Capitolo 20: Il coraggio dei Silver saints

La morte del dio Yama era stata percepita nell’intera Torre Nera, oltre che nella zona circostante, come Koryo aveva potuto notare. Jenghis stesso sentì il cosmo di quella divinità nemica spegnersi dopo l’esplosione energetica, ma questo non fermò la sua salita. Il berseker, infatti, continuava a salire, lo sforzo non aveva completamente dilaniato i suoi muscoli, ma lentamente, anzi, si stava abituando al dolore e quindi aveva iniziato ad accelerare i propri passi lungo la ripida parete, di cui già poteva scorgere l’estremità superiore, "Per ora è solo una piccola luce, ma sono certo che ormai manca poco, devo avere la forza per risalire, dopo, con Koryo e Ryo andremo ad aiutare i santi di Atena che hanno superato quel dio ormai scomparso nella battaglia contro Indra e l’ultimo nemico rimastoci in questa costruzione", si ripeté più volte il berseker, per farsi forza lungo la salita.

Al piano superiore della Torre, i tre santi di Atena osservavano il loro nemico, "Cavalieri d’argento", esordì con tono titubante Tok’ra, "costui è Kumara, figlio di Shiva e fedele servitore di Indra", spiegò il custode della Sesta Casa, "Esatto, mortale", replicò semplicemente la divinità con la lancia dorata, ponendosi dinanzi ai tre, davanti ad una grande porta dorata.

I santi d’argento si scambiarono degli sguardi veloci, prima che Kumara lasciasse esplodere il proprio cosmo, creando un solco nel terreno e circondando se stesso di un’energia dorata davvero spaventosa agli occhi dei due Silver saint.

"Chiunque supererà quel segno sul terreno, potrà sperare solo in una morte veloce", avvisò la divinità, espandendo roteando la lancia fra le mani.

"Tok’ra", esordì Kano del Pavone con un filo di voce, "Indra è superiore a costui, giusto?", domandò titubante, "Si, compagno di allenamenti, il signore delle Tempeste è più potente di questo dio guerriero", rispose con voce sicura il santo d’oro, che aveva appena percepito il cosmo del comandante degli dei indiani, ma già ne aveva capito le qualità.

"Allora", continuò Daidaros, dopo aver scambiato uno sguardo con il suo parigrado, "sorpassa costui, noi lo tratterremo", propose il figlio di Shun, rivolgendosi al gold saint.

"Che cosa?", domandò Tok’ra con l’incertezza di un uomo che non aveva sentito bene, "Vai avanti, usa la Volta di Minosse, se necessario, ma sorpassa costui. Noi due avremmo ben poche possibilità contro un dio superiore a questo che già abbiamo davanti e di certo non c’è tempo da perdere. Più diventiamo deboli e ci stanchiamo in battaglia che si potrebbero evitare, più gli Horsemen ne trarranno guadagno", spiegò il santo del Pavone, "Noi ti copriremo le spalle, non preoccuparti", aggiunse il parigrado di Cefeo, sollevando le proprie catene.

Tok’ra sospirò e poi sul suo volto si dipinse un sorriso, "Che Atena vi protegga, coraggiosi cavalieri d’argento", gli augurò, prima di espandere il proprio cosmo, prendendo la posizione del "Rikkudo Rinne".

Quando Kumara vide il corpo del nemico brillare di una luce dorata, scattò verso di lui con la lancia in mano, "Non ti concedo di avanzare", ordinò il dio guerriero, ma, la sua attenzione fu distolta da un movimento di Kano, che, espandendo il proprio cosmo, urlò "Abbraccio dell’Oriente", scatenando la sfera energetica.

Kumara colpì l’attacco energetico con un fendente della sua lancia, dividendolo a metà e facendolo poi svanire con il proprio cosmo, ma, quando ormai era prossimo a raggiungere Tok’ra, fu fermato da delle catene d’argento, le catene di Daidaros, che cercò di tirarlo a se, ricevendo però l’effetto contrario: il figlio di Shun fu infatti travolto dalla forza della divinità, che lo gettò contro la parete opposta della sala, investendo anche Kano con il suo corpo.

"Sembra che sarete voi due i miei avversari", osservò allora Kumara, notando che il santo d’oro era ormai scomparso dalla sala senza che lui potesse impedirlo.

Kano e Daidaros ci misero alcuni minuti per rialzarsi in piedi, entrambi avevano dolori per tutto il corpo, la forza del dio che stavano per affrontare era davvero straordinaria, ma questo non li fermò dal prepararsi alla battaglia.

"Forza, mortali, mostratemi una forza degna di essere respinta, non questi trucchi ed inganni, capaci solo di farvi prendere tempo", li sfidò Kumara, "ho combattuto milioni di battaglie, prima per mio padre e poi per il sommo Indra, sempre seguendo il credo che debba essere il vincitore a decretare l’esito dei destini. Indra è più forte di me ed egli desidera purificare la terra, mio padre è più forte di me, ma ha fiducia negli uomini, il guerriero chiamato Tok’ra è più forte di voi e per farlo passare avete deciso di sacrificarvi. Adesso, mostratemi quanto voi siete forti in confronto a me", li invitò con un semplice gesto della mano.

