Capitolo 51: Avarizia di Forza
Ban, un tempo cavaliere di bronzo del Leone Minore, bloccava la strada al gruppo di guerrieri olimpici riunitisi per sconfiggere Ate e chi la Comandava, dietro di lui, i suoi compagni di tante battaglie, Nachi, Ichi e Geki.
"Cavalieri di Atena, ve ne prego tornate in voi, non piegate anima e corpo ad Ate, ricordate quale era il vostro credo, non ripudiatelo per un’effimera seconda vita", invocò allora Ryo di Libra, facendosi avanti verso il quartetto nemico.
"No, cavaliere d’oro, non abbiamo ripudiato niente, lo abbiamo semplicemente cancellato dalle nostre menti il giorno in cui Atena stessa ci ha rifiutato quello che di più chiedevamo al mondo. Ora siamo solo cinque uomini rinati dieci volte più potenti di quanto siate voi santi di Atena, noi vi bloccheremo il cammino, affinché non disturbiate Jabu, la nostra dea ed il sacrificio di Shaina", concluse con voce decisa Nachi, mentre Ban continuava ad ergersi come un muro dinanzi al santo d’oro.
"Questo non è il tempo di redimersi, ma di combattere", minacciò il guerriero nero del Leone Minore, "Fatevi avanti anche tutti insieme, io, Ban del Leone degli Inferi Minori, vi abbatterò", minacciò il combattente infernale.
"Su questo, cavaliere, ti devo dar ragione, è tempo di combattere", si intromise allora Anhur di Selkit, oltrepassando Ryo, "e siccome voi siete quattro, vi affronteremo noi, unici quattro ancora illesi", propose il Pharaon, cercando conferma in Freiyr, Esmeria ed il santo di Libra, da cui la ricevette.
"Pensate che impegnandoci in quattro duelli, i feriti possano raggiungere la Somma Sacerdotessa?", incalzò divertito Nachi, "No, guerriero nero, semplicemente che basteranno dieci minuti a testa per eliminarvi tutti", ringhiò in tutta risposta Anhur, preparandosi al duello.
Ban del Leone Minore si pose dinanzi al Pharaon, come suo avversario, "Bene, guerriero egizio, sarò io il vostro primo avversario", lo minacciò il nero combattente, "Accetto la sfida", replicò Anhur, espandendo il proprio cosmo infuocato.
Anche il cosmo di Ban si accese come un nero fuoco, espandendosi fra i due combattenti, "Dunque conosci come me i segreti delle fiamme?", incalzò Anhur, "Meglio di te, poiché ho provato le fiamme sul mio corpo in battaglia", replicò il nero guerriero scattando in avanti con una serie di calci velocissimi.
Il guerriero egizio, però, non si fece cogliere di sorpresa e con le chele che portava sulle braccia parò i diversi calci, muovendosi anch’egli ad un’altissima velocità, simile a quella della luce, "Cosa credi che abbia fatto io dopo aver ricevuto l’investitura?", domandò beffardo Anhur, "La calza?", continuò poi, deviando una delle gambe e scagliando un diretto contro il proprio avversario, "No, hai ricevuto la forza e le lodi che in vita io non ebbi", ringhiò Ban, appoggiando le mani al suolo.
Il nero guerriero roteò il proprio bacino di alcuni centimetri, mentre creava un arco con il proprio corpo, prima di bloccare alla gola l’avversario con le gambe, così da gettarlo al suolo dopo averlo lanciato in aria.
"Una forza che per anni agoniavo, la stessa che mi mancò per battere Jabu alla Guerra Galattica, quella che appena ricevetti ritornando ad allenarmi in Tanzania, una dose misera di forza, sufficiente soltanto per i miseri sgherri di Arles, ma che ancora mi lasciava a decine di passi da Seiya e persino da Shun, il più debole dei suoi compagni di battaglie, quel piagnone che non amava uccidere è sopravvissuto alla follia di Phoenix, agli sgherri più forti di Arles, ai santi d’argento, ai cavalieri d’oro, ai God Warriors di Asgard, a Nettuno ed i suoi generali, all’assalto e la possessione di Hades, alla furia di Ares e si è volontariamente sacrificato contro i Titani, riuscendo comunque a tornare in vita, così ad avere la forza per affrontare Urano e rinchiuderlo di nuovo. Lui è diventato forte ed io solo cibo per vermi!", ringhiò Ban, gettandosi di nuovo contro l’avversario.
"Black Needle", tuonò allora Anhur, vedendo il nemico soppresso dalla propria furia, così da raggiungerlo con la nera ed infiammabile cuspide della divinità Scorpione Selkit.
"Ora la vuoi smettere di lamentarti e combattere seriamente?", incalzò in quello stesso momento il guerriero egizio, sfidando il nemico a farsi avanti.
Ban lo attaccò con una serie velocissima di calci, serie tale da far indietreggiare sbattere contro una parete il nemico, le cui spalliere erano ormai in pezzi.
