Capitolo 16: Furioso scontro
"Una seconda identità?", esclamò sorpreso Daidaros, osservando Enkish di Gemini Oscuri che espandeva il proprio cosmo.
"Non è poi così strano, cavaliere di Cefeo", esclamò Ryo, "Shun, tuo padre, non ti aveva mai parlato di Saga di Gemini, la cui parte oscura produsse la guerra intestina fra i santi di Atena vent’anni fa?", incalzò il cavaliere d’oro di Libra.
"Bravo, cavaliere, lo stesso vale anche per me, Enkish di Black Gemini, ma nel mio caso non sono due facce così differenti a distinguersi. Non una buona e l’altra maligna, bensì un volto passivo che ama servirsi di ombre, che rende schiave senza l’utilizzo del proprio cosmo, mentre io, la parte attiva e sadica, sono solito apparire quando lo scontro diviene fisico per noi, cavalieri dei Gemelli Neri", spiegò con tono divertito il nero guerriero.
"E tu, Messaggero, ormai non puoi più niente contro di me", concluse beffardo il Black Saint, mentre i suoi occhi erano diventati completamente rossi, come se fossero iniettati di sangue.
"Ne sei sicuro, cavaliere nero?", esclamò per nulla preoccupato Obbuan, scattando in avanti, "Si, Messaggero", rispose seccamente Enkish, movendosi alla velocità della luce e raggiungendo il proprio avversario.
La mano sinistra del nero guerriero si appoggiò allo stomaco dell’avversario, "Esplosione Oscura", esclamò il maligno nemico.
Un bagliore nero accecò Obbuan, prima che una gigantesca esplosione di energia prorompesse dalla mano del nemico, gettando il Messaggero lontano, su una roccia, ma con il braccio sinistro nella lava.
Terribili furono le urla di dolore dell’Anghellos, il suo braccio era visibilmente ustionato e le vestigia all’altezza del colpo subito erano andate in pezzi, danneggiando il corpo stesso del Messaggero.
"Hai capito quale abisso ci divide, adesso?", domandò divertito Enkish, saltando su un’altra roccia, "E voi, non preoccupatevi, ben presto raggiungerete l’Ade, con il vostro amico", concluse il nero guerriero, rivolgendosi agli alleati di Obbuan.
"Se speri di battermi così facilmente, hai speranze effimere e facilmente screditabili", esclamò il Messaggero rialzandosi ed impugnando il bastone sacro ad Ermes.
"Sacro Caduceo", invocò l’Anghellos, scattando in avanti.
L’arma sacra si allungò ed il suo padrone tentò in più modi di colpire il nero avversario con le estremità del bastone, ma fu tutto vano: Enkish era diventato incredibilmente veloce e furbo, riusciva ad evitare i movimenti del nemico, malgrado fosse più lento di lui. Alla fine, probabilmente stanco di giocare con l’avversario, il nero guerriero appoggiò la mano alla spalla destra di Obbuan, "Esplosione Oscura", urlò nuovamente, travolgendo per la seconda volta il Messaggero, il cui corpo fu danneggiato e sfigurato dal nuovo attacco.
"Non credo hai miei occhi, costui è più veloce di un Messaggero di Ermes", balbettò spaventato Daidaros, "No, cavaliere di Cefeo, non è più veloce, bensì ha già visto tutte le sue mosse", replicò semplicemente Ryo, il cui volto era rigato da delle lacrime, proprio come quello di Jenghis.
"Obbuan, facci intervenire", esclamò il berseker, mentre il Messaggero si rialzava, "No, amico mio, questa è la mia battaglia e ho ancora due tecniche da utilizzare", esclamò l’Anghellos, rialzandosi e posando nuovamente il sacro Caduceo.
Obbuan congiunse le mani dinanzi a se, espandendo il proprio cosmo luminoso, "Se fossi in te, Messaggero, seguirei il consiglio del berseker", ridacchiò nel frattempo Enkish, caricando il cosmo immenso di cui era padrone.
"Bagliore dell’Oriente", invocò in tutta risposta l’allievo di Kaor, lasciando esplodere il proprio colpo base, tecnica trasmessagli dal proprio maestro.
"Esplosione Oscura", replicò il nero guerriero padrone di un cosmo doppio rispetto al normale.
L’impatto fra le due tecniche energetiche fu incredibilmente potente, la roccia al di sotto di quel luogo andò in frantumi ed il fiume di lava che la circondava si alzò. Schizzi dell’infiammabile liquido volarono verso i tre guerrieri che osservavano lo scontro e verso i due contendenti.
