Capitolo 15: Due credi e due solitudini
I generali dei Mari insieme al santo d’oro della Vergine ed a quelli del Pavone e della Lira, avanzavano lungo un folto corridoio d’alberi, era quasi impossibile muoversi liberamente, poiché quasi ad ogni passo, vi era qualche ramo, o qualche tronco, che gli sbarrava la strada.
Inoltre, nessuno di loro riusciva a togliersi dalla mente la sensazione di essere seguito ed osservato da qualcuno, o da qualcosa.
"Da quanto tempo quelli occhi nell’ombra ci seguono?", domandò dopo un po’ Kain di Shark, visibilmente infastidito dagli osservatori nascosti, "Fin da quando siamo entrati in questa parte dell’Isola, coperta da tutti questi alberi", rispose Tok’ra di Virgo, cercando di restare il più indifferente possibile verso chi li spiava.
"Vi è però qualcosa di strano in questi nostri compagni di viaggio", rifletté Reptile dell’Anaconda, "Che intendi dire, Generale?", domandò incuriosito Real della Lira, "Non ci hanno ancora attaccato, eppure dovremmo essere già a buon punto per raggiungere quel Dagda ed il dio che lo guida", spiegò il Sacerdote di Nettuno.
"Sono perfettamente d’accordo con te, amico mio", concordò allora Neleo, che ancora sorreggeva con la mano destra l’oggetto che il Signore dei Mari gli aveva donato per quella lotta, "chiunque ci segua non ci ha ancora attaccato malgrado abbia sentito spegnersi il cosmo di un suo alleato e malgrado siamo di certo quelli che hanno percorso più strada in quest’Isola dell’Eterna Giovinezza", ribatté il comandante dei Mariners.
"Probabilmente avrà paura", scherzò Argo di Calamary, "Affatto, generale, poiché non è uno solo che ci guida, ma un’intera schiera d’esseri, che si danno di continuo il cambio, altrimenti sarebbe impossibile spiegare come si muovano velocemente dalla destra alla sinistra", replicò Kano del Pavone.
Proprio in quel momento, però, i cavalieri furono fermati da un orso gigantesco che si sollevò dinanzi a loro, bloccando la strada.
"Che ci fa un orso qui?", domandò stupito il generale del Sud Pacifico, "Bella domanda, però potremmo chiederlo ai suoi alleati", incalzò Kain di Shark, indicando il branco di lupi che apparve alla loro destra e lo sciame d’api che comparve alla sinistra.
I cavalieri allora si voltarono, notando dei serpenti alle loro spalle, che li chiudevano in quella che sembrava una gigantesca gabbia piena d’animali feroci.
"Chi guiderà queste bestie?", si domandò Neleo di Hammerfish, preparandosi a lottare con l’orso maestoso che gli si era parato di fronte.
"Io", esclamò una voce.
Subito i cavalieri si voltarono da tutte le parti, quando all’improvviso da un albero di Melo caddero delle foglie.
Una figura apparve dal nulla alle loro spalle, "Beach sting", sentì urlare Neleo, intento a voltarsi.
"Comandante, attento", urlò allora Reptile, ponendosi come difesa per il generale di Hammerfish, "Psico Shield", esclamò di scatto l’esile sommo sacerdote di Nettuno.
Fu un attimo e tutti i cavalieri poterono osservare la velocità dei due nemici.
La figura era apparsa dal tronco quasi per magia, dato come abilmente si era mimetizzato grazie ad un mantello di foglie, il generale dell’Anaconda, invece, si era mosso con estrema agilità e grazie all’esile corpo che lo contraddistingueva, poté porsi dinanzi al suo comandante.
Un bagliore di luce si sviluppò dalla mano del misterioso nemico, prendendo l’aspetto di un’ape che si schiantava contro il proprio bersaglio, allo stesso tempo una luce circondò il corpo del generale dell’Antartico, sviluppando un grande scudo di luce bianca dinanzi a lui.
L’ape cozzò contro lo scudo, divenendo un piccolo bagliore di luce, che si spense velocemente.
"Sei davvero abile, combattente celtico, ma ora mostrati, poiché non ti sarà più facile dirigerci in qualche tua trappola con l’aiuto degli animali", esordì Reptile dell’Anaconda, abbassando le sue difese.
