemici lascino questo luogo, se è questa la sua scelta", sussurrò il figlio di Shiva, mentre i corpi dei cavalieri d’argento venivano circondati da una luce dorata, prima di scomparire.
Pochi attimi dopo Kano e Daidaros si ripresero, trovandosi sdraiati vicino a Tok’ra, "Che cos’è successo?", balbettò il santo del Pavone, "Il dio Indra ha deciso di risparmiarci, ma spero che sia abbastanza veloce nell’agire da salvare anche Koryo, che ora sta affrontando uno degli Horsemen", rispose con tono preoccupato il cavaliere di Virgo, aspettando che anche gli altri alleati ritornassero.
E poco dopo arrivarono anche Helyss e Zadra, entrambe vistosamente ferite, "Come stanno?", domandò il figlio di Shun, "Svenute, ma vive, sembra che quasi non si siano accorte delle lotte successive alla loro", spiegò Tok’ra, avvicinatosi alle due per controllare se stessero bene.
Poco dopo apparve Ryo di Libra, incapace di muoversi e visibilmente ferito per lo scontro passato, "Che succede?", balbettò il figlio di Shiryu, "Te lo dirò dopo, mio parigrado, per ora riposa e prega per la salvezza di un uomo che consideri un fratello", sussurrò il successore di Shaka.
Fu poi il turno di Jenghis, che riapparve dinanzi ai suoi alleati con sguardo sorpreso, "Cosa? Ero quasi arrivato all’estremità superiore della voragine ed ora sono qui? Chi è stato?", domandò il berseker, guardandosi intorno, "E dov’è Koryo?", continuò poi. Fu un gesto di Tok’ra a quietare le sue domande, "Un Horseman è arrivato, Indra ha voluto allontanarci perché indispettito da questo gesto. Koryo è intento a combatterci, ma spero che il dio delle Tempeste lo porti qui in fretta", concluse il santo d’oro.
Il Beast Keeper di Seiryu vide il suo corpo circondato da un’aura dorata, "Che succede?", si domandò sorpreso prima che l’immane cosmo di Kaspian sedasse quella luce, "No, no, dio Indra, non ti è permesso fermare il volere di noi Horsemen", ridacchiò la Pestilenza, "ti sarai portato via i suoi amici, ma lui è mio ormai", concluse poi, lasciando esplodere la sua energia, che oscurò l’aria intorno ai due contendenti.
"Ora divertiamoci, spadaccino", esordì poi l’Horseman, invitandolo ad attaccare.
Koryo scattò in avanti, scuotendo la spada per fendere l’aria e tagliare il nemico, ma Kaspian sembrò più veloce dell’avversario e con agilità riuscì ad evitare ogni singolo fendente, colpendolo poi allo stomaco con il proprio pugno, intriso del suo nero cosmo maligno.
Il Beast Keeper si inginocchiò, aveva iniziato a tossire, "Che cosa?", balbettò, mentre del sangue scivolava fuori dalla sua bocca, "Non ti ho avvisato? Il mio tocco è molto infettivo. Hai appena contratto una malattia del polmoni con quel singolo pugno", ridacchiò il Cavaliere, sibilando la propria frusta.
"Hai il coraggio di affrontarmi malgrado il cosmo che induce la febbre, ma chissà che farai con quel male che fa soffocare", osservò Kaspian, invitando il nemico a colpire.
"La malattia ed il dolore provengono dalla mente e basta la concentrazione per superare queste paure che non hanno niente di fisico", spiegò Koryo, prima di lanciare nuovamente lo Shoryuha.
"Questo colpo non ha effetto, mi pare di avertelo mostrato", ribatté annoiato l’Horseman, sedando l’attacco nemico.
"Allora dovrò usare qualcosa di più efficace", replicò con determinazione il Beast Keeper, posando la spada nella custodia e riprendendo la posizione Batto che più volte aveva usato dal tempo del suo primo scontro con Ryo, nella caverna degli dei asiatici.
"Perché Koryo non è ancora tornato?", si chiese in quello stesso momento Jenghis, in piedi su una parete rocciosa poco lontana dalla Torre, "Temo che Indra non sia riuscito ad allontanarlo dall’Horseman, sarà rimasto ad affrontarlo", replicò Tok’ra con voce strozzata.
