Capitolo 43: Toro contro Serpente
Golia del Toro osservava la strana figura sospesa per le braccia al nero soffitto, in attesa di una sua risposta alla sfida lanciata, "Si, cavaliere d’oro, accetto questo scontro, ma solo per ringraziarti di aver eliminato, insieme ai tuoi simili, coloro che un tempo mi rifiutarono l’investitura", spiegò sibilino il guerriero di Giada, lasciando la presa sul soffitto.
Le gigantesche dita si staccarono dai fori che avevano fatto sulla superficie di mattoni, lasciando che il corpo, a cui erano congiunte, scivolasse verso il suolo.
Smeagol, però, non cercò di atterrare in qualche modo specifico, anzi si schiantò al suolo, sbalordendo tutti con la risata che prorompeva dalle sue labbra, mentre si rialzava illeso, "Sorpresi? Vi avevo avvisato che il mio corpo cartilagineo è indistruttibile", spiegò il Runouni del Serpente, appoggiandosi sui quattro arti smisurati.
"Ora vedremo, guerriero di Giada", replicò Golia, prendendo la posizione a braccia conserte del sacro colpo del Toro.
"Inutili i tuoi tentativi di dimostrarti superiore, santo di Atena, ora riceverai i miei pugni, che tutto frantumano", avvisò Smeagol, lanciandosi in avanti, "Sonagli del Serpente", continuò poi, "Great Horn", urlò in tutta risposta il cavaliere d’oro.
"Troppo presto", osservò contrariato Endimon del Fagiano, "No, pretoriano, guarda attentamente", lo corresse Koryo di Seiryu, "Ha schivato il primo pugno, fin troppo lungo è il suo braccio per dare la giusta potenza e decisione in un diretto così distante e proprio di questo Golia ha approfittato", spiegò il Beast Keeper del Cielo Orientale, mentre il santo d’oro del Toro si muoveva velocemente sulla propria sinistra, evitando il diretto e preparandosi a liberare la potenza del colpo a lui sacro.
Proprio nel momento in cui il Sacro Toro stava per scatenarsi, però, avvenne l’inaspettato: Smeagol mosse il braccio sinistro e scagliò un gancio con il pugno ancora libero contro il nemico.
I due nemici si colpirono reciprocamente gettandosi l’uno molto distante dall’altro.
Golia cadde a terra pochi passi più indietro, perdendo l’elmo per il pugno subito, il Runouni del Serpente, invece, volò contro una parete con una parte del pettorale in frantumi per la potenza del colpo subito.
"Ottimi riflessi, guerriero di Giada", si complimentò il cavaliere di Atena, "Anche tu, santo d’oro, in pochi sanno evitare i pugni del Serpente a Sonagli con quest’abilità, ma, come già sai, questo è solo uno dei miei colpi, il più semplice, se preferisci", osservò in tutta risposta Smeagol, prima di saltare verso il muro sopra il suo nemico.
"Vuoi rimetterti a giocare a nascondino?", domandò ironico Golia, nel cercare con lo sguardo l’avversario, "No, non sia mai, cavaliere d’oro", esclamò beffardo, apparendo alle spalle del Gold Saint e bloccandolo nella propria stretta letale.
"Boa costriction", esclamò il Runouni, chiudendo l’avversario nella presa del Boa costrittore, "Mi dispiace, guerriero di Giada, ma questa tecnica mi è già nota, inoltre sono stato proprio io a vincerla pochi minuti fa, non ricordi?", domandò innervosito il santo d’oro, espandendo il proprio cosmo dorato, "Biggest Wall", tuonò poi, lanciando in aria il nemico, che ricadde al suolo, dinanzi a lui.
"Hai tecniche migliori di quelle del Serpente a Sonagli e del Boa? Oppure vuoi usare di nuovo quel fetido liquame che già abbiamo evitato?", domandò spazientito il santo di Atena.
