Capitolo 2: La trappola

"Bene, cavaliere d’argento se tale è la tua difesa in questo Dagda, ebbene vi permetteremo, se vorrete, di raggiungere questo nobile guerriero e di parlarvi, però, se per dopodomani non sarete di ritorno, manderò gli stessi cavalieri d’oro a cercarvi", affermò Shaina, il nuovo gran Sacerdote d’Atene.

"Grazie, sommo Oracolo", affermò Eric del Corvo.

"Prendete le vostre armature"; sentenziò Myokas, "No, cavaliere d’oro, sono fin troppo danneggiate, non servirebbero in alcuno scontro, specialmente contro Dagda, o uno dei suoi migliori guerrieri", spiegò Eric, "Già, cavaliere, che tipo di guerrieri sono questi Tree Monks?", incalzò il santo della Nona Casa.

"Conobbi solo alcuni dei Tree Monks durante gli anni dell’addestramento, però, so per certo che vi sono quattro caste di guerrieri al di sotto di Dagda: oltre ai messaggeri ed ai soldati, le razze inferiori, vi sono anche gli sciamani, comandati dal mio maestro Ogma, ed i guerrieri, abili nella lotta quanto i cavalieri d’oro", spiegò il santo del Corvo.

"Cavalieri", esclamò Shaina, prima che i sei si allontanassero, "Fate attenzione", pregò la somma Sacerdotessa.

Quando Real ed i suoi cinque parigrado furono dinanzi a Hirihody e Kano, fu il santo del Corvo a parlare: "Ti seguiremo, amico mio, chi ci comanda ci ha dato questo permesso", gli disse.

Il gruppo viaggiò per alcune ore, spostandosi con una velocità quasi pari a quella della luce, ma compiendo un giro piuttosto lungo per raggiungere la Scozia.

"Per quale motivo, quel messaggero ci ha fatto fare un giro talmente largo?", domandò perplesso Rabat di Perseo, "Suppongo che temesse di essere seguito", rifletté Kano, mentre Eric e Hirihody guidavano il piccolo gruppo, lungo le montagne delle Highlands.

Helyss ad un tratto si fermò, "Che succede, sacerdotessa?", le domandò Daidaros, osservando la guerriera del Pittore, che sembrava essere ipnotizzata.

"Guarda, cavaliere di Cefeo, osserva anche tu questo stupendo paesaggio e dimmi se non è qualcosa dipinto da una mano abilissima", esclamò la donna guerriera, indicando il cielo nel momento del tramonto.

Daidaros si fermò ad osservare: il sole tramontante lanciava bagliori di viola ed azzurro sui laghi scozzesi, mentre le colline tentavano inutilmente di trattenere i magnifici bagliori di luce. "Quale magnifico spettacolo", balbettò il figlio di Shun, incapace di qualsiasi descrizione.

"L’arte è sempre così, cavaliere", concluse Real, anch’egli rapito dallo stupendo tramonto scozzese.

"Cavalieri, vi prego, avanziamo", esordì poi, Hirihody, rubando alcuni momenti di pace a quel magnifico ambiente.

I santi d’argento seguirono la richiesta del Messaggero della Betulla ed avanzarono con lui, fino ad una grotta.

"Dove conduce questo luogo, Hirihody?", domandò Eric del Corvo, fermandosi sulla soglia, "Presso chi vi ha invitato", affermò semplicemente il messaggero avanzando verso l’oscurità della caverna.

"Cavalieri d’argento, ponete attenzione nell’avanzare in questo luogo", propose Real della Lira, impugnando una piccola arpa argentea, non quella dell’armatura, anch’essa danneggiata, ma anch’essa abbastanza pericolosa.

Il gruppo abbandonò il bel paesaggio scozzese per avanzare in una lugubre grotta, caratterizzata solo da sassi neri e qualche ragno, che di quando in quando, apparivano da qualche foro nella parete rocciosa.

I cavalieri d’argento non capirono mai quante ore passarono a camminare, ma alla fine uscirono in una gigantesca area semisferica, simile ad un anfiteatro romano, dove si ritrovarono circondati.

"Benvenuti nella nostra trappola, idioti", sogghignò Hirihody, gettando i falsi sorrisi e mostrandosi in tutta la sua arroganza.

I santi d’argento si guardarono intorno: dinanzi a loro il Messaggero della Betulla, circondato da cinque uomini tutti piuttosto robusti, coperti da vestigia mediamente simili a quelle di Hirihody; uno scalino più in alto, sparsi, altre quattro figure, coperte dal medesimo saio che nascondeva il falso messaggero di pace, quando era apparso al grande Tempio poche ore prima; infine, nove figure possente sormontavano l’arena, dall’alto della zona più elevata.

