Capitolo 26: Il Mago cieco
Un drago dalle rosse squame si ergeva dinanzi ai quattro mariners di Nettuno, accompagnati da Tok’ra di Virgo e dai due santi d’argento del Pavone e della Lira.
"Deve essere un’illusione, non vi sono altre spiegazioni", rifletté Kain di Shark, ponendosi dinanzi all’animale nemico, "Galaxian explosion", tuonò il generale dell’Atlantico del Nord, ancora confuso, fra rabbia e dolore, per la storia di Galien la giovane fanciulla traviata da Arawn.
L’attacco che già appartenne a Saga e Kanon, però, non riuscì nemmeno a danneggiare le scaglie color sangue del rettile mitologico.
"Se è un’illusione, i nostri colpi non possono raggiungerlo", propose Argo, sorpreso dal mancato impatto del colpo di Kain, "quindi potremo attraversarlo con facilità", suggerì il generale di Calamary, correndo incontro all’immagine mostruosa.
Un colpo di coda della creatura, però, gettò indietro il custode della Colonna del Sud Pacifico, il quale non si sarebbe salvato, se non avesse usato le fruste per frenare il proprio volo.
"Non è un’illusione, ma nemmeno una creatura reale, bensì la materializzazione di un cosmo spaventoso, sappiamo che non esiste, ma allo stesso tempo non possiamo toglierlo dalla nostra mente, né riusciamo a sconfiggerlo. Chiunque lo guidi non è un semplice esperto nel manovrare le menti, bensì un maestro nell’uso dell’energia spirituale", rifletté Reptile, osservando attentamente la rossa creatura che, in realtà, non era dinanzi a lui.
"Ottima riflessione, oracolo di Nettuno, ma hai qualche idea per superarlo?", domandò preoccupato Neleo di Hammerfish, preparandosi alla lotta, "Ti posso dire solo due cose per certo, comandante dell’esercito di Nettuno", rispose il generale dell’Anaconda, "Cioè?", incalzò il comandante dei mariners, "Tu non devi combattere, è tuo dovere restare pronto e rilassato per l’ultimo scontro, inoltre questa creatura non è prodotta dai poteri psichici di Dagda, ho già incontrato il suo cosmo e la sua mente, non sono loro i produttori di questa creatura", spiegò l’esile generale dell’Antartico.
"Se dunque non è Dagda ad aver creato quest’essere, chi può averlo prodotto? E con quale scopo?", si domandò Kano del Pavone, concentrandosi per superare la bestia dalle rosse squame.
"Credo sia ovvio che solo uno dei due sciamani rimasti, i compagni d’addestramento di Arawn, Ogma e Gwyddyon, di cui Eric ci aveva accennato, possono creare simili esseri", gli rispose Real della Lira, preparandosi a suonare la propria arpa, "ma non so per quale fine", rifletté il santo d’argento.
"Credo sia abbastanza ovvio il fine di quest’uomo, cavalieri, egli vuole stancarci e fermarci", esordì Tok’ra di Virgo, "Che intendi, cavaliere d’oro?", incalzò Argo, riavvicinatosi ai propri compagni, "Semplicemente che costui ha un piano migliore di quello di Macha per attaccarci, non vuole colpirci uno per volta, ma stancarci tutti insieme con un metodo per lui non troppo impegnativo, un gioco di luci, che, purtroppo per lui, cadrà sotto la volta dell’Oriente che io rappresento", esclamò freddamente il successore di Shaka, espandendo il proprio immenso cosmo dorato.
Un bagliore di luce esplose dal corpo di Tok’ra, accecando tutti i presenti ed investendo in pieno il drago dalle rosse squame.
I cavalieri videro, seppur con alcune difficoltà, le squame della creatura cambiare lentamente colore, da rosse, divennero dorate, l’intero drago sembrò essere fatto d’oro.
"Ora mostrati, sciamano, già prima avevo percepito il tuo cosmo, durante il nostro viaggio fino a quest’Isola dell’Eterna Giovinezza", ordinò il santo della Vergine.
La figura del drago andò velocemente sparendo ed al suo posto, tutti poterono osservare un uomo seduto a terra con un grande saio bianco su di se, che lo copriva completamente.
"Complimenti, cavaliere di Atena", sussurrò lo sciamano.
"Nessuno prima d’ora aveva mai superato una mia illusione, avevo già percepito quanto potente fosse il tuo cosmo", si congratulò l’avversario, gettando via il saio che lo copriva.
Inizialmente nessuno riuscì a distinguere la figura che si alzava, ma quando questi si avvicinò a loro fu finalmente visibile ai loro occhi.
Aveva grandi vestigia verde chiaro ricche di riflessi azzurri, le spalliere sembravano rami di alberi, i gambali ed i bracciali ricordavano invece gli artigli di un felino.
La copertura per il petto e la cinta era un unico pezzo, ben lavorato, rappresentante un albero immane che si allungava, come un rampicante, intorno al corpo dello sciamano, adornato da due ali di rapace.
