Capitolo 34: Doppio scontro con le armi
Lungo la nera scala dell’ala destra del castello, i cavalieri Asgardiani avevano momentaneamente fermato i loro passi dopo la notizia datagli da Botan, "Dunque le parole di Jacov erano veritiere, il pericolo per Shaina diverrà una letale realtà fra circa due ore", rifletté Camus dell’Acquario, "Acceleriamo il passo, cavalieri, è l’unica cosa fattibile", propose subito dopo Helyss del Pittore, con voce stanca per lo scontro passato.
"Mi dispiace per voi, ma la corsa finisce qui", esclamò d’improvviso una voce sulla lunga scalinata.
Una folata di fortissimo vento investì i cinque, gettandoli indietro lungo le scale.
"Patetico, solo due di loro erano feriti e c’erano persino il Re di Asgard ed un Gold Saint qui dinanzi a me, quali miseri nemici si sono rivelati", osservò con tono beffardo la figura nell’ombra, "Non osare proferire altro verbo contro il mio sacro Re", tuonò allora una voce femminile, altresì nascosta, prima che un profondo solco si aprisse nel terreno, frutto di taglienti artigli, era Gutrun di Mizar.
"Dunque qualcuno si è salvato dai miei colpi?", domandò sorpresa l’oscura figura, "Si, cavaliere, io, Gutrun, figlia di Bud di Alcor, sono riuscita a trattenermi con gli altri, il mio sire, suo cugino ed i miei compagni di battaglia ben presto ci raggiungeranno, di questo sii certo, ma per allora il nostro scontro sarà finito con la mia vittoria", concluse la god warrior e celebrante di Balder ed Odino.
"Ne sei sicura, guerriera? Pensi davvero di poter sconfiggere, il comandante dei Black Gold Saint, Sairon di Black Libra?", domandò il guerriero oscuro mostrandosi in tutta la propria figura.
Nell’ala sinistra del Castello, i cavalieri d’oro ed i mariners erano ancora in attesa delle mosse del loro nemico, una singola figura, nascosta nell’ombra, che fino ad allora aveva atteso la fine dello scontro nel sotterraneo.
"Non mi aspettavo molto di più da Dorton e Mamiya", esclamò la figura, che finora aveva parlato ben poco, "ma non è questo il problema, raggiungerò i nemici dopo avervi ucciso, cavalieri d’oro e mariners qui presenti, voglio che lo sappiate, tutti verranno eliminati da me, l’Arma Umana", minacciò con voce determinata il guerriero facendosi avanti, era un Runouni, "Knives del Gallo", concluse.
L’armatura era completamente verde, le zampe del pennuto costituivano i gambali, con piume rappresentate in basso rilievo e lunghi ed affilati artigli all’altezza dei piedi, medesimo basso rilievo costituiva la semplice, ma integrale, copertura per il petto e la cinta. Un lungo mantello, in cui le piume non costituivano un bassorilievo, bensì un sottile piumaggio di giada, partiva dalle spalle, diventando le spalliere, per poi congiungersi nelle braccia, come coperture per le stesse.
L’elmo era una maschera di un verde più chiaro che copriva gli occhi ed il naso, prendendo la forma affilata di un becco, sul capo si sollevava in una brillante cresta di giada, mentre lunghi capelli scendevano lungo il volto e la schiena ed i piccoli occhi neri brillavano nascosti.
"Cavaliere di Capricorn, che ne dici di affrontarci fuori, sul balcone, in un luogo adatto a mostrarti i miei immensi poteri in battaglia?", domandò beffardo Knives, sbalordendo tutti.
"Mi conosci, Runouni?", esclamò sorpreso Lorgash, "No, a dire il vero ti ho riconosciuto solo dalla forma delle vestigia dorate, ho studiato le forme dei vostri clothes, ma non so né quale sia il tuo nome, né da chi tu sia stato addestrato, né nient’altro su di te, eccetto che sei dotato della sacra Excalibur", spiegò con tono soddisfatto Knives, chiaramente compiaciuto di aver sorpreso i nemici.
