Capitolo 12: Un assaggio di potenza
Kain si risvegliò quasi subito dal colpo subito, per scoprire che il suo nemico lo aveva risparmiato, come aveva fatto anche Sober con Neleo, ma, in quel momento ciò non gli interessava, si preoccupava di più per la propria sorella.
"Neleo", esclamò il mariner, dopo aver scosso il proprio comandante, "Svegliati, la battaglia sembra essersi spostata all’interno della Città", avvisò il generale di Shark, mentre il parigrado si rialzava. "Ce la fai a camminare?", chiese subito Kain, senza lasciare all’amico il tempo di comprendere cosa fosse successo, "Si, non ti preoccupare, piuttosto, dov’è Sober?", domandò il Mariner di Hammerfish, "Ci ha lasciato andare, ma non so perché", spiegò il figlio di Ikki, prima di invitare l’amico a seguirlo.
La corsa dei due durò poco, poiché ben presto trovarono Joen al suolo, anche lui stordito, ma già capace di rialzarsi, grazie alle doti che la dea Era gli aveva concesso. Il primo pensiero del Goshasei non fu per il nemico, bensì per la sua Regina, "Dov’è sua maestà?", domandò preoccupato il figlio di Tige, "Probabilmente mia sorella starà per iniziare un nuovo scontro", rifletté Kain, invitando l’alleato ed amico d’infanzia a seguirli lungo la strada principale.
Intanto, la corsa lungo le strade di Cartagine del trio di guerrieri non ancora impegnati in battaglie era piena di orribili sorprese: le strade erano deserte, la popolazione, apparentemente, era scappata appena percepito l’arrivo di queste sette piaghe, lasciando spazio ai soldati, i cui cadaveri segnavano i bordi del lungo percorso sterrato che Esmeria ed i due Pharaons stavano compiendo.
"Com’è potuto succedere una cosa simile?", si chiese la Regina di Cartagine, "Tutti i soldati che io e Joen avevamo addestrato, caduti, l’uno dopo l’altro per mano di questi esseri", si disperò la figlia di Ikki, osservando i diversi cadaveri, "Non ti dimenticare, Beast Keeper di Suzaku, che coloro che qui dobbiamo combattere sono dei", la avvisò Sekhmet, senza fermare il passo, "divinità nemiche di Ra dalla notte dei tempi, creature così oscure e ribelli da essere capaci solo di distruzione fra gli uomini, chi li comanda, d’altronde, è Apophis, il Serpente, colui che ogni notte cerca di non far risorgere il sole, cioè Ra, suoi alleati sono il volatile di fuoco che cerca di stordire il sommo dio del cielo con il suo canto e molte altre creature malvagie", spiegò la guerriera egizia.
"Esatto, mortale, creature molto malvagie", ridacchiò una voce, costringendo i tre a fermarsi a pochi passi dal castello.
Una testa rotolò dinanzi al gruppo di guerrieri, mentre un individuo gettava a terra il cadavere di quel soldato appena ucciso. Le vestigia di questo nuovo nemico erano nere come quelle dei precedenti, costituite da una copertura integrale per il petto, simile ad una piramide capovolta, lunghi guanti oscuri con artigli affilati coprivano le mani e gli avambracci, per poi confondersi con le bende, mentre sulla cinta si estendeva una nera copertura simile a zampe di un animale, congiunte fra lo all’altezza delle ginocchia. Alla cinta vi era una specie di coda gigantesca come difesa, mentre sul volto si chiudeva una maschera a forma di cane, "Io sono Seth, il dio dall’aspetto di Cane, il male più puro che possa esistere in Egitto", si presentò la maligna divinità.
Esmeria, vedendo lo scempio fra i propri soldati avvicinò la mano alla frusta, ma un gesto di Sekhmet la fermò, "Non attaccarlo, Beast Keeper di Suzaku, il Cane egizio è mio, della Custode di Ra, la guerriera di Bastet", replicò la Pharaon egizia, preparandosi alla lotta.
"Dunque tu sei la Regina di Cartagine? Ed immagino che il giovane guerriero di Selkit sia il comandante dell’esercito di Ra, bene, passate pure, voi due, la Custode di Ra diverrà un pranzo, intanto", ridacchiò Seth, prima di scagliarsi contro Sekhmet.
La guerriera egizia fu abbastanza veloce da saper resistere all’attacco a sorpresa, riuscendo a sostenere lo scontro frontale con i pugni nemici e cercando a sua volta di ferirlo con i propri artigli, poi, quando alla fine fu raggiunta da una ginocchiata allo sterno, barcollò indietro stordita, in quel momento soltanto si accorse che Esmeria ed Anhur erano già andati via, "Bene", si disse, augurandosi che il suo comandante riuscisse a sconfiggere Apophis.
"Gattina", la apostrofò la divinità nemica, "ti distrai?", domandò poi, apparendo alle sue spalle e colpendola al collo con un pugno, per poi raggiungerla con un calcio allo stomaco ed una seconda ginocchiata allo sterno e quindi gettarla a terra con una gomitata alla schiena.
