Capitolo 29: Triplo scontro
Ogma e Nuada erano fermi dinanzi a loro relativi avversari, immobili, come in attesa di un ordine superiore.
"Cosa ti succede, spadaccino? Perché non mi attacchi e resti fermo in quella posizione?", domandò Lorgash di Capricorn, mentre gli altri cavalieri d’oro attendevano l’evolversi del duello, alle spalle del loro compagno.
"Il grande Dagda è stato attaccato da alcuni vostri alleati, gli stessi che hanno superato Gwyddyon, forse dovremo interrompere il nostro duello prima di iniziarlo", ribatté seccamente il Tree Monk del Cedro, che sosteneva ancora la sua posizione di guardia dinanzi al santo della Decima Casa.
"Maestro, cosa le accade?", domandò, allo stesso tempo, Skinir, fermo dinanzi allo sciamano del Frassino, che nemmeno lo osservava, perso in qualche pensiero.
"Alcuni tuoi vili compagni hanno osato varcare il suolo sacro a Dagda, se tenteranno di fargli qualcosa, dovranno pagare con la vita, per il momento, allievo, se ti è rimasto un minimo di rispetto nei miei confronti, attendi che questo terzo scontro si quieti. Intanto preparati a confrontarti con me", ordinò Ogma, senza sviare il suo sguardo dal vuoto, in cui sembrava perso.
Argo di Calamary era a terra con il corpo pieno di ferite, "Nessuno era mai riuscito a ridurmi così male, eccetto Mimas, il titano, state attenti", suggerì il generale dei Mari, incapace di rialzarsi.
Kano e Real, allora, si fecero avanti, "Lasciate chi siano i cavalieri d’argento i prossimi ad attaccare costui, permetteteci di vendicare Eric, che per colpa della sua stupidità è finito preda della trappola di un dio olimpico", chiese gentilmente il santo della Lira, prima di iniziare una triste melodia.
Mentre la cupa musica dell’arpa d’argento risuonava nell’aria, anche il santo del Pavone espanse il proprio cosmo, "Sei pronto, cavaliere?", domandò Kano, "Si, amico mio", ribatté Real.
I due santi d’argento si gettarono contro il comune nemico.
"Insetti fastidiosi potete sembrare a confronto di quel tizio che ho appena atterrato, ma proprio come lui non meritate alcuna pietà, poiché tu, che hai un terzo occhio, sei l’assassino di Kataga del Cornolio, un ragazzo semplice e dall’immensa innocenza, e tu, musico, avresti ucciso Ilew del Salice se io stesso non fossi intervenuto a salvarlo", esordì cupamente Dagda, i cui rossi occhi trasmettevano grande tristezza.
Le braccia del comandante dei Tree Monks si alzarono verso il cielo ed i due cavalieri d’argento rimasero paralizzati, incapaci persino dei più semplici movimenti ed in particolare di scatenare i loro attacchi.
"Ora vi punirò per le vostre colpe, ma al qual tempo sarò indulgente, poiché con voi è stato utilizzato un bieco metodo per potarvi qui, un inganno", esclamò Dagda, richiudendo i pugni.
I cavalieri di Atena si schiantarono uno contro l’altro, danneggiandosi reciprocamente le vestigia, prima di ricadere entrambi al suolo svenuti.
"Chi è il prossimo fra voi?", domandò allora il possente guerriero celtico, osservando i tre generali dei mari ed il santo d’oro ancora in piedi.
"Lasciate che sia io il suo prossimo avversario", esordì Reptile dell’Anaconda, "poiché se si tratta di uno scontro fra forze mentali, amici miei, penso di esservi superiore", spiegò il generale dell’Antartico.
"L’assassino di Cernunnos, che cercava di ingannare l’avversario prendendo il mio aspetto", lo riconobbe infastidito Dagda, prima di sollevare la mano destra contro di lui.
"Spiacente, comandante dei Tree Monk", ribatté però Reptile, "con me la telecinesi è inutile, sono anch’io un maestro nell’uso di questa tecnica, quindi è saggio che tu tenti un’altra via per abbattermi", prima di espandere il proprio cosmo, preparandosi a scatenare un attacco.
"Eyes shock", esclamò il generale dei Mari dall’esile corpo, scatenando il proprio attacco energetico.
