Capitolo 19: Orgoglio femminile
Anche Jenghis aveva percepito il cosmo di Ryo venire meno, "Che cosa sarà successo al figlio di Shiryu?", si chiese il berseker, intento a scalare l’immenso burrone, "Spero di poterlo raggiungere prima che sia troppo tardi", si augurò, mentre il piede destro cercava un buon appoggio per sostenere il peso del guerriero.
Se Jenghis avesse messo un piede nel punto sbagliato, solo una possibilità gli sarebbe rimasta per evitare una caduta, più rovinosa, utilizzare il suo cosmo nuovamente, così da fermarsi, ma rischiando che Varuna si risvegliasse e ricominciasse a combatterlo. Un pericolo che il berseker, stordito dal veleno nemico e stanco per la salita intrapresa, non poteva rischiare.
"Non devi arrendermi, salirò questo burrone, te ne prego, Ryo, resisti, sopravvivi, figlio del mio maestro", pensò con voce preoccupata il berseker, continuando la sua salita.
Una nuova divinità, intanto, si frapponeva fra i cinque santi di Atena e la loro avanzata lungo la Nera Torre, costui era muscoloso ed armato di una frusta ed una sfera chiodata, "Attaccatemi, cavalieri, se riuscirete ad abbattermi, potrete salire questa scalinata alle mie spalle. Indra ed il suo più fedele soldato vi aspettano al secondo piano della costruzione sacra", avvisò il nemico.
"Tutti e cinque insieme? Non possiamo spendere tutto questo tempo", avvisò Daidaros, rivolgendosi più ai suoi alleati che al nemico, "Siete tre guerrieri e due donne, ragazzino, in che altro modo vorreste attaccarmi?", replicò la divinità con tono beffardo.
"Tok’ra, lui è il dio che ha affrontato Awyn, giusto? Quello di nome Yama, l’essere che ha subito l’attacco della baccante senza potersi difendere", esclamò divertita Zadra, avanzando verso il nemico seguita dalla sorella.
"Lasciate a noi due questa divinità maschilista", suggerì la Sacerdotessa dello Scultore.
Yama in tutta risposta scoppiò a ridere, "Come già dissi all’altra donna, se mai mi sconfiggerete, mi darò la morte da solo piuttosto che sopravvivere a tale scontro", replicò con tono irato, osservando le due guerriere.
"Voi tre, guerrieri, passate pure. In fondo anche Durga e Varuna hanno scelto chi affrontare e chi no, tanto c’è il nostro diretto superiore, egli si occuperà di eliminarvi tutti, dal primo all’ultimo", spiegò con tono determinato Yama, invitando Tok’ra, Kano e Daidaros ad andarsene con un gesto del capo.
"Passate pure, cavalieri, noi due vi raggiungeremo presto, giusto sorella?", domandò Zadra, dopo aver rassicurato gli alleati, "Certo", aggiunse Helyss, mentre il suo cosmo si espandeva potente.
"Buona fortuna, sacerdotesse d’argento", augurarono Kano e Daidaros, seguendo il santo di Virgo lungo la scala, dopo aver oltrepassato il dio indiano a loro avverso.
I tre nemici, poi, aspettarono alcuni secondi in posizione di guardia, le une ferme davanti all’altro, che le osservava quasi divertito con le proprie armi in mano.
"Chi di voi vuole cadere per prima?", domandò beffardo il dio, lasciando scoccare la propria frusta, "Forse, dio Yama, dovresti chiederti piuttosto chi per prima ti farà barcollare", lo ammonì Zadra, espandendo il proprio cosmo, che fece tremare il nero corridoio.
"Bene, donna dai capelli rossi, sarai il primo bersaglio", esordì divertita la divinità, "Frusta stritolatrice", invocò poi Yama, scatenando l’attacco contro Zadra.
"Ora, Helyss", esclamò la sacerdotessa dello Scultore, prima di scattare sulla destra con un agile movimento, "Subito, sorella", replicò la seconda asgardiana, lanciandosi sulla sinistra.
La frusta danzava verso il proprio bersaglio, per quanto Zadra si muovesse velocemente e con agilità, quell’arma non smetteva di inseguirla, quasi guidata dalla propria volontà, "Vai, sorella", urlò in quel momento la Malefica Scultrice.
Yama sentì un rumore provenire dalla sua sinistra, era l’altra sacerdotessa d’argento, che correva verso di lui con le mani brillanti di colori accesi, "Cosa pensi di fare?", tuonò il dio, roteando su se stesso e cercando di colpire la nemica con la sfera chiodata, che gettò la Silver saint contro una parete, danneggiandola.
"E nemmeno tu avrai più fortuna, donna dai capelli rossi", continuò il dio, mentre le frusta, la cui danza era variata per lo spostamento di Yama, la raggiungeva al piede, gettandola al suolo con un effetto non letale, ma così da procurarle delle ferite e danneggiare il pavimento di nera pietra.