Lorgash seguì il nemico all’esterno della sala, "Attento, cavaliere", lo avvisò Odeon di Leo, "Non ti preoccupare", replicò con tono rassicurante l’allievo di Shiryu, prima di uscire alla luce del sole.
Il balcone era nero, come il resto dell’oscuro maniero, una ringhiera costituita da solidi mattoni ne delimitava il perimetro ai lati, raggiungendo l’altezza della cinta di un uomo adulto, come i due contendenti che lì si preparavano a disputare il loro scontro.
Lorgash si guardò intorno, l’area era molto grande, sufficiente per un duello libero ed agile, migliore di certo della sala in cui era arrivato passando per le scale, aveva più spazio sia sui lati, sia sopra di se per i movimenti, trovava quindi ottima la scelta del nemico di combattere in quel luogo.
"Iniziamo, cavaliere?", domandò con tono sicuro il Runouni, "Sono pronto", replicò Lorgash, prendendo la posizione che più gli era consona per un attacco con la sacra Excalibur.
In un altro luogo, sulla sommità del nero Maniero, i due comandanti dei Runouni, Shishio e Raizen, discutevano ancora fra loro, "Anche quella coppietta ha deciso di tradire", ringhiò disgustato il Dragone di Giada, spezzando due delle otto candele rimaste sul lato sinistro, "Non proprio, sono stato completamente surclassati, questo è stato il loro problema", rifletté la Tigre di Smeraldo.
"Che cosa blateri, fratello?", tuonò Shishio, "Noi siamo i Runouni di Giada, l’esercito più potente perché composto da puri assassini, semplicemente finora hanno combattuto solo guerrieri miseri e con dubbi nel cuore. Prima Koga, un patetico e titubante musicista, e Nemes, troppo piena di se per pensare ad eliminare i nemici. Dopo di loro Zodd, che vedeva solo la vendetta e non gli ordini da eseguire, e quindi Ryoga, che è stato sconfitto per un aiuto esterno, prodotto da qualche semidio.
Infine, quella coppietta, Dorton e Mamiya, che dopo uno scontro molto accesso, per il comune interesse più a loro stessi che a chi li circondava, hanno preferito arrendersi", ringhiò furente il Drago di Giada.
"Allora, credi che Knives sarà diverso?", domandò incuriosito Raizen, "Si, fratello, l’Arma Umana non conosce il senso della pietà e soprattutto non mostrerà il suo segreto letale fino a quando non avrà esaurito le tecniche base di cui è padrone. Anche ammettendo che qualcuno superi quelle tre tecniche, contro il segreto invincibile in attacco e difesa, nessuno potrà niente", rispose con sicurezza Shishio, "Medesima cosa vale per gli altri nostri seguaci, tre assassini spietati, di cui due erano allievi di santi di Atena, tra l’altro, quindi potranno sconfiggere i Gold Saints", concluse con tono deciso il Runouni.
"E Sairon che pensi che farà?", incalzò Raizen, offrendo un bicchiere di vino al parigrado, "Semplice, combatterà fino alla morte, troppo è l’orgoglio che lo nutre, di certo non si fermerà adesso", rispose seccamente Shishio, bevendo tutto d’un fiato il vino.
All’entrata del nero Maniero, intanto, dopo aver ricevuto da Golia e Tok’ra un riassunto dell’avviso di Botan, i cavalieri avevano cercato con più attenzione una via alternativa per i piani superiori.
Fu proprio Sekhmet a trovare il varco, "Cavalieri, guardate", esclamò sorpresa: una piccola porta, nascosta dalle rocce, si mostrava ora dinanzi a loro, "Ve ne potrebbe essere una seconda dall’altro lato", suggerì Koryo, dopo essersi guardato intorno e subito dopo i due Beast Keepers, aiutati dal fedele Joen del Pavone, cercarono, e trovarono, una seconda porta.