Il comandante del Faggio non si mosse, ma espanse semplicemente il proprio cosmo, mentre un alone di luce dorata lo circondava, "Energia psichica", balbettò sorpreso Kain nell’osservare le sfere di Reptile fermarsi dinanzi al corpo del nemico, per poi svanire nel nulla.
"Contro di me i normali corpi degli uomini non sono sufficienti, la mia mente ed il mio corpo sono stati forgiati per rendermi l’invulnerabile guida della Scozia, non provo dolore o stanchezza, né li proverò finché gli dei avranno bisogno dei miei servigi", spiegò cupamente il comandante dei Tree Monks.
"Grandi parole le tue, Dagda, sei degno di rispetto, ma perché, se devono essere gli dei celtici a guidarti, ti fai comandare da questa divinità olimpica, nascosta nelle profondità del Lago?", domandò con rabbia Reptile, espandendo il proprio cosmo.
"Ora preparati tu alla difesa", ribatté semplicemente il campione celtico, mentre il suo braccio destro diveniva brillante come una stella.
"Unicorno di Luce", invocò Dagda, mentre distendeva il braccio destro verso l’avversario.
Dall’arto fuoriuscì un bagliore, simile ad una stella, dapprima, ma poi, lentamente, prese la forma di un cavallo, un magnifico unicorno, il cui lucente bagliore sulla testa si dirigeva, inesorabile, contro il generale dell’Anaconda.
"Psico shield", invocò l’oracolo di Nettuno nel tentativo di difendersi dal colpo nemico, ma l’immenso muro psichico, che tante volte lo aveva salvato, si arrese dinanzi alla furia del destriero di luce, che lo oltrepassò, caricando il pieno il corpo già ferito del generale dell’Antartico, il quale cadde al suolo, privo di sensi e con una profonda ferita allo stomaco.
L’unicorno scomparve subito dopo.
"Chi vuole combattermi adesso?", domandò freddamente Dagda del Faggio, osservando i nemici rimasti.
"Io", tuonò Neleo di Hammerfish, appoggiando al suolo il contenitore con il simbolo di Nettuno, "No", ribatté però un’altra voce, quella di Kain di Shark.
"Tu, mio comandante, hai un altro avversario contro cui combattere, quel dio olimpico che è giunto fin qui", affermò seriamente il figlio di Ikki, "lascia che sia io a mostrare la verità a costui", propose, preparandosi alla lotta.
"Trovo al quanto offensivo questo vostro continuo ripetere sempre la medesima menzogna", borbottò infastidito il comandante dei Tree Monks.
"Temo che solo i miei colpi potranno mostrarti la realtà dei fatti, cavaliere", ribatté dispiaciuto Kain, "e spiegarti quale terribile vittima fosse Galien, che voi tutti chiamavate Macha!", tuonò poi, concentrando il proprio cosmo, "Galaxian explosion", invocò infine.
"Proprio tu, che le hai tolto la vita, mi parli di Macha? Quale essere infido e bugiardo devi essere", replicò disgustato Dagda, mentre l’aurea dorata lo ricopriva di nuovo.
L’Esplosione Galattica, colpo che ben pochi avversari nei secoli erano riusciti a fermare, fu facilmente bloccato dal singolo cosmo del comandante dorato, il quale riuscì con la sola forza della mente a vanificare l’attacco che Saga e Kanon, fra i pochi, utilizzavano con magistrale abilità.
"Non sporcherò con il tuo sangue il mio animale guida, che siano i rami del mio simbolo a fermarti", minacciò freddamente Dagda, avanzando verso il suo nemico.
Kain, incredibilmente, ebbe le lacrime agli occhi, "Mi dispiace, comandante dei Tree Monks, non avrei mai voluto osare questo colpo su di te, ma ora subirai una tecnica capace di fermare qualsiasi nemico, persino i titani al seguito di Urano", replicò rattristato il figlio di Ikki, mentre espandeva fino al limite possibile il proprio cosmo.
"Shark Bite", tuonò lo Squalo d’oro, lasciando esplodere il proprio colpo migliore.
Dagda sgranò gli occhi dinanzi a quell’immane attacco, ma, all’improvviso, scomparve in un bagliore dinanzi agli sguardi increduli dei suoi avversari.