"Dobbiamo correre da lui", urlò Jenghis, barcollando in avanti, ma il santo d’oro lo fermò, "I santi d’argento sono completamente incapaci di muoversi, Ryo è addirittura svenuto e tu, giovane berseker, non hai forza nel corpo, anzi, direi che un veleno piuttosto potente ti ha indebolito, oltre ad una faticosa impresa, quindi, resta qui a curare i nostri alleati, cercherò io di raggiungere il Beast Keeper di Seiryu", propose il cavaliere di Atena, appoggiando al suolo il proprio compagno di battaglia. Pochi attimi dopo, Tok’ra scomparve dalla vista di Jenghis e di chi altri in quella piana rocciosa aveva la forza per guardarsi intorno.
Koryo era fermo dinanzi al proprio nemico, le mani sulla lunga impugnatura della spada, i denti stretti per evitare che i colpi di tosse lo distraessero e la concentrazione puntata tutta verso l’armatura della Pestilenza, derivata da Caos.
"Ora proverai il colpo contro cui molti nemici hanno trovato una lenta agonia, una tecnica di cui solo uno ha potuto raccontare la velocità", avvisò il Beast Keeper, "Shuten Shatsu", invocò poi, scomparendo dinanzi al nemico, per riapparire poi alle sue spalle.
Un bagliore brillò sull’armatura di Kaspian, prima di trasformarsi in una gigantesca ferita, un taglio così profondo da mostrare persino la pallida pelle dell’Horsemen.
"Un’arma divina? Complimenti", esclamò il Cavaliere, "Si, esatto, la spada mitologica proveniente da una squama del Drago del Cielo Orientale, Seiryu", rispose Koryo, voltandosi verso il nemico, "Peccato che non sai usarla per bene", replicò con divertimento il maligno avversario, mentre la pelle lentamente si richiudeva, dove vi era una ferita e, sorprendentemente l’armatura si rimarginava.
Grande fu l’orrore in Koryo nel vedere quella scena: le vestigia sembrarono espandersi per riunirsi, ma non era metallo, bensì materia viva, quasi una pelle putrida per il colore violaceo che la caratterizzava, una pelle viola che si congiunse su se stessa, chiudendosi lentamente, con una fuoriuscita di una nera schiuma, che disgustò lo sguardo del Beast Keeper. Quando quella scena finì, le vestigia ripresero il colore e la forma iniziale, l’armatura era di nuovo intatta.
"Devi tentare qualcosa di più efficace", replicò Kaspian, "Spirale danzante della malattia", invocò l’Horseman e la frusta danzò contro il proprio nemico, che con agili movimenti evitò i colpi maggiori, subendo però, per un colpo di tosse, una ferita alla gamba sinistra, che lo gettò al suolo.
"Senti dolore alla gamba, mortale?", domandò Kaspian, mentre il nemico si rialzava a stento, "La mia spirale danzante ti colpisce indebolendo la resistenza alla fatica dei muscoli e dei nervi toccati, una tecnica davvero efficace, sai?", incalzò con tono sarcastico l’Horseman, mentre il suo possente cosmo quietava quello di Indra, che ancora tentava di aiutare il nemico contro l’alleato, "Quel dio avrà bisogno di una lezione", rifletté fra se il figlio del Caos.
"Puoi attaccarmi con quante tecniche vuoi", esordì Koryo, "ma io so di avere il mezzo per eliminarti", lo minacciò, "Davvero?", replicò incuriosito l’Horseman, "Le armi degli dei possono distruggere gli Horsemen, ma solo volontà di un dio può impedire alle armature provenienti dal Caos di trovare un nuovo corpo", recitò il Beast Keeper, "questo mi hanno spiegato e dopo che la mia spada ti avrà ucciso, sono certo che qualsiasi dio mi aiuterà, impedendoti di tornare in vita in un nuovo corpo", concluse l’allievo di Shiryu, riprendendo la stessa posizione, "Temo che tu abbia scarse conoscenze delle lingue antiche", ridacchiò Kaspian, invitandolo ad attaccare di nuovo.
