Capitolo 10: Duelli che finiscono ed iniziano
"Wind of dogs", urlò Nemes, aprendo la mano dinanzi a se.
Dalle dita della Runouni del Cane si scatenarono cinque diversi venti, ognuno furente e diretto verso un punto diverso del corpo di Awyn, la preda.
"Osserva attentamente quest’attacco, sono come un branco di cani, che cacciano insieme la stessa preda, cioè te", spiegò beffarda la bellissima predatrice.
"Rolling defence", esclamò l’ebra, cercando di difendersi da questo nuovo ed inaspettato attacco.
Le edere della Vite, però, ben poco poterono fare contro la furia di cinque cani da caccia, che si gettarono contemporaneamente su di loro, spezzandole e gettando a terra la baccante.
"Come vedi, guerriera di Dioniso, hai cantato vittoria troppo presto", esordì Nemes, "mi dispiace, ma dovrai scusarti con quelle due persone per cui continuavi a combattere, poiché hai trovato come tua avversaria l’affascinante ed invincibile Runouni del Cane, che ti ha travolto con ferocia", concluse, scatenando di nuovo il "Wind of dogs", che nuovamente travolse la baccante.
"Non posso farmi battere così facilmente, guerriera di Giada, perché quelle due persone sono per me degli esempi: Shun di Andromeda, il mio maestro, che cercò per tutta la vita di evitare la violenza, per poi rinunciare a tutto, persino alla propria vita, solo per salvare il mondo dalla furia di Urano è uno di questi esempi ed è proprio lui che mi ha mostrato, durante gli allenamenti, la via per sconfiggerti, guerriera", esclamò Awyn, rialzandosi.
"Egli mi spiegò come le catene devono diventare un’estensione del tuo essere, come la vita che scorre nel mio corpo deve essere la stessa che anima le catene, non devo utilizzare semplicemente come misere armi, ma devo fare di queste due estensioni del mio corpo delle parti di me, che non rispondano ad un semplice ordine, ma, bensì, seguano i pensieri e gli istinti che mi animano. L’altro esempio, invece, mi dà la forza di rialzarmi, l’unico uomo per cui abbia provato vera ammirazione, Noa dell’Otre, l’ebro che mi guidava in battaglia. Quel gran combattente decise di sacrificare la propria vita per onorare la morte del nostro esercito consacrato a Dioniso. Morì in battaglia contro la titana Miranda, portando con se, nell’oltretomba, questa temibile nemica e vendicando tutti coloro che lei aveva ucciso", continuò Awyn, preparandosi ad attaccare.
"Belle parole le tue, baccante, ma non penso che potrai fare più di questo: cianciare", ringhiò Nemes, "Wind of dogs", concluse poi, lanciando un nuovo colpo.
Awyn alzò le braccia verso il cielo, "Rolling defence", sussurrò, mentre le due edere s’innalzavano verso cielo.
Le catene, però, non scesero intorno al corpo della baccante, coprendolo a spirale, bensì si gettarono in avanti, congiungendo le loro estremità, così da assomigliare ad un gran triangolo.
In questa posizione, investirono il vento centrale dei cinque che erano stati scagliati, quindi, sorprendentemente, si ritrassero, dopo averlo eliminato.
Ritornando indietro, le catene investirono gli altri quattro venti, annullando anche questi durante l’impatto, infine, ritornarono nelle mani della loro padrona.
"Non posso cadere senza aver sconfitto almeno un nemico, non onorerei né la memoria di Maya, che non ho potuto salvare, né renderei felice Noa, il mio comandante, che mi augurò di vivere a lungo", spiegò semplicemente la baccante, avanzando verso la nemica.
Nemes, per la prima volta, sembrò spaventata, "Sei riuscita a superare i miei attacchi e la difesa di cui sono padrona, ma non per questo riuscirai a superare la velocità che io posseggo, quindi preparati a cadere per i miei pugni", esclamò la Runouni, scattando in avanti.
"Su questo ti devo dar ragione, guerriera del Cane, non raggiungerò mai la tua velocità con le mie sole forze, ma proprio per ovviare a quest’incapacità, mi vedo costretta a rischiare le mie stesse gambe", replicò Awyn, scattando verso l’avversaria.
"Ivy chains", urlò la baccante, ma le catene si persero nel nulla, incapaci di raggiungere la velocissima avversaria, che invece colpì con un calcio allo stomaco l’ebra, gettandola al suolo.