L’attacco massimo del figlio di Ikki si perse sul Lago in cui dimorava la divinità, annullandosi appena fu a contatto con il cosmo del dio nemico.
"Ottimo attacco, generale dei Mari, ma troppi miei compagni gridano vendetta, quindi non posso cadere ora", replicò il comandante del Faggio, alle spalle dell’avversario.
Il mariner dell’Atlantico Settentrionale si voltò di scatto, appena in tempo per vedere le mani del suo nemico brillare di una luce dorata, "Rami del Faggio", invocò il comandante, mentre il corpo di Kain veniva sollevato in alto nel cielo.
"Sei degno di lode come combattente, ma come oratore provochi solo rabbia in me", esordì Dagda, "fingerti dispiaciuto per l’attacco che mi scateni contro e parlare di Macha chiamandola con un nome falso, queste non sono cose degne di un cavaliere, qualunque dio lo guidi, tu non hai onore, quindi io non avrò pietà", sentenziò il comandante dei Tree Monks, movendo le braccia.
Kain urlò dal dolore, mentre sentiva i legamenti delle braccia stirarsi oltre ogni limite umanamente possibile, poi provò una fitta alla gola, come se qualcuno lo stesse strozzando, quindi, un forte urto gli slogò ambedue le braccia.
"Fermo, basta", tuonò allora Neleo di Hammerfish, incapace di attendere oltre, "Sea hammer", invocò il generale del Pacifico Settentrionale, correndo in aiuto del proprio compagno e liberandolo dalla morsa di Dagda.
"Ti sei intromesso nel nostro scontro, devi essere il loro comandante, esatto?", domandò quietamente il Tree Monk del Faggio, mentre bloccava il martello d’oro con il proprio cosmo, "Si, sono Neleo di Hammerfish, comandante dei Mari e seguace fedele di Nettuno", si presentò l’allievo del Grande Fabbro.
Il cosmo di Dagda gettò indietro il suo avversario, "Nettuno, signore dei Mari olimpici, Egli attacca Mannanon con menzogne e raggiri", ribatté innervosito il comandante dei Tree Monks.
"Non Mannanon, bensì un dio olimpico", incalzò allora Tok’ra facendosi avanti verso i due combattenti.
"Cavaliere di Virgo, fatti indietro, questo scontro è mio, mi occuperò di questo stupido cieco da solo", ringhiò il generale dei Mari ancora in piedi.
Dagda non sembrò affatto interessato a quelle offese, "Per quanto possa avere pietà verso di voi, cavalieri che non avete ucciso nessuno dei Tree Monks, non posso sopportare questo vostro opporsi agli dei celtici", affermò con gli occhi tristi il comandante dalle dorate vestigia.
"Te ne prego, Neleo, lui più degli altri è una vittima, ricordi le parole di Gwyddyon? Permettimi di fermarlo senza ucciderlo attraverso il sacro colpo della Vergine, così che egli capisca la verità", propose semplicemente il santo d’oro, preparandosi a scatenare il "Tenbu Horin".
Un cosmo gigantesco riempì in quel momento l’aria circostante.
Tutti i Tree Monks, i god warriors ed i santi di Atena ancora vivi e coscienti sull’Isola di Tir Na Nog percepirono l’immenso cosmo di un dio mostrarsi nel luogo nascosto dagli alberi dove Dagda ed i suoi avversari lottavano.
"Mannanon", sussurrò sorpreso Ogma nel percepire il cosmo della divinità che li aveva richiamati, e lo stesso fece Nuada dinanzi ai cavalieri d’oro e d’argento.
Un’ondata d’energia proruppe dalle spalle di Dagda, proveniente dalle profondità del Lago, investendo in pieno Tok’ra e Neleo, che furono incapaci di qualsiasi difesa, cadendo al suolo, apparentemente svenuti.
"Non ti preoccupare, fedele guerriero celtico, avrai sempre l’aiuto di Mannanon, il dio che ti ha scelto come suo primo cavaliere", esclamò la voce della divinità.
"Non Mannanon, spadaccino", esordì allora Lorgash, "ma un altro dio, molto simile ad Urano per il suo cosmo", rifletté sorpreso il cavaliere d’oro.
"Ora, però, dovremo pensare al nostro di scontro", sentenziò Nuada, sollevando la propria spada.