Fra queste nove figure, vi erano tre individui coperti da mantelli d’argento che osservavano la scena l’uno vicino all’altro, poi un cavaliere, anch’egli coperto dallo stesso mantello, quindi un altro Tree Monks, coperto integralmente da un nero mantello, vicino a lui, un uomo dal viso scoperto, quindi un uomo piuttosto robusto, coperto da un mantello di foglie autunnali, con due corvi sulle spalle, ed infine altre due figure, nascoste sotto argentei saii.

L’uomo dal viso scoperto si mostrò ai santi d’argento, "Benvenuti, cavalieri di Atena, vi chiediamo di arrendervi senza opporre alcuna resistenza ai nostri soldati. Non avete armatura, quindi sarebbe folle combatte", spiegò l’individuo.

Tutti poterono vederlo: aveva corti capelli violacei con una ciocca bianca dinanzi al volto, circa quarant’anni, i lineamenti rigidi e squadrati e due temibili occhi rossi come il fuoco.

"Grande Arawn, perché ci avete teso questa trappola?", urlò Eric, rivolgendosi allo sciamano, "Semplice, allievo di Ogma, perché lo vuole un dio celtico", rispose l’uomo dalla sua posizione elevata.

"Un dio celtico?", ripeté perplesso Real, "Dobbiamo avvisare i santi d’oro", affermò subito dopo, guardandosi intorno, ormai i cinque robusti guerrieri li avevano circondati.

"Cavalieri", sussurrò Eric del Corvo, "I quattro sul piano rialzato sono messaggeri come Hirihody, quindi la velocità è la loro dote maggiore, mentre i cinque qui intorno a noi, sono tutti soldati, perciò solo la forza fisica e le armi sono i loro pregi, i veri pericoli si trovano in alto, quei nove fanno parte della casta degli iniziati dei Tree Monks", spiegò il cavaliere d’argento, "Tenterò di distrarre i nemici, voi intanto scappate", concluse poi.

"Dimmi, saggio Gwyddyon, trovi giusto e leale questo metodo?", domandò la figura a cavallo, che si rivelò essere una donna, "No, Rhiannon, ma chi siamo noi mortali per contraddire il volere degli dei?", ribatté uno dei due uomini coperti da un saio d’argento.

"Non so, secondo me, sarebbe stato più leale uno scontro faccia a faccia fra noi ed i santi d’oro. Si chiamano così, giusto Nuada?", domandò uno dei tre individui con il mantello d’argento, il più alto e robusto, "Si, Taranis, santi d’oro, degni avversari per il tuo pugno e la mia spada", rispose la figura alla sua destra, "Non so, penso che sarebbero comunque degli scontri noiosi, data la nostra superiorità", ribatté la figura alla sinistra dell’uomo robusto di nome Taranis.

"Forse, Cerdiwen, ma non mi va di restare ad osservare questa patetica trappola, quando ci sarà da combattere in luoghi spaziosi, chiamate me e la mia cavalla", ribatté la donna a cavallo, prima di voltare il proprio destriero ed allontanarsi.

"Dove vai, Rhiannon, il mio maestro non ti ha dato il permesso di allontanarti", ringhiò la figura nel mantello nero, che si rivelò essere una donna dai capelli rossi, l’unica cosa che si poté notare di lei.

"Macha, non prendo ordini dal tuo maestro e concubino, ma soltanto da Dagda, capito, simpatica succube?", ribatté infastidita la donna a cavallo, prima di continuare il suo galoppo.

"Fermati, o ne pagherai le conseguenze", urlò la donna dal nero mantello, ma Arawn le fermò il braccio destro, che già brillava di una tetra luce, "Quieta il pugno, allieva, la guerriera a cavallo non sarebbe utile in un simile campo di battaglia, inoltre Cernunnos ha già avuto le notizie che ci servivano su Atene dal volatile di Hirihody, quindi non ci resta che assistere alla cattura di quei sette", sogghignò lo sciamano dagli occhi rossi.

"Si, maestro", sussurrò la fanciulla dai rossi capelli, mostrando completamente il capo: due occhi blu come la notte brillavano sul suo volto, era molto giovane, ma incredibilmente affascinante, seppur un trucco molto accentuato la rendeva terribile, oltre che incredibilmente bella.

Quando la situazione sull’altura si rappacificò, gli otto iniziati rimasti osservarono lo scontro che stava per iniziare nell’arena.


Eric si era gettato contro tutto il proprio corpo contro Hirihody, "Stupido, senza armatura che vorresti fare?", domandò il messaggero, prima di voltarsi verso il soldato alle sue spalle, "Ioho, dì ai tuoi soldati di non intromettersi, questa è una questione privata", sogghignò il messaggero.