Il cosmo di Koryo si espanse come un immane drago alle spalle del guerriero asiatico, "Shuten Shatsu", invocò poi il Beast Keeper, movendosi alla velocità della luce e raggiungendo il nemico con un fendente più potente del precedente, "Ti ho già dimostrato che non serve", lo ammonì Kaspian divertito, "Stavolta non ho finito", urlò l’allievo di Shiryu, appoggiando il piede destro al suolo e roteando velocemente su se stesso, per conficcare poi la lama nel ventre del nemico, che barcollò indietro, investito da un affondo terribilmente veloce e potente.
Tok’ra apparve in quel momento su una collina rocciosa adiacente alla Torre, ma qualcosa gli impedì di avvicinarsi oltre, "Indra, perché?", si domandò il santo d’oro, notando poi, con sua grande sorpresa, che l’Horseman era stato trafitto.
"Ottimo colpo, mortale", si congratulò Kaspian, "In pochi sono riusciti a fare tanto, ma nessuno se ne è mai vantato", lo avvisò poi, bloccandogli il braccio destro, con cui impugnava la spada. Grande fu la sorpresa di Koryo nel notare che la sua arma non aveva trapassato da parte a parte il nemico, era come se l’armatura della Pestilenza l’avesse fermata, quasi fosse un muro di cemento armato.
"Ti farò però un immane favore prima di ucciderti, uomo", ridacchiò allora Kaspian, "ti spiegherò perché non avresti mai avuto possibilità con me", lo avvisò, "Perché?", domandò Koryo, cercando di fare forza con ambo le braccia sulla propria arma.
"Il primo motivo è la frase che mi hai citato, una frase completamente sbagliata", esordì Kaspian con tono divertito, "Che vuoi dire?", domandò Koryo, "Te la traduco io: <<Le armi degli dei possono uccidere gli Horsemen, ma solo una volontà divina può impedire alle armature figlie del Caos di riprendere il corpo>>, capito la differenza? Oserei definirla sostanziale", esclamò con voce chiaramente soddisfatta il Cavaliere, espandendo il proprio cosmo.
"Quale differenza? Un articolo e qualche parola?", tuonò Koryo, cercando di respingere la malattia trasmessagli dall’aura nemica, "La sostanziale differenza di non contare sull’aiuto di un dio per abbattermi, cosa che tu credevi possibile, ma gli dei, nemico mio, sono al quanto disinteressati a cosa accade ai mortali ed anche quando vi volessero aiutare finirebbero morti prima di capire cosa gli è successo", lo ammonì Kaspian. "Poi c’è un secondo motivo", continuò con voce sottile l’Horseman, "la debolezza che non puoi combattere, malgrado tu faccia finta di non percepirla", spiegò, "il mio cosmo ti ha ormai corrotto, sei debole, ti senti svenire, probabilmente tutto gira intorno a te, non hai la forza per sconfiggermi ed ora non avrai più nemmeno il braccio sinistro", lo minacciò, sollevando la frusta e contorcendola intorno all’arto sinistro del Beast Keeper.
Koryo non riuscì ad allontanarsi in tempo e con un veloce strattone, Kaspian gli amputò un braccio.
Le urla di dolore dell’allievo di Shiryu si alzarono alte nel cielo, producendo dei brividi in chiunque le sentisse correre nel vento.
L’Horseman, però, non si accontentò di questo ed avvicinò la mano libera al braccio destro del nemico, "Pestilenza", sussurrò, espandendo il proprio cosmo attraverso la mano, che investì il Beast Keeper come una fiammata dolorosa, gettandolo a terra ferito.
Ora che aveva ambo le mani libere, Kaspian estrasse la spada di Seiryu dal suo ventre, gettandola poi a terra. In pochi attimi le vestigia e la pelle si ricomposero di nuovo, mentre Koryo si rotolava nel terreno per il dolore della ferita subita.
"Fermati un attimo, mortale, e ti darò il colpo di grazia, altrimenti dovrò metterci un po’ di più se continui a rotolare", lo avvisò con tono sarcastico.
In quel momento, alla mente di Koryo ritornarono alcuni ricordi passati, successivi di poco al periodo dell’allenamento: il primo incontro con Jink di Genbu, l’investitura a custode del Cielo Orientale ed i momenti di continua solitudine ed allenamento, fino al giorno in cui non rincontrò i suoi vecchi amici ed i loro alleati, "Non posso lasciarmi andare così, non sarei degno del rispetto che Ryo, Jenghis e gli altri mi danno. Non avrei meritato la fiducia degli dei indiani e soprattutto non sarei stato alla pari di Jink e Kaor", urlò il Beast Keeper di Seiryu, rialzandosi ed impugnando la propria spada.
