Capitolo 10: Gli Horsemen all’attacco
L’ultimo gruppo di cavalieri partiti da Tebe raggiunse anch’esso la propria meta, una caverna sperduta in Iraq, dove, poco meno di quattro giorni prima, erano scomparsi quattro uomini, di cui nessuno aveva chiesto notizie, perché dei semplici ricercatori di paesi stranieri.
Il gruppo che arrivò in quel luogo era forse il più potente, poiché composto da quattro cavalieri d’oro e due Runouni, che velocemente si muovevano in quella terra sgraziata e ricca solo di sassi.
"Dovrebbe essere questa la caverna", esordì dopo una breve corsa Mamiya del Topo, "Sicura?", domandò Ryo di Libra, che insieme ai compagni aveva seguito la nuova alleata nella ricerca di questo luogo dove forse avrebbero trovato delle notizie riguardo il modo in cui gli Horsemen erano stati sconfitti.
Un nitrito, però, oscurò la voce della guerriera, prima che rispondesse. I sei cavalieri si guardarono intorno e con loro gran sorpresa videro apparire ai quattro lati i loro nemici, ora tutti presenti e pronti alla battaglia.
"Era una trappola", osservò preoccupato Dorton del Cinghiale, "Non esattamente", esclamò Kronos, la Guerra, facendosi avanti insieme ai propri pari.
"Quest’incontro serve per molti fini, ma non di certo per massacrarvi tutti oggi, se no, dove sarebbe il divertimento?", domandò sarcasticamente l’Horseman dalla nera armatura.
"Il primo motivo per cui vi abbiamo raggiunto è quello di presentare anche il quarto, Adam, la Morte", iniziò dopo alcuni attimi di silenzio Kronos, indicando il suo pari.
Allora i cavalieri poterono osservare anche il Quarto nemico, le cui bianche vestigia, candide come neve lasciavano traspirare un gelido terrore in chiunque le osservasse. L’armatura era piuttosto semplice, candide copertura per braccia e gambe, simili a placche metalliche adornate da simboli funerari, come croci, o teschi, poi una corazza, che scendeva integrale ed elegante come una veste antica fino alla cinta, aprendosi sulle gambe in due blocchi congiunti alla cinta. Sul volto una maschera a forma di teschio umano che nascondeva il volto ed un lungo mantello, che si completava in un cappuccio rigido, anch’essi bianchi, come il resto dell’armatura. Agganciata al cavallo vi era una gigantesca falce, che penzolava vicino alla gamba del Cavaliere.
"La seconda motivazione è il tempo", continuò allora Kronos, lasciando sbalorditi i suoi avversari, "Che vuoi dire?", incalzò difatti Lorgash. "Non avete notato che oggi non fa tanto caldo qui? E nemmeno a Cartagine, vi potranno assicurare i vostri compagni e, d’altra parte, nemmeno Asgard risente del normale freddo quest’oggi, sapete perché?", domandò il Cavaliere rappresentante la Guerra, senza ricevere risposta alcuna, "Questo è un giochetto molto vecchio che ogni tanto ci divertiamo a ripetere", continuò allora Kaspian, la Pestilenza, "Diamo sempre ai nostri nemici quattro giorni di tempo, in cui il clima varia di continuo, prima la quiete, poi il caldo insopportabile, quindi la pioggia ed infine la neve. Se al quarto giorno qualcuno di loro è ancora vivo, allora non ci perdiamo tanto in discussioni e spazziamo al suolo l’intero continente in cui vive", spiegò divertito l’Horseman.
"Che cosa?", balbettò Ryo, "Una volta lo abbiamo fatto, ad un uomo che vive in Australia, c’è scappato per quattro giorni di fila, poi abbiamo devastato la popolazioni, facendo addirittura diventare qual simpatico continente un’isola sperduta nell’Oceano. Sapete un tempo era più vicino all’Asia, prima del nostro passaggio", raccontò con voce divertita Silas, la Bestia, il cui linguaggio sembrava più misero di quello dei suoi due compagni.
"Il Terzo motivo", continuò poi Kronos, "è per avvisarvi che qualsiasi notizia cerchiate qui dentro, non vi servirà a molto se non siete pronti a sacrificare la vita contro di noi. Allora ci vollero decine di morti ed il sacrificio di undici di voi Runouni per rinchiuderci in quella stele di pietra", ricordò l’Horseman con tono divertito, "Ma allora i diversi guerrieri non erano stati temprati da decine di battaglie", lo ammonì Lorgash di Capricorn, ancora nella posizione di guardia.