"Allora, donne, avete capito il vostro limite? La debolezza che vi impedisce di superarmi? L’inferiorità del vostro essere dinanzi a me?", domandò beffarda la divinità, mentre si preparava a colpire di nuovo con le sue armi.
"Se tu che non capisci, Yama", esordì divertita Zadra, rialzandosi a fatica, "Cosa non capirei?", incalzò il dio, "A che noi due puntavamo", ridacchiò Helyss, appoggiandosi alla parete.
Solo in quel momento la divinità indiana si accorse che strane runes adornavano le superfici intorno a lui e che tutti i frammenti di nera roccia caduti al suolo brillavano per un cosmo non loro, lo stesso che scaturiva dalle mani di Zadra.
"Cosa sarebbe questa? Una trappola?", domandò sorpreso Yama, "Esatto, frutto di duri allenamenti e del perfezionamento di tecniche che i nostri maestri ci aiutarono a scoprire", avvisò Zadra, prima di aprire le mani, mentre il cosmo di Helyss illuminava ancora di più le diverse runes.
"Svegliatevi mie armate, camminate su questa terra sacra ad Indra dopo aver visto la luce su Tir Na Nog, avanzate contro questo nemico", esclamò la Malefica Scultrice, "Armate dello Scultore", concluse poi, mentre i diversi sassi diventavano delle legioni di immani guerrieri.
"Vi richiamo al mio servizio, anime della natura, superate i limiti con cui vi usavo un tempo, concedetemi di affrontare questo nemico con il massimo della vostra forza, come già fa il grande successore del casato dei Megrez", invocò Helyss, richiamando le Anime della Natura, che apparvero sotto forma di sassi, che come pioggia, caddero contro Yama, o come schiuma di un geyser, si alzarono verso il nemico dal suolo.
"Un attacco combinato, davvero scaltre", si complimentò il dio, "Frusta stritolatrice", invocò poi, colpendo i diversi soldati di pietra, che uno dopo l’altro andarono in frantumi per l’impatto a contatto con l’arma.
Questo, però, non bastava, ogni statua andata in pezzi diveniva una pioggia di lapilli, che, guidata dal cosmo di Helyss, combinatosi con quello della sorella, attaccava il dio.
Dopo alcuni attacchi, però, Yama perse la pazienza, "Adesso basta!", tuonò la divinità, sollevandola sfera chiodata, "Mazza Chiodata", invocò poi e l’arma, carica del cosmo divino del nemico, divenne quasi solida, per poi cadere con un fragore simile ad un tuono, sul pavimento, distruggendo tutte le pietre che da esso si alzavano e scagliando ambo le sorelle nuovamente al suolo, un suolo che stavolta era composto solo di cenere e sabbia.
"Non è ancora abbastanza, donne", esultò il dio, prima di scoppiare a ridere, "Forse è vero, però, hai dovuto usare anche la tua seconda arma", replicò Zadra, le cui vestigia erano lievemente incrinate ed ora che abbiamo visto cosa sai fare con ambo le armi sappiamo come risponderti di conseguenza.
"Tu parli troppo, mortale", minacciò Yama, scatenando di nuovo la "Frusta stritolatrice" contro l’avversaria.
Ancora una volta le due sorelle provenienti da Asgard si mossero sui lati, "Non mi ingannate due volte allo stesso modo", esclamò il dio indiano, roteando l’arma contro Helyss.
La sacerdotessa del Pittore si lanciò al suolo, scivolando verso il nemico, poi, facendo leva sulle braccia, saltò verso il proprio avversario, "Sigilli", fu l’unica parola che Yama sentì mentre la Silver saint atterrava alle sue spalle.
"Cosa vorresti sigillare con questi scarabocchi?", ridacchiò divertito il dio indiano, espandendo il proprio cosmo, che risultò maestoso e minaccioso.
"No, dio indiano, quei simboli non servono per sigillare, ma solo per distrarre e rallentare", avvisò allora la voce di Zadra, ormai in perpendicolare al di sopra del nemico, "Adesso mi hai stancato, donna!", tuonò il dio, "Frusta stritolatrice", invocò poi, scatenando di nuovo il colpo contro la sacerdotessa d’argento.
"Grande Scalpello", urlò la Malefica Scultrice, vedendo l’arma dirigersi contro di lei, e, caricando il proprio cosmo nel braccio destro, colpì la frusta con la propria tecnica, capace di espandere ultrasuoni tali da frantumare rocce, armature e persino i corpi di taluni titani ed uomini.