L’uomo era piuttosto vecchio, aveva lunghi capelli azzurri, come i riflessi dell’armatura, ma era chiaramente cieco, poiché due lunghi cicatrici chiudevano le sue palpebre.
Non portava alcun elmo, solo un cappuccio, parte integrante dell’armatura, che si ritrasse automaticamente sulle sue spalle, nascondendo completamente il collo.
"Mi chiamo Gwyddyon del Tiglio, compagno d’addestramenti di Arawn ed Ogma e maestro sciamano, oltre che Grande Mago", si presentò l’esoterico, chinando lentamente il capo.
"Cavalieri alquanto particolari ha intorno a se questo Dagda", rifletté con tono perplesso Argo di Calamary, "Si, forse siamo particolari", ribatté lo sciamano, "ma è proprio questa la nostra forza, mio giovane nemico con le fruste", concluse divertito.
"Ma tu mi vedi?", domandò sorpreso il generale del Pacifico Meridionale, "No, purtroppo, però dall’età di 15 anni ho continuato ad affinare le mie percezioni, oltre che le conoscenze esoteriche, quindi ormai ho una vista migliore di qualsiasi uomo", spiegò con tono conciso Gwyddyon.
"Prima che tu alzi il pugno contro di noi, sciamano, è giusto che ti si informi sulla verità", esordì Kain di Shark, avanzando verso il nemico, "Che intendi dire?", incalzò incuriosito il Tree Monk, "Che non è Mannanon il dio che vi guida", ribatté il figlio di Ikki, prima di raccontare per intero lo scontro con Macha e le scoperte fatte nel dialogo con lei.
"Dunque io dovrei credere a voi, guerrieri nemici, che mi dite di un fantomatico dio olimpico capace di ingannare tutti noi, seguaci degli dei celtici? Non scherziamo", ribatté infastidito Gwyddyon, "Piuttosto, chi sarà il mio primo avversario?", domandò subito dopo lo sciamano.
"Io", esclamò all’improvviso la voce di Tok’ra, santo d’oro della Vergine.
"Perché?", esclamò Neleo di Hammerfish, "Per il semplice motivo che tu, primo comandante dei Mari, hai un altro bersaglio, quella divinità olimpica avversa a Nettuno, mentre tutti voi, che con me avete percorso questa strada fra gli alberi, siete stanchi e feriti, quindi sarò io ad affrontare costui, padrone di una grande capacità percettiva", rispose semplicemente il cavaliere di Atena.
"Capacità percettiva?", domandò perplesso lo sciamano, "Si, in qualsiasi modo tu la chiami, la potenza del tuo cosmo lo trasmette, tu sei padrone dell’Ottavo Senso, proprio come me", replicò seccamente il custode della Sesta Casa, i cui occhi erano ancora chiusi dinanzi all’avversario.
Gwyddyon sorrise ed iniziò a roteare gli indici al di sopra del capo, allo stesso tempo, Tok’ra avvicinò le mani al corpo, così da concentrare il proprio cosmo dorato.
Taranis e Rhiannon erano al galoppo sul bellissimo destriero della Tree Monk del Fico, "Il cosmo di Ceridwen ci ha abbandonato", esordì il guerriero del Nocciolo, "Si, è vero, dopo Belenos e Cernunnos, insieme a Macha ed Arawn, anche Ceridwen ci ha lasciato, ora solo quattro esoterici restano a difendere il nostro comandante Dagda", concordò preoccupato il cavaliere donna.
Il cavallo, però, si imbizzarrì, fermando il proprio galoppo per l’espandersi di un cosmo, "Che gli succede?", domandò sorpreso Taranis, "Ha percepito un cosmo potentissimo", spiegò preoccupata Rhiannon, mentre con il dorso della mano calmava il proprio destriero.
"Si, è vero, lo sento anche io adesso, ma non è uno solo, sono due cosmi, immensi come pochi", rifletté il Signore delle Guerre, "Esatto", concordò la guerriera sconfitta da Myokas, "Ed uno dei due è il maestro Gwyddyon", affermò spaventata Rhiannon.
Taranis notò la preoccupazione sul volto della parigrado, paura per il suo maestro, "Corriamo da lui", propose semplicemente, "Ne sei sicuro?", domandò sorpresa la cavallerizza, "Si, già molti di noi sono caduti, chissà, forse non sconfiggeremo i cavalieri suoi avversari, ma di certo lo aiuteremo a non morire", rispose con semplicità il Tree Monk del Nocciolo, prima che il bellissimo destriero variasse la propria direzione.
Il movimento delle mani di Gwyddyon produsse una serie di anelli che si andarono a posizionare l’uno sopra l’altro, finché non divennero dieci, tanti quante erano le dita dello sciamano cieco che li sosteneva.
"Cerchi di fuoco", urlò il Tree Monk del Tiglio, mentre gli anelli iniziavano ad incendiarsi, prima di volare incontro al loro bersaglio, il santo della Vergine.