"Fai andare prima me, Kano", esordì allora Daidaros, oltrepassando il proprio parigrado, "Perché?", domandò sorpreso il santo d’argento, "Tu hai ricevuto una ferita piuttosto grave contro Tisifone, se ben ricordo, quindi è meglio che attacchi io per primo", propose il figlio di Shun, lanciandosi contro il dio nemico.

"Bene, dunque mi attaccate uno alla volta? Degno di nota", si complimentò Kumara, "Nebula chain", invocò allo stesso tempo Daidaros, lanciando le catene di Cefeo contro il nemico, "Ma siete pur sempre deboli", osservò poi la divinità, roteando la propria lancia fra le due catene, così da variarne più volte la rotazione, fino a legarle intorno alla sua arma. Quando le catene erano legate alla lancia, Kumara sollevò le braccia e gettò Daidaros contro la parete alle sue spalle, lasciandolo al suolo svenuto.

"Tu cosa vuoi fare?", domandò poi la divinità a Kano, "Questo", replicò semplicemente il santo d’argento, lanciandosi contro il nemico, "Ruota del Pavone", invocò poi il cavaliere, scatenando la serie di pugni alla velocità del suono.

"Sembri un conoscitore della cultura indiana, inoltre sei consacrato ad un Pavone, non dovresti affrontarmi mortale", osservò Kumara, bloccando i pugni con dei veloci movimenti della lancia, "ma adorarmi", concluse il dio, colpendo il nemico allo stomaco con la propria arma, che lo lanciò indietro contro la parete da cui era partito.

"Misere sono dunque le tecniche di voi mortali, nemici più potenti li ho affrontati ieri, ma, malgrado questo, è mio compito finirvi, perciò, per quanto lodi il vostro coraggio, nell’affrontarmi senza alcuna possibilità di vittoria, devo uccidervi", li ammonì il dio, lasciando esplodere il proprio cosmo.

"Mi dispiace contraddirti, Kumara, ma non cadremo così presto", lo avvisò subito dopo Daidaros rialzandosi, "Io sono Daidaros di Cefeo, figlio di Shun, santo della Divina Andromeda, ho visto sufficienti battaglie da potermi vantare di avere la forza per prendere tempo, come dici tu e di certo non cadrò prima di aver dato fino all’ultimo soffio del mio cosmo per la Giustizia", avvisò il santo d’argento.

"Non contare sulla nostra dipartita, dio indiano", aggiunse Kano, "poiché nemmeno io, Kano del Pavone, allievo di Kaor, l’asceta che fu addestrato dal grande Shaka, cadrò così facilmente, l’essenza stessa del mio essere mi porterà avanti a combattere finché vi sarà vita ad animarla", concluse il secondo santo d’argento.

Un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto di Kumara, "Sono lieto di sentirvi dire ciò, cavalieri, allora potremo iniziare a combattere seriamente adesso, se mi mostrerete che oltre al coraggio ed alla determinazione, avete anche qualche dote concreta in battaglia", replicò con voce determinata il figlio di Shiva, sollevando la lancia con ambo le mani.

Il cosmo di Daidaros sembrò accendersi con bagliori dorati, mentre le catene iniziavano a danzare con velocità sempre superiore, "Nebula chain", esclamò il figlio di Shun, scatenando di nuovo il proprio attacco.

"Pensi di colpirmi con una tecnica che ho già evitato?", domandò sorpreso il dio, ricominciando a roteare la propria arma, ma stavolta le catene si mossero distanziandosi dal loro bersaglio, per circondarlo da dietro e colpirlo poi al volto. Kumara intuì il movimento, simile ad un boomerang, delle due catene, quindi saltò in aria e, con sua grande sorpresa, le due armi lo inseguirono, allora il dio concentrò il proprio cosmo nella lancia e con un singolo fendente colpì ambo le catene, deviandole al suolo, apparentemente senza vitalità.

"Ottimo colpo, ma non è ancora sufficiente", si complimentò Kumara, appoggiando i piedi al tetto della stanza, per poi lanciarsi di nuovo contro Daidaros.

"E questo?", domandò Kano, rubando l’attenzione del nemico e lanciandosi contro di lui, verso il cielo.

Kumara notò un bagliore verde aprirsi sulla fronte del santo d’argento, il cui cosmo sembrò brillare di una luce dorata, "Soul’s eye", invocò l’allievo di Kaor, arrivando a pochi centimetri dal dio nemico, "Ruota del Pavone", continuò poi, iniziando la serie di pugni, stavolta lanciati alla velocità della luce contro il dio in caduta verso il pavimento.

"Siete migliorati, si vede che dovevo spronarvi", esclamò divertito Kumara, "ma gli errori fondamentali di queste tecniche restano comunque", osservò poi il dio, raggiungendo il nemico con un colpo alle ginocchia, così da farlo schiantare al suolo, vicino a Daidaros.

