Capitolo 39: L’ultimo piano
Due piccole candele si spensero sui lati del gran candelabro posto nella sala occupata da Shishio e Raizen, i comandanti dei Runouni.
"Sairon ci ha lasciato", osservò con tono distaccato la Tigre di Smeraldo, spegnendo le candele con le dita, "Già", concordò con un sorriso beffardo il Dragone di Giada, "Ma anche la nostra Arma Umana è caduta", concluse l’assassino di Argo, voltandosi verso il proprio pari.
I due Runouni di Giada si guardarono in silenzio per alcuni secondi, "Probabilmente avrà trovato un nemico degno di questo nome, in fondo ha affrontato uno dei pochi cavalieri d’oro che hanno condotto un duello individuale con un titano di Urano", replicò Shishio, cercando di evadere quello sguardo, "Fratello, spero che tu abbia ragione", osservò Raizen, tornando a sedersi.
"Restano solo quattro guardie a nostra difesa, noi due siamo, inoltre, le ultime difese prima di entrare nel luogo in cui colei che ci ha dato le vestigia riprenderà forma umana", continuò con tono preoccupato la Tigre di Smeraldo.
"Ebbene, che preoccupazioni hai?", domandò Shishio, "Dinanzi a queste porte vi sono l’ultimo Black Saint, figlio di un cavaliere d’oro e nutritosi dell’odio verso quest’ultimo, ed un altro individuo che per anni si è nutrito di odio verso l’esercito di Atena, il nostro Guerriero Glaciale. Sulle due torri, invece, ci sono l’Assassino Silenzioso ed il nostro Cavallo da Battaglia", continuò con voce soddisfatta il comandante dei Runouni, "Ed anche se riuscissero a sconfiggerli, come sono usciti dallo scontro con gli altri nostri soldati e con i santi neri? Feriti e moribondi, alcuni, con ben tre perdite nel loro bell’esercito. Pensi che gli ultimi guardiani non li ridurranno peggio?", concluse incalzante il guerriero di Giada.
"Questo è vero, però sono ancora vivi", ribatté Raizen, "Fratello mio, ti preoccupi troppo della forza dei nostri nemici, non calcoli la nostra", concluse Shishio, offrendo da bere al proprio pari.
Nella stanza celata dietro le porte che i due guerrieri di Giada custodivano, i quattro neri santi demoniaci risorti per servire Ate, continuavano a discutere fra loro.
"Avete sentito? I cosmi dei cavalieri si avvicinano sempre di più. Hanno sconfitto quasi tutti i nemici che gli sono apparsi dinanzi, alcuni li hanno persino lasciati vivi", osservò Ichi dell’Idra Infernale, rivolgendosi ai tre compagni.
"Si, è vero, sono quasi tutti sopravvissuti fin qui, alcuni di loro si sono sacrificati perché gli altri continuassero la scalata del castello, che stupidi", rifletté Ban del Leone degli Inferi Minori, "Non proprio stupidi, amici miei, bensì coraggiosi, hanno rinunciato alla vita per difendere i compagni", lo corresse Nachi.
"Secondo te, sacrificandosi e rinunciando alla forza ed ai piaceri della vita si può guadagnare qualcosa?", domandò perplesso Ban, "Noi lo abbiamo fatto meno di un anno fa, non ricordi?", rispose Geki, intromettendosi nel discorso.
I quattro rimasero in silenzio per alcuni secondi, "Si, ricordo i nostri folli sacrifici, gettarci in battaglia contro i titani. Io per primo persi la vita", ricordò Ichi, "ma per cosa combattevamo allora di tanto grande da spingerci a fare questo? Forse menzogne? In fondo io stesso sono più felice adesso che posso mostrare la mia massima grandezza", rifletté il santo nero.
"Almeno questo crediamo, amici miei, eppure, io stesso mi sento terribilmente vuoto, malgrado sia così potente. Il mio sogno, i sogni di tutti noi sono stati realizzati da colei che ci ha ridato la vita, eppure, malgrado questo, siamo ancora qui, a chiederci il perché delle nostre azioni", rispose Geki dell’Orsa Minore degli Inferi.
