Capitolo10: Corsa contro il tempo
Kano si rialzò a stento, il colpo scatenato da Kataga, il giovanissimo soldato che si trovava dinanzi a lui, era stato incredibilmente potente, una tempesta di neve lo aveva colpito e congelato le parti del suo corpo non coperte dalle sacre vestigia del Pavone.
"Sei bravo, ragazzo", si complimentò il santo d’argento, "In pochi riescono ad evitare che la ruota del Pavone si chiuda su di loro", spiegò riprendendo fiato, "Davvero? Per me è stato facile", affermò con gentilezza il giovane soldato del Cornolio.
Proprio questa semplicità nel parlare che innervosì il santo d’argento, "Ebbene vedremo se riesci a superare anche questo mio attacco", affermò il cavaliere del Pavone, concentrando il proprio cosmo nelle mani.
"Abbraccio dell’Oriente", urlò Kano, emanando il proprio cosmo sotto la forma di una sfera di luce verde.
Kataga alzò le braccia per difendersi, ma fu investito in pieno dal colpo del nemico.
"Nuovamente un punto per il giovane scozzese", affermò sconsolato Tok’ra di Virgo, senza aprire i propri occhi.
Kataga si rialzò subito, solo la spalliera sinistra era andata in pezzi, "Com’è possibile?", esclamò sorpreso il santo del Pavone, "Semplice, mi sono difeso con la spalla", ribatté sorridente il ragazzino.
Il cosmo gelido del giovane soldato del Cornolio si espanse, "Preparati a subire il mio attacco guida, ora", esclamò, mentre il cigno ritratto sulla corona brillava di una luce accecante, "Eala death", urlò poi il fanciullo.
La figura di un aggraziato cigno partì dal corpo del giovane guerriero, lasciando tutti sbalorditi, per primo Kano, che non alzò nemmeno le proprie difese dinanzi al mortale volo dell’animale.
L’elegante uccello d’acqua investì in pieno il santo del Pavone, circondandolo con un sottile strato di ghiaccio, che ne congelò il corpo e lo gettò a terra, apparentemente senza vita.
"Chi è il prossimo?", domandò con gentilezza e educazione Kataga ai cavalieri sbalorditi.
"Io, sarò il tuo prossimo avversario, per pulire l’onta fatta dal mio compagno d’addestramenti", esordì Tok’ra avanzando freddamente verso il nemico.
"Lui era il tuo compagno d’addestramenti?", domandò incuriosito il giovane soldato, "Si", rispose semplicemente il cavaliere della Vergine.
Proprio mentre i due si preparavano allo scontro, un cosmo frantumò dall’interno il sottile strato di ghiaccio che circondava il santo del Pavone, il quale si rialzò di scatto.
"Grazie, Tok’ra, ma continuo io questo scontro", esordì subito il cavaliere d’argento. "No", ribatté semplicemente il santo d’oro, rigettando a terra l’alleato con il proprio cosmo, "Sei troppo debole contro costui, sembra quasi che tu abbia dimenticato gli insegnamenti del grande Asceta", replicò semplicemente il santo della Vergine, prima di prepararsi alla lotta.
Kano era a terra, con gli occhi chiusi e la mente confusa, finché qualcosa non si affacciò ai suoi ricordi: il periodo degli addestramenti.
Ricordò il santo del Pavone, ricordò i periodi di duro allenamento passati in Tibet, presso il grande Kaor, l’asceta, i diversi allenamenti fuori dal comune per prendere pieno controllo sul proprio corpo attraverso la mente.
Ricordò i due mesi invernali passati in meditazione, l’ultima prova, da superare da solo.
"Per due mesi dovrai sopravvivere al freddo dell’inverno tibetano riscaldato solo dal tuo cosmo, futuro cavaliere d’argento e se riuscirai in ciò, solo allora le vestigia del Pavone, che furono del mio compagno d’addestramenti Shiva, ti riconosceranno come loro nuovo padrone", gli aveva spiegato l’ultimo allievo di Shaka.
Kano passò i due mesi coperto semplicemente da una sottile veste di lino, ma fu proprio in quel periodo che capì il vero obiettivo della prova: superare i limiti del corpo aprendo la mente, concentrarsi per non essere un corpo investito dalla neve, ma un tutto con la neve stessa, riuscire ad aprire la propria anima al mondo che lo circondava, combinandosi con esso, questo doveva essere il suo obiettivo e vi riuscì. Fu proprio alla fine di quella prova che sulla sua fronte di cavaliere di Atena si aprì il terzo occhio, il "Soul’s eye", che lo rendeva un tutto con il tutto ed un niente in mezzo al niente.
Furono questi ricordi a risvegliare la mente del santo di Atena, non doveva essere la sua rabbia, scaturita dalle semplici e derisorie maniere dell’avversario, a guidarlo in battaglia, ma il suo spirito stesso doveva combinarsi con lo scontro in atto, rendendolo tutt’uno con l’ambiente che lo circondava.
Quando Kano capì ciò, il suo cosmo ricominciò a vibrare dell’energia che lo caratterizzava fin dallo scontro con Dione, il titano cieco.