"Cavaliere d’oro, non sottovalutare nessuno dei miei attacchi. Sono un assassino nato, quando decido che qualcuno deve morire, quello è già morto, nel tuo caso, data la forza fisica che presenti ed il cosmo immane di cui sei dotato, ci vuole più fatica, ma non pensare che i miei colpi non abbiano già iniziato a fare effetto", avvisò il Runouni, riappoggiandosi ai quattro arti.
"Che intendi dire?", incalzò Golia, "Prima i pugni dati con i Sonagli del Serpente, un colpo semplice, come io stesso ho ammesso, ma incredibilmente potente, potrebbe frantumare un palazzo, ma nel tuo caso è al massimo riuscito a inclinarti qualche osso, scommetto, anzi che non senti più la mascella", iniziò con tono ironico il guerriero di Giada.
"Poi, per ben due volte sei stato preso nella stretta del Boa Costrittore, una tecnica che spezzerebbe le schiene più robuste, se indifese, e di certo nemmeno questa ti ha lasciato illeso, lo dimostra il modo in cui stai in piedi tuttora, più piegato in avanti, rispetto all’inizio dello scontro, di certo avrai dei dolori immensi a spalle e spina dorsale, immagino", continuò Smeagol, osservando il nemico, sempre più chino, rispetto alla posizione iniziale.
"Ed infine il colpo Fatale del Serpente, l’acido che proruppe dalla mia bocca, come veleno di Vipera, ma più corrosivo e sputato nel medesimo modo usato da alcuni predatori preistorici, rettili antichi e molto potenti. Quella sostanza che tu definisci un liquame fetido ha sciolto le mura di questa torre in più punti e pensi che i vostri due scudi abbiano impedito che tu, che sostenevi con le mani il tuo cosmo, non rimanessi ferito? Ho visto io stesso le scottature sui tuoi palmi mentre mi attaccavi, non celare le ferite per dimostrati superiore e ricordati che mi è rimasta un’ultima carta da giocare, la più potente", minacciò con voce sinuosa il nemico, alzando il collo rispetto all’asse del corpo.
Il cosmo di Smeagol si fece più intenso e di un viola acceso, i capelli iniziarono a galleggiare, mossi da quella potenza, lungo i lati del capo, prendendo la forma di due semicerchi, una forma che raffigurava un particolare serpente, allo stesso tempo, inoltre, i denti, già immani ed affilati, del Guerriero di Giada crebbero, riempiendo la bocca interamente, così da impedirgli di richiuderla.
"Sembra", balbettò Joen stupito, "Sembra quasi", continuò il Goshasei, "Un cobra Reale", concluse stupito Daidaros di Cefeo, che con gli alleati osservava lo scontro.
"Esatto, santo d’argento, la mia ultima tecnica su questo splendido rettile fa affidamento, sul veleno del Cobra Reale", replicò seccamente Smeagol, la cui voce era ancora più spaventosa.
"Hai un ultimo desiderio prima di morire?", domandò il Runouni, rivolgendosi al proprio nemico.
"Per la mia morte spero che ci voglia molto più tempo, ma prima della fine di questo scontro vorrei capire perché hai detto che noi santi di Atena abbiamo sconfitto coloro che non ti hanno concesso l’investitura", domandò gentilmente il santo d’oro, osservando il proprio avversario.
"Perché, per ciò che ho saputo da Ryoga della Lepre, uno dei Runouni che erano qui dapprima di me, voi avete attaccato e sconfitto i Tree Monks scozzesi, uccidendoli quasi tutti, compreso il loro grande comandante Dagda", spiegò il guerriero del Serpente.
"Tu sei Scozzese?", domandò sorpreso Daidaros, interessato dal discorso dopo aver sentito il nome del nemico da lui sconfitto, "Più precisamente inglese, santo d’argento, comunque avevo anch’io il diritto di ricevere un’armatura proveniente dallo zodiaco celtico, specialmente perché il mio corpo erano nato per le battaglie. Un corpo che nessuno aveva mai accettato, nemmeno i miei genitori, sviluppatosi così per una mutazione su una deformazione, da ciò che mi disse una volta un medico", raccontò il Runouni, stupendo i presenti.