"Chissà se troveremo la nostra verità prima della fine di questa guerra", fu l’ultima riflessione di Nachi, prima che una presenza si espandesse in quella sala, rubando l’attenzione di tutti, specialmente della dea Ate.
La divinità dell’Ingiustizia, infatti, si alzò dal trono su cui amoreggiava con Jabu, "Mio fedele guerriero, resta qui, di guardia alla mia preda, mi raccomando, non lasciarla scappare, ricorda che è il nostro agnello sacrificale per concludere l’alleanza diabolica", ordinò la dea, "Poi saremo soli, mia signora?", sussurrò con tono accondiscendente il santo nero risorto, "Si, di certo non avremo più nemici ad infastidirci dopo il rituale che avverrà tra poco più di un’ora", rispose soddisfatta Ate, prima di varcare una piccola e semplice tenda di lino, che la portò in un tempietto nascosto alle spalle del trono.
L’antitesi di Atena osservò l’altare su cui aleggiava un’essenza verde, di un colore splendente, "Dimmi", esordì con fare altezzoso.
"Hai notato quanto i nostri nemici si sono avvicinati?", domandò la voce proveniente da quell’energia, "Si, ho percepito i loro cosmi dirigersi verso di noi, ma ormai non dovresti più parlarne con me, i tuoi protetti di Giada sono la più consistente parte della nostra difesa. Solo un guerriero nero mi è rimasto, oltre ai quattro possenti zombie di cui mi hai dotato", osservò con voce scontrosa Ate.
L’energia dell’entità verde si espanse nella sala, costringendo Ate ad inginocchiarsi dinanzi a lei, "Ragazzina, abbi più rispetto per chi ti ha ridato la libertà, un esercito e dei potenti alleati.
Ho persino fatto risorgere quest’Isola, distrutta vent’anni fa, solo per renderti possibile il riavere il tuo beneamato tempio e castello, quindi portami rispetto, a me che sono la Terra", la ammonì l’entità cosmica. "Sei tu che per ora hai sbagliato tutto, dalla disposizione dell’armata all’orario per rapire la Sacerdotessa risorta di Atena. Se avessi aspettato qualche ora, forse, non avrebbero fatto in tempo, invece, adesso, i nostri nemici hanno ben poche difese da valicare prima di raggiungerci e se non riuscirò a completare il rito come è mio desiderio, tu sarai la prima a pagarne le spese, lo sai questo, vero?", domandò con tono contrariato la divinità non manifesta.
Ate cercò inutilmente di rialzarsi, "Ho inteso le tue minacce, divinità Ancestrale, ma non osare più farmi di questi scherzi, ricorda che i cinque guerrieri in questa sala potrebbero spazzare via il tuo Drago e la Tigre che sono di là, insieme ai loro tre compari, come i guerrieri olimpici nostri nemici hanno ucciso tutti gli avversari finora incontrati, eccetto quei quattro traditori, di cui mi occuperò alla fine di questa guerra", la avvisò la dea dell’Ingiustizia, prima di sentirsi libera dalla presa nemica.
Una risata proruppe dall’entità verde, "Ora ricordo perché ti ho scelto come mia alleata", affermò beffarda la divinità ancestrale, "Per la mia forza e bellezza?", replicò divertita la dea dell’Ingiustizia.
"No, ma non è questo l’importante", avvisò l’altra dea, "ricordati piuttosto di non offendermi con qualche stupidaggine, sono una delle tre divinità Ancestrali, se non fosse stato per me ed i miei due fratelli, il mondo non sarebbe mai nato", concluse l’entità prima di assopirsi, almeno apparentemente.
Ate, si allontanò da quella sala, "Ti farò vedere io chi è la vera dea dominante in questo luogo, vecchia stupida", sogghignò la divinità dell’Ingiustizia, ritornando a sedersi.
