Capitolo 8: Lo scontro sulla spiaggia
Il gruppo d’eroi raggiunse in pochi secondi le calde spiagge dell’Isola della Regina Nera, la sabbia era granulosa e piccola, a tutti loro risultò fastidioso camminarvi sopra.
"Dunque questo è il luogo in cui nostro padre è divenuto cavaliere?", si chiese Esmeria, osservando intorno a se. Solo desolazione e morte adornavano quelle coste, ma, spostando lo sguardo verso l’entroterra, la Regina di Cartagine notò qualcosa di ancora più sorprendente: la visuale era sbarrata da un muro d’energia nera, una parete che occultava la vista ai cavalieri.
"Probabilmente è opera di Ate, la dea a noi nemica", rifletté Tok’ra, avanzando verso l’entroterra.
Il passo del santo di Virgo, però, fu fermato da un fulmine, che cadde proprio dinnanzi a lui, evitandolo per poco.
Il cavaliere d’oro si allontanò con un balzo, mentre la sabbia volava alta nel cielo a causa dell’impatto.
Dapprima i cavalieri furono spiazzati da quel fulmine, poi, lentamente, iniziò a delinearsi una figura proprio davanti a loro, un gigantesco muro che bloccava il passaggio, "Ecco dunque il nostro primo nemico", esordì Ryo di Libra, preparandosi allo scontro.
Quando la figura fu ormai chiara agli occhi di tutti, grande fu lo stupore dei cavalieri d’oro, specialmente di Golia, nel notare l’incredibile somiglianza fra le vestigia di questo primo avversario e quelle del Toro. Il colore nero dell’armatura e gli aculei, divenuti in questa nera copia delle lame ricurve, erano le uniche differenze, che rendevano ancora più minacciosa la più temibile delle dodici vestigia ancestrali d’oro.
Colui che la indossava aveva chiari lineamenti greci, lunghi capelli castani scendevano sulle sue spalle, mentre gli occhi, piccoli e rossi, guardavano con rabbia e disprezzo il gruppo di eroi.
Questo immenso nemico si parò dinanzi a loro con le mani aperte sul petto, "Siete giunti, infine, cavalieri. Qui troverete la morte per mia mano, io, Araocle del Toro Nero, vi toglierò la vita", esclamò la nemesi minacciosa.
"Lasciate a me questa mia brutta copia", esordì allora Golia del Toro, avanzando verso il nemico, "No, cavaliere d’oro", lo interruppe una voce.
Dalle ultime file del gruppo di eroi apparve Endimon, il Pretoriano sacro a Venere, "Lascia che sia io, unico fra voi a non dover vendicare alcun compagno, ad affrontare questo primo avversario, il cui unico compito è rallentarci. Suppongo che i veri pericoli ed i vostri nemici più temibili li troverete oltre quel muro d’energia", rifletté il guerriero di Venere.
"Lasciatemi qui a combattere, voi, avanzate", ordinò Endimon, scattando verso l’avversario e facendolo barcollare con lo spostamento del vento.
"Sia, Pretoriano, ci fideremo di te, ma vedi di raggiungerci non appena avrai finito con costui", esclamò Golia, dopo aver scambiato uno sguardo con i propri compagni.
Il gruppo si divise.
I restanti cavalieri scattarono verso il muro d’energia, ma, proprio quando vi furono davanti, tutti si fermarono, "C’è qualcun altro", esclamò Botan di Cancer, guardandosi intorno, "Un nemico che non ha mosso un dito per aiutare quella nera copia e probabilmente ci avrebbe attaccato proprio nel momento in cui saremmo stati più deboli, cioè mentre attraversavamo questo muro energetico", concordò Obbuan del Caduceo.
"Peccato per costui che lo abbiamo scoperto", tuonò Awyn della Vite, scagliando le proprie "Ivy chains" contro una folta boscaglia.
Una luce verde saltò fuori delle erbe, ponendosi fra i guerrieri olimpici ed i loro alleati, era una donna, una Runouni.
I lunghi capelli rosa scivolavano lungo le spalle fino alla bellissima schiena, quando si alzò, tutti poterono osservarne la perfezione: aveva una maschera simile al volto di un cane che le copriva occhi, naso e guance, lasciando scoperte le belle labbra ed il mento perfetto.
L’armatura, verde come la maschera, partiva dal collare, probabilmente la coda dell’animale, coprendo il petto e la cinta, per poi richiudersi, così da formare un rombo, che nascondeva le bellezze maggiori di questa guerriera. Le spalle, la schiena, le braccia fino ai gomiti e le gambe fino alle ginocchia erano scoperte, così da permettere a tutti di vedere la bellezza della chiara pelle di costei.