Un robusto individuo si trovava alle spalle di Hirihody, un uomo incredibilmente robusto con vestigia simili per il colore a quelle della Betulla, ma più caratterizzate: possenti tronchi coprivano braccia e gambe, delle zampe simili a quelle di un orso costituivano le spalliere e la cinta, mentre una maschera quadrata sul volto, che nascondeva completamente i lineamenti del ragazzo, mostrando solo gli occhi, marroni come i corti capelli.

"Soldati, non muovetevi", ordinò il robusto Ioho.

"Fatti avanti, Eric, ti mostrerò la mia superiorità", esclamò allora il messaggero della Betulla.

Il santo del Corvo saltò verso il vecchio compagno d’addestramento, "Crash wing impact", urlò allora Hirihody, sorprendendo il nemico intento nel salto.

Eric fu abbastanza veloce da spostare indietro il peso del corpo e porre le braccia a difesa del petto, prima che il movimento del braccio sinistro del nemico, quello su cui erano le nere piume, scatenasse un’ondata d’energia non potentissima, ma di certo fatale per un normale corpo umano, indifeso.

L’impatto gettò indietro il santo d’argento del Corvo, che però riuscì a fermarsi appoggiando i piedi a terra, "Bel colpo, Hirihody", sussurrò Eric, prima di appoggiarsi a terra, per sputare del sangue, "Non ti affaticare a rialzarti, dovresti avere braccia e costole frantumate ormai, senza armatura non sei niente dinanzi a me", gli ordinò il messaggero.

"Mio vecchio compagno, non hai mai voluto capire questo insegnamento del nostro maestro, che non è l’armatura a fare l’uomo, ma l’esatto opposto, specialmente nel tuo caso, codardo", esclamò Eric, rialzandosi in piedi e spiegando le braccia dinanzi a se.

"Come osi?", ringhiò il Messaggero della Betulla, "Preparati, ora ti mostrerò la vera potenza del settimo senso", avvisò il cavaliere d’argento, mentre delle nere piume si disponevano sulle sue braccia nude.

Il cosmo di Eric brillò come mai prima di allora, neppure dinanzi a Briareo, il santo del Corvo d’Argento aveva trovato questa incredibilmente forza, seppur già contro Juliet, l’arciere, aveva intuito la strada per il settimo senso.

"Volo del Corvo", urlò poi il santo d’argento, alzandosi in volo, per planare contro il nemico inerme, dinanzi alla potenza di quel colpo, perfettamente scatenato.

Hirihody rotolò a terra, investito dalla potenza del colpo, mentre Eric planò dinanzi all’uomo chiamato Ioho, "Il tuo nemico è ancora vivo, allievo di Ogma", gli rispose semplicemente il soldato, prima di indirizzare con le braccia i propri quattro subalterni a bloccare gli altri santi d’argento.

"Bel colpo, vecchio compagno, ma la differenza fra noi è ancora grande", affermò Hirihody rialzandosi, "Davvero? Osserva le vestigia della Betulla", propose il santo del Corvo, prima che le spalliere del Tree Monk andassero in pezzi, "Ormai la tua difesa è violata", lo schernì il coreano.

"Maledetto, ora pagherai quest’affronto", ringhiò il messaggero con un tono che oltre la rabbia, lasciava trasparire la paura del giovane, intento ad alzare il braccio destro, dove era ritratto il viso di un corvo.

Eric sembrò riconoscere quella posa ed espanse il proprio cosmo, mentre intorno a lui si proiettavano centinaia di nere piume.

"Incredibile, Hirihody richiama l’animale guida per un uomo disarmato", esclamò sorpreso uno dei soldati che sbarravano la strada ai cavalieri d’argento rimasti, "Non è incredibile, osservate attentamente le tecniche di Eric e capirete la potenza del mio amico", ribatté Real della Lira, ricordando le diverse battaglie vissute, tutte con il santo del Corvo accanto, come alleato e fidato amico.

"Dhubu dead fly", urlò all’improvviso Hirihody, "Valzer di Piume", rispose Eric.

Una nera figura simile ad un vero corvo partì dal braccio destro del Messaggero, aprendo le ali in un immenso volo, diretto contro il coreano fedele ad Atena, dall’altra parte, il santo d’argento fece roteare intorno a se centinaia di nere piume, prima di scagliarle contro il vecchio compagno d’addestramento.

I due attacchi volanti si evitarono vicendevolmente, dirigendosi ognuno verso il proprio bersagli, inesorabili e pronti a colpire l’avversario intento ad attaccare, quindi incapace alla difesa.