"Ti ho scelto per la tua stupidità e manovrabilità", sussurrò fra se, nel medesimo momento, l’entità verde, ormai rimasta sola nel piccolo tempietto.
Le due guardie all’entrata della stanza in cui Shishio e Raizen attendevano i nemici, erano in silenzio da parecchio tempo, finché, uno dei due, dalle vestigia di Giada, si mosse, "Guerriero nero, hai sentito i cosmi avvicinarsi?", domandò il Runouni.
"Si, ed allora?", domandò quello che si rivelò essere Judas dei Pesci neri, "Allora, ragazzo, muoviti, vai a ricevere quelli che arrivano dallo scantinato, io mi occuperò di quelli che sono sopravvissuti al tuo comandante. I nemici di Knives, tanto, sono ancora lontani dal raggiungerci", osservò con voce gelida il guerriero di Giada, dirigendosi verso una delle due scalinate all’altro capo della sala.
Il Black Saint, sentite quelle parole, si mosse per attendere i nemici che lo avrebbero raggiunto dalla porta sulla sua sinistra.
I cinque gruppi di cavalieri, intanto, correvano lungo le rispettive strade, verso la stessa direzione.
Odeon, Kain, Neleo e Lorgash correvano lungo la scalinata che dall’ala sinistra del castello li avrebbe ben presto portati all’ultimo piano dello stesso, ma i loro passi furono fermati dal continuo fluire di sangue dalle ferite dei due che già avevano affrontato dei Runouni in battaglia.
"Come vi sentite?", chiese il santo di Leo, "Tutto bene, amico mio, non preoccuparti", rispose Lorgash, cercando di tranquillizzare il proprio pari, "E tu, Neleo?", incalzò il Generale di Shark, "Sono abbastanza resistente da reggere ad un duello come quello avuto con Zodd, non preoccuparti", affermò il mariner, rivolgendosi al proprio pari.
I due guerrieri ancora illesi si scambiarono uno sguardo, "Probabilmente avete ragione, oppure, cosa più veritiera, non volete diventare dei pesi per noi, ma in ambo i casi, non possiamo rischiare di lasciare dei compagni moribondi per strada", affermò Kain, avvicinandosi al proprio parigrado, "Quindi, appoggiatevi a noi senza fare obbiezioni", concluse Odeon, sostenendo Lorgash lungo la scalinata.
"Così vi rallenteremo", replicò il mariner di Hammerfish, "No, barcollando feriti, forse, ma così ci darete anche il tempo di prepararci per i nostri scontri, oltre che per quello finale", lo corresse il figlio di Ikki, "Ed alla somma sacerdotessa non pensate?", domandò allora il santo di Capricorn, "Certo, ma nemmeno lei lascerebbe dei compagni feriti lungo la strada, quindi, non fare altre obiezioni, amico mio, ma aiutami nel camminare", concluse con voce decisa l’allievo di Seiya, guidando la scalata con Lorgash.
I quattro guerrieri provenienti da Asgard continuavano, intanto, la loro salita, lungo l’altra rampa di scale. Il silenzio era calato fra loro dopo la morte di Gutrun, ma la determinazione era invece aumentata, alimentata dal ricordo dei tanti compagni caduti in difesa del Sacro Regno e dei suoi alleati.
I passi del gruppo, però, furono fermati da una sensazione, "Che cos’è stato?", balbettò Helyss, quando quel gelido freddo passò, "Un cosmo", rispose perplesso Camus dell’Acquario, "Possibile? Un’energia così gelida da far tremare persino gli abitanti di Asgard, il Regno di Odino?", domandò sorpreso Bifrost.
"Si, guerriero di Megrez, ne sono certo, quello che abbiamo sentito pochi attimi fa era un cosmo", replicò Camus, con voce più sicura, "Ma chi, cugino, può avere un cosmo così gelido? Sono pochi i nomi che mi vengono in mente, con tale qualità", affermò Freiyr, "Si, ti capisco, è un’energia, persino superiore alla mia, per possibilità raggelanti, ma non pari a quella di mio padre, seppur molto simile, di certo non un dio ha fatto questo, ma un uomo, malgrado non sappia chi sia", osservò il santo d’oro dell’Acquario, prima di continuare la salita.