"Resistenti queste vestigia", osservò divertito Seth, mentre la sua nemica si rialzava stentatamente da terra, "ma non a sufficienza contro il mio ringhio", ridacchiò poi, espandendo il proprio cosmo.
Un suono sordo si sviluppò intorno al dio dalla testa di cane, "Ringhio mortale", urlò poi, prima che dalla sua maschera esplodesse un ultrasuono così potente da rigettare indietro l’avversaria.
Sekhmet, però, si fermò in piedi, le vestigia, fortunatamente erano ancora integre dopo questo nuovo attacco, ma, nel momento stesso in cui cercò di muoversi per attaccare lei stessa il nemico, qualcosa accadde, un malessere che le impedì di avanzare, poi un forte fastidio, quindi cadde al suolo ed iniziò a vomitare, senza capire quale fosse stata la casa di tale reazione.
"Deboluccia di stomaco?", domandò beffardo il maligno Seth, "sarà l’effetto del mio ringhio, così potente da danneggiare le membrane, che precludono all’equilibrio. Sai, un secondo attacco potrebbe renderti sorda e paralitica in questo momento, almeno per alcuni giorni", ridacchiò il dio egizio, preparandosi ad un secondo attacco.
In quello stesso momento, Anhur ed Esmeria erano riusciti a raggiungere le stanze del trono, dove, con loro grande disgusto, trovarono due divinità circondate da decine di cadaveri, "Questi soldati sono al quanto inutili, non trovi, Bennu?", domandò uno dei due all’altro, che rispose con un semplice gesto del capo.
"Apophis e Bennu, i peggiori nemici del sommo Ra", esclamò Anhur, mostrandosi ai due dei nemici, "Abbiamo visite di un certo riguardo, sembrerebbe", esclamò il più loquace dei due nemici.
Questa prima divinità aveva vestigia nere composte a squame, che si modellavano perfettamente sul corpo, delineando un serpente stilizzato sul pettorale. Con eleganze queste nere vestigia coprivano interamente il corpo della divinità, nascondendolo completamente sotto la loro pelle oscura. Un elmo a forma di Cobra si alzava maestoso sopra quelle vestigia nere, coprendo anche il volto di quest’essere, che altri non era se non Apophis, l’oscura controparte di Ra.
Il suo alleato, Bennu, l’uccello di fuoco che all’alba cerca di ammaliare il sole con il proprio canto, era accanto al dio serpente. Le vestigia erano nere anche per lui, neri gambali composto dalle zampe dell’animale, nere anche le coperture per le braccia, costituite dalla coda del volatile. Sulla schiena si aprivano maestose due grandi ali con riflessi rossastri, mentre il volto era nascosto da una maschera che ricordava vagamente la testa di un uccello.
Fu proprio Bennu il primo a muoversi, indicando Esmeria, "Sembri seguace di una divinità volante, mortale, allora perché non ti inginocchi dinanzi a me?", domandò con tono gelido, "Io sono Esmeria, Beast Keeper di Suzaku, la Fenice del Cielo Meridionale asiatico, seguace degli dei indiani Shiva e Kalì, figlia di Ikki, della Fenice Mitologica sacra ad Atena, e come Regina di Cartagine l’unica cosa che farò sarà quella di ucciderti", replicò fermamente la figlia di Phoenix, "Tutti questi titoli sono inutili contro di me, mortale, perché non sono un cavaliere tuo pari, bensì Bennu, un dio", la ammonì con tono gelido la divinità avversa.
"Tu, invece, ragazzo, chi sei? Riconosco le vestigia di Selkit, ma più di questo non so", continuò poi Apophis, "Il mio nome è Anhur e Horus è stato il mio maestro. Io comando l’esercito dei Pharaons che a te si oppone, dio serpente", replicò semplicemente il guerriero egizio, "Bene, allora, opponiti a me", concluse la divinità avversa, preparandosi alla lotta.
I due dei si lanciarono subito contro i loro nemici, senza alcuna esitazione di nessun tipo.
"Serpente distruttore", urlò da subito Apophis, aprendo la mano contro il nemico e lasciando che il suo cosmo si materializzasse come un gigante boa costrittore, contro cui Anhur capì subito quanto fosse inutile difendersi e quindi preferì evitare il colpo, o almeno cercò di farlo: grande fu la sorpresa negli occhi del Pharaon quando l’attacco energetico iniziò ad inseguirlo. "Ogni fuga è inutile, giovane mortale, il serpente non lascia tregua alle proprie prede, né ora, né mai", spiegò la divinità avversa, la cui voce sembrava terribilmente divertita dalla reazione nemica.
Bennu non utilizzò da subito un colpo contro il proprio nemico, anzi si alzò in volo per poi lanciarsi in picchiata su Esmeria, che con un veloce movimento laterale evitò l’impatto.
Quando però la figlia di Ikki cercò di raggiungere il nemico con la propria frusta, il dio egizio, appoggiando le mani al suolo, si lanciò orizzontalmente verso di lei, costringendola ad evitarlo con un salto verso l’alto, ma nemmeno questo bastò, poiché con una torsione del corpo, Bennu cambiò di nuovo traiettoria, precipitandosi contro la nemica e lasciandola cadere al suolo rovinosamente.
