Capitolo 53: Superbia di Vivere
Ate sul suo nero trono, Jabu, inginocchiato dinanzi a lei e Shaina, incatenata sull’altare sopra la divinità, seguivano con attenzione il susseguirsi degli scontri, che finora aveva portato alla vittoria di due alleati dei santi di Atena contro i loro vecchi compagni risorti a nuova vita.
"Come vedi, dea dell’Ingiustizia, le tue certezze dovrebbero iniziare a diminuire, fin troppo forte è la volontà e la giustizia che i tuoi nemici portano avanti con parole ed azioni degne del loro credo", minacciò la Somma Sacerdotessa con tono derisorio.
In quel medesimo momento, però, prima che Ate potesse obbiettare qualcosa, un cosmo immane si presentò nella sala, circondando l’altare ed il trono, "Silenzio, mortale risorta da Zeus, non è tuo diritto parlare in quest’ambito. Forse i cinque guerrieri che ho lasciato rivivere per questa mia debole alleata non saranno capaci di fermare i nostri nemici, ma sappi, che se anche questo avvenisse, fra poco meno di mezz’ora io e te diventeremo un solo essere ed allora per tutti loro non ci sarà speranza, con il tuo corpo e la mia potenza li spazzerò via come formiche, così da vendicare chi mi era caro", spiegò minacciosa l’entità divina.
"Che cosa?", riuscì a balbettare appena Shaina, la cui baldanza e sicurezza sembravano sparite dal suo tono di voce, "Si, mortale, hai capito bene, d’altronde quale modo migliore per vendicarmi di Atena se non quello di far eliminare l’esercito a lei sacro e gli alleati trovati in tante battaglie proprio da chi è stato eletto Sommo Sacerdote, o Sacerdotessa nel tuo caso, del suo ordine guerriero? Alla mia alleata serviva un corpo mortale che avesse già oltrepassato la morte una volta per rinascere come mortale, quindi abbiamo deciso di unire i nostri bisogni, le vendette e gli eserciti in questa gran trappola contro tutti voi, che sareste comunque l’unica difficoltà al nostro dominio sulla terra", spiegò Ate.
"Immagina, Sacerdotessa, un mondo in cui Ingiustizia e malignità regnano sovrane, dove il giusto viene schiacciato dal malvagio, immagini e sorridi di questo paradiso terrestre", continuò la divinità figlia di Eris, "io, ne sarò la sovrana, mentre nell’Alto dell’Olimpo, la mia alleata riprenderà il posto che le spetta, poiché dotata di un corpo e nessuno potrà più darci fastidio, giusto, mia anziana alleata?", concluse la nemesi di Atena, "Giusto", rispose l’entità divina, prima di riassopirsi.
"Questo, almeno finché avrò bisogno di lei, mio bell’unicorno", continuò con un sussurro Ate, rivolgendosi a Jabu, inginocchiato ai suoi piedi.
Ichi dell’Idra Infernale era fermo dinanzi al gruppo di nemici, la maggioranza feriti, che desideravano salvare la Somma Sacerdotessa Shaina.
Il guerriero risorto inizialmente si voltò verso Geki e poi verso Ban, entrambi a terra senza più alcuna forza combattiva, con le vestigia nere simili agli originali cloth di bronzo di cui erano stati padroni in vita, senza più quella potenza infernale che gli era stata donata una volta rinati.
Ichi chinò il capo, poi accennò un sorriso spento e si girò verso gli avversari, sollevando gli artigli dell’Idra, ora più lunghi di quelli che aveva usato nella guerra Galattica, "Non pensiate che io sia come i miei due compagni d’arme, non potrete sconfiggermi così facilmente, poiché né l’oblio, né la debolezza mi hanno spinto a riprendere vita, ma la vita stessa, che mai avrei immaginato di dover abbandonare", avvisò il guerriero nero.