Quando l’attacco fu a contatto con la frusta, accadde qualcosa che Yama non riuscì a credere possibile: un tremito travolse la sua mano e con grande sorpresa il dio scoprì di non riuscire più a controllare i propri muscoli, gli ordini trasmessi dalla mente non raggiungevano gli arti e, per questa improvvisa paralisi, gli fu impossibile evitare che l’arma gli cadesse dalla mano.
Zadra era lì, dinanzi al dio nemico, lo osservava con determinazione dalla propria maschera d’argento rappresentante il volto di una donna, il suo braccio destro era sporco di sangue e danneggiato per l’impatto con la frusta, ma per il resto era pronta alla battaglia, accanto a lei, Helyss, sua sorella, anche lei ferita ma pronta a continuare.
"Ebbene, dio guerriero, hai potuto provare su te stesso come la forza di due donne sia capace di resistere anche alla potenza di una divinità come te e come, addirittura, noi siamo state capaci di disarmarti della tua frusta. Ora cedi il passo, o perderai anche l’altra arma", avvisò Zadra con fare deciso.
Yama guardò la sua frusta al suolo, poi, con tono altrettanto determinato, rispose: "Si, avete saputo resistere alle mie armi, siete state capaci di farmi perdere la frusta, ma cosa sperate di fare contro la sfera chiodata? Ben diversa è come arma, inoltre, donna dai capelli rossi, il tuo braccio non potrà più scatenare quel colpo", replicò con determinazione Yama, prima di scatenare un attacco con la sua seconda arma.
"Mazza Chiodata", tuonò il dio, scatenando l’energia del suo attacco, un’energia tale da gettare al suolo ambo le sacerdotesse d’argento, con le vestigia danneggiate.
"Se la frusta seguiva il nemico per fermarlo con le terribili spire, la sfera chiodata è più un’arma per la distruzione totale di chi la affronta, qualcosa che non potrete arrestare con semplici trucchetti", avvisò il dio indiano.
"Si, forse non potremo abbatterti con dei trucchi, Yama, ma di certo non ci faremo sconfiggere per questo. Abbiamo partecipato a troppe battaglie per arrenderci adesso, io ho affrontato titani, guerrieri neri e messaggeri celtici e di certo non mi farò fermare adesso da te, divinità seguace di Indra", affermò Helyss, rialzandosi in piedi ferita, "Nemmeno io", aggiunse Zadra, "che devo rimediare alla mia ultima battaglia sul sacro suolo di Asgard, dove fui facilmente sconfitta da due nemici, nemmeno io posso arrendermi così facilmente", concluse la maggiore delle due sorelle.
"Sorella, hai perfettamente ragione", esclamò Helyss, prima di voltarsi verso Zadra e colpirla allo stomaco con un pugno, "ma devi darmi qualche minuto per fargli perdere la seconda arma, poi il confronto sarà solo tuo", concluse con un filo di voce, mentre la Malefica Scultrice si accasciava al suolo stordita.
"Donna dai capelli violacei, che vorresti fare?", domandò incuriosito Yama, mentre la Silver saint tratteggiava diverse runes sulle proprie vestigia, "Mostrarti l’ultima delle mie tecniche, quella che più di tutte ti farà ricordare quanto sia grande l’orgoglio e la determinazione femminile, oltre che il mio nome, Helyss del Pittore, colei che distruggerà la tua sfera chiodata con la forza degli spiriti nordici", spiegò la sacerdotessa d’argento, "Berserganger", fu la sua ultima parola, prima che il corpo iniziasse a mutare.
Yama fu sorpreso nel notare che il corpo della sua avversaria stava triplicando per massa, che i muscoli, dapprima esili e magnifici, diventavano sempre più maestosi e temibili all’aspetto, quindi, senza attendere ulteriori cambiamenti, sollevò la propria arma, "Mazza chiodata", invocò di nuovo, mentre l’arma si scatenava in tutta la propria potenza, investendo in pieno la Silver saint.
Il colpo raggiunse la propria preda, ma questa non sembrò nemmeno subirlo, difatti si gettò subito al collo di Yama, colpendolo con diversi pugni, un’infinita serie di montanti e diretti che il dio indiano subì, ricevendo colpi allo stomaco, al fegato ed al resto del corpo. L’armatura del bufalo che il dio indossava andò lentamente in pezzi sotto tutti quei colpi, un po’ alla volta, anche la divinità guerriera iniziò a sentire l’effetto di quella furente serie di attacchi, barcollando indietro con estremo dolore.
"Adesso basta!", ordinò Yama, colpendo la nemica allo stomaco con la sfera chiodata, prima di scatenarne di nuovo l’energia ad una distanza così ravvicinata da scagliare la sacerdotessa d’argento al suolo, ferita.
Grande fu lo stupore negli occhi del dio quando vide l’avversaria rialzarsi, come se niente le fosse successo, "Muori", tuonò la divinità, calando la propria sfera chiodata contro il capo di lei, ma Helyss fu più veloce e, sollevando ambo le braccia, bloccò la catena a cui l’arma era congiunta, spezzandola.