Finalmente la figura si delineò dinanzi ai sette alleati.
Era piuttosto robusto, non troppo, indossava un’armatura sotto certi aspetti simile a quelle che furono le vestigia di Scilla.
Due lunghi gambali artigliati costituivano un tutt’uno con la cinta, simili ad un pantalone, le coperture per le braccia sembravano due grandi api posate su dei pezzi di legno, i cui pungiglioni raggiungevano le mani del guerriero; le spalliere, appuntite come quelle di Scilla, cadevano fino alle braccia, mentre la copertura per il corpo era simile ad un grande tronco, stilizzato sulla corporatura di un orso.
L’armatura era di color argento e fra i lunghi e spettinati capelli verdi, una piccola corona del medesimo colore.
Il volto aveva qualcosa d’animalesco, gli occhi erano piccoli ed azzurri, come quelli di un lupo, e la lieve barba che ne copriva le guance, non era per niente curata, sembrava un animale, più che una persona.
"Mi chiamo Cernunnos del Melo, il Signore degli Animali", si presentò il Tree Monk, che camminava con la schiena curva.
Reptile osservò con attenzione il suo nemico, poi i suoi occhi sembrarono ammorbidirsi dinanzi all’avversario, "Cavalieri, lasciate a me costui", esclamò il generale dell’Anaconda.
"Noi tentiamo di allontanarci", propose Neleo di Hammerfish agli altri cinque alleati.
"Animali", sussurrò il Tree Monk, e subito l’orso colpì con una zampata il generale con il Martello d’oro, mentre i lupi saltarono addosso a Kain ed Argo ed i serpenti bloccarono i tre santi d’Atena.
"Queste creature hanno una forza innaturale", esclamò Real della Lira, incapace di liberarsi dalla morsa del rettile sinuoso.
"Esatto, umano", concordò il nemico di nome Cernunnos, "il mio cosmo aumenta la forza di qualsiasi creatura segua i miei ordini, fra cui quei serpenti e le altre bestie che vi bloccano", spiegò il guerriero del celtico Melo.
I sei cavalieri erano a terra, non riuscirono a vedere ciò che accadeva, ma capirono, dal silenzio che riempiva l’aria circostante, che nessuno dei due nemici aveva iniziato il proprio attacco.
"Lasciali andare Cernunnos", esclamò all’improvviso una voce che nessuno dei cavalieri riconobbe, "Dagda", balbettò il guerriero del Melo. I Generali ed i loro alleati cercarono in più momenti di rialzarsi per osservare il comandante dei Tree Monks, ma non riuscirono a notare niente di più dei suoi gambali dorati.
"Come puoi essere Dagda? Prima avevo davanti quello strano individuo, tu sei lui, non sei il mio comandante", esclamò titubante Cernunnos.
"Sai perfettamente chi io sia, l’unico uomo in tutto l’esercito dei Tree Monks che tu rispetti, anche se ciò mi dispiace. Te ne prego, Signore degli Animali, non permettere che le bestie che tu guidi entrino in questa battaglia, affronta frontalmente e singolarmente quel tuo unico nemico, lasciando stare gli altri, si occuperanno altri di loro", propose il comandante con gesti gentili.
Lentamente i cavalieri si resero conto che la forza con cui gli animali bloccavano i loro movimenti iniziava a diminuire, quando però un cosmo dorato e caldissimo circondò l’intera area.
"Mi dispiace interrompere questo scontro, ma non credo sia molto leale che tu utilizzi la mia immagine per combattere", esclamò una voce proveniente dall’aura che li circondava.
Improvvisamente, l’uomo, dinanzi a Cernunnos, mutò d’aspetto, ritornando ad essere Reptile dell’Anaconda, "Costui ha una grandissima energia psichica, capace persino di superare la mia, anche a distanza", balbettò stupito il mariner, guardando le proprie mani.
"Nemmeno tu, Cernunnos, però, devi usufruire d’aiuti in battaglia", aggiunse la voce proveniente dal cosmo, mentre gli animali si allontanavano lentamente dai cavalieri a terra.
"Sommo Dagda", balbettò il Tree Monk del Melo, rimasto solo nel suo scontro con i mariners.
L’aura dorata si ritrasse, oltrepassando i cavalieri olimpici ed asgardiani, i diversi guerrieri celtici e gli alberi, così da tornare dal suo padrone, il comandante dei Tree Monks, Dagda.