"Ora proverai la potenza di cui è capace un dio come me", minacciò la divinità egizia, espandendo il proprio cosmo, che risultò simile al fuoco.
In quel momento, però, qualcosa fermò i due dei, una serie di cosmi che si erano risvegliati ai piedi del castello.
Questi cosmi, che erano stati capaci di fermare le due divinità, erano quelli di Neleo, Kain e Joen, che, vedendo Sekhmet in difficoltà contro il nemico, si erano affrettati ad aiutarla.
"Galaxian Explosion", aveva invocato il generale di Shark, "God’s breath"; aveva poi aggiunto il Mariner di Hammerfish, unendo il proprio colpo a quello del parigrado, così da travolgere Seth, che non poté concludere il secondo attacco sulla Pharaon di Bastet.
"Chi siete voi?", tuonò la divinità egizia, rialzandosi di scatto, "Guerrieri alleati di Pharaons e quindi tuoi nemici", spiegò Neleo, preparandosi a combattere questo nuovo nemico, prima che qualcuno lo fermasse.
"Grazie dell’aiuto, cavalieri, ma se non riuscissi a sconfiggerlo da sola, non sarei degna delle vestigia di Bastet", avvisò Sekhmet, rialzandosi in piedi e prendendo la posizione di difesa, con la mano destra sollevata.
"Vediamo che sai fare", minacciò Seth, "Cat claws", invocò allora la guerriera egizia, mentre gli artigli di luce prorompevano dalla sua mano, dirigendosi verso il nemico.
In quel momento un sibilo spaccò il cielo, qualcosa si stava avvicinando, ma stavolta non inaspettata.
"Seahammer", invocò infatti Neleo, investendo la figura con il proprio martello con una velocità tale da lasciare sbalordito persino Seth, che, probabilmente sicuro dell’aiuto alleato, non si era preparato ad evitare gli artigli del gatto, che lo colpirono in pieno, gettandolo al suolo con dei visibili tagli sulla corazza.
L’altra creatura, intanto, si era rialzata da terra, "Mio signore Seth, come state?", domandò quell’essere mostrandosi per la prima volta. Il corpo era esile e tagliente, le vestigia, al quanto misere, coprivano come zampe le gambe fino alle ginocchia, la cinta con un breve blocco di metallo nero ed il petto con un unico pezzo che si prolungava fino alle spalle, dove, aprendosi in due gigantesche ali oscure, si legava alle braccia, lasciando però intravedere le bende dal colore sporco che circondavano l’intero corpo.
La testa era nascosta da un elmo a forma di Avvoltoio.
"Nechbet, come hai fatto a farti scoprire?", lo ammonì la divinità, "Il sibilo", rispose per lui Kain, "Questo essere lascia un suono fastidioso dopo ogni suo movimento, sia le planate che quelli in volo", spiegò poi Neleo.
I due dei si avvicinarono fra loro, "Sono in quattro, dovremo abbatterli tutti", rifletté Seth, ridacchiando sotto la maschera.
"Apophis", affermò nel frattempo Bennu, avendo osservato la scena dal castello, "lasciamo stare questi mortali, o li finiamo?", domandò il dio egizio, "Per oggi, alleato, li faremo vivere, ho voglia di una battaglia ancora più avvincente di questa che è stata solo un assaggio della potenza egizia, domani, o quando li rincontreremo, costoro dovranno tremare dinanzi alla vera forza di Apophis e dei suoi seguaci", concluse con voce furente il nemico di Ra, scomparendo dalla sala del trono di Cartagine.
Pochi attimi dopo, anche Bennu scomparve, lasciando Esmeria al suolo ed Anhur schiacciato contro una colonna.
Joen, Sekhmet ed i due mariners osservavano le divinità a loro avverse, pronti ad attaccarle, ma, sui volto di alcuni di loro si capiva chiaramente la preoccupazione verso le due persone che stavano probabilmente combattendo dentro al castello.
Fu Neleo il primo a muoversi, espandendo il proprio cosmo, ma, nel momento stesso in cui lo fece, un cosmo ancora maggiore, adatto ad una divinità, circondò quel luogo, prima che Bennu si mostrasse anche a loro, "Seth, Nechbet, Apophis ha ordinato di andare", disse semplicemente il dio egizio, prima di scomparire di nuovo.
"Gatta, il nostro scontro non è finito qui", minacciò Seth, seguendo il suo alleato, "Ed io ve la farò pagare", continuò Nechbet, scomparendo anch’egli dalla Sacra Città di Cartagine.
Alcuni minuti passarono in cui i quattro guerrieri corsero verso i due compagni ai piani superiori del castello, soccorrendoli, poi, coscienti della potenza che gli era stata mostrata e di quanta ancora ne era stata celata, cercarono, per il resto di quel giorno non particolarmente caldo, di aiutare nelle riparazioni della città, prima di tornare nel punto d’incontro con i loro alleati.