"Se queste sono le tue parole, santo decaduto, allora sarò io il tuo avversario, io, il Re di Asgard, che da tempo ho imparato quanto la mia vita non mi appartenga, ma sia di Odino e del mio popolo", spiegò Freiyr di Dubhe, facendosi avanti con la sacra spada Balmung in mano.
"Bene, giovane Re, quindi sarai tu la mia prima vittima, poiché nemmeno con l’invulnerabilità di cui tanto ti vanti potrai vincermi", avvisò il guerriero oscuro.
Subito Ichi si lanciò all’attacco, cercando di affondare i propri artigli nelle vestigia del dio Odino, che Freiyr indossava, ma con un rapido movimento della Spada, il Re di Asgard parò gli attacchi ed allontanò il nemico dal proprio corpo.
Diversi tentativi fece il guerriero nero di superare in velocità il nemico con i propri artigli, ma nessuno ebbe effetto, poiché la spada sembrava quasi suggerire essa stessa i movimenti al Re di Asgard, che con abilità immensa evitava gli affondi del nemico, distanziandolo ogni volta con un movimento dell’Arma sacra.
"Sei proprio bravo, Freiyr, ma non basterà contro di me", ringhiò Ichi, saltando ad alcuni passi di distanza dall’avversario, mentre il cosmo oscuro si espandeva minaccioso, "Mello Poison", tuonò poi il guerriero nero, movendo il braccio sinistro e, inaspettatamente, gli artigli si sganciarono dalla corazza, dirigendosi verso il Re di Asgard e superando, alla velocità della luce, la spada sacra, per conficcarsi nell’armatura di Odino, che il monarca possedeva.
Il figlio di Siegfried e Hilde indietreggiò per il colpo subito, ma i suoi passi si fermarono dopo alcuni attimi, mentre gli artigli cadevano al suolo, come rifiutati dal bianco e potente cosmo del regnante, che lo aveva difeso, come molte altre volte in passato.
"Fin troppo sleale sembra questo combattimento", esclamò innervosito Ichi dell’Idra infernale, osservando gli artigli caduti e quelli che ricrescevano sulle vestigia oscure, "poiché la tua invulnerabilità donatati da Odino ti rende un nemico inarrestabile, grazie a quella spada", lo accusò poi, indicando la sacra Balmung.
Freiyr osservò il nemico con viso dispiaciuto, quindi, chinando lievemente il capo, prese la sacra spada con ambo le mani, "Bene, santo decaduto, se serve questo gesto per farti rinsavire, allora ho deciso", esordì il Re, conficcando l’Arma nelle nere mattonelle ai suoi piedi, "combatterò con le sole forze datemi dalla fede in Odino e dalle tecniche di mio padre, dimostrandoti quanto la vita sia inutile, se asservita solo alla superbia di viverla", affermò il figlio di Siegfried, preparandosi a continuare lo scontro.
"Ragazzo, se vuoi darmi questo vantaggio tanto meglio, perché io di certo non te ne darò nessuno", replicò Ichi, preparandosi a riattaccare, "Mello Poison", invocò poi, scagliando di nuovo il proprio colpo potenziato contro il nemico, che fu trafitto ad una gamba, barcollando nuovamente indietro per la ferita, che stavolta non si richiuse, né fu rifiutata, ma subita.
"Bene, come vedi, senza la tua spada lo scontro è già finito. Il veleno che queste nere vestigia mi donano è di molto superiore a quello di cui ero padrone, fin troppo potente e magnifica è la mia persona ora per te, che speri di battermi senza l’aiuto divino", avvisò Ichi, sorridente.
"Ti sbagli, santo decaduto, l’invulnerabilità di Freiyr di Dubhe non risiede nella Spada Balmung di Odino, né nelle vestigia del Dio Nordico, ma, semplicemente nella fede nel Signore degli Asi, fede che mi ha permesso di vivere finora, sconfiggendo nemici ben più marci di te, trovando in me la forza di sopravvivere a prove ben più ardue di questa", spiegò con voce solenne il Re di Asgard, rialzandosi in piedi ed espandendo il proprio cosmo.