"Grande comandante", esordì allora Ogma, accorso non appena aveva percepito il cosmo della sua guida espandersi, "Non ti preoccupare per me, amico mio", ribatté quest’ultimo, "ho semplicemente pensato più onorevole e leale che quei due non usufruissero d’inganni nel loro scontro, tu, piuttosto, come mai sei ancora qui? Non dovevi avanzare con Arawn?", domandò il paladino di Scozia.
"No, mio signore, ho pensato più saggio attendere nelle vicinanze il nemico, anche se, dopo il suo intervento è probabile che il mio vecchio compagno d’addestramento mandi la sua fedele allieva in avanscoperta", spiegò lo sciamano, inginocchiandosi dinanzi all’uomo seduto.
"Si, penso che lo farà, in fondo è quello che maggiormente aggrada il nostro dio Mannanon per il suo modo di combattere", rifletté Dagda, alzandosi.
"Lei lo sa", balbettò lo sciamano, "Cosa, amico mio?", domandò con un filo di voce il comandante, avvicinandosi al maestro di Skinir, "Lei, mio signore, sa che ad un suo ordine ci ribelleremmo persino al dio dei Mari, Mannanon", sussurrò con un filo di voce Ogma, concludendo la frase più eretica che avesse mai detto in vita sua.
Dagda appoggiò una mano sulla spalla dello sciamano, entrambi erano coperti dai loro mantelli, ma ciò non impediva che fosse ad ognuno chiaro il pensiero dell’altro, per Ogma, che aveva cresciuto il comandante dei Tree Monks quasi fosse un suo figlio, era ovvio che il suo signore donasse tutto se stesso per gli dei che gli avevano concesso il comando. Anche per Dagda, però, era ovvio il pensiero dello sciamano, suo amico, consigliere, maestro ed un po’ padre: egli non si sarebbe mai opposto ai suoi desideri, come molti altri fra i Tree Monks, però, non aveva gradito gli ordini di quel loro dio dei Mari, un essere portato ad inganni e tradimenti.
"Non possiamo ribellarci agli dei, sono loro che guidano le nostre stelle, almeno questo mi hai insegnato", affermò con voce sconsolata il comandante dell’esercito celtico.
I generali dei Mari ed i tre santi d’Atena erano ormai liberi, "Andate voi, presto vi raggiungerò", esclamò loro Reptile, ponendosi dinanzi al suo nemico.
"Ne sei sicuro, sommo sacerdote?", domandò allora Kain, rialzandosi per primo, "Si, Primo Cavaliere dei Mari, certo che ne sono sicuro, muovetevi, resterò io ad affrontare costui", ordinò il generale dell’Anaconda.
"Kano, Real, restate ad aspettarlo, siete gli unici feriti, quindi è saggio che vi riposiate", esclamò allora Tok’ra di Virgo, rivolgendosi ai due santi d’argento, "Noi intanto, avanzeremo", propose poi Neleo di Hammerfish, "come tu desideri, amico mio", concluse rivolgendosi a Reptile.
Quando il gruppo fu diviso, il generale dell’Antartico tornò ad osservare il proprio avversario.
"Ti chiamano amico e condividono con te i loro piani, ti senti fortunato, vero?", domandò allora Cernunnos, rivolgendosi al nemico, "Si, guerriero, malgrado abbia avuto un’infanzia difficile come la tua, ho avuto questa fortuna maggiore", ribatté Reptile.
"Cosa ne sai tu della mia infanzia?", tuonò allora il Tree Monk del Melo, espandendo il proprio cosmo.
I pungiglioni sulle sue braccia brillarono di una luce dorata, "Beach sting", tuonò Cernunnos, mentre una piccola ape d’oro si materializzava dal suo dito indice, dirigendosi verso il Generale dei Mari.
"Psico shield", tuonò in tutta risposta Reptile, sollevando nuovamente un grande muro d’energia psichica, che ancora una volta annullò l’attacco del nemico.
"Della tua infanzia so ciò che ho letto nella tua mente", spiegò il generale dell’Antartico.
"Che cosa?", esclamò infuriato il Tree Monk del Melo, "Come hai osato?", aggiunse, scatenando nuovamente lo stesso colpo.