I gambali erano simili a zampe di un cane congiunte fra loro, mentre le mani, dall’altezza dei polsi erano coperte dalle due parti della testa dell’animale, il cui collo costituiva la copertura per gli avambracci.
Il tronco dell’armatura verde era adornato solo da una gemma, incastonata all’altezza dell’ombelico.
"Benvenuti, cavalieri", salutò la misteriosa ed affascinante Runouni, "Mi chiamo Nemes del Cane, detta il Segugio per la mia abilità nel cacciare le prede, come ho fatto finora con voi", si presentò.
"Mi volete attaccare tutti contemporaneamente, oppure vi affronterò singolarmente?", domandò la guerriera, ma delle violacee catene le sbarrarono la strada, mentre cercava di muoversi.
"No, Runouni del Cane, nessuno di loro combatterà con te, lo scontro sarà solo fra noi due. Io, Awyn della Vite, ultima baccante, sarò la tua unica avversaria", esclamò l’ebra di Dioniso.
"Awyn, che intenzioni hai?", esclamò Elettra, "Sorella amazzone, non preoccuparti per me, piuttosto tu e Clio dovrete trovare i due assassini di Maya, promettetemi che farete ciò. Io vi raggiungerò non appena finito lo scontro con questa cacciatrice", tagliò corto la baccante.
"Sei sicura di voler combattere da sola?", domandò allora Jenghis, "Hai sentito le sue parole, berseker? È una baccante la donna che vedi dinanzi a te, quindi fidati, lei combatterà finché il suo corpo avrà vita", tagliò corto Elettra, "noi, intanto, continuiamo", concluse l’Amazzone.
"Buona fortuna, sorella", la salutarono Clio ed Elettra, che tale la consideravano dopo un anno vissuto tutte insieme sull’Isola di Andromeda.
Il gruppo avanzò nell’ombra data dal muro energetico.
Araocle era fermo dinanzi ad Endimon, sorrideva al Pretoriano, "Cavaliere nero, che ti succede? Sei per caso impazzito prima di iniziare lo scontro?", chiese il difensore di Venere, "No, ragazzino, ma mi chiedo come dovrò ucciderti, se frantumando ogni osso del tuo corpo, o con lente torture", rispose con tono derisorio l’Oscuro Toro.
"Dilemma troppo azzardato, dato che il nostro scontro è ancora fermo al momento dello studio", replicò Endimon, "Veramente, ragazzino, tu sei fermo al momento dello studio, io attendo soltanto di averti a portata di un mio colpo", lo zittì il nero nemico.
"Hai una lingua veloce e tagliente, Araocle del Toro Nero, ma vediamo quanto sarai scattante nei movimenti contro di me, Endimon del Fagiano, Pretoriano di Venere", esclamò il discendente di Adone, "Fagiano Cacciatore", concluse poi, scomparendo dalla vista del proprio nemico.
"Tuono del Toro Nero", urlò allora Araocle, caricando dinanzi a se.
Un potentissimo vento si dirigeva velocemente verso il Nero guerriero, ma questi continuava ad avanzare ed ogni suo passo era simile ad un tuono che produce terremoti.
L’impatto fra i due nemici fu fragoroso, i due si raggiunsero alla medesima velocità, ma la grande differenza di massa corporea fu fatale per Endimon, che ricadde indietro con la spalliera sinistra frantumata.
"Un fagiano per di più cacciatore? Mi sembra tanto un ossimoro questo, ragazzino, non credi anche tu?", domandò beffardo Araocle, guardando il suo nemico rialzarsi, "Sembrerebbe, però, che tu non sia soddisfatto di un singolo colpo", tuonò il Toro Nero, scatenando nuovamente il proprio Tuono.
Endimon era ancora in ginocchio, cercava di rialzarsi, quando, alzando il capo, vide Araocle raggiungerlo con la sua carica, investendolo nuovamente alla spalla sinistra, che, senza alcuna protezione, si lussò, riempiendosi di ferite.
Il Venus Pretorian cadde in acqua, poco lontano dalla spiaggia.
"Vuoi morire affogato, ragazzino, oppure ti rialzi, così continuerò il mio gioco? Ho deciso di romperti lentamente, osso per osso, prima la spalla sinistra, adesso mi occuperò delle costole, poi le gambe, quindi l’altra spalla, dopo le braccia, la spina dorsale ed infine, il cranio", affermò beffardo il Nero santo d’oro.
"Costui non sa cosa sia la lealtà. Cos’altro mi potevo aspettare da un guerriero nero?", si domandò Endimon, cercando di rialzarsi.
"Bene, noto che vuoi continuare il gioco, ragazzino", esclamò Araocle, "Tuono del Toro Nero", sentenziò poi, caricando il nemico, ancora in ginocchio sulla riva, fra le acque.