Daidaros, Jenghis e Ryo evitarono con le proprie armi di essere ustionati, mentre i due avversari non ebbero questa possibilità.
Enkish ricevette diverse ustioni sul volto, ma la nera copia del cloth dei Gemelli salvò il suo corpo da possibili bruciature, medesima cosa non si poté dire per Obbuan, il cui corpo fu quasi completamente ustionato dalla lava ardente, da cui non riuscì a difendersi.
"Ora, Messaggero, direi che è tempo di finirla con questo gioco", esclamò Enkish una volta che la lava si era quietata.
"Sono perfettamente d’accordo, cavaliere nero", replicò Obbuan, sollevando con le poche forze rimaste il sacro Caduceo e sostenendolo dinanzi al proprio petto.
"Non avrei voluto usare questa tecnica sacra contro un essere immondo come te, ma mi vedo costretto ad utilizzarla", esclamò il messaggero, concentrando il proprio cosmo luminoso.
"Che cos’è quella luce che si canalizza nel Caduceo?", balbettò Daidaros di Cefeo, osservando l’accecante figura alata che si delineava.
"Questa, giovane amico, è una tecnica sacra al dio Ermes, che in pochi sanno utilizzare e da cui ben meno persone riescono a sopravvivere", esclamò Obbuan, "Nuntio finale", invocò poi, lasciando scatenare la figura alata del colore del mare.
Enkish, dapprima sorpreso dall’inaspettato attacco, sorrise al nemico ed aprì le mani dinanzi a se, "Bene, messaggero, vuoi il gioco duro? Allora schiaccerò questa tua tecnica sacra", urlò furioso il nero guerriero, cercando di bloccare con il proprio cosmo doppio e con le mani la figura alata.
La pressione del "Nuntio finale" era di molto superiore a quanto il nero guerriero non potesse mai immaginare, difatti in pochi attimi le vestigia degli Oscuri Gemelli andarono in pezzi, esplodendo per il colpo che stava per raggiungerle.
Il corpo di Enkish, perse le difese, iniziò a perdere sangue da diversi punti mentre il nero guerriero cercava in tutti i modi di sostenere l’attacco nemico, "Com’è possibile? Costui è ferito, le vestigia in pezzi, eppure è capace di scatenare un colpo così potente? Non posso permettermi di cadere per mano sua, devo superarlo", esclamò il guerriero Oscuro, mentre il suo corpo perdeva sangue in diversi punti.
Lentamente il Black Saint cadde in ginocchio, ferito e sempre più debole, con un ultimo sforzo, però, il cavaliere nero deviò l’attacco nemico, lasciando cadere la figura alata nella lava ardente, ma facendo ciò Enkish segnò il proprio destino: la pressione e la potenza del colpo sacro aveva aperto un immenso solco nel suo petto, una ferita mortale.
Il cavaliere dei Gemelli Neri cadde al suolo, moribondo.
"La battaglia è finita", esclamò Jenghis, felice della vittoria dell’amico, ma, proprio mentre Obbuan stava per raggiungere gli alleati, con le poche forze rimastegli, la debole voce di Enkish lo distrasse: "Pietà", supplicava il nero nemico, "finiscimi con il tuo tocco letale, so che ne sei capace", pregò l’assassino dagli occhi iniettati di sangue.
Obbuan guardò gli amici con un sorriso, poi si voltò e con sguardo cupo raggiunse il nemico, avvicinando la mano al petto di questi, "Sei stato un degno avversario, quindi meriti questo colpo pieno di pietà", esclamò il Messaggero.
Il volto dilaniato di Enkish fu solcato da un nero e maligno sorriso, prima che questi conficcasse la propria mano destra nel fianco dell’avversario, "Non credo proprio di essere un uomo da definire degno, sono pur sempre un Black Saint, ma tu sembri averlo dimenticato, bene, questo te lo ricorderà", esclamò divertito il maligno essere.
"Esplosione Oscura", urlò con le ultime forze rimaste il nero nemico, prima che il suo potentissimo attacco distruggesse la pietra su cui i due contendenti erano fermi, lasciando finire ambo i loro corpi nella lava, da cui nessuno uscì vivo.
Jenghis cadde in ginocchio, calde lacrime segnavano le sue guance, il dolore che provava per la morte dell’amico era immenso, "Dopo Circe, Rasuin, Adtula e gli altri bersekers, anche Obbuan è caduto in un modo così stupido per giunta, perché, perché", si chiese disperato il guerriero sacro ad Ares, incapace a rialzarsi.
"So che è difficile accettare la perdita delle persone care, berseker, ma restare qui a piangere di certo non aiuterà né loro, né noi, che ancora dobbiamo continuare in questo viaggio", sussurrò con tono sconsolato Ryo, compagno d’addestramento di Jenghis.