La presenza, però, si fece più concreta, congelando le pareti laterali del corridoio, "Cosa pensate voglia fare costui? Intrappolarci in questo corridoio?", domandò Bifrost, osservando il ghiaccio ai propri lati, "No, questo credo piuttosto che sia un invito ad entrare, una sfida diretta", rispose Camus, guardandosi intorno.
"Esatto, figlio di Hyoga, è una sfida diretta a te, quindi muoviti a raggiungermi. Un inferno di ghiaccio ti attende, pagherai per colui di cui sei il figlio, per l’uomo di cui porti il nome e l’armatura, per l’uomo che chiamavo maestro e per quello che consideravo il mio più caro amico, oltre che per il mio allievo traditore", concluse la voce con tono di sfida del Runouni a difesa dell’ultimo piano.
Il gruppo proveniente da Asgard accelerò il passo.
I cinque cavalieri che erano sopravvissuti allo scontro con i due Runouni nei sotterranei del castello, correvano con gran velocità lungo la scalinata, ormai aveva raggiunto il secondo piano del maniero, lungo quella strada nascosta ai più.
Ryo e Botan, cavalieri d’oro di Atena, guidavano la marcia, dietro di loro Elettra del Cavallo, ultima amazzone ancora viva, ed infine Real della Lira, che sosteneva Jenghis, il berseker ancora ferito.
"Forza voi due, muoviamoci", li esortò l’amazzone sacra ad Artemide, "il mio nemico potrebbe essere ancora vivo ed attenderci all’ultimo piano", li avvisò.
"Il tuo nemico?", domandò Jenghis, chiaramente stremato per lo scontro con Dorton, "Si, il secondo dei due assassini di Maya, l’altro invasore dell’Isola di Andromeda, il nero guerriero dei Pesci", spiegò Elettra.
"Dunque è questa la tua motivazione per continuare questa battaglia?", domandò Ryo di Libra, che aveva sentito le parole dell’alleata, "Esatto, cavaliere della Bilancia, l’odio che nutro per costui è pari solo a quello che avevo verso la sua pari dello Scorpione e verso gli assassini delle mie sorelle, i titani di Urano", rispose la giovane amazzone dagli scuri capelli.
"Spero che nessuno lo abbia già sconfitto", osservò infuriata la guerriera. Una risata quietò le sue parole, proveniente dalla distante fine di quella scalinata, "Credo proprio di poterti accontentare, amazzone, farò di te la mia seconda vittima in questa guerra, solo se ti muoverai, raggiungendomi prima di qualche altro tuo alleato", esclamò una voce lontana, alla fine della scalinata.
"Questo è lui", ringhiò l’amazzone da sotto la maschera, prima di saltare oltre i due santi d’oro e scattare in avanti, con una velocità incredibile, lungo la scalinata.
Il gruppo guidato da Esmeria di Suzaku e Golia del Toro, intanto, aveva raggiunto la cima della Torre nera da loro intrapresa.
Era una grande stanza nera, caratterizzata da un alto soffitto e tre ampie finestre sui lati, nel quarto lato, invece, al posto di una finestra, vi era la porta che collegava quella torre con il nero castello.
"Come vi sentite?", domandò la Regina di Cartagine ai propri alleati, "Koryo?", incalzò, notando il suo pari fra i Beast Keeper, arrivare sostenendosi sulla spada, "La ferita prodottami dal guerriero del Capricorno Nero non è letale, ma non vuole chiudersi, purtroppo, comunque sto bene", spiegò lo spadaccino di Seiryu.
"Tu, cugino?", domandò la figlia di Ikki, rivolgendosi a Daidaros di Cefeo, "Bene, la mia battaglia con quel Ryoga della Lepre ha indebolito più la mia concentrazione che il corpo", replicò il figlio di Shun.