"Vero, e questo, santo d’oro, ci porta alla quarta motivazione", continuò la Guerra, "Testare la vostra forza e rimettere in moto i nostri vecchi muscoli ormai costretti ad un lungo riposo", replicò con freddezza Kronos, mentre tutti e quattro impugnavano le loro armi, circondando con i loro cosmi i santi ed i Runouni.
"Mamiya, qualsiasi cosa succeda, tu devi entrare nella grotta e studiare velocemente ciò che vi troverai, perciò, teletrasportati subito lì", esordì Dorton, rivolgendosi alla persona amata, "Che cosa?", replicò semplicemente la telecineta, "Ha ragione il tuo compagno, Runouni del Topo, devi andare, noi impediremo loro di raggiungerti", concordò Odeon di Leo.
"Allora, chi inizia?", domandò all’improvviso Kronos, rivolgendosi più ai suoi pari che ai nemici, "Io", esclamò in quel momento Kaspian, scotendo velocemente la propria frusta, che come una serpe volò verso il gruppo di cavalieri.
"Biggest Wall", esclamò subito Golia, espandendo il proprio cosmo difensivo, che fu, però, facilmente superato dal colpo nemico, contro cui il cavaliere del Toro non poté fare altro che evitarlo con un veloce movimento, tale da permettergli di salvarsi sia dall’attacco frontale sia dal secondo, prodotto dalla frusta nel momento in cui ritornava nella mano del suo padrone. "Bravo, gigante, non devi mai farti colpire dalla mia frusta, ricorda, è un’arma terribilmente velenosa e potente", ridacchiò Kaspian, invitando Golia ad attaccarlo, "Io ho trovato il mio avversario", continuò la Pestilenza con tono divertito.
"Anch’io", urlò in quel momento Silas, lanciandosi da sopra il suo cavallo con l’Ascia in mano verso Dorton, "Muori, umano", ringhiò l’Horseman, ma la Cupa Furia non si fece raggiungere impreparato, anzi, caricò il proprio cosmo nelle lame che gli adornavano le mani, quindi saltò anch’egli contro il suo nemico, producendo uno scontro aereo tra le loro forze cosmiche, tale da scuotere il terreno circostante e far imbizzarrire tutti i cavalli.
In quel momento, nel caos più totale, Lorgash fece la prima mossa, lanciandosi contro Kronos, "Golden Cross", invocò il santo d’oro, puntando al Cavaliere rappresentante la Guerra, il quale gli rispose con un veloce movimento della spada, che di certo sarebbe stato fatale se lo scudo d’oro di Libra non si fosse intromesso, deviandone sottilmente la traiettoria, così da far solo ricadere al suolo il saint di Capricorn, pronto ad iniziare questa nuova battaglia assieme al compagno d’addestramenti.
Solo Odeon e Mamiya non si erano ancora mossi e dinanzi a loro vi era Adam, il silenzioso quarto Cavaliere, "Runouni, appena lo attaccherò, tu vai", ordinò il santo di Leo, prima di scattare contro il nemico. "Lighting Volt", invocò il successore di Aioria, scatenando il reticolo luminoso che tante volte aveva già usato e subito la guerriera del Topo scomparve da dinanzi i loro sguardi, allontanandosi nei meandri della caverna. Il reticolo luminoso, intanto, raggiunse il suo bersaglio, il quale, però, sembrò non accorgersi nemmeno del colpo subito, anzi, alzando il capo, circondò Odeon con il proprio cosmo.
Golia e Kaspian, nel frattempo, si erano studiati per alcuni attimi, solo la risata del Cavaliere rappresentante la Pestilenza interrompeva il silenzio fra di loro, "Cosa ci trovi da ridere?", domandò dopo alcuni minuti il santo del Toro, "Il fatto che sei così grosso e così stupido da sperare di sopravvivere, o anche solo di battermi", ridacchiò l’Horseman, espandendo il proprio cosmo.
In quel momento, Golia ebbe una sensazione terribile, il suo corpo fu quasi rapito da delle lancinanti strette allo stomaco, una sensazione così terribile da costringerlo a chinarsi e vomitare.
Per alcuni minuti il santo d’oro rimase con il viso quasi schiacciato verso il suolo per quella orribile sensazione, "Che succede?", si domandò nel tentativo di rialzarsi, "mi sento come ammalato, è come se dei chiodi ardenti mi stessero perforando la pelle", rifletté il cavaliere d’oro, stringendosi le braccia doloranti.