Dopo quest’ultimo atto, però, il cosmo del dio esplose, travolgendo Helyss e gettandola a terra, stordita, mentre la sua massa muscolare tornava normale.
"Ben fatto, sorella", esordì Zadra, rialzatasi, prima di porsi a difesa della sacerdotessa del Pittore, dinanzi al loro nemico.
"Ora, dio Yama, vedremo di concludere questa battaglia", avvisò la Malefica Scultrice, "hai perso ambo le armi, quindi non ti resta niente con cui combattere", osservò lei, "Sbagli, donna, ho il mio cosmo e tu, con cosa ti difenderai?", replicò il nemico, "Con la determinazione di poterti vincere e con la tecnica del mio maestro", concluse la sacerdotessa dello Scultore, ponendo ambo le braccia dinanzi al petto.
Il cosmo di Yama si espandeva minaccioso, pronto ad esplodere, mentre Zadra recitava l’antica formula di rito, "Per la dea Atena che noi seguiamo, per gli uomini che vogliamo difendere, per l’onore di essere donne e guerriere, io invoco la tecnica del Grande Fabbro di Efesto", esordì la sacerdotessa guerriero, "Volcano’s rocks", esclamò infine, scatenando l’attacco.
"Non perderò mai!", tuonò in tutta risposta Yama, scatenando l’energia di cui era padrone.
Un varco si creò però in tale energia, un foro immane, costruito dai lapilli di pietra incandescente e portatore di caldo fuoco e lava, una corrente d’energia che fu tale da prendere in pieno il dio e costringerlo a difendersi con ambo le mani. Gli arti della divinità, però, non bastarono dinanzi alla determinazione di due sorelle che lo avevano ridotto senza armi ed armatura e Yama si ritrovò in ginocchio, proprio quando aveva sedato la potenza nemica.
Zadra era ancora lì, dinanzi a lui, le vestigia ancora più danneggiate e maggiori ferite sul corpo, ma decisa a continuare se necessario, "Non mi arrenderò, dio guerriero", balbettò la sacerdotessa dello Scultore, "E nemmeno io", aggiunse Helyss, alzandosi a stento, ferita e sanguinante.
Yama le guardò, per poi guardare la propria armatura e le armi danneggiate ai suoi piedi, "Sono io che mi arrendo, guerriere", esordì il dio, sorprendendole.
Il cosmo del dio indiano, però, iniziò ad espandersi sempre di più, "Come giurato, ora che ho perso dinanzi a delle donne, mi darò la morte da solo", concluse il nemico, lasciando esplodere il proprio cosmo fino ad un limite tale da polverizzare il suo stesso corpo, lasciando solo ceneri dinanzi alle due sorelle.
"Abbiamo vinto", esultò Zadra, "Si, esatto", concordò Helyss, prima di sdraiarsi di nuovo.
Una risata nacque sotto la maschera della Malefica Scultrice, "Questa battaglia è vinta, ma non possiamo aiutarvi, cavalieri di Atena che siete al secondo piano, fin troppa è la stanchezza e la debolezza del nostro corpo adesso, attendeteci qualche minuto, arriveremo presto da voi", sussurrò la sacerdotessa dello Scultore, prima di accasciarsi vicino alla sorella.
Koryo, che ormai vedeva la Nera Torre poco distante all’orizzonte, percepì un cosmo divino esplodere fin oltre i limiti concessi, per poi scomparire nel nulla e quindi due cosmi minori ancora presenti, seppur flebili, "Queste sono le due guerriere asgardiane", si rallegrò, "Bene, una vittoria c’è stata dunque concessa, ma devo raggiungere gli altri. Sia Jenghis che Ryo sono appena percepibili e di certo nemmeno le due sorelle potranno combattere oltre, devo aiutare Tok’ra ed i cavalieri d’argento", rifletté il Beast Keeper, ormai prossimo all’entrata della Nera costruzione.
"Il dio lo ha fatto davvero, si è spento da solo", rifletté sorpreso Kano, fermando la propria corsa, "Esatto, mio compagno d’addestramenti, Zadra e Helyss hanno vinto, ma spero che restino dove sono", concordò Tok’ra, "Perché?", incalzò allora Daidaros, "Perché con le ferite che hanno sul corpo non potrebbero reggere dinanzi a questo nuovo nemico che ci attende lì, proprio dinanzi ai vostri occhi", concluse il santo d’oro, indicando una figura seduta con una lancia dorata in mano che li osservava con gelida freddezza.
I due santi d’argento ebbero un brivido nel vedere quel nuovo nemico, ma erano pronti ad affrontare questa nuova prova, in nome della Giustizia.