Ambedue le guerriere erano ora ferme, ferite e stanche, si osservavano, cercando di capire quale sarebbe stato il momento migliore per il prossimo attacco, probabilmente quello decisivo.
Nemes sorrise all’avversaria, "Sai, sei la preda migliore che mi sia capitata in tanti anni che combatto, ma è meglio per te se ti elimino adesso, nessuno degli altri Runouni può definirsi veloce quanto me, ma di certo, a parte due, gli altri ti elimineranno senza pietà, malgrado le tue ferite, solo perché sei una nemica", affermò superbamente la guerriera del Cane Cinese.
"Ti ringrazio per la gentilezza, ma penso che preferirò conoscere i tuoi parigrado e coloro che ti sono superiori", ribatté beffarda Awyn, "Mi dispiace per te, ma di superiori a me ci sono solo i nostri due comandanti, Raizen e Shishio, noi dieci siamo tutti quasi allo stesso livello", la contraddisse Nemes, "in ogni modo, baccante, senza troppi complimenti, attaccami, chi di noi vincerà, toglierà la vita all’altra", concluse la Runouni del Cane, scattando in avanti.
Il cosmo di Awyn si espanse, mentre la baccante stringeva i denti, "Grapes boom", urlò poi, colpendo il suolo sotto i propri piedi, così da saltare in aria.
"Stupida, sei volata troppo in alto, inoltre ti sei danneggiata le gambe", esclamò la voce di Nemes, divertita, ma proprio in quel momento le "Ivy chains" si aprirono, creando una rete alle spalle dell’ebra della Vite.
Una rete che riuscì ad intrappolare la predatrice bellissima e fatale, bloccando i suoi movimenti e legandole gli arti, così da impedirle ogni nuovo scatto.
"Hai sacrificato le gambe per vincermi, complimenti", sussurrò Nemes, mentre la stretta delle edere la tirava verso Awyn, che con una gomitata le spezzò l’osso del collo.
"Addio, Runouni del Cane, velocissima predatrice dalla superba bellezza. Le mie gambe resteranno per sempre segnate dalla tua superiorità nello scatto, ma non per questo mi sono lasciata sconfiggere. Ora Noa, mio comandante, spero di averti reso orgoglioso di me, ho sconfitto un’avversaria senza l’aiuto di nessuno", concluse Awyn, cadendo in ginocchio.
Un ultimo alito di vento spirò via dalla bocca bellissima di Nemes in quel medesimo momento.
Pochi attimi dopo, nel castello di Ate, uno spiffero di vento spense una delle candele alla sinistra della sbarra, dinanzi a Shishio, Raizen e Sairon.
"La vostra cacciatrice è caduta, Runouni. Ditemi, quale è stata la causa? Incapacità nello scegliere il nemico più adatto alla lotta? Oppure semplicemente stupidità?", domandò beffardo il Black Saint di Libra, "Non è di mio interesse, personalmente", tagliò corto il Dragone di Giada, sorseggiando da un bicchiere.
"In ogni caso, quei due cavalieri non sono più un problema, percepisco i loro cosmi, sono stati feriti entrambi in queste battaglie, se mai tenteranno di avvicinarsi a noi, i diversi guerrieri nel bosco li distruggeranno, oppure sarò io stessi a farli a fette", replicò Raizen.
"Non mi preoccupano quei due feriti, Tigre di Smeraldo, ma i loro compagni, che in questo momento hanno completato il passaggio del muro d’energia", concluse Sairon, volgendo lo sguardo verso l’orizzonte, "Chissà chi di loro si intratterrà a combattere con i miei seguaci neri e chi dovrà vedersela con i vostri verdi sottomessi. Vedremo chi dei nostri due eserciti farà più vittime", rifletté poi l’Oscura Bilancia, iniziando anch’egli a bere qualcosa.
"Mi sembra una stupidaggine la tua ultima frase, cavaliere nero", lo derise Shishio, sciogliendo i bicchieri con il proprio cosmo.
Dall’altro lato della folta boscaglia che adornava l’Isola della Regina Nera, i cavalieri alleatisi contro Ate ed i suoi soldati uscirono dal muro d’energia che avevano varcato poco prima.