Ancora una volta, l’esile sommo sacerdote di Nettuno sollevò il proprio scudo psichico a difesa della sua vita, "Ho visto i tuoi primi ricordi, riguardanti l’infanzia nei boschi, solo, insieme agli animali, che ti crebbero come un loro simile, in fondo un cucciolo d’uomo non è altri che un cucciolo, non la pensi così?", domandò il generale dei Mari, sostenendo il proprio scudo.
"Taci vile, come puoi capire ciò che provo? Non ho mai saputo chi erano i miei genitori, né mai mi è importato, per qualche motivo mi hanno abbandonato nei boschi, dove solo orsi, lupi e serpenti si sono presi cura di me e quando ho voluto vedere il mondo degli uomini, sono stato scacciato, come una bestia feroce, ebbene lo sono diventato", ringhiò il guerriero del Melo, scatenando la puntura dell’Ape a ripetizione.
"Lo so invece", ribatté il generale dei Mari, "Poiché anche io fui allontanato dalla mia gente, nelle lontane terre del Sudafrica, solo per la figura informe e scheletrica. Per quel motivo vagai per due anni, risalendo tutta l’Africa, finché non raggiunsi il sacro Regno di Cartagine, dove un uomo, anch’egli con doti che lo avevano reso diverso agli occhi di molti, mi prese come suo allievo, primo fra tutti", ricordò Reptile.
"Menti!", tuonò sempre più pieno di rabbia il Signore degli Animali.
"Affatto", rispose il sommo sacerdote di Nettuno, apparendo alle spalle del suo avversario, "Prima Tige del Pavone, che aveva il dono dell’invulnerabilità, per il quale, però, non poteva percepire nessuna sensazione al tatto, poi gli altri tre suoi allievi: Golia, Rasuin e Joen, tutti loro mi fecero sentire non diverso, ma semplicemente facente parte di qualcosa di più grande. Poi fu il dio Nettuno a rivelarsi a me, attraverso la figura di Sorrento di Syren, il passato sommo oracolo del dio dei Mari, proponendomi di divenire uno dei sette mariners shogun, fu poi il turno di Neleo, mia guida in battaglia e degli altri cinque parigrado che conobbi. Infine persino altri cavalieri iniziarono a trattarmi con amicizia e lealtà, su tutti uno spectre, di nome Aiace, che morì ad Asgard, per la mia incapacità ad aiutarlo", ricordò il Generale dell’Anaconda prima di scatenare il proprio colpo.
"Eyes shock", urlò allora Reptile, colpendo con il proprio attacco il nemico, che volò a terra, apparentemente svenuto.
"Andiamocene, cavalieri d’argento, non è mia intenzione finirlo", esordì l’esile guerriero di Nettuno.
"Aspetta", ringhiò una voce che non sembrava essere neppure quella di Cernunnos. In quel momento, Reptile notò la sorpresa negli occhi dei due santi di Atena, quindi si voltò di scatto.
"Sono lieto che tu abbia trovato tutta questa gioia, ma io non ho altrettanta fiducia negli esseri umani, solo Dagda mi ha dimostrato il suo rispetto, concedendomi un nome ed un titolo da guerriero quando mi incontrò nei boschi della Scozia orientale. Per lui e per il popolo dei boschi io combattevo fino a pochi minuti fa, ma ora, che ho scoperto quanta fiducia ha un essere come te, deforme e orribile, nella razza degli uomini, è l’odio ha guidarmi, per questo richiamerò in me lo spirito del Lupo", esclamò il guerriero celtico, apparentemente impazzito.
"Real, Kano, quando ve lo dico, scappate", furono le uniche parole che il generale dei Mari riuscì a dire, mentre il suo avversario cambiava aspetto, aumentando la propria muscolatura e perdendo quel poco di umanità che ancora lo distingueva da un animale.
"Berserganger", ringhiò il mostruoso nemico, saltando addosso a Reptile.
"Psico Shield", urlò il generale dei Mari, ma lo scudo psichico fu frantumato come uno specchio da una singola manata del guerriero celtico.
Un secondo pugno lanciò Reptile in aria, per poi farlo ricadere a pochi metri di distanza.