"Si, ho visitato diversi medici nella mia infanzia, ma nessuno mi diede una cura, però mi spiegarono quale fosse la causa scientifica di questa mia forma. Una mutazione su una malattia altrettanto rara, un male che rendeva le ossa terribilmente fragili, così fragili da rompersi soltanto con una lieve botta, anche solo sbattendo con una porta, bé, nel mio caso, le ossa si erano, inspiegabilmente, mutate in cartilagine, rendendomi il perfetto contrario di quei casi, cioè terribilmente resistente agli urti. Ciò che i medici definivano inspiegabile, però, era stato, secondo me, un dono degli dei per rendermi il guerriero perfetto", spiegò con voce secca Smeagol, preparandosi all’attacco.
"Che successe allora con i Tree Monks?", domandò in quel momento Daidaros, fermando con le proprie parole i movimenti del nemico.
"Ah, già, i Tree Monks", rifletté l’Assassino Silenzioso, "Loro mi rifiutarono dopo che mi allenai in Scozia per anni, cercando di perfezionare sempre di più le mie doti e sviluppando il velenoso cosmo di cui sono padrone. Uno di loro in particolare, mi scacciò prima ancora di farmi conoscere la maggioranza dell’armata celtica, mi offese e mi mandò via, minacciandomi di rendermi una sua marionetta. Era un uomo con maligni occhi rossi, sempre seguito da una ragazzina dai capelli dello stesso colore, si definiva uno sciamano, ma era solo un assassino. Mi spiegò che il mio corpo non era fatto per comporre quella nobile armata, che non trasmettevo alcun rispetto dalla mia forma abnorme, mi consigliò di uccidere, se proprio volevo, ma nascosto fra le ombre della notte. Mi insultò e mi scacciò, quello sciamano del Carpino, quell’essere vile e maligno", concluse con voce furiosa il Runouni.
"Arawn", ringhiò Golia, ricordando lo Stregone di cui stava parlando il suo avversario, "Lo hai conosciuto, cavaliere d’oro?", domandò il guerriero di Giada, "Lo affrontai in battaglia e dopo un arduo scontro mentale riuscì a strappare la vittoria, insieme alla sua vita", rispose con voce triste il santo d’oro, "ma ti prego, Runouni del Serpente, non credere che tutti gli uomini siano come lui, non tutti avrebbero disprezzato la tua natura. Io stesso mi allenai con un uomo dall’aspetto particolare come il tuo. Io, Joen, Rasuin e Reptile eravamo gli allievi di Tige del Pavone, unico Goshasei sopravvissuto alla guerra contro Ares. Durante gli anni di addestramento imparammo che l’aspetto esteriore, o le doti non sono i pesi per giudicare un individuo, ma le sue azioni ed il modo in cui usa i poteri di cui è dotato. Arawn li usava per il male, difatti era un traditore dei Tree Monks, ucciso perché abbandonato dal suo nuovo alleato, Reptile era un uomo degno di ogni rispetto che più volte aveva rischiato la vita per il suo dio, Nettuno, e per i propri compagni, senza mai arrendersi ed infine si sacrificò per sconfiggere Pontos, divinità Ancestrale al pari di Urano. Tu puoi scegliere di essere come uno di loro, oppure un semplice e malvagio assassino, oppure, ancora, un uomo leale e degno di rispetto che capisce quando una causa per cui combattere è giusta o meno. Voi Greengold Runouni non dovreste nemmeno essere su quest’Isola, altro è il vostro dovere, difendere la Terra dagli Horsemen, non aiutare Ate ed i suoi guerrieri neri", propose con gentilezza il santo d’oro, restando in posizione di attesa.
"Belle parole le tue, cavaliere di Atena, ma per quanto questo tuo amico fosse giusto, o chiunque di voi lo sia adesso, non si può togliere che nel momento in cui volevo uccidermi, perché mi sentivo solo e ripudiato dal mondo intero, Raizen si presentò a me e mi propose di diventare un Runouni. Allora solo Knives e Shishio, oltre lui e Ryoga avevano già avuto l’investitura.
