Prologo
Una landa desertica era l’unico scenario che adornava un tempio di una divinità greca, antica ed odiata persino dai suoi stessi simili. Suo padre, Zeus, non voleva saperne di questa figlia, mentre la madre, la dea della Discordia, Eris, era imprigionata nel limbo datole da un asteroide, questo a causa di una passata azione e dei santi di Atena, che vent’anni prima l’avevano sconfitta.
In questo tempio, solo due individui entravano, gli unici abitanti dell’isola in cui l’orribile culto era compiuto: un padre ed una figlia.
"Somma dea Ate", esordì l’uomo, "Signora dell’Ingiustizia, noi t’invochiamo, rivelati in tutta la tua potenza, poiché le stelle sono propizie", pregò.
Un bagliore ed un’energia cosmica riempirono l’Isola, il vulcano centrale di questo luogo iniziò ad eruttare, "Guarda, figlia mia, la dea è fra noi", esclamò gioioso il pazzo.
"L’Isola della Regina Nera", balbettò la figlia.
L’uomo si voltò, la sua bella figliola, una ventenne dai graziosi lineamenti, con lunghi capelli neri ed occhi rossi come il sangue, aveva adesso uno sguardo maligno, come mai prima di allora, era sempre stata piuttosto spenta, ma mai maligna, ora persino un ghigno malefico era spuntato sul suo viso.
"Sacerdote", esclamò la giovane, "Tome, come mi hai chiamato?", balbettò il padre, "Mio sommo sacerdote, forse avrei dovuto avvisarti che mi serviva un corpo per manifestarmi, ma non ti preoccupare, non avrai la spiacevole esperienza di sapere cosa ne farò di tua figlia, perché ora che il mio cosmo è stato finalmente liberato da qualcuno, potrò vendicarmi di tutti, da mio padre, fino alla mia sorellastra ed antitesi, la dea della Giustizia", affermò freddamente il corpo di cui si era impossessata Ate, dea del Torto e dell’Ingiustizia.
Il sacerdote cercò di ribattere qualcosa, ma fu ucciso, sua figlia aveva aperto la mano e con la sola emanazione del proprio cosmo lo aveva dissolto nel nulla, polverizzandolo.
"Quest’uomo aveva ricostruito le vestigia per la più alta delle mie legioni, potrò avvalermi dei dodici neri guerrieri che mi sono seguaci, basterà richiamarli a me", rifletté felice la dea, il cui cosmo solcava la terra dopo millenni di prigionia.
"Una così stupida alleata ho trovato?", esclamò allora una seconda voce femminile, che sbalordì la dea, poiché fino ad allora non si era accorta di essere osservata.
"Chi sei?", tuonò Ate, "Nipotina, puoi chiamarmi, padrona, salvatrice, o semplicemente, nonna", le rispose la voce, prima di emanare un cosmo che si rivelò essere triplo rispetto a quello della dea dell’Ingiustizia.
"Tu mi hai liberato?", domandò la figlia di Eris, riconoscendo il cosmo che aveva percepito poco prima, "Tu hai distrutto le catene che m’imprigionavano per volere di mio padre Zeus, dopo che osai offendere la sua prediletta figliola con i miei neri alchimisti? Quella stessa figlia, che mandò il proprio cavaliere di bronzo della Fenice ad allenarsi qui, cavaliere che portò alla distruzione le mie legioni di Black Saints", ringhiò la maligna divinità, "Ma chi sei?", incalzò infine.
"Sono la Sorella del Cielo e del Mare e voglio, come te, vendetta sui cavalieri di Atena ed i loro alleati, proprio per questo ti ho liberato. Ho una mia armata di dodici guerrieri, i più forti mai esistiti, tu hai dodici neri santi d’oro ed inoltre, posso trovare per noi cinque oscuri comandanti, quello che ti propongo, nipotina, è un’alleanza: uniremo i nostri poteri e schiavi per distruggere Atena, gli dei e gli uomini a loro fedeli", spiegò questa terza divinità Ancestrale.
"Ma mio padre Zeus ce lo impedirà", ribatté Ate, "No, nipote, tuo padre non farà niente, nessun dio si opporrà mai a colei che è la Terra", concluse seccamente l’Anziana divinità.
Nuove ombre si aprivano all’orizzonte.