Subito Cernunnos scattò verso il nemico, ma questi fu più veloce e si spostò alle sue spalle, "Eyes shock", esclamò poi il generale dei Mari, ma nemmeno questo colpo ebbe effetto sull’avversario celtico, se non quello di frantumare l’armatura del Melo, che ormai non riusciva più a reggere l’immenso corpo del suo padrone.
Con un pugno ben assestato, Cernunnos gettò Reptile contro degli alberi alle loro spalle, mandando in frantumi sia quella parte della foresta sia la copertura per lo stomaco dello scales dell’Anaconda.
"Preparati a morire, mostro", esclamò l’essere posseduto dallo spirito del Lupo, ma l’oracolo di Nettuno mostrò in quel momento i suoi riflessi e la sua agilità.
Appoggiando le mani al suolo, Reptile piegò il proprio corpo, così da formare un arco e con la spinta della colonna vertebrale si rialzò in piedi, saltando poi su un ramo di un albero alle sue spalle.
Cernunnos si schiantò contro quell’albero, frantumandolo con una spallata, "Hai rinunciato alla tua umanità ed alla fiducia negli uomini, al contrario di me, tu non sei un essere bizzarro esteriormente per colpa del destino, ma interiormente. L’abbandono che gli uomini hanno commesso nei tuoi confronti è una triste realtà che non hai potuto accettare, quindi hai dato te stesso ai boschi ed alle bestie, più che a Dagda", rifletté il generale dell’Anaconda, saltando su un altro albero.
"Ora, però, dovrò finire ciò che non avrei voluto iniziare, dovrò darti il colpo di grazia", concluse il guerriero di Nettuno, gettandosi a pesce contro il nemico.
Cernunnos digrignò i denti e ringhiò, mentre il suo avversario iniziava a piegare il proprio corpo, "Anaconda gotch", esclamò allora il generale dei Mari, avvinghiandosi intorno al nemico e stringendolo fra le proprie spire.
Cernunnos urlò, la presa del nemico era incredibilmente potente, ma nemmeno Reptile riuscì a finire il nemico con facilità, poiché la resistenza e la forza del Tree Monk erano tali da farlo correre come un folle, gettandosi di schiena contro il suolo, o contro qualche tronco d’albero, per cercare di liberarsi del suo avversario.
"Questo scontro non è fra uomini", balbettò sorpreso Kano, "No, amico mio, è fra due credi, chi ha fede solo nelle bestie e chi anche negli uomini, questi due credi sono li, avvinghiati in una stretta mortale", concordò Real della Lira, che insieme al parigrado non si era spostato di un passo, forse per aiutare il comune alleato, forse per paura e stupore.
All’improvviso un possente ruggito quietò i pensieri dei due santi d’argento, Cernunnos lo aveva emesso, prima di saltare, quasi al di sopra degli alberi con un poderoso slancio. Il Tree Monk ed il Mariner, ricaddero rovinosamente a terra, schiantando ambedue le loro schiene al suolo, dove si creò una grande buca.
L’onda d’urto distrusse alcuni alberi, ma alla fine, i cosmi dei due avversari si spensero ed i santi d’Atene decisero di andare a vedere cosa era successo all’oracolo di Nettuno.
Grande fu lo stupore sui loro occhi nel vedere che entrambi erano a terra, sanguinanti e con le vestigia danneggiate in più punti, "Non deve essere stato un semplice salto", rifletté il santo della Lira, "No, probabilmente avranno combinato i loro cosmi in un’unica esplosione di rabbia ed energia, che li avrebbe fatti perdere nelle stelle, se solo non avessero speso tutta la loro forza in quella presa", ipotizzò il cavaliere del Pavone.
"Guarda, amico mio", esclamò poi Real, indicando la mano di Reptile, che si muoveva, ed il corpo del generale dei Mari, scosso dal suo respiro.
"Presto soccorriamolo", esordì Kano, gettandosi insieme al parigrado in quella fosse, da cui portarono fuori il corpo del custode della Colonna Antartica.
"Cernunnos è?", balbettò Reptile con un filo di voce, "Si, temo proprio di si, generale", gli rispose semplicemente il cavaliere della Lira, osservando la grande chiazza di sangue che si espandeva dal corpo del loro avversario.
Subito, ogni tipo di animale apparve dall’ombra, per andare a porgere l’estremo saluto a Cernunnos del Melo, signore degli Animali, che per il suo triste destino aveva abbandonato quasi completamente il mondo degli uomini.