"Sembra che abbiamo passato dei secoli in quel luogo, invece sono stati pochi minuti", rifletté Golia, riprendendo fiato, "Si, cavaliere del Toro, quella barriera serviva per stordire i nostri sensi e farci perdere", concordò Obbuan del Caduceo.
"Non è l’unico inganno che la dea dell’Ingiustizia ha alzato contro di noi, guardatevi intorno", esclamò Kain, osservando l’ambiente circostante.
"Avevo sentito dire da mio padre che l’Isola della Regina Nera era un luogo cupo e spoglio di ogni forma di vita, ma qui non sembrerebbe così: alberi, rampicanti e rocce, tutti di colore nero, di certo il frutto del cosmo di una divinità, che ha scosso dalle fondamenta la natura di quest’Isola vulcanica", rifletté il mariner di Shark.
"E guarda, fratello, su quel vulcano vi è un castello nero e gigantesco, probabilmente i nostri nemici ci attendono lì", aggiunse la figlia di Ikki, Esmeria di Suzaku.
"E dinanzi a noi, mia Regina, ci sono sei strade per raggiungere quel luogo oscuro", continuò Joen del Pavone, osservando la strada che si ramificava proprio davanti a lui.
"Vero, Goshasei di Era, temo che dovremo dividerci", concordò allora Camus dell’Acquario, guardando la strada dinanzi a se.
"Le strade sono sei, giusto? Allora noi Pharaons prenderemo quella sull’estrema sinistra", affermò allora Anhur di Selkit, comandante dell’armata egiziana, "Aspetta, mio nobile alleato, sarebbe meglio che non ci dividessimo in gruppi di numero troppo squilibrato, permetti a due santi di Atena di unirsi al tuo gruppo", affermò Ryo di Libra, fermando il guerriero egizio.
"Verremo io e Kano con voi, se lo accettate", propose subito Tok’ra di Virgo, facendosi avanti verso il Pharaon di Selkit, "Si, lo accettiamo", si intromise subito Sekhmet, avanzando verso il proprio comandante e rubandogli la parola.
"Dunque un primo gruppo è fatto", rifletté Ryo di Libra, osservando i cinque allontanarsi.
"Se i vostri alleati egizi sono andati all’estrema via sinistra, cavalieri olimpici, noi Beast Keepers seguiremo la seconda via che procede da sinistra", propose Koryo di Seiryu, "Ed io vi sarò accanto", aggiunse subito Joen del Pavone, "poiché dove va la mia regina Esmeria, io, ultimo guardiano di Cartagine, la seguirò per difenderla, finché mi sarà possibile", spiegò il Goshasei.
"Figlio di Tige, Regina di Cartagine e tu, Custode del Cielo Orientale, aspettatemi, poiché vi sarò accanto in questo viaggio", esclamò con tono soddisfatto Golia del Toro, avanzando con i tre compagni lungo la via adiacente a quella presa dai Pharaons.
"Noi guerrieri di Asgard prenderemo la via sull’estrema destra, se voi, cavalieri non avete niente in contrario", esordì allora Freiyr di Dubhe, "No, cugino, niente in contrario affinché noi cinque cavalieri provenienti dal Sacro Regno seguiamo quella via", replicò sorridente Camus, "Sei d’accordo, Helyss?", domandò poi il santo d’oro, "Si, sommo figlio di Hyoga", rispose semplicemente la sacerdotessa del Pittore.
"Clio, che ne pensi, prendiamo la seconda strada da destra?", domandò allora Elettra alla guerriera delle Muse, "Si, sorella Amazzone, se preferisci quella via per me va bene", concordò la gentile fanciulla consacrata ad Apollo.
"Se permettete, guerriere, vi sarò compagna in questo viaggio", propose subito Botan del Cancro, "E lo sarò anch’io", aggiunse Real della Lira, facendosi avanti, "Certamente, santi di Atena, ne saremo liete", rispose Elettra del Cavallo, dopo aver scambiato uno sguardo con Clio.
Anche un’altra via era stata presa.
I cavalieri rimasti si guardarono fra loro, "Dunque restiamo noi otto e queste due strade", propose Lorgash di Capricorn, "Si, cavaliere d’oro", concordò Daidaros di Cefeo.
"Io ed Obbuan prenderemo la strada centrale sulla destra", esclamò Jenghis, "ed io vi farò compagnia in quella via", aggiunse Ryo sorridente, "Anch’io se me lo concederete", continuò il figlio di Shun, "Certamente cavaliere d’argento", concordò l’Anghellos del Caduceo.
