Capitolo 25: Sentimenti di guerriere
Botan del Cancro era in piedi dinanzi alla sua avversaria, le vestigia erano integre, eccetto dei piccolissimi lividi, ma dal suo addome scorreva del sangue, che, silenzioso, scivolava fino ai suoi piedi, perdendosi sul terreno che la sacerdotessa d’oro calpestava.
Dinanzi a lei, Ceridwen dell’Olmo, sul cui braccio destro era appoggiata un’aquila d’energia, pronta ad un nuovo furioso attacco.
"Non so il perché del tuo scatto d’ira", esordì la sacerdotessa del Cancro, "ma è la triste realtà, tutti i tuoi compagni sono stati ingannati, eccetto Arawn e Macha, che hanno collaborato con il piano del falso Mannanon", sentenziò la guerriera ateniese.
"Menzogne, anche in punto di morte sei capace solo di ripetere le tue fastidiose quanto offensive bugie? Credi davvero che il mio comandante si sarebbe fatto ingannare da una tale stupida trovata?", ringhiò infastidita la guerriera celtica.
"Iolar fly", invocò nuovamente la Tree Monk, scatenando il proprio attacco contro l’avversaria dorata.
La medesima caccia fu rivissuta da Botan, che tentò con un movimento telecinetico di evitare la bestia energetica, ma subì comunque il colpo, stavolta fu presa alle spalle, all’altezza del cuore gli artigli si conficcarono con violenza nelle vestigia, senza danneggiarle.
Un fischio richiamò nuovamente l’aquila dalla propria padrona, "Non voglio che ti uccida subito, dovrai pagare le offese fatte a Dagda", sentenziò con tono disgustato la guerriera celtica.
Botan era sul punto di svenire, aveva percepito quelle aguzze punti entrare fino al cuore e tuttora sentiva il sangue scorrere via, accompagnato, in parte, dalla sua vita.
"Non posso arrendermi, non ora, siamo così vicini al nostro bersaglio e Shaina ha fiducia in noi. Ho partecipato a poche battaglie, non è giusto che viva sulle spalle dei miei compagni, solo contro Dione ho dato il meglio di me stessa, questo non va bene", si ripeteva mentalmente la sacerdotessa d’oro, cercando di restare sveglia.
"Quest’aquila non è reale, né è composta di pura energia, riuscirei a sconfiggerla in tal caso, quindi deve essere una variazione sulla sua impronta combattiva", pensò fra se l’allieva di Shaina.
"Costei controlla il vento in molte sue forme, anche il rapace sarà una di queste forme", concluse, "certamente sarà così, come una fresca brezza sorpassa le vesti di un semplice uomo, il vento combinato con il cosmo della mia avversaria riesce a superare le possenti difese date da un cloth, anche se questo non spiega come faccia a seguirmi quando mi teletrasporto", affermò a se stessa Botan, mentre il sangue continuava a lasciarla.
La sacerdotessa d’oro si rialzò, cosciente della perdita di tempo, e di sangue, che le produceva quel continuo riflettere, "Tree Monk dell’Olmo, preparati, adesso subirai uno dei miei colpi offensivi", minacciò Botan, preparandosi ad un attacco.
Ceridwen sorrise all’avversaria, "Bene, vedo che hai smesso di farfugliare menzogne", si congratulò con tono derisorio la Tree Monk.
"Cancer light", invocò la sacerdotessa d’oro, "Iolar fly", replicò l’esoterica guerriera.
Il colpo di Shaina, rivisto dalla sua allieva, corse verso Ceridwen e non trovò alcuna difesa a bloccarlo, anzi riuscì con estrema facilità a frantumare parte delle argentee vestigia dell’Olmo, ma medesima fortuna ebbe anche il rapace energetico, che si gettò in picchiata contro la spalla destra della Gold Saint, conficcando in profondità i suoi temibili artigli.
Ceridwen cadde contro una coppia d’alberi vicini, frantumandoli entrambi, mentre Botan barcollò indietro, con il braccio destro sporco di sangue.