"Cosa c’è, gigante? Hai la febbre? Bruciori? Mal di testa? Non è l’influenza il tuo problema, mortale, ma il mio cosmo, portatori di terribili pestilenze", spiegò Kaspian, "a dirti la verità al momento non sto usando nemmeno metà del mio potere, pensa che quando lo espansi al massimo la prima volta, metà Egitto fu spazzato via da quella che allora definirono una delle piaghe peggiori di quel tempo", ridacchiò il malvagio essere, "Io impoverisco la terra, annullo la vita, spazzo via ogni forma di vitalità nelle cose grazie al mio solo cosmo, ma contro di te ho voglia di combattere, quindi ho deciso di lasciarti abbastanza libertà di movimento da farti attaccare, mostrandoti quanto sia inutile tutto ciò", propose l’Horseman con un gesto della mano.
"Devo farmi forza e ritrovare la percezione ultima", si disse in quel momento Golia, che per la prima volta da quando aveva iniziato a combattere, provava paura e confusione, due sensazioni che non gli erano state vicine né nella lotta contro Ariel, la titana, né contro Thor, né durante la difesa del Tempio di Ermes dinanzi ai titani seguaci di Odino, né, tanto meno contro Briareo, o Arawn, o Smeagol, nessuno di loro gli aveva impresso nel cuore tanto timore, né aveva mai subito una febbre così violenta da scuotere i suoi sensi, lasciandoli indebolire.
Cercò dentro di se il cavaliere d’oro, la forza necessaria cercava, quella forza che solo l’ottavo senso sapeva dare e lentamente la riscoprì in se, superando il timore e preparandosi al contrattacco.
"Ma bene, quindi siamo pronti allo scontro, gigante, fammi vedere che sai fare, ti concedo un solo colpo", ridacchiò Kaspian, la Pestilenza, "Great Horn", urlò in tutta risposta il santo d’oro, scatenando il sacro colpo del Toro, che furente corse contro il proprio bersaglio.
"Patetico, troppa insicurezza in un colpo del genere", lo ammonì il Cavaliere, fermando la corsa del Toro dorato con un leggero movimento della frusta, che come una spira si avvolse intorno al proprio asse, fermando l’attacco, per poi lanciarsi in avanti verso Golia. "Osserva che cos’è un vero colpo", avvisò Kaspian, "Spira danzante delle malattie", tuonò l’Horseman, mentre la sua frusta si muoveva come guidata da una melodia, avvicinandosi con una traiettoria molto strana al santo d’oro, che non poté evitare quell’attacco, venendone travolto in pieno.
"Al contrario di te, quelle vestigia sono molto resistenti, dovresti essere già morto, invece, sei solo stordito, peccato", osservò il Cavaliere rappresentante la Pestilenza, mentre il suo nemico si dimenava nel dolore di quell’influenza che ormai lo aveva assalito.
Lo scontro fra Dorton e Silas, intanto, continuava anche al suolo, con una serie di fendenti scatenati con furia e certezza da ambo le parti. Ad ogni colpo d’ascia della Bestia vi era un colpo scaturito dalle lame del Cinghiale di Giada, che cercava di resistervi.
Dopo alcuni minuti di attacchi consecutivi, però, Dorton si dovette allontanare, chiaramente stanco per la serie di colpi lanciati ed evitati, "Sei forte, ragazzo, non determinato abbastanza, ma forte, mi divertirò un mondo a combatterti ed ucciderti, erano millenni che non incontravo un nemico e sognavo con impazienza una nuova battaglia in cui misurarmi con la mia Ascia", esclamò il Cavaliere, osservando la propria splendida arma, prima di alzarla contro l’avversario.
Dorton non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato, dovette subito spostarsi lateralmente, evitando quel singolo fendente, che si perse contro l’immane parete rocciosa alle sue spalle. Quando però il Runouni si preparava a contrattaccare, un rumore dietro di lui gli fece intuire che quell’immane combinazioni di rocce centenarie non aveva resistito all’urto con il colpo nemico, infatti, pochi attimi dopo quei primi rumori, l’intera parete cadde sul punto in cui era il guerriero di Giada.
"Che peccato", esordì Silas, "speravo che questo ragazzo fosse abbastanza forte da resistere ad un colpo così debole, se lo avessi usato alla massima potenza, spazzando al suolo l’intera distesa di montagne circostanti, come una volta aveva già fatto in quel continente lontano, dove creai un gigantesco Canyon, chissà cosa mi avrebbe detto costui", rifletté con un po’ di sconforto l’Horseman.