Delle improvvise folate di vento alzarono sollevarono delle leggere onde, che rallentarono i movimenti della nemesi di Golia, impedendogli di vedere il proprio avversario.
Quando Araocle si fermò, non aveva raggiunto il proprio bersaglio, ma si trovò circondato da dei mulinelli d’acqua, "Torpedo clones", urlò allora la voce di Endimon, mentre le sette immagini del pretoriano circondavano il nero nemico.
"Perdonami il ricorso a questi metodi spicci, cavaliere oscuro, ma dinanzi alla tua slealtà, ho pensato di dover prendere almeno questo breve vantaggio per rialzarmi", si scusarono le sette immagini di Endimon.
"Delle immagini fittizie che mi accusano di slealtà? Un po’ come il mio maestro prima di tornare a nuova vita", affermò divertito l’immenso nemico, "Il tuo maestro?", domandarono le figure, "Si, ragazzino, io sono il terzo allievo di Geki dell’Orsa, uno dei santi di Atena. Fui addestrato da lui come Laios e Dao, che poi divennero cavalieri d’argento di Ercole e della Balena. Io, invece, fui ripudiato da colui che mi aveva addestrato per la mia eccessiva violenza in battaglia, egli non accettava com’ero, né lo avrebbe fatto oggi se non fosse tornato in vita spinto soltanto dall’invidia", spiegò Araocle.
"Ritornare in vita per l’invidia? Di che diavolerie parli, cavaliere nero?", domandarono infuriate le sette immagini, "Semplice, ragazzino. Ognuno dei cinque cavalieri di bronzo che ora sono oscuri demoni di morte, sono stati riportati in vita per dei vizi che non avevano mai soddisfatto nella loro vita: invidia, superbia, avarizia, lussuria ed ira; cinque vizi per cinque cavalieri", affermò divertito il nero guerriero, "il mio maestro, in particolare, aveva un’immensa invidia verso i cinque cavalieri divini, che avevano avuto dei potentissimi allievi, degni di ogni rispetto e che ricoprivano adesso i posti più alti nell’ordine dei cavalieri d’oro. I guerrieri da lui addestrati, invece, erano divenuti semplicemente cavalieri d’argento e furono usati da quei cinque divini saints come carne da macello. Questo è il motivo che ha spinto Geki dell’Orsa a ritornare in vita come Geki l’Orso Infernale ed a riconsiderare i miei metodi di lotta", concluse con tono soddisfatto Araocle del Toro Nero.
"Mi sono sbagliato su di te, ombra oscura, non sei degno nemmeno di essere chiamato cavaliere. Non ho mai provato tanto disgusto per nessun essere finora eppure ho visto individui sleali e vili nella mia vita", esclamò infuriato Endimon, "in confronto a te, che hai permesso che infangassero l’anima ed il corpo del tuo maestro, Leda, un titano che rubava la vita per usufruirne e Briareo, un mostro feroce con cento mani, sono esseri meno abbietti. Ed è proprio perché mi hai fatto provare meno disgusto verso quei mostri che ora ti disprezzo, ombra", ringhiarono le sette copie di Endimon.
"Fagiano cacciatore", urlarono i sette, investendo tutte contemporaneamente il nemico, che volò alto in cielo, per poi ricadere sulla spiaggia con l’elmo frantumato.
"Noto, ragazzino, che se ti metti d’impegno riesci a fare qualcosa di buono", ribatté Araocle, rialzandosi in piedi, "ma non potrai avere la meglio su di me con quel trucco, perché ancora non ti ho mostrato la mia vera potenza", spiegò malignamente il Black Gold Saint.
Dei fulmini neri iniziarono a tempestare il terreno mentre il cosmo di Araocle si espandeva, "Fulminante carica", urlò il nero guerriero, correndo verso le sette immagini.
Sembrava il "Tuono del Toro Nero", ma era un corpo completamente diverso: Araocle correva furentemente verso il nemico, ma dai suoi passi non scaturivano tuoni, bensì fulmini, che dal corpo possente e nero si disperdevano verso il terreno e verso le sette immagini di Endimon, investendole tutte.
Il Pretoriano riuscì, infatti, ad evitare la carica del nemico, ma niente poté fare contro la tempesta di fulmini che l’avversario aveva scatenato durante l’avanzata. Un’esplosione elettrica tale da dissolvere le immagini fittizie travolgere il difensore di Venere, che subì una scossa terribile, essendo in acqua.
Araocle si avvicinò al nemico stordito, "Spero che tu non sia morto, ragazzino, perché la ferita che mi hai aperto sul capo, merita delle torture prolungate", spiegò il nero guerriero, sollevando Endimon per il collo ed iniziando a colpirlo alle costole con diversi pugni, che riuscirono ad incrinare l’armatura già danneggiata.
