Prologo
Un vaso di colore bianco brillò malignamente nella sala del trono che fu di Zeus, Urano lo teneva alto sopra il suo capo.
"Udite il mio richiamo, o sommi giganti,
voi, che siete ora spiriti fiammeggianti.
Risvegliati dal tuo sonno millenario, Porfirione,
tu, che d’ogni vento puoi diventare il padrone.
Ritorna a brillare, Encelado, signore del Fuoco,
gigante furente, che del mondo potrebbe fare un rogo.
Richiamo anche te al mio cospetto, Ifiliate dei Mari,
che più volte onorasti i miei altari.
E per ultimo ci sei tu, Alcineo, gigante terreno,
tanto maligno da essere della terra il veleno",
cantò l’Arcano Dio, mentre la copertura del vaso esplodeva e quattro piccole fiamme si disponevano fra i comandanti titani ed Urano.
"Mio sommo signore, questi sono i giganti?", domandò Iapetus, titano e dio della Guerra, "Si, Feroce Titano, costoro furono i quattro giganti, rinchiusi in questo vaso da Zeus, durante la battaglia in cui voi tutti periste, millenni fa. Ora vi concederò le anime dei giganti, se a contatto con il loro ambiente naturale, vi permetteranno di richiamare i corpi di questi maestosi esseri senza armature, ma con una forza più che divina", spiegò l’Arcano Dio.
Le quattro piccole fiamme si posero dinanzi a Iapetus, Ganimede, Oberon e Titanio, "Ricordate, li dovrete liberare solo in casi estremi, poiché essi già una volta tentarono di ribellarsi a me, ma il loro odio per Zeus è superiore a quello per me", ordinò infine Urano.
"Ora andate, miei fedeli titani, siete rimasti in dodici e chi di voi sopravvivrà, dovrà essere un vincitore, altrimenti io stesso lo eliminerò", concluse la Divinità antica, prima di mandare via i suoi guerrieri dalle armature di titanio.
Urano rimase solo, seduto sul trono di Zeus, appoggiò la testa sullo schienale e sorrise, "So che sei dietro quella tenda, centimane. Non ti preoccupare, anche a te sarà concessa vendetta per i tuoi due fratelli, entrambi uccisi da alcuni di questi cavalieri olimpici rimasti", esordì il dio, rivolgendosi ad una figura nell’ombra.
"Mio sommo signore", ribatté una sibilante, ma rude, voce, "chiedo solo di poter massacrare quelli esseri inferiori", supplicò il centimane nell’ombra.
"Avrai questa possibilità, poiché mentre i fedeli titani difenderanno i quattro varchi ancora chiusi, tu, feroce figlio mio dalle cento braccia, massacrerai gli esseri umani, spargendo morte e distruzione sulla terra e distraendo i cavalieri", spiegò semplicemente l’Arcano Dio.
"Grazie, sommo padre", furono le uniche parole del centimane, prima di scomparire nel nulla.
I cadaveri dei due centimani erano ancora nelle grotte dei fabbri, fu Nifer, con l’aiuto del fratello Sial a gettarli in fra le fiamme di una loro fucina.
I diversi cavalieri ritornarono dalle loro missioni, ognuno di loro portava degli oggetti che sarebbero stati utili per la futura battaglia, ma oltre ad essi ed a nuovi guerrieri, loro alleati, i cavalieri portavano anche tristi notizie di morte e di sventura che li avevano colpiti, uccidendo grandi guerrieri come Aiace, Gallio, Noa, Osol e molti altri.
Subito i feriti furono lasciati riposare e per curarli si usarono antiche arti che Koryo aveva imparato nelle terre d’Oriente, nel qual tempo, Nifer e Sial, tristi per la morte del fratello, lavorarono insieme agli altri fabbri le diverse armature, bagnandole con il sangue di Hemdall, dio nordico sacrificatosi per questa guerra.
Passarono alcune ore, poi Rhadamantis si svegliò, "Cosa è successo?", domandò il judge, notando Odeon vicino a lui, "Ho finito il centimane che tu hai sconfitto, spectre di Wyburn", rispose il santo d’oro, "Ed i nostri compagni sono tornati, fra qualche ora vi sarà una nuova adunanza, l’ultima prima della battaglia finale, quindi riposa, nobile guerriero di Hades", furono le ultime parole che Rhadamantis sentì, prima di calare nuovamente in un profondo sonno.
Mentre lo spectre di Wyburn e molti altri si riposavano, il suono dei martelli nelle fucine e le voci dei cavalieri nella sala centrale del nascondiglio, si combinavano, sovrastando i pianti ed i racconti