"Ora prova il colpo di mio padre consacrato all’arma che posseggo!", minacciò Freiyr, "Odin’s Sword", invocò poi, scagliando la "Spada di Odino", un cerchio d’energia che più volte aveva ferito il proprio bersaglio, dilaniandone il corpo in più punti.
Ichi non si rivelò, in questo senso, più abile dei precedenti nemici di Freiyr o Siegfried, anch’egli subì il colpo del Re di Asgard, scagliandosi contro il soffitto del castello e subendo la potenza di quell’attacco completamente, prima di ricadere al suolo.
"Ora, te ne prego, santo decaduto, risvegliati da questa prigionia maligna che ti opprime e torna ad essere l’uomo che una volta visitò il sacro Regno di Asgard quando ancora Hyoga vi regnava", propose Freiyr, senza avvicinarsi oltre all’avversario.
"Quell’Ichi è morto tempo fa, esplodendo, primo fra i cavalieri di bronzo accecato da una fede nella giustizia che aveva annebbiato la sua voglia di vivere, ora io, Ichi dell’Idra Infernale, non vivo per altro motivo che rendere gloria alla mia esistenza stessa, donandomi i diritti che nessuno mi diede", spiegò il guerriero oscuro, rialzandosi ed espandendo il proprio cosmo attraverso entrambe le braccia.
"Mello Poison", invocò furibondo il nero nemico, scagliando tutti e sei gli artigli contro il figlio di Hilde, che fu colpito in pieno, volando al suolo per l’impatto con le armi avvelenate.
"Se tre non sono bastati, di certo sei lo uccideranno", disse fra se Ichi.
"Maestà!", urlò in quello stesso momento Bifrost di Megrez, lasciando Helyss e correndo avanti, per soccorrere il proprio re. Fu però un braccio alleato a fermarlo, quello di Joen del Pavone, "Aspetta a combattere, god warrior, fai come me, abbi fiducia nel tuo sovrano, come ne ho avuto io nella mia, che è stata capace di tener testa e sconfiggere un pari di costui, che è mosso solo dalla superbia", propose il Goshasei di Era, fermando il passo dell’asgardiano.
"Si, Bifrost, abbi fiducia in me, poiché, come ho già spiegato al mio nemico, non sono le vestigia di Odino a rendermi invulnerabile, ma la fede stessa nel Signore degli Asi, che tramuta le ferite più profonde in semplici graffi e permette al mio corpo di trovare facilmente l’antidoto per qualsiasi siero cerchi di pervaderlo in maniera letale", spiegò il Re di Asgard, rialzandosi in piedi.
"Belle parole, ragazzo, ma forse avresti fatto prima a restare al suolo, perché altri sei artigli ti saranno fatali", minacciò Ichi, espandendo il proprio cosmo, ma Freiyr fece altrettanto, ampliando il suo.
"Già questi, devo ammettere, mi rallentano i riflessi, ma di certo non ti darò la possibilità di lanciarne altri, poiché ora ti fermerò completamente", minacciò il figlio di Siegfried, "Dragon Blizzard Shock!", invocò poi, scagliando gli Occhi del Drago, la tecnica più potente di suo padre.
Le due sfere d’energia del Re di Asgard viaggiarono verso il nemico con velocità e potenza tali da impedirgli qualsiasi difesa o contrattacco, per colpirlo poi allo stomaco la prima ed al volto la seconda, così da gettarlo al suolo, ferito.
Ichi si toccò la faccia ferita con una mano, "Il mio magnifico volto, hai osato ferirlo!", tuonò infuriato, rialzandosi ed iniziando un nuovo scontro ravvicinato, così da cercare di affondare i propri artigli nel corpo del nemico.