"Forza, ragazzino, continua a criticare la mia slealtà, ti farò comunque piegare dinanzi alla forza di un cavaliere d’oro, che io possiedo", esclamò divertito il Toro d’oro Nero.
"Tu sei un debole, ombra", sussurrò con un filo di voce il Pretoriano del Fagiano, mentre subiva i pugni sempre più fragorosi del nemico, che avevano ormai distrutto le difese sulle costole, adesso danneggiate e sanguinanti.
"Sei io sono debole, tu cosa sei, ragazzino? Un verme?", domandò innervosito il Black Gold Saint del Toro, "No", rispose con un sussurro Endimon, colpendo al volto il nemico con un calcio, così da farlo cadere in acqua.
Con un balzo veloce il Pretoriano fu sulla spiaggia, "Non hai pietà, non conosci il rispetto per chi ti ha dato la forza, né hai alcun senso di giustizia. Tu sei debole, ombra, perché non hai le doti che rendono i santi d’oro potenti. Io forse non sarò pari a Golia del Toro, o a Ryo di Libra, Tok’ra di Virgo ed i loro compagni, ma di certo ti sono superiore e sai perché? Perché conosco quei sentimenti che loro posseggono, la mia dea, la magnifica Venere, mi ha mostrato tutto ciò", esclamò Endimon, gonfiando il proprio cosmo, "ora ti sfido, caricami di nuovo con i tuoi fulmini, vediamo se avrai anche questa stoltezza", concluse il guerriero del Fagiano.
"Fulminante carica", urlò subito dopo Araocle, mostrandosi sulla superficie acquatica.
I fulmini iniziarono a fuoriuscire dal corpo del guerriero nero, ma appena vennero a contatto con l’acqua del mare, produssero un’esplosione tale da far ricadere al suolo il Toro Nero, le cui vestigia erano ormai danneggiate in più punti.
"Vedi, ombra? Oltre ad evitarti mostrato la tua debolezza, ti ho appena dimostrato la tua stoltezza, nello scatenare un fulmine di tali portate mentre eri in acqua, per di più bagnato", lo derise seccamente Endimon, osservando il nemico rialzarsi ferito.
"Se pensi che questi trucchi da scolaro bastino contro di me, ragazzino, ti sei sbagliato", esclamò Araocle, rialzandosi, "forse non potrò più sperare di fulminanti con la mia carica, ma ho ancora una sorpresa per te, qualcosa che brucerà il fagiano che tu rappresenti, una tempesta elettrica che certo non teme l’acqua e che subirai in tutta la sua furia", minacciò il Toro Nero.
"Fatti avanti, ombra, poiché anch’io ho un’ultima tecnica da mostrarti, la potenza che scaturisce dal battito d’ali del Fagiano che fin troppo hai deriso", ribatté Endimon.
I due nemici si ritrovarono nuovamente uno dinanzi all’altro, solo odio si poteva leggere negli occhi di entrambi, mentre i loro potenti cosmi si espandevano, cozzando uno contro l’altro.
Le mani di Araocle iniziarono improvvisamente a caricarsi di energia, dei neri fulmini iniziarono a fuoriuscire dai suoi pugni, simili a gigantesche nuvole, "Bull’s storm", urlò il Black Gold saint, scatenando una tempesta di colpi e cariche elettriche.
Endimon vide avvicinarsi l’attacco nemico, quindi alzò di scatto le braccia, aveva una fitta alle costole e dei dolori lancinanti alla spalla sinistra, ma malgrado ciò scatenò il proprio attacco, "Pheasent flap", urlò il Pretoriano, mentre un vorticoso vento si alzava dinanzi a lui, dirigendosi contro il nemico.
Il guerriero consacrato a Venere vide arrivare i diversi pugni, accompagnati da una serie di fulmini e non poté evitare completamente il colpo, ma l’impeto del battito d’ali del Fagiano non tardò a mostrare le proprie capacità.
Araocle sentì un potentissimo vento spingerlo verso il mare; lentamente i suoi pugni, così vicini al viso del nemico, furono rigettati indietro ed il suo intero corpo volò in aria, ricadendo in mare aperto.
I fulmini, molto più potenti dei precedenti, produssero un’esplosione devastante in acqua.
Endimon cadde al suolo e da quella posizione vide il corpo e la cloth del suo nemico esplodere, disperdendosi nel mare.
"Dovrei raggiungere i miei alleati, ma temo di aver bisogno di qualche minuto, per riprendermi", si disse il Pretoriano del Fagiano, accasciandosi al suolo.