"Non avrei detto niente dinanzi a tale distruzione, perché l’avrei impedita", esclamò la voce di Dorton alle spalle dell’avversario. Silas si voltò subito, "Bene, ti sei salvato, allora sei degno di combattere con me, forza, mostrami uno dei tuoi colpi migliori, così che possa sapere se nell’offesa sei capace come nella difesa", lo sfidò con gioia l’Horseman rappresentante la Bestia, impugnando l’Ascia con ambo le mani.
Dorton osservò con attenzione il suo nemico, sapeva, data la stazza dello stesso, che di certo in quanto a forza fisica gli era inferiore ed il cosmo da questi scaturito, se veramente era solo una piccola parte, lasciava intuire come anche per energia cosmica gli fosse da meno, ma, il Runouni poteva contare su una strategia offensiva, giacché l’avversario sembrava essere un ottimo guerriero per nulla esperto in tecniche di guerriglia, però.
Il cosmo di Dorton esplose intorno al suo padrone, che lo caricò nelle proprie mani, "Lighting Impact", invocò il Runouni, scatenando il suo attacco simile al reticolo luminoso del Leone, "Cosa pensi di fare con questo coso?", ridacchiò Silas, distruggendo il colpo nemico con un singolo movimento dell’ascia.
Nella nebbia di polvere sollevata da quel fendente, però, il Cavaliere rappresentante la Bestia poté sentire una voce urlare, "Cinghiale Furente" e con sua grande sorpresa fu travolto dalla carica energetica del Runouni di Giada, che lo fece barcollare indietro.
Nel subire l’attacco, però, avvenne qualcosa in Silas, improvvisamente il cosmo dell’Horseman quadruplicò, mentre i suoi occhi si iniettavano di sangue. Con una sola mano raggiunse Dorton alla gola e l’impatto fra le sue dita e la corazza di Giada riuscì a scalfire la stessa, producendo dei danni sottili sulle spalliere, prima che il Runouni fosse rilanciato indietro. Un ruggito fu l’unica cosa che il Cavaliere, quasi posseduto da una furia animalesca, riuscì ad emettere, ma quel ruggire ebbe un effetto sconcertante, poiché le onde sonore si espansero nell’aria, investendo in pieno il Runouni, le cui vestigia furono frantumate in più punti, prima che si schiantasse contro una parete rocciosa, che gli cadde addosso.
Quando Dorton, allo stremo delle forze, svenne, Silas si quietò, insieme al proprio cosmo.
Lo scontro fra Kronos ed i due santi d’oro, intanto, continuava, ma, più i due lo attaccavano, più apparentemente, le possibilità di vittoria si allontanavano, poiché l’Horseman riusciva con facilità sempre maggiore ad evitare i loro colpi, o restituirglieli, addirittura.
"Siete solo mosche fastidiose, cavalieri, quando lo capirete?", domandò colui che rappresentava la Guerra, schiacciando ambo gli avversari al suolo con il proprio cosmo, dopo aver evitato nuovamente un fendente della sacra Excalibur.
"Io ho schiacciato decine di eserciti avversari da solo e voi, in due, vorreste vincermi?", ridacchiò il Cavaliere, prima di bloccare lo scudo d’oro della bilancia con la propria spada, danneggiandolo gravemente. "Ammettiamo che tu sei forte, Horseman, ma noi combattiamo ormai da anni per la Giustizia e la sopravvivenza degli uomini e mai, né dinanzi ai titani, né davanti a uomini corrotti o ingannati da dei Ancestrali, ci siamo fermati, perciò non lo faremo tuttora", replicò Ryo di Libra, espandendo il proprio cosmo, "Rozan Shoryuha", invocò poi, ma ancora una volta il drago Nascente fu quietato dalla Spada della Guerra, che tagliò in due quell’energia immane con un singolo movimento del polso.
"Singolarmente non abbiamo possibilità", osservò il figlio di Shiryu, avvicinandosi al santo del Capricorn, "Lo so", concordò Lorgash, che provava una grande ira nell’accettare la sua inferiorità, "ma come possiamo sconfiggere costui?", si domandò poi, "Unendo i nostri attacchi, i cento draghi con i nove fendenti", suggerì Ryo.
I due si scambiarono uno sguardo d’accordo, ma un veloce movimento di Kronos, li preoccupò, poiché il loro nemico espanse un cosmo infuocato tale da far tremare persino il terreno e riempirlo di calde vampate di fuoco.
"Usiamo direttamente il colpo di spada di tuo padre", suggerì Lorgash, prima di spostarsi sulla destra dell’avversario, "Va bene", concordò Ryo, allontanandosi sulla sinistra con la spada dorata in mano.