Quelle parole non placarono il dolore nel cuore del custode dell’Ascia, ma lo convinsero ad alzarsi e rimettersi in cammino con i due compagni.
"Addio Obbuan, costruirò una tomba anche per te, vicino a quella di Adtula, che ti fu amico e compagno d’addestramento", sussurrò il berseker prima di allontanarsi.
Nel nero castello di Ate, la morte di Enkish fu percepita dai tre maligni comandanti.
"Complimenti, Sairon, uno dei tuoi soldatini è riuscito ad eliminare un nemico prima di cadere", esclamò Shishio, mentre spegneva la terza delle dodici candele sul lato destro del candelabro, "Si, il nero guerriero dei Gemelli era uno dei miei migliori seguaci", replicò l’alchimista.
"Ora che lo hai perso non possiamo sperare in altri colpi di grande bravura da parte dei tuoi soldati, allora?", ribatté divertito il Dragone di Giada, "Non so quanto possiate fare voi Runouni, che siate in maggioranza nascosti nel castello, ma ricorda che i miei cavalieri d’oro nero sono potentissimi, Enkish era uno dei quattro migliori soldati che avessi, gli altri tre sono proprio qui, due all’entrata ed uno oltre queste immani porte, come nostre ultime difese", esclamò infastidito Sairon, alzandosi in piedi.
"Quietati, cavaliere nero, e ricorda con chi stai parlando", replicò Shishio, "Dalla notte dei tempi i Runouni di Giada sono dodici cavalieri potentissimi che hanno il dovere di bloccare una delle peggiori armate che siano mai nate in India. Ma ora non saremo più una semplice ombra nelle leggende popolari, adesso che ci siamo rivelati, noi dieci, poiché ormai in tanti siamo rimasti, piegheremo il mondo in nome di Chi ci guida", esultò il Dragone di Giada, prima che Raizen gli battesse le mani.
"Esatto, noi sconfiggeremo qualsiasi nemico ed infine avremo per noi il mondo", concordò la Tigre di Smeraldo.
Sairon rabbrividì dinanzi ai piani dei suoi alleati e si chiese perché la dea Ate si fidasse di quell’altra divinità.
Poco lontano, lungo un’altra delle strade che portavano al nero castello dell’Ingiustizia, il gruppo di Pharaons egizi, seguiti da Tok’ra e Kano, scalava una ripida saliti, adornata da una fitta boscaglia.
"Non trovate strano che finora nessun nemico ci abbia attaccato", domandò il santo del Pavone, "No, in fondo ci aspetteranno dinanzi al luogo che devono difendere", replicò Anhur di Selkit, comandante dell’armata egiziana.
In quello stesso momento un cosmo oscuro li raggiunse alla loro sinistra, i cavalieri sentirono la presenza di un nemico, "Cavaliere d’argento, forse porti sfortuna", lo derise Sekhmet, percependo il cosmo avverso.
Una figura saltò fuori della boscaglia, ponendosi dinanzi al gruppo di cavalieri.
"Un altro di questi Black Saints", esclamò infastidito Sed di Vepvet, "Si, esatto", rispose una voce di donna.
La guerriera nemica era ferma dinanzi ai propri avversari, le vestigia erano lunghe e sinuose sul suo corpo, non molto diverse dall’originale aureo, se non per qualche variazione che le rendevano molto più feline, come felina era la posa battagliera presa dalla loro padrona.
L’unica vera differenza fra quest’armatura e l’originale dorato era il copricapo: non una semplice corona, ma un elmo con la stessa forma del capo di quell’animale che rappresentava.
La guerriera era abbastanza giovane e guardava i nemici dal basso verso l’alto, i lunghi capelli dorati risaltavano sulle vestigia nere ed il corpo ricco era incredibilmente coperto, ma risaltante al qual tempo, mentre i piccoli occhi marroni, propri di un felino, studiavano i nemici.
"Salve, cavalieri, sono Daja del Leone Nero, anche detta la Leonessa Oscura", si presentò la nemica, preparandosi al combattimento.
Una risata troncò però il momento dell’attesa, "Tu saresti una leonessa?", domandò beffarda Sekhmet, facendosi avanti verso la nemica, "Mi sembri piuttosto un gattino spelacchiato", concluse con tono offensivo.
"Parole pesanti da dire", ringhiò Daja, "Non ti preoccupare di questo, saprò dimostrarti la tua inferiorità, io Sekhmet di Bastet, ti sconfiggerò", la sfidò la Pharaon, prendendo anche lei una posa felina.