Il corvo prodottosi dal braccio di Hirihody oltrepassò il corpo del santo d’argento, apparentemente senza produrre alcuna ferita, finché il cavaliere d’argento non si gettò a terra, con una profonda ferita sulla schiena, da cui sgorgava copiosamente del sangue.

Le nere piume scatenate da Eric, intanto, raggiunsero vorticose il messaggero della Betulla, investendolo in pieno. Inizialmente il Tree Monk cercò di evitarle, ma non vi riuscì, subendo in pieno l’impeto tagliente del nero piumaggio, che dilaniò quasi completamente l’armatura marrone, per poi produrre profondissimi tagli su tutto il corpo del nemico, che cadde in ginocchio.

"Soldati, aiutatemi", urlò all’improvviso Hirihody, rialzandosi a stento.

"No", tuonò una voce dell’altura, tutti allora alzarono lo sguardo, "Taranis?", balbettò il Messaggero della Betulla.

"Allievo di Ogma, questo è uno scontro leale fra te ed il cavaliere d’argento, se uno di voi due cadrà avrà perso, ma se qualcuno aiuterà uno dei due contendenti, ucciderò tutti coloro che sono la sotto io stesso", tuonò l’immane figura nel mantello d’argento.

"Sentito il Signore delle Battaglie?", esclamò l’altro uomo coperto da un mantello d’argento, "Che nessuno si intrometta", urlò questi, alzando una mano, che sembrò risplendere del colore del mantello.

"Fatti avanti, Hirihody, le Ali del Corvo distruggeranno completamente la Betulla", lo sfidò Eric, rialzandosi in piedi, malgrado le ferite.

"Le Ali del Corvo? Ebbene le proverai", balbettò allora il Messaggero, scattando verso il compagno d’addestramenti.

"Crash wing impact", tuonò Hirihody, "Crow’s wings", ribatté Eric, correndo incontro al nemico.

Un bagliore brillò in cielo e nere piume volarono intorno ai due corpi, mentre del sangue si innalzava dai loro corpi.

"Non aveva armatura, avrei dovuto vincere, se avessi immaginato questa potenza non lo avrei attaccato", balbettò Hirihody, prima di cadere a terra senza vita, per una profondissima ferita che gli aveva aperto il petto.

"Ci sei riuscito, cavaliere, hai vinto", urlò Zadra dello Scultore al parigrado, "Si, hai ucciso un Tree Monk, che ora sarà vendicato", sentenziò dall’alto Arawn, aprendo la mano verso il santo del Corvo, stupito per queste parole e visibilmente ferito e stremato.

"Cailleach", esclamò lo sciamano dagli occhi rossi.

Un grande gufo partì da sotto il mantello dell’iniziato per raggiungere ed oltrepassare il corpo di Eric.

Il santo del Corvo cadde a terra, i suoi occhi brillarono di una luce argentea, per poi spegnersi per sempre.

L’uomo dal mantello di foglie invernali mosse le braccia, "Andate, viaggiatori dal nero piumaggio, portate i vostri simili nell’Oltretomba", ordinò la figura ai due corvi che sosteneva sulle spalle, prima che partissero.

"Catturate gli altri", ordinò la ragazza dai rossi capelli, "E non uccideteli, perché sarà già grande il dolore di Ogma nel sapere che due suoi allievi sono caduti", concluse Arawn, prima di allontanarsi con gli altri sette, "Portateli oltre la nebbia", concluse l’uomo che fino ad allora non aveva parlato, e che il gigante con il mantello d’argento chiamò Belenos.

I santi d’argento rimasti si scagliarono contro i quattro soldati, ma tutto avvenne in pochi secondi.
Rabat si voltò e vide uno scudo con sopra ritratto un animale che lo colpiva al volto, attaccandolo alle spalle.

Zadra ed Helyss trovarono dinanzi a loro Ioho, che le colpì entrambe allo stomaco, così da gettarle molti metri indietro, svenute.

Daidaros fu bloccato alla gola da una frusta, per poi investire con il capo una roccia e svenire.

Kano e Real si trovarono addosso tutti i messaggeri, cercarono di evitarli, ma il santo del Pavone fu distratto da due cosmi, entrambi differenti da tutti gli altri e proprio in quel momento, il proprietario di uno di questi cosmi lo colpì allo stomaco con un pugno, "Mi dispiace, cavaliere", sussurrò una voce molto giovane. L’ultima cosa che il santo del Pavone vide prima di svenire furono due occhi rosa molto gentili, che lo guardavano.

Real superò i quattro messaggeri, ma si trovò dinanzi due soldati e quando era pronto a soggiogarli con il suono dell’arpa, fu investito alla schiena da un fulmine, che lo fece svenire, "Stupido", sentì sogghignare alle proprie spalle.

I cavalieri d’argento erano caduti in trappola.