"Voi due?", continuò, voltandosi verso Endimon ed Awyn, "Le gambe mi fanno un po’ male, ma sopravvivrò, non preoccuparti", spiegò la baccante con un sorriso rilassato sul volto, "Anch’io ce la farò, in fondo, ormai le ferite dovrebbero essersi coagulate", aggiunse il Pretoriano del Fagiano.
"E tu, Joen, come ti senti?", concluse, rivolgendosi all’ultimo dei guerrieri che avevano già intrapreso uno scontro, "Tutto bene, mia regina, il mio cosmo sta già riavendosi dal duello, ben presto le ferite si cicatrizzeranno autonomamente e sarò di nuovo pronto a combattere", la rassicurò il Goshasei del Pavone.
"Sono certa della tua resistenza, mio guardiano, ma ti prego di non intraprendere altre difese della mia persona. Sono anch’io una guerriera, quindi potrò difendermi da sola qualora incontri un nemico", spiegò la figlia di Ikki con voce gentile.
"Cavalieri, oltrepassiamo questa porta", li invitò allora Koryo di Seiryu, avvicinando la mano al varco, "Attento, Beast Keeper", urlò allora Golia, spostando l’alleato e spingendo via una sinuosa figura, che si nascose nuovamente nell’ombra da cui era uscita per alcuni attimi.
"Che cos’era?", domandò sorpresa Esmeria, "Non lo so, ma ho visto solo all’ultimo quell’essere gettarsi su Koryo e non sono riuscito nemmeno a distinguerlo, è terribilmente veloce e silenzioso", rispose preoccupato il santo del Toro.
"Esatto, cavaliere d’oro, fin troppo superbe sono le mie doti per dei guerrieri così feriti, comunque vi do il benvenuto nella Tana del Serpente", sussurrò una voce misteriosa, proveniente dal tetto. Era una trappola.
Anche l’ultimo gruppo, che si muoveva lungo l’altra torre nera, era quasi giunto alla sua cima, parallela all’ultimo piano del grande Castello Nero di Ate.
"Quanti nemici credete che siano rimasti?", domandò Sekhmet, mentre correva nelle retrofile, insieme a Kano del Pavone, "Ho sentito un gran numero di cosmi accendersi per poi spegnersi lungo questa battaglia, così tanti da aver quasi perso il conto, comunque sono certo che sono rimasti cinque Runouni, percepisco la loro energia cosmica ed almeno un guerriero nero, ho sentito poco fa la sua presenza. Inoltre, non dimentichiamo i cinque santi risorti da Ate e la dea stessa, che di certo non scenderanno in campo finché non saremo noi stessi a costringerli", spiegò Tok’ra, che da alcuni minuti correva con gli occhi completamente chiusi e le mani congiunte.
"Si, cavaliere d’oro, di certo è un calcolo sufficientemente esatto, ma ti posso chiedere una cosa", esordì Anhur, mentre continuavano la salita, "perché tieni da alcuni minuti quelle mani congiunte?", domandò il Pharaon.
"Si prepara per lo scontro", rispose per lui Kano, "Che intendi dire?", incalzò subito il guerriero egizio, "Ha percepito il cosmo del nostro nemico, colui che ci aspetta alla fine di queste scale ed in lui ha riconosciuto l’assassino del maestro Kaor. Vi assicuro che è questo il motivo, ho avuto la stessa sensazione anch’io", spiegò il santo d’argento del Pavone, quando ormai la scalinata era finita.
"Esatto, giovane allievo di Kaor", si complimentò il Runouni del Cavallo, mostrandosi ai suoi nemici, "Sono lieto di vedere qui le vestigia della Vergine, seppur temo che un inetto, a mio confronto, le indossi", esclamò il guerriero di Giada, preparandosi allo scontro, "Ne sei così certo da rischiare la vita?", replicò il santo di Virgo, preparandosi anch’egli a combattere, "Certo", concluse Hyunkel del Cavallo, prima di iniziare a combattere.