"Io, Lorgash ed i due mariners prenderemo allora l’altra strada", suggerì Odeon di Leo, ricevendo una risposta affermativa dai suoi interlocutori.
Anche gli altri gruppi si divisero.
Oltre il nero muro d’energia, Awyn era ancora in ginocchio, incapace a rialzarsi per il troppo dolore alle gambe, "Che la mia battaglia debba finire qui? Che non possa continuare questo scontro solo a causa di qualche ferita?", si domandò dispiaciuta l’ebra, quando sentì un rumore di passi avvicinarsi dalla spiaggia.
Voltandosi la baccante vide Endimon, ancora stordito dai colpi subiti, avanzare, "Salve Pretoriano", lo salutò, "Salve Baccante, suppongo ti serva una mano per alzarti", affermò scherzosamente il guerriero del Fagiano, aiutando Awyn ad alzarsi con il braccio destro, "Forse sono mal messo, ma per ciò che posso ti aiuterò a varcare quel nero muro e tu, al qual tempo, aiuterai me a fare la stessa cosa", propose il combattente consacrato a Venere.
L’Ebra sorrise ed avanzò insieme all’alleato.
I sei gruppi si erano divisi, tutti loro sapevano che lungo la strada avrebbero trovato dei nemici ad attenderli, ma nessuno sapeva in che ordine sarebbero apparsi e soprattutto se sarebbero stati dei Black Gold Saints o dei Runouni di Giada.
Questo dubbio scomparve quasi subito dalla mente dei Beast Keepers e dei loro due compagni di viaggio.
Esmeria, Koryo, Joen e Golia, infatti, correvano lungo una strada sterrata, circondati dagli alberi, ma la via dinanzi a loro era comunque visibile. Proprio dagli alberi, però, provenne un sibilo assordante, che li stordì, "Allontanatevi", urlò subito il guardiano del Pavone, preparandosi ad alzare le proprie difese, ma qualcuno fu più veloce di lui e lo spinse avanti, insieme alla sua Regina ed al santo d’oro: questi era Koryo.
Un gigantesco solco aprì in due la strada sterrata dinanzi a loro, "Complimenti guerriero dall’armatura blu, sei riuscito a salvare i tuoi compagni dalla lama nera che impugno, ma chi salverà te?", domandò una voce beffarda alle spalle del Beast Keeper.
"Suzaku, conduci i nostri alleati al castello, forza", ordinò subito l’allievo di Shiryu, senza nemmeno voltarsi verso il nemico, "a questo spadaccino penserò io", concluse poi.
"Ne sei certo, cavaliere?", domandò la voce alle spalle del Beast Keeper.
Fu un attimo e tutti poterono vedere una scheggia nera calare dall’alto verso il guerriero asiatico, ma questi non fu da meno, con una velocità incredibile impugnò la propria katana e sostenne il confronto con una nera spada, impugnata dal suo nemico.
"Ma che bella lama", si complimentò il nemico, allontanandosi con un balzo.
Questi aveva delle vestigia nere identiche a quelle di Lorgash, ma molto più minacciose, adornate da più aculei, inoltre, come già tutti avevano notato, impugnava una grande e minacciosa spada nella mano sinistra, un’arma dalla lama nera e tagliente.
I suoi occhi erano violacei, mentre i capelli corti e bianchi, tali da far risaltare la nera corona dell’armatura.
"Dunque tu sei il Nero Capricorno?", domandò Koryo, prima di ordinare con un gesto ai compagni di andarsene, "Si, cavaliere, sono Sesshuan di Black Capricorn e tu?", replicò il nemico, "Koryo di Seiryu, Beast Keeper del Cielo Orientale ed allievo del Dragone Divino", si presentò il guerriero asiatico, impugnando la propria arma.
"Come ti ho già detto, bella lama, ma non puoi niente contro la mia Hellblade, forgiata da due abili e maligni fabbri", esordì il Nero guerriero, mettendosi in posizione di guardia, "Non esserne così sicuro, quella che hai davanti è una spada prodotta da una scaglia di Seiryu, il Drago Mitologico", replicò il Beast Keeper, assumendo la sua posizione di guardia.
Un nuovo scontro stava per iniziare