"Ma dove possono portare?", domandò Endimon del Fagiano, guardando verso l’alto e solo allora, per primo, si accorse che i merli del nero castello non erano tutti sulla stessa retta, ma alcuni erano più sbalzati degli altri e seguendo la forma che componeva, il Pretoriano poté, finalmente, distinguere la nera forma di due lunghe torri, perfettamente mimetizzate nel nebbioso ambiente che circondava il maniero.
"Quelle torri", esclamò sbalordito Endimon, "Esatto, pretoriano, lì conducono", concordò Kano del Pavone, osservando le costruzioni.
"Muoviamoci allora", esclamò Anhur di Selkit, "I due gruppi di prima si divideranno lungo le torri, voi, baccante e pretoriano, verrete con noi Beast Keepers", propose Esmeria, indicando la porta sulla sinistra, "Bene, cavalieri, andiamo", concordò Tok’ra di Virgo e così i due gruppi nuovamente si divisero, prendendo le diverse vie propostegli.
Lungo la nera scalinata, intanto, Gutrun e Sairon si osservavano vicendevolmente in silenzio, "Ragazza, cosa speri di fare contro di me?", ripeté con tono altezzoso il nero guerriero, "Sconfiggerti", replicò seccamente la figlia di Bud, "Vedremo", fu l’unica parola che affermò poi la Nera Bilancia, prima di espandere il proprio cosmo, simile alla furia di un vento nero ed aprire le mani contro l’avversaria.
"Black Rozan Breath", tuonò il guerriero oscuro. Un boato fu udito nell’intera ala del castello, dapprima un sottile vento, poi una vera bufera nera scaturì dalle mani di Sairon, investendo in pieno Gutrun e gettandola indietro di alcuni scalini.
Furono solo gli affilati artigli della God warrior a salvarla dalla caduta, "Complimenti, guerriero nero, ma non è abbastanza per me", esclamò la guerriera di Mizar, balzando in alto, "Viking tiger claws", tuonò poi lei, scatenando i bianchi artigli della Tigre di Asgard.
Profondi solchi si aprirono sulla scalinata, senza però raggiungere il guerriero oscuro, "Lenta, fin troppo per me", osservò divertito Sairon.
"Non cantare vittoria così presto, Black Saint", lo ammonì Gutrun, prima di lanciare di nuovo i "Bianchi artigli della Tigre".
"I suoi movimenti sono più veloci?", si domandò sbalordito il nero comandante, mentre subiva l’attacco, ricevendo diverse ferite alle parte spoglie dall’armatura.
Nell’altra ala del castello, lo scontro fra Lorgash e Knives non aveva ancora avuto inizio, i due combattenti erano fermi nelle posizioni che avevano preso pochi attimi prima, posizioni di attesa, seppur quella del Gallo di Giada era piuttosto strana: aveva la gamba sinistra sollevata, quasi ad imitare la posizione di una gru, con le braccia aperte ai lati del corpo, molto simile alla posa di una croce.
"Attendo la tua prima mossa, Runouni", esclamò con voce determinata il santo di Capricorn, pronto a qualsiasi tipo di attacco nemico. Un sorriso maligno su la risposta dell’Arma Umana, prima di compiere una capriola all’indietro.
"Foot hooks", sibilò il guerriero di Giada, mentre compiva quel gesto apparentemente poco chiaro.
Grande fu la sorpresa di Lorgash nel vedere che i gambali erano in realtà catene legate intorno alle gambe e che, con quel movimento, si erano sciolte, allungandosi a dismisura. Maggiore fu però la sorpresa nel notare che gli affilati artigli alle loro estremità erano utilizzabili come uncini legati dalle catene alle gambe dei Runouni.