"Che avete intenzione di fare?", domandò l’Horseman, osservando i due nemici nella stessa posizione, "Ora vedrai", replicarono all’unisono, espandendo entrambi i loro cosmi.
"Ryutsuisen", invocarono poi, lasciando esplodere entrambi quel colpo che tante vittorie gli aveva procurato in passato.
"Insetti, solo insetti", ripeté divertito Kronos, espandendo la propria forza nella grande spada infuocata, "Rombo Nero della Guerra", invocò il Cavaliere discendente dal Caos.
I due colpi energetici nati dalla tecnica di Shiryu di Dragon furono entrambi fermati da quell’energia che sembrò addirittura aumentare in quel momento, come se fino ad allora avesse aspettato per esplodere, poi, improvvisamente, sia Lorgash sia Ryo volarono al suolo, entrambi storditi dalla potenza di quel singolo colpo, che li atterrò entrambi.
"Mi annoia combattere con voi", osservò ridendo l’Horseman, mentre posava la spada.
Solo Odeon era ancora in piedi, ma non si muoveva, come il suo nemico d’altronde, che ormai lo aveva circondato con il proprio cosmo.
Quella pace fu improvvisamente fermata da un veloce fendente di falce, talmente potente da decapitare il cavaliere di Leo. O almeno, così sembrò ad Odeon stesso, prima di rendersi conto che ciò che aveva visto era solo un’illusione, una visione di quella che sarebbe stata la sua morte per mano di quell’Horseman.
"Costui è circondato da una tremenda aurea, un cosmo tale da trasmettere negli altri la visione stessa della loro morte, non riesco nemmeno a muovermi quasi, i miei muscoli tremano dinanzi alla sua presenza, ma devo riuscirci, tutti i miei compagni sono stati battuti, sono l’unico che può impedire che inseguano la Runouni del Topo, inoltre, ho già promesso a Myokas che non lo raggiungerò così presto", cercò di dirsi Odeon, per trovare la forza di reggersi alla vita e cominciare la lotta.
"Lighting Claws", urlò il cavaliere d’oro, scatenando questo nuovo colpo contro il nemico dalle candide vestigia, ma questi non si impegnò nemmeno ad evitare l’attacco, lo subì in pieno, senza riportare la minima ferita, "Devi sapere che è inutile ferire la Morte", lo avvisò con voce gelida il nemico, lasciando che il corpo di Odeon fosse percorso da brividi indescrivibili.
"Sai parlare quindi?", cercò di sdrammatizzare l’allievo di Seiya, prima di lanciare nuovamente il "Lighting Volt", che ancora una volta si perse sulle candide vestigia dell’Horseman. "Si può placare la Guerra, si può fermare la Pestilenza ed uccidere la Bestia, ma non si può eliminare la Morte, solo abbracciandola è possibile fermarla, e tu non sei pronto per fare questo", lo avvisò freddamente Adam, sollevando la Falce, "però ti posso lasciare qualcosa in più su cui riflettere, oltre che sul timore", continuò.
"Mietitura della Vita", esclamò l’Horseman con una voce cavernosa che non sembrava nemmeno la sua e, scotendo la Falce dinanzi a se, produsse un’energia tale da investire in pieno il santo d’oro e produrre un taglio tale sulle vestigia da ferirlo al petto.
In quel momento, mentre la ferita si curava grazie al cosmo stesso del cavaliere dorato, Odeon vide dinanzi a se decine di uomini che lentamente erano spirati, o che stavano morendo, sentì la morte invaderlo e renderlo partecipe della sua missione sulla terra, allora il santo di Leo non poté fare altro che chinarsi e singhiozzare, dinanzi a quella terribile visione.
"Fratelli, andiamo", ordinò allora Adam, posando l’arma e voltandosi verso i propri pari, "Si, abbiamo mostrato loro quale sia la forza dei quattro Cavalieri riuniti, ora non potranno fare altro che dannarsi, poiché in quattro giorni moriranno loro e chi gli è alleato", ridacchiò Kronos, mentre Silas e Kaspian si riunivano ai loro pari, scomparendo da quel luogo ricco di caverne.
Pochi attimi dopo Mamiya ritornò allo scoperto, portava qualcosa con se, un pezzo di roccia, ma, nel vedere i cinque alleati al suolo, sconfitti, un sussulto la percosse e subito si occupò di curarli, per ciò che poteva, per poi condurli ad Atene, nel luogo in cui si sarebbero dovuti ritrovare, anche se le Furie fossero state ancora vive.