"Pensi davvero che io non combatta seriamente?", domandò beffardo il guerriero risorto, caricando il cosmo nella mano destra, "Ora proverai il mio colpo migliore, arricchito con questa nuova forza", minacciò Ban, caricando una sfera di fuoco nero dalle dimensioni enormi.
"Quello è il suo attacco", balbettò stupito Daidaros che già una volta aveva visto quella tecnica in azione.
"Lionet Bomber", tuonò in quel medesimo momento Ban, scagliando la sfera gigantesca, che corse come una furia contro il Pharaon di Selkit.
"Deviarla non posso, è fin troppo grande, la furia che so scatenare non sarebbe utilissima, quindi, dovrò evitarla", rifletté in pochi secondi il guerriero egizio, prima di spostarsi sulla destra con un veloce movimento.
"Anhur, quel colpo insegue la propria preda, già ne era capace un anno fa!", avvisò in quel medesimo momento Kano del Pavone, parole, che furono però inutili per aiutare il Pharaon, il quale si vide arrivare addosso la gigantesca sfera ad una velocità inumana.
"Bene, se è questo, che sia", urlò nello stesso momento il guerriero egizio, concentrando tutta la propria forza negli avambracci e nelle chele di Granito che li coprivano, con cui cercò di deviare l’attacco avversario.
Fiammate calde ed oscure circondarono il guerriero egizio, mentre lentamente la pressione frantumava la copertura per le braccia, un urlo fu l’ultima cosa che Sekhmet riuscì a sentire dal proprio comandante prima che la sfera di fuoco lo inglobasse, andandosi a schiantare contro una parete della nera stanza.
"Sono io il più Forte, ora e per sempre!", tuonò il nero saint di Ate, "Nessuno dei cinque cavalieri divini aveva la forza di cui io, cavaliere infernale, sono padrone!", esultò, sollevando le braccia al cielo, "Ed invito voi, figli di alcuni di loro, a contraddirmi", concluse, rivolgendosi al gruppo di nemici.
"Guerriero nero, non pensare che noi seguaci di Ra siamo così facili da sconfiggere", lo avvisò Sekhmet stessa, facendosi avanti, "Davvero, vuoi dunque raggiungere il tuo pari nell’Ade, o in qualsiasi luogo voi crediate?", incalzò Ban, rivolgendosi alla Pharaon di Bastet.
"Se attacchi lei, cavaliere nero, per quanto ti possa aver rispettato come santo di Atena, ti affronterò anch’io", minacciò in quel momento Kano del Pavone, facendosi avanti insieme alla giovane egizia.
I due si scambiarono un’occhiata e con fare deciso il santo d’argento accennò un sorriso, prima di rivolgersi verso il proprio avversario.
"Nemmeno in due vi temo", ringhiò in tutta risposta il nero saint, "dovresti invece, perché gli allievi di Kaor non sono nemici da sottovalutare, ma, per tua sfortuna, non lo sono nemmeno i Pharaons Egizi, quindi il tuo primo scontro non è ancora finito", lo avvisò in quel momento Tok’ra, avanzando per fermare i due giovani compagni di battaglia, indicando loro una figura che usciva dalle macerie, Anhur.
"Sei sopravvissuto?", domandò sorpreso Ban, "Si, guerriero nero, ma devo farti i complimenti, mai nessuno era riuscito a distruggere completamente le chele di Selkit, sei più forte di Oberon, il Nero Titano, ma non sei invincibile, poiché la forza non è tutto in uno scontro", replicò con tono deciso il guerriero egizio, osservando gli avambracci, ormai scoperti ed ustionati.
"Davvero, ed oltre la forza cosa dà la vittoria secondo te?", domandò incuriosito il nero guerriero, "Tante cose, tutte mostratemi dai guerrieri che incontrai lungo le mie battaglie. La determinazione, che Myokas mi mostrò durante il nostro primo scontro, l’unità con i propri seguaci e compagni, che Rhadamantis mi rivelò nella battaglia contro Oberon, la devozione ad una divinità che i sacrifici di Bes e Sed mi hanno dimostrato più volte, insieme al loro spirito di sacrificio ed infine la lealtà, una cosa che spesso anche noi Pharaons dimenticavamo, ma che la vicinanza con i saints ci ha ricordato.
Gli dei egizi ed olimpici si odiano da tempo e solo per comune bisogno si rivolgono la parola, mai per altri motivi, però, malgrado questo, fra saints di Atena e Pharons, o fra guerrieri egizi e soldati dell’Ade, può nascere l’amicizia e la lealtà che solo fra amici si sviluppa, tu reputi forse tutto questo inferiore alla forza del cosmo, o a quella bruta che tanto agognavi?", domandò con voce ammonitrice il comandante dei Pharaons.
"Si, guerriero, proprio così", replicò Ban, scattando nuovamente in avanti con una combinazione di calci, "Ora come farai a difenderti da me senza le chele?", domandò beffardo il guerriero del Leone Infernale.