Il primo colpo fu una sorpresa per Lorgash e riuscì a scalfire la spalliera sinistra, ma il secondo, portato con l’altra gamba fu addirittura inaspettato, così permettere all’uncino destro di conficcarsi nella parte scoperta dell’arto inferiore sinistro del Gold saint.
Quando i due uncini si ritirarono per un veloce movimento delle gambe di Knives, il quale proruppe in una sarcastica risata, malgrado la posizione che ancora sosteneva, tenendo sollevato sulle braccia.
"Piaciuto lo scherzo, cavaliere?", domandò beffardo il Runouni, "Ci sono quattro armi che compongono la mia persona e tu, hai appena conosciuto la prima, i gambali ad uncino", esclamò soddisfatto il maligno guerriero.
"Quattro armi ti compongono? Per questo Arma Umana, vero?", domandò Lorgash, indietreggiando ferito, "Esatto, per questo", rispose semplicemente Knives.
"Questa prima arma devo ammettere che è molto potente, ha persino scalfito la spalliera d’oro sacro", osservò Lorgash, "ma la sua dote resta una sola, l’attacco a distanza e se annullo questa qualità, sarà inutile", replicò il cavaliere d’oro, "Davvero? Provaci allora", lo sfidò il Runouni con tono sicuro.
"Foot hooks", tuonò Knives, ma questa volta Lorgash non si fece trovare impreparato e scattò in avanti, "Colpisci, mia sacra Excalibur", replicò il cavaliere d’oro, compiendo un agile movimento con la mano.
"Doppio errore", sussurrò il Runouni del Gallo, prima di muoversi lateralmente.
Cambiando l’asse del proprio corpo da una mano all’altra e spostandosi angolarmente di pochi gradi, Knives aveva evitato il taglio dell’Excalibur, che aveva provocato un profondo solco nel terreno, e, al qual tempo, il Runouni aveva deviato il moto delle proprie catene che, nel ritornare a lui, avevano compiuto un arco più lungo, ferendo di striscio Lorgash alla nuca.
"Come vedi, cavaliere", esordì l’Arma Umana, una volta riprese le proprie catene, "non è così facile battermi", spiegò con tono soddisfatto.
"Viking Tiger Claws", tuonò per la seconda volta Gutrun, dall’altra parte del castello, colpendo di nuovo il nemico, che indietreggiò sugli oscuri scalini per le nuove ferite.
"Allora, Guerriero Nero? Non sei più così sicuro di te?", domandò beffarda la God Warrior, ma solo una sadica risposta ricevette in cambio di quella domanda.
"Gutrun", urlò in quel momento una voce lungo le scale, "Re Freiyr, non si preoccupi per me, la battaglia è quasi conclusa con la mia vittoria", esultò felice la guerriera asgardiana, prima di lanciarsi di nuovo nel medesimo attacco.
I bianchi artigli della Tigre corsero verso il loro bersaglio, ma questa volta la fiera bestia delle nevi fu trattenuta da qualcosa, un ostacolo che fermò i movimenti di Gutrun, gettandola al suolo con una ferita alla gamba destra.
"Che cosa?", balbettò la God warrior, "Si vede che sei una novellina in battaglia", replicò Sairon, "non conosci alcune delle regole fondamentali di uno scontro", la ammonì.
"Prima regola, mai distrarsi", tuonò ferendo la guerriera ancora al suolo con qualcosa di lungo e serpentino nei movimenti, "Seconda, mai mostrare più di una volta lo stesso colpo ad un nemico", continuò, producendo un’altra ferita, "Terza", esclamò poi, mostrando un maligno ghigno, "I cavalieri della Bilancia, che sia sacra ad Atena, o ad Ate, hanno sempre con loro sei armi", concluse, ferendo al volto la God Warrior con quella che si dimostrò essere una frusta.
"Ed io non sono da meno", concluse Sairon, preparandosi a colpire di nuovo la nemica.