"Te ne prego, santo decaduto, ricorda", esordì all’improvviso Freiyr, bloccando le mani del nemico, "ricorda quando venisti ad Asgard ed insieme a Hyoga iniziasti un dialogo sul valore della Giustizia, ricordo come fosse ora quel giorno, quando tu ed il reggente del mio regno parlaste del doversi sacrificare per Atena", raccontò il monarca.
"Ricorda, santo decaduto, te ne prego. Tu allora parlasti di donare se stessi per il proprio credo, poiché se il destino, o le scelte personali, portano un uomo ad avere fede in qualcosa di superiore a se, allora quella fede sarà la ragione per cui quell’uomo combatterà ogni battaglia, dalla più misera alla più importante. Tu stesso affermasti che quella lezione fu Hyoga a donartela, sconfiggendoti prima alla Guerra Galattica, dove ti fece perdere la tanta sicurezza nei tuoi artigli, e poi con le diverse battaglie che egli stesso combatté, malgrado il suo unico desiderio fosse stato semplicemente quello di avere la forza per recuperare il corpo della madre.
Di questo discuteste allora, dell’abbandonare i propri desideri personali per un credo più alto, ricorda quelle parole, ricorda quei pensieri che ti erano cari, santo decaduto, è questo il momento di farlo", propose Freiyr, allontanato con un calcio dal suo nemico.
"Follia è la tua, ed errore insieme, poiché non ho dimenticato tutto questo, ma semplicemente lo ho rifiutato, ormai non fa più parte di me quella fede, che mi portò a sacrificarmi così miseramente", ringhiò Ichi, lanciandosi di nuovo all’attacco, "impedendo una vita vera, una famiglia e tutto il resto", concluse.
A quelle parole il volto triste di Freiyr fu come riempito da una nota di disapprovazione e subito il Re di Asgard riprese la propria spada, conficcata vicino a lui e con quella allontanò il nemico, deviando il suo attacco.
"Se non mi lasci altro modo, santo decaduto, allora non mi resta che questa via!", esclamò il figlio di Siegfried, scagliandosi contro il nemico, "Sacra Spada Balmung, mostra la tua vera forza", invocò poi il giovane guerriero di Dubhe, investendo con la potenza del fendente d’energia divina il corpo del nemico, le cui vestigia furono danneggiate in più punti prima di cadere al suolo, stordito.
"Ora, santo decaduto, se in questo stesso momento ti togliessi la vita, per cosa avresti vissuto in questa seconda occasione? Per la superbia di Vivere? Non è cosa di cui vantarsi, né un mezzo per meritare il Vahalla, o qualsiasi altro nome tu dia al tuo paradiso, invece, la morte contro i titani di Urano, per difendere la Giustizia in cui credevi così fermamente, quella fu la morte degna di un uomo che aveva deciso di combattere per tutta la vita.
Hyoga stesso, anche se si era fatto una famiglia e reggeva il Sacro Regno, era cosciente che la sua vita era donata ad Atena ed alle battaglie che la dea gli richiedeva, per questo donò l’esistenza mortale con le persone care per diventare un semidio, custode della Prigionia di Urano con i suoi pari ed amici", spiegò Freiyr, sollevando la Spada sopra Ichi, "ora dimmi, che hai deciso? Preferisci tornare a morire, o ritornare a vivere realmente?", domandò infine il Re di Asgard.
Non ricevette alcuna risposta il prediletto di Odino, ma dinanzi a lui le vestigia di Ichi, come già quelle dei suoi compagni, ripresero la semplice forma di nere vestigia di bronzo, mentre l’uomo che le indossava si chiudeva in se, singhiozzando come un ragazzo, "Bentornato, Ichi dell’Idra sacra ad Atena", lo salutò Freiyr, prima di tornare nel gruppo.
Un’altra battaglia era vinta e sempre di più i cavalieri si avvicinavano a Shaina.