Il figlio di Shiva atterrò al suolo, "Devo ammettere di avervi sottovalutato", esordì, "siete riusciti a spostarmi dalla mia posizione, inoltre, avete superato la difesa che so creare con la lancia, mi avete ferito, pochi pugni sul pettorale, ma lo avete incrinato con i vostri attacchi successivi", si complimentò il dio, toccando le proprie vestigia, "Siete meritevoli di subire il colpo energetico di cui sono padrone", concluse poi, sollevando la lancia sopra il capo.

L’arma dorata fu circondata dal cosmo del dio, che la spostò sulla propria sinistra, posizionando le gambe come se stesse per lanciare un oggetto addosso ai nemici, quindi, con un veloce movimento orizzontale, inclinato verso il basso, Kumara creò una mezzaluna d’energia dinanzi a se, "Lancia d’oro devastante", tuonò il figlio di Shiva nel lanciare questo attacco, simile ad un’ondata energetica.

Daidaros si pose dinanzi a Kano, ferito alla gamba, "Padre, dammi la forza", pregò il Silver saint, "Circular defense", invocò il giovane cavaliere d’argento, circondando se stesso ed il suo parigrado con la catena di difesa, che iniziò a roteare, per proteggerli.

L’onda d’energia riuscì a superare la difesa, lanciando ambo i cavalieri d’argento al suolo, con diverse ferite sul corpo, ma, con grande sorpresa di Kumara stesso, i nemici non erano morti, "Sorprendente, ho visto di nuovo quel bagliore dorato sulle vostre armature, penso sia stato quello a salvarvi", si complimentò il figlio di Shiva, mentre i due nemici cercavano di rialzarsi.

"Adesso, però, è tempo di morire", concluse poi il dio, espandendo ancora di più il proprio cosmo.

"No, non ancora", esclamò Kano, rialzandosi, "Soprattutto adesso che Daidaros ha rischiato la propria vita, parandosi come scudo dinanzi a me, non posso morire ora", affermò con determinazione l’allievo di Kaor, mentre una luce dorata esplodeva dal suo terzo occhio, "Eye power", invocò il santo d’argento, lasciando esplodere il proprio attacco energetico.

"Ottimo colpo, ma non è ancora sufficiente", esclamò Kumara, bloccando l’energia nemica con ambo le mani, "Sei stato capace di farmi utilizzare ambo le mani, lode a te per questo, cavaliere", si complimentò il dio, prima che una fredda brezza lo fermasse, simile ad un tornado quietatosi per miracolo.

"Che cos’è questo vento?", si chiese il figlio di Shiva, guardandosi intorno, "Questa è la potenza della Nebulosa, trasmessami da mio padre", avvisò Daidaros rialzandosi, "ed ora, grande dio guerriero, dovrai subirne la furia", concluse il santo d’argento, "Nebula storm", invocò con un filo di voce, scatenando il proprio attacco.

"Costoro sono più forti di quanto immaginano", pensò Kumara, mentre la corrente ed il colpo energetico lo travolgevano, "sono stati capaci di resistere ai miei colpi e lentamente mi hanno superato combinando le loro tecniche, ma non posso farmi battere, l’ordine del dio Indra è supremo. Dovrò usare la mia tecnica ultima", rifletté il dio guerriero, mentre il suo cosmo sembrava quasi quadruplicare.

La divinità conficcò la lancia al suolo, fermando il proprio volo, quindi aprì la mano sinistra dinanzi a se, "Esplosione Sacra", tuonò il figlio di Shiva, scatenando un bagliore di luce dorata da cui proruppe un’energia tale da annullare ambo gli attacchi nemici e travolgere sia Kano sia Daidaros.

Passarono alcuni secondi interminabili in cui solo le urla dei due cavalieri d’argento echeggiavano nell’aria insieme al rombo dell’esplosione, poi, tutto si quietò.

Kumara osservò i due nemici al suolo, avevano perso i sensi, ma le vestigia erano sopravvissute quasi del tutto a quel colpo devastante, "Se non li fermo adesso, temo che non potrò più", rifletté il dio, alzando la lancia, "ora addio, nobili avversari, siete stati degni del mio rispetto ed avete dimostrato una forza sufficiente ad obbligarmi ad usare la tecnica ultima di cui sono padrone", li salutò il figlio di Shiva, prima di colpire. Qualcosa, però, lo fermò, "Il santo d’oro ha raggiunto Indra", balbettò la divinità, senza eliminare i due nemici, intento piuttosto a seguire cosa sarebbe successo in quel momento dentro la stanza dove si trovava il dio.

In quello stesso momento, alla fine di una grande sala oltre la porta difesa da Kumara, Tok’ra riapparve, trovandosi dinanzi il sommo dio Indra, colui che comandava le divinità indiane, "Benvenuto, cavaliere d’oro, sei dunque tornato dinanzi a me, malgrado te lo avessi proibito?", domandò il Signore delle Tempeste, "Si, sono tornato qui dinanzi a voi, sommo Indra, ma oltre a combattere, ho bisogno di capire quanto voi sappiate dei vostri alleati", replicò il successore di Shaka, preparandosi alla nuova battaglia.