Anhur calò il volto e subì in pieno stomaco la prima coppia di calci, poi, dopo aver preso un secondo sinistro, bloccò con la mano il destro che stava per raggiungerlo, prendendo, però, un terzo sinistro proprio sull’arto superiore.
Il guerriero egizio non si curò del dolore, ma alzò la mano libera ed espandendo il proprio cosmo attaccò, "Black Needle", tuonò Anhur, lanciando una cuspide nera, che perforò in pieno il gambale, attraversando una gamba ed anche l’altra, così da atterrare al suolo l’avversario.
"Visto, guerriero? Spirito di sacrificio. Mi hai spezzato un braccio, ma, in compenso, io ho diminuito visibilmente la tua velocità", replicò il guerriero egizio.
"Ne sei così convinto?", ringhiò Ban, sollevandosi sulle mani e cercando di colpire il nemico con una nuova serie di calci.
Nel momento stesso in cui scagliò il primo, però, il santo risorto sentì un dolore inspiegabile ed improvvisamente due fiammate fuoriuscirono da quei piccoli fori, costringendolo a ricadere al suolo.
"La forza che imprimi ai muscoli per tirare i calci, fa aumentare lo scorrere del sangue e condensare il veleno del Nero Scorpione sacro dell’Egitto, siero che produce fiamme nel tuo corpo, come hai potuto constatare. Adesso la tua forza non è un vantaggio, ma uno svantaggio", lo ammonì il Pharaon.
"Forse la forza fisica", bisbigliò Ban, prima di rotolarsi alcuni passi indietro e rimettersi in piedi, così da concentrare il cosmo nuovamente nella mano sinistra, "ma quella cosmica?", incalzò allora, preparandosi ad attaccare.
"Voglio mostrati una cosa, guerriero oscuro, un insegnamento che temo capirai solo dopo essere andato definitivamente al tappeto", lo avvisò Anhur, concentrando il proprio cosmo nelle mani, simili adesso a fiamme.
"Non mi vedrai mai al tappeto!", urlò il demoniaco Leone degli Inferi Minori, "Lionet Bomber", tuonò poi, "Furia Guerriera", replicò allora il Pharaon, creando il vortice di fuoco di cui era padrone.
In quel momento, mentre i due colpi incendiari si bloccavano fra loro, sembrò a Sekhmet che sia Bes, sia Sed, sia Knuhum stessero soccorrendo il loro comandante, quasi come spiriti guida, che dall’alto dei Cieli univano la loro forza alla sua, allo stesso modo sentì poi sopraggiungere la presenza di Ihi e Knosus, rimasti in Egitto, che quasi la invitavano ad unirsi a loro, per mostrare quanto unità e devozione fossero maggiori alla semplice forza.
E così accadde: Anhur, soccorso dalla presenza dei suoi sei compagni d’arme, riuscì a travolgere la sfera di fuoco nero e chi l’aveva creata, gettando Ban al suolo, con diverse ustioni e ferite e le demoniache vestigia danneggiate in più punti.
"Non ti rialzare, guerriero risorto, te ne prego, non è mia intenzione, stranamente, ucciderti", lo invitò il Pharaon.
"Non so come tu fossi da vivo, né come fossero questi tuoi compagni, o i cavalieri divini che tanto disprezzate, di questo Shun di cui parli so ben poco, ciò che conobbi incontrandolo un’unica volta e sentendo parlare di lui in più casi, ma mi basta. So che era un guerriero tanto nobile da saper maneggiare lo scettro di Anubi, ho conosciuto la sua forza dalle storie raccontatemi e dal cosmo che ho percepito, ma soprattutto ho rispettato la sua devozione alla propria divinità ed al proprio credo, devozione tale da portarlo a sacrificarsi per rinchiudere nuovamente Urano nel Tartaro.
Anche tu dovevi essere come lui, ne sono certo, hai sacrificato la vita in battaglia, così da ricevere la morte più onorevole, ma, allo stesso tempo, in modo da renderti parte di un credo, qualcosa di superiore, così come Rhadamantis mi dimostrò una volta, con le proprie parole e con l’unità fra lui ed i suoi seguaci spectres.
Ti do un consiglio, santo di Atena, ricorda ciò che eri, rifiuta Ate", concluse il Pharaon, prima di voltarsi e tornare presso i propri compagni.
Ban cercò di rialzarsi, ma non ce la fece, non per le ferite, ma per le lacrime che proruppero dai suoi occhi, un dolore immenso lo aveva catturato, non per il colpo subito, ma perché una realtà era ritornata a lui, più potente di qualsiasi forza avesse mai sognato di possedere. Lentamente le demoniache vestigia, ripresero la forma delle nere vestigia del Leone Minore di Bronzo.
"Hai fallito, amico mio, ma non è colpa tua, la forza in fondo ti era stata donata", lo ammonì Geki dell’Orsa, facendosi avanti, "ma mi chiedo chi di voi tre, illesi, avrà la follia di misurarsi con me?", incalzò allora il nero guerriero, ponendosi come nuovo nemico.