Tok’ra evitò i primi due con un agile salto, quindi, movendosi lateralmente, ne evitò altri tre, per poi deviare con il palmo della mano sinistra un sesto ed un settimo attacco, "Non sperare di battere i miei magici cerchi infuocati con abilità puramente umane, nessuno vi è mai riuscito e tu non sarai l’eccezione", minacciò con determinazione lo sciamano.
Il santo di Virgo non capì di cosa il suo nemico parlasse, aveva con facilità evitato ben sette degli attacchi, "Credi davvero di potermi battere così? Non sai che io sono il cavaliere di Virgo, custode dell’Arayashiki?", domandò con determinazione il cavaliere d’oro.
"Davvero? Allora lo custodirai negli inferi", minacciò Gwyddyon, chiudendo i pugni dinanzi a se.
Improvvisamente i dieci anelli finirono di volteggiare intorno al loro bersaglio, per attaccarlo tutti contemporaneamente ed intrappolare le sue braccia e le gambe in una morsa infuocata.
"Non ti dovevano dilaniare, né ferire, ma semplicemente bloccarti, per poi darti fuoco", spiegò seccamente lo sciamano, mentre il corpo di Tok’ra diventava una gigantesca pira.
"Quale potenza padroneggia costui", esclamò sorpreso Argo di Calamary, "Forse non avremo molte possibilità di batterlo", concordò perplesso Kain di Shark, "Non preoccupatevi, generali dei Mari, Tok’ra sarà ancora per molto il suo avversario, finché egli non cadrà, o non si sarà arreso", li rassicurò Kano del Pavone.
Proprio mentre il santo d’argento parlava, le fiamme che circondavano il cavaliere di Virgo si spensero, come assopite da un freddo gelido, il cosmo del custode della Sesta Casa brillò in tutto il suo splendore mentre egli si liberava dei blocchi con cui era stato trattenuto.
"Quale potenza", esordì sorpreso Gwyddyon, "Dovrei essere io a dire ciò, sciamano del Tiglio, eppure la domanda che maggiore mi turba non è questa, bensì un’altra: come può un uomo potente e saggio come te seguire un dio falso e chiaramente non celtico, non hai avvertito in lui la natura a voi estranea del suo cosmo? Oppure sei un suo servitore, proprio come Arawn, tuo compagno d’addestramenti?", domandò perplesso il santo della Vergine, avanzando verso il nemico.
"Tu mi chiedi se io, misero uomo ho osato studiare il cosmo del dio che mi ha chiamato al suo servizio?", replicò lo sciamano, "No, cavaliere, non ho osato tanto, anche perché non mi interessava quale credo guidasse la sua mente, né se Egli fosse malvagio, o giusto, era un altro il padrone che seguivo", spiegò cupamente il Tree Monk del Tiglio.
"Chi?", incalzò il santo d’oro, "Dagda, il nostro comandante, egli mi ha spinto a migliorarmi con il suo volto e le sue parole, per lui ho dato la vista, così da riuscire ad eccellere in qualcosa, come i miei due compagni d’età superiore", raccontò il Grande Mago.
"Se dunque non è la fede verso un dio a guidarti, ma quella verso un uomo, non avrai problemi a lasciare questa vita, o almeno a provare uno dei miei attacchi", esclamò in tutta risposta Tok’ra, preparandosi all’uso di una delle sue tecniche maggiore, "Rikudo Rinne", esclamò il santo d’oro, aprendo la "Volta di Minosse" contro il suo avversario.
Una potenza inaudita risucchiò verso di se lo sciamano del Tiglio, facendolo scomparire dinanzi allo sguardo di tutti i cavalieri suoi avversari.
"Adesso andate, generali dei Mari e voi, santi d’argento, lasciate che solo io resti indietro contro questo nemico", ordinò Tok’ra.
"Ma di che parli, cavaliere, egli è caduto", esclamò sorpreso Neleo di Hammerfish, "No, mio comandante, sento il cosmo del celtico cieco ritornare, più impetuoso che mai, come una fiamma che nessun vento saprebbe spegnere", replicò Reptile, invitando i compagni a muoversi.
Apparve, però, un altro drago dalle rosse squame, che si pose dinanzi ai generali dei Mari. Anche questa volta bastò l’esplodere del cosmo di Tok’ra per annullare l’illusione, "Bentornato, non hai gradito il viaggio?", domandò beffardo il santo d’oro.
"Affatto", replicò Gwyddyon, apparendo di nuovo, "Ho altri progetti, non voglio cadere adesso dinanzi a te, ma fermarvi tutti, prima che raggiungiate il comandante dei Tree Monks", spiegò lo sciamano cieco.
"Si sono vicendevolmente dimostrati che non possono fermarsi con semplici trucchi, ora inizieranno il vero scontro, scatenando tutta la loro potenza distruttiva", rifletté perplesso Reptile dell’Anaconda, osservando i due avversari, "Hai ragione generale, ben presto il santo di Virgo ed il Tree Monk del Tiglio si scateneranno qui dinanzi a noi", concluse Kano del Pavone.