Tok’ra ancora non aveva attaccato il nemico, ma quando percepì la variazione nel cosmo del suo vecchio compagno d’addestramento, sorrise, "Cavaliere di Virgo", affermò il santo del Pavone, rialzandosi, "ti prego, lasciami completare lo scontro", chiese gentilmente, "Certamente, amico mio", rispose senza nemmeno voltarsi il successore di Shaka, che subito si allontanò.
Sul volto di Kataga si disegnò lo stupore nell’osservare il nemico che credeva sconfitto.
"Cosa ti turba, soldato?", chiese il santo d’argento, "Sulla tua fronte, si è aperto un terzo occhio, rosso", balbettò sorpreso il giovane scozzese, "Soul’s eye", affermò Kano, "l’occhio dell’anima, che mi permette di entrare in contatto con l’ambiente che mi circonda", spiegò il cavaliere di Atena.
"Poco male, ti sconfiggerò anche con tre occhi", ribatté sorridente il Tree Monk del Cornolio, "Non credo", rispose con un sorriso il santo del Pavone.
Nuovamente la tempesta di neve sembrò formarsi alle spalle di Kataga, "Snow crying", esclamò il soldato scozzese, "Ruota del Pavone", ribatté il santo di Atene.
"Un punto per Kano", concluse Tok’ra osservando il cosmo.
Le mani del Silver saint si mossero alla velocità della luce, parando tutti i colpi del nemico, quindi un diretto colpì in pieno volto Kataga, gettandolo indietro di diversi passi.
"Sei diventato più forte, complimenti, santo di Atena, si vede che solo l’ultimo volo del Cigno potrà sconfiggerti", affermò rialzandosi il giovane nemico, "Anche tu sei molto forte, giovane soldato, ti prego, cedi il passo, o il prossimo sarà il mio ultimo colpo", ribatté quietamente l’allievo di Kaor.
"Ti ho già detto che non posso", spiegò il celtico, concentrando il proprio bianco cosmo nella corona raffigurante un cigno.
"Nemmeno io posso lasciarmi fermare in questo piano con i miei compagni d’arme", gli disse il giovane triclope, mentre una luce intensissima scaturiva dal suo terzo occhio.
"Eala death", urlò allora Kataga del Cornolio, "Eye power", rispose Kano del Pavone.
I due colpi corsero uno verso l’altro alla velocità della luce, finché la sfera d’energia emanata dal santo di Atena divenne invisibile.
Il cavaliere del Pavone subì in pieno il colpo del nemico, ma sembrò non riceverne alcun effetto, il suo cosmo sciolse il ghiaccio che lo avrebbe dovuto congelare.
"Sei stato più bravo di me", esclamò allora Kataga, mentre le vestigia marroni del Cornolio andavano in pezzi ed il suo corpo cadeva a terra, senza vita.
"Mi dispiace, mio giovane avversario", sussurrò Kano, prima di cadere in ginocchio.
"Tutto bene, cavaliere?", esclamò Rabat, avvicinandosi al parigrado con gli altri Silver saints, "Si, la mente non sente il dolore, ma credo di avere alcuni muscoli congelati", spiegò il santo del Pavone, rialzandosi.
"Non c’è tempo per curarlo qui, Odeon", esclamò all’improvviso Myokas, rivolgendosi al santo del Leone, "Dobbiamo uscire da questa trappola ed abbiamo poco tempo", concluse il custode della Nona Casa, avanzando con tutti gli altri cavalieri.
"Anche Kataga, il giovane soldato, è caduto", disse Gwyddyon, ancora seduto vicino ad Ogma, "Mi dispiace per Belenos", concluse poi, trattenendo le lacrime, lo sciamano maggiore.
Il gruppo di eroi continuò la sua corsa adesso consapevole di un limite di tempo entro il quale avrebbero dovuto superare quel piano di transito.
La corsa, però, fu fermata da una figura, esile e leggiadra, che si pose dinanzi a loro, "Spiacente, fine del gioco", esordì la voce femminile della nuova avversaria.
"Spostati, guerriera, anzi segui i nostri passi, poiché ben presto questa dimensione si chiuderà su se stessa, intrappolandoci tutti", ribatté Botan del Cancro.
"So del limite di tempo che vi è stato imposto per fuggire, ma proprio perché ho potuto seguire l’evolversi di questa battaglia non vi lascerò passare, anzi cercherò di trattenervi per tutto il tempo limite", concluse la guerriera celtica.
"Sei pronta a sacrificarti? Capisco l’ingenuità di Kataga, ma tu sembri più saggia, almeno all’apparenza", esclamò stupita Zadra dello Scultore, facendosi avanti verso la Tree Monk.
"Quando un mese fa il sommo Dagda ci spiegò il piano, pensai che era eccessivo da parte di Mannanon intrappolare i Silver saints per poi prendere anche voi, gold saints.