"Se vuoi colpirmi, fallo presto, perché il tuo cuore potrebbe imputridirsi da un momento all’altro", ridacchiò Kaspian, "Che cosa?", balbettò Koryo, sollevando la spada mitologica sopra il capo.
"Guarda il tuo braccio sinistro, o meglio, ciò che ne rimane", suggerì con tono sadico l’Horseman, "hai mai perso sangue color verde marcio prima? Non penso", affermò, "questo è un effetto del mio attacco, che ha trasmesso l’energia infettiva fino alla ferita ed ora sta riempiendo lentamente tutti i vasi sanguigni, per raggiungere il cuore, imputridendolo", spiegò il malefico seguace del Caos, aprendo le braccia, "Su, attaccami con il tuo ultimo colpo", lo invitò senza muoversi.
"Maestro, guida la mia mano", pregò fra se Koryo, "Ryutsuisen", urlò poi, scatenando il colpo ultimo trasmessogli da Shiryu. "Ottimo attacco, ma ancora ti fidi degli dei e non di te stesso, questo è il tuo errore mortale, idiota", ridacchiò Kaspian, prima di subire in pieno l’attacco.
Quando il fragore del colpo e la polvere da esso alzato si quietarono, Koryo poté vedere il nemico con le vestigia e la pelle dilaniata in più punti, ma ancora in piedi, che lo osservava beffardo con il volto ferito, mentre la pelle e l’armatura si ricomponevano, comprendo di nuovo la sua faccia.
Stavolta, però, la schiuma, adesso violacea, era rimasta fuori dall’armatura, "Ti darò una morte degna della tua inesperienza", lo avvisò Kaspian con le braccia ancora aperte, poi recitò alcuni versi in una lingua ignota a Koryo, la cui traduzione sarebbe stata: "Caos, da te Pestilenza, portatore di sventura e terrore, Peste e Lebbra sono seguaci, vertigini e malanni predecessori, il tuo sangue è veleno per l’uomo ed acido per il metallo, quindi piovi su costui che mi è avverso", concluse l’Horseman.
Tok’ra non poté fare niente, vide solo quella schiuma che, simile ad una foresta di rampicanti, proruppe dal corpo del Cavaliere per legarsi a quello di Koryo. Nei punti toccati, l’armatura si sciolse, permettendo che quel liquame si trasmettesse al corpo, poi passarono alcuni attimi in cui il corpo stesso di Koryo divenne violaceo come quella schiuma, prima che egli cadesse al suolo senza vita.
Kaspian si avvicinò al cadavere nemico, "Che bella fine", ridacchiò aprendo la mano sopra il nemico ed in quel momento, dal retro della corazza si aprirono sei fori, da cui fuoriuscì quel liquido viola, ritornando nell’Horseman.
"Indra, quando tornerai nel nostro regno ti dovremo parlare", urlò colui che rappresentava la Pestilenza, prima di scomparire in groppa al proprio cavallo.
Tok’ra era in ginocchio, calde lacrime scendevano sulle sue guance, quando il cosmo di Indra si mostrò di nuovo a lui, "Cavaliere d’oro, noi siamo nemici, ma al contrario dei miei alleati, ti dimostriamo rispetto, ecco il corpo del tuo compagno di battaglie. Non ha riportato malattie infettive, prendilo pure", esordì, mentre il cadavere di Koryo appariva dinanzi al santo di Atena.
"Domani, io ed i miei ultimi seguaci aspetteremo qui i tuoi alleati, tu, però, non tornare, trova la vera via per uccidere i nemici che vogliono spazzare via tutti i mortali, solo la meditazione esoterica te la darà", spiegò il dio indiano, prima di sparire.
Grande fu lo stupore di Tok’ra nel sentire quelle parole, ma non se ne curò molto in quel momento, dovendo riportare il cadavere dell’alleato dai compagni lasciati indietro, per poi dirigersi tutti verso il Grande Tempio.