Quando arrivai al loro campo, il guerriero del Gallo mi apostrofò come <strano essere> ed il Mietitore di Anime sembrò inorridito nel vedermi, solo il Dragone di Giada che ci comanda non protestò, più per rispetto verso colui che è il suo braccio destro, che per fiducia nelle mie doti, ma apprezzai lo stesso come entrambi si batterono oralmente per farmi entrare nell’esercito di Giada con questa magnifica armatura di squame, non posso quindi tradirli, perché a loro devo la mia esistenza in questi ultimi anni, perciò, preparati a morire, santo di Atena, o ad uccidere", concluse con tono di sfida Smeagol, lanciandosi contro l’avversario.
Golia, in tutta risposta, caricò il proprio cosmo dorato e si slanciò in avanti con tutta la forza che aveva in corpo, "Bull Run", invocò il santo di Atena, "Cobra Poison", rispose il Runouni di Giada.
L’impatto fra i due fu fragoroso, le vestigia del Serpente andarono in frantumi per la potenza con cui la carica del Toro le investì, ma Smeagol non si lasciò cadere al suolo e con le proprie braccia spropositate si tenne dagli arti superiori del suo nemico, sollevandosi sufficientemente con il corpo per conficcare i propri immani canini su una zona scoperta della nuca di Golia.
Il santo d’oro, però, non si fermò per il veleno che iniziava a circolare nel suo corpo, bensì lasciò esplodere ancora più portentosamente il proprio cosmo, che bruciò in più punti il corpo del nemico, mentre i due continuavano la loro corsa verso una delle pareti della torre.
Nemmeno la parete, però, li fermò, infatti il corpo di Smeagol la travolse, lasciando che i due guerrieri cadessero nel vuoto illuminati dal cosmo dorato di Golia, che aveva quasi raggiunto i limiti estremi.
"Golia!", urlarono quasi contemporaneamente i sei alleati del santo d’oro, prima che Daidaros ed Awyn lanciassero le loro catene in soccorso del cavaliere.
Passarono alcuni attimi interminabili, poi la Catena della Vite e quella di Cefeo fecero ritorno, portando un peso superiore: Golia.
"È morto?", domandò preoccupato il figlio di Shun, "No, cavaliere di Cefeo", esclamò Koryo, che per primo aveva soccorso l’alleato, "solo svenuto per lo scontro", concluse.
"Ed il Runouni?", domandò poi Esmeria, che non percepiva più il cosmo nemico, "Di lui resta meno che niente, il suo corpo ha preso fuoco a contatto con il cosmo di Golia, solo cenere è rimasta in sua memoria", spiegò Joen, osservando il suolo lontano.
"Ora, andate, cavalieri", sussurrò in quello stesso momento Koryo, guardando i propri pari, "E Golia?", incalzò Daidaros, "Non ti preoccupare per lui, santo d’argento, ricorda che è padrone dell’ottavo senso, quindi non basterà un semplice veleno, per quanto potente, per spegnere la sua forza vitale, inoltre ho una certa conoscenza dei veleni, potrò curarlo, per quanto mi sarà possibile, voi andate, la battaglia più pericolosa vi attende dentro il castello, dove gli ultimi Runouni e Black saints, insieme ai cinque santi risorti e dannati e la loro dea, vi attendono", spiegò il Beast Keeper di Seiryu, "Si, andiamo", concordò Esmeria, invitando gli altri a seguirla.
Il gruppo aprì la porta che conduceva all’ultimo piano del Castello Nero, mentre Koryo si occupava di curare la ferita del santo d’oro, per cui non era tanto preoccupato, conoscendo le doti del cavaliere d’oro, maggiori preoccupazioni, invece, gli portava la sua ferita, che lo rendeva solo un peso per i compagni, così da convincerlo a riposarsi per alcuni minuti, curando l’alleato.