Quando però ho visto Hirihody, veloce e potente, sconfitto da un guerriero senz’armatura, la mia sicurezza ha iniziato a barcollare, poi Nion il furbo, Ullifu l’armaiolo e Dilyve, il migliore fra noi messaggeri, sono stati tutti sconfitti da voi cavalieri. Ho percepito i vostri cosmi raggiungere questo piano e liberare i vostri compagni, che si sono dimostrati potenti e minacciosi quanto tutti voi. Avete sconfitto l’abile Nebol, il cupo Hazel ed il potente Kataga, secondo solo ad Ioho fra i soldati celtici, non siete da sottovalutare.
Fortunatamente qualcuno fra gli sciamani ha deciso di intrappolarvi qui ed io, Rylica del Cipresso, fermerò la vostra corsa, cavalieri", concluse la messaggera, mostrandosi ai suoi nemici.
Aveva vestigia avane, tendenti al bianco, le spalliere, così come i gambali e le coperture per le braccia erano dei blocchi, caratterizzati da tagli profondi, che li rendevano ispidi alla vista, rammentando, a chi come Camus li aveva visti in foto, i gambali che Hyoga portava ogni qual volta non indossava le sacre vestigia del Cigno di Atena.
Il pettorale e la cinta erano aderenti al corpo, così da far risaltare le bellissime forme della guerriera.
La forma delineata di un coniglio copriva il capo della messaggera dai biondi capelli, lunghi così tanto da coprirne le spalle, seppur alcune ciocche scendevano verso il volto, nascondendo a momenti gli occhi rossi di Rylica.
"Cavalieri, scattate via quando ve lo dirò", esordì allora una voce dal gruppo di santi e loro alleati, era Helyss.
"Che cosa?", esclamò sorpreso Bifrost, "Cavaliere di Megrez, fidati di me, la fermerò e poi vi raggiungerò, sbrigatevi ad andare", ribatté la sacerdotessa del Pittore, scattando verso l’avversaria.
"Dove pensi di andare?", esordì divertita Rylica, scattando verso l’avversaria.
Le due guerriere si lanciarono pugni e calci ad altissima velocità, i santi d’argento, quelli d’oro, i guerrieri di Asgard ed i generali dei mari osservarono la battaglia senza poter intervenire, né spostarsi, poiché erano consapevoli della velocità con la quale la messaggera del Cipresso avrebbe potuto raggiungerli e fermare i loro passi e finora non avevano percepito il suo cosmo.
"Sigilli", esclamò all’improvviso la sacerdotessa del Pittore.
Pochi secondi dopo, tutti videro Rylica del Cipresso ferma, paralizzata al centro del lungo corridoio di luce ed ombra, i colori di Helyss avevano paralizzato i movimenti dell’avversaria, costringendola alla resa, almeno apparentemente.
"Andate via, resterò qui a controllare che non tenti qualche stupidaggine con gli arti superiori", ordinò poi la sacerdotessa del Pittore, ponendosi dinanzi ai propri compagni.
"Facciamo come ha detto mia sorella", esclamò seccamente Zadra, correndo avanti insieme a Real della Lira e gli altri cavalieri d’argento.
Subito gli altri cavalieri seguirono il loro esempio, "Non farti ammazzare, pelle azzurra", sussurrò Bifrost, passando vicino alla sacerdotessa del Pittore.
Rylica sembrò non arrendersi, anzi si contorceva, per cercare di smuovere le gambe, "Non provarci nemmeno, guerriera, sarebbe inutile, i simboli che hanno raggiunto i tuoi arti li paralizzeranno ancora per mezz’ora", spiegò Helyss, voltando le spalle alla nemica.
"Luna rotante", esclamò la messaggera, appena la sacerdotessa le voltò le spalle.
La Silver saint del Pittore tornò sui propri passi in tempo per vedere Rylica che impugnava qualcosa nascosto sulle sotto i lunghi capelli, un gigantesco disco bianco, che lanciò contro l’allieva di Shaina.
Helyss sollevò le braccia per difendersi, così da parare con la corazza la maggior parte del colpo nemico, ma un lieve taglio si produsse sul suo braccio mentre il disco rotante si allontanava da lei.
"Attacchi alle spalle?", domandò stupita la sacerdotessa d’argento, "Si, tuttora", rispose beffarda la messaggera.
Helyss rimase perplessa per la risposta, ignara che il disco rotante non era tornato dalla propria padrona, ma si era alzato in cielo, dividendosi in due mezze lune, che ora si dirigevano verso la sua schiena.
"Forse non vi fermerò tutti, ma a te ti ammazzo", tuonò Rylica del Cipresso.
La sacerdotessa del Pittore si voltò appena in tempo per evitare che i colpi la raggiungessero in punti vitali, ma venendo colpita alle braccia, in due zone scoperte, così da cadere a terra sanguinante.
Un urlo fermò il passo di Bifrost, "Helyss", si disse, prima di voltarsi e correre indietro, verso la sacerdotessa a lui tanto cara.
"Fermi", ordinò all’improvviso Freiyr, che aveva raggiunto la testa della fila, "quella deve essere l’uscita", esordì il Re di Asgard, indicando un secondo muro d’argento.
"Esatto, cavaliere", esclamò una voce, "ed io sono il suo ultimo guardiano", si presentò un altro messaggero, che sosteneva un lungo corno bianco.