Quando la sacerdotessa d’oro cadde al suolo, quasi priva di sensi, l’aquila sembrò percepirlo e lasciò la morsa, per gettarsi contro la gamba sinistra.
Questa volta, dopo tanta resistenza, Botan non poté fare a meno di urlare per il dolore dei colpi subiti.
I santi d’oro, distanti alcuni minuti dal luogo dello scontro poterono sentire le urla della loro parigrado ed un brivido di terrore scosse le loro schiene.
Odeon era pronto a tornare indietro, "No", gli disse però Myokas, "non possiamo fare in modo che il duello di Botan sia interrotto, lei è una sacerdotessa d’oro e non si arrenderà facilmente ad un triste destino, dobbiamo avere fiducia in lei", spiegò, con una paura e titubanza mal celate, il santo del Sagittario.
Un nuovo fischio allontanò l’aquila dalla sua preda, "Sei ancora viva?", domandò beffarda Ceridwen, rialzatasi con alcune ferite alle spalle ed alla corazza.
La sacerdotessa d’oro si mise in ginocchio, "Attaccami di nuovo, guerriera celtica, ora ti mostrerò quale profonda convinzione mi spinga in battaglia e come facilmente quieterò questa tua aquila", sfidò semplicemente Botan, senza muoversi dalla sua posizione.
"Iolar Fly", invocò di nuovo Ceridwen, al quanto spazientita dal tono minaccioso della sua nemica.
Ancora una volta l’aquila si alzò in volo, ma stavolta, Botan non si mosse, rimase ferma ad attendere l’attacco del rapace nemico, il quale si gettò in picchiata su di lei.
Il volo mortale dell’Aquila, però, si fermò a pochi millimetri di distanza dalla preda, apparentemente indifesa, il cosmo della sacerdotessa del Cancro si espanse e dal suo corpo partì una folata d’energia dorata, che lentamente, ma inesorabilmente, cancellò l’aquila di vento, lasciando che si perdesse nell’aere infinito.
"Ora ti prego di arrenderti, sei indifesa senza l’attacco dell’animale guida e come ti ho già ripetuto, voi siete vittime di un dio olimpico", incalzò allora l’allieva di Shaina, ormai in piedi.
"Non vuoi capire che le tue menzogne sono alquanto fastidiose?", ringhiò offesa la Tree Monk dell’Olmo.
"Pensi ancora che siano menzogne? Ho superato con abilità due dei tuoi colpi, entrambi precisi e fatali, ti ho bloccato con la mia presa psichica e forse non hai ancora potuto assaggiare a pieno la luce dorata della Quarta Casa, ma ora la proverai", replicò con tono sconsolato la guerriera d’oro.
"Cancer light", esclamò allora Botan, scatenando nuovamente il proprio attacco contro Ceridwen, che non riuscì a parare il colpo derivato da Shaina, così da cadere al suolo, con le vestigia quasi completamente in frantumi.
"Pensi veramente che mentirei per salvarmi la vita?", incalzò allora la Gold saint, osservando l’avversaria atterrata.
"Ho scoperto da sola il segreto dell’Aquila, che seguiva i miei movimenti ed il vento che essi scostavano e con il mio cosmo sono riuscita a quietare il rapace", continuò Botan, avvicinandosi barcollante all’avversaria.
"Ammettiamo che tu abbia ragione", esclamò all’improvviso Ceridwen, rialzandosi, "cosa accadrebbe in quel caso?", domandò ormai in piedi.
"Forse tu non lo comprendi, ma se il dio che ci guida fosse realmente una divinità olimpica, Dagda avrebbe sacrificato i propri soldati e la sua fede ad un essere infimo e traditore e questo lo porterebbe allo sconforto ed alla pazzia, ed io non voglio che ciò accada", spiegò titubante la Tree Monk.
Un sottile vento si alzò subito dopo le sue parole, gli alberi furono scossi fino alle radici, gli stessi capelli delle due guerriere iniziarono a danzare in modo tenue, "Ora placherò la realtà che tu cerchi di mostrarmi e poi con Nuada fermeremo i tuoi compagni, che Dagda non soffra di tale pazzia anche se veritiera", ringhiò la Regina Guerriera, alzando i palmi delle mani, su cui iniziarono a formarsi dei piccoli cumuli di vento e polvere.
"Preparati per la danza distruttiva del Vento", minacciò la Tree Monk.
I cumuli di polvere lentamente aumentarono di spessore, i tronchi iniziarono a piegarsi, la stessa Botan dovette barcollare indietro per l’intensità del vento che la investiva, "Dancing Typhons", urlò con tutta la voce che aveva in corpo Ceridwen, sollevando da terra la sua avversaria e distruggendo l’intero ambiente circostante.
Due tifoni distrussero lo scenario di quella lunga ed angusta battaglia fra due credi, quello in Atena e quello in Dagda, e quando la pace tornò sul campo di battaglia, solo Ceridwen era in piedi, seppur perplessa, per la scomparsa della sua avversaria.
"Dove sei finita, sacerdotessa?", urlò la Tree Monk dell’Olmo, "So che non ti ha ucciso questo singolo colpo", incalzò, "Hai ragione", ribatté all’improvviso Botan, riapparendo alle spalle della guerriera celtica, "Difatti mi ha salvato la telecinesi", spiegò la sacerdotessa d’oro, "Seppur pensavo che voi esoterici amaste la natura, quindi non avrei mai creduto che tu fossi capace di tanto", rifletté sorpresa, osservando gli alberi frantumati al suolo.
"Amare? Tu sai cosa sia l’amore, ragazza? Non credo proprio", sbottò infastidita Ceridwen, "Non hai la benché minima idea di cosa sia l’amore, Dagda lo conosce, egli ama tutto e tutti. Per seguire il suo destino di comandante e guida della Scozia, il mio sommo signore ha rinunciato ad ogni piacere del corpo ed è divenuto un asceta, che ricerca la libertà e la giustizia per coloro che lo seguono, tu, invece, sei solo capace di predicare la giustizia e di distruggere le speranze che egli ha creato in noi.
L’amore non è il semplice rispetto che noi Tree Monk rivolgiamo alla natura, quella si chiama riconoscenza per il luogo da cui proveniamo, l’amore è qualcosa di diverso è ciò che fa piangere l’anima del mio comandante ogni volta che uno di noi cade in battaglia e quello che mi spinge a continuare questo scontro, poiché preferisco mille volte morire per fermarti che vedere la mia ragione di vita impazzire per il dolore dell’errore commesso. Tu non ami, sacerdotessa, questo te lo posso assicurare", raccontò infuriata Ceridwen, mentre si preparava a scatenare nuovamente la danza dei tifoni.
Botan fu sorpresa da queste parole, "Si, è vero, non ho mai amato alcuna persona nel modo in cui ne parli tu, però capisco il tuo desiderio di sacrificio estremo, la volontà che hai di santificare la tua vita per quella del comandante, provo la medesima sensazione verso colei che mi fece diventare la donna che sono ora, la Grande Sacerdotessa d’Atene, Shaina, verso cui ho immensa riconoscenza ed affetto", replicò con il viso chino la custode della Quarta Casa.
"Ben diverso sentimento ti guida", ringhiò la Tree Monk dell’Olmo, "Forse hai ragione, ma da quando indossai la prima volta questa maschera d’oro decisi di non abbandonare mai i miei doveri di sacerdotessa d’Atene, rinunciando a tutto, proprio come il tuo comandante", raccontò la Gold Saint del Cancro.
"Non osare paragonarti a lui", ordinò infuriata Ceridwen, "Dancing Typhons", invocò, scatenando nuovamente la terribile danza del vento.
Per la prima volta, Botan capì quale sentimento legasse la sua avversaria al proprio comandante, un sentimento mai ricambiato e nascosto nell’ombra di un gesto semplice, ma, probabilmente, per questo motivo più forte di qualsiasi altro legame.
Un sentimento simile lo aveva già conosciuto, nella sua insegnante Shaina e nel passato gran Sacerdote, Seiya di Pegasus. Fra i due non vi era mai stato niente di più che alcune frasi e dei semplici gesti, ma entrambi avevano più volte deciso di sacrificare le proprie vite l’uno all’altra, fino al gesto finale, con cui Seiya preferì far resuscitare la Sacerdotessa dell’Ofiuco, piuttosto che tornare alla vita egli stesso.
La coscienza di questa realtà, portò Botan dinanzi ad un triste bivio, arrendersi o togliere per la prima volta la vita ad un avversario.
Non aveva mai ucciso alcun uomo prima, erano sempre stati gli altri a finire i suoi scontri, anche contro Dione, quando aveva dato il meglio di se stessa in battaglia, fu poi Ryo di Libra ad eliminare il titano cieco.
Ora lei doveva togliere una vita, poiché sapeva che Ceridwen non si sarebbe fermata dinanzi a niente, come il vento da lei controllato.
Non avrebbe potuto paralizzarla in eterno con le "Chele del Granchio", troppo grande sarebbe stato lo sforzo per il suo fisico già stremato per i colpi subiti, quindi si decise: avrebbe ucciso, per Atena e per la Giustizia.
"Cancer light", esclamò Botan, dopo aver evitato con il teletrasporto la danza dei venti.
"Non ti sembra di essere al quanto ripetitiva?", domandò allora Ceridwen, evitando con un agile salto l’attacco tramandato da Shaina.
"Tu avrai scoperto come evitare i miei colpi, ma lo stesso vale per me", spiegò la guerriera celtica, prima di scatenare per la terza volta il proprio attacco.
Mentre sulle mani della Tree Monk dell’Olmo si componeva la danza dei venti, la sacerdotessa del Cancro sollevò l’indice destro verso l’avversaria, "Mi dispiace doverlo fare, credimi, ma l’unica maniera per concludere questa battaglia è la caduta di una di noi", sussurrò con voce strozzata Botan, mentre il suo cosmo dorato si accendeva intorno a lei.
"Dancing Typhons", urlò Ceridwen ignara di quale colpo stesse per lanciare l’avversaria, "Strati di Spirito", invocò in tutta risposta la sacerdotessa d’oro.
I generali dei Mari correvano lungo il corridoio di alberi, nel frattempo, avevano lasciato il corpo di Galien poco lontano, dandogli una degna sepoltura in quel paradiso terrestre luogo di infinite battaglie.
"Guardate, gli alberi formano un muro dinanzi a noi", esclamò sorpreso Argo, osservando in lontananza un’immane barriera di variopinti alberi, "Forse ci siamo", replicò Neleo, per nulla stanco dopo la corsa.
Un rumore, però, fermò i loro passi. I generali dei Mari, Tok’ra ed i due santi d’argento avvertirono un cosmo potentissimo circondarli, "Da dove viene?", si domandò Kano del Pavone, ma un terremoto quietò i suoi dubbi.
Un immane drago rosso uscì dal terreno, "E questo cos’è?", balbettò sorpreso Kain di Shark, che nella sua vita aveva visto molte cose strane, ma mai quanto quella bestia mitologica.
Ad alcuni chilometri di distanza, su un altro sentiero, Botan e Ceridwen avevano scatenato i propri colpi l’una contro l’altra ed entrambi gli attacchi erano andati a segno, ognuno contro il proprio bersaglio.
Furono pochi secondi, il vento distruttivo polverizzò anche l’erba intorno ai loro corpi, Ceridwen non poté controllare il proprio attacco, poiché la sua anima abbandonò il corpo non appena gli "Strati di Spirito" la raggiunsero. Il corpo della Tree Monk dell’Olmo cadde al suolo, con gli occhi vuoti e senza vita.
Botan, invece, volò in alto nel cielo, per poi ricadere a terra con le vestigia incrinate, non aveva subito grandi danni, ma, sotto la maschera d’oro che non toglieva mai, le sue bianche guance erano rigate da lacrime, frutto di un pianto mal soffocato di una ragazza che per la prima volta aveva tolto una vita, uccidendo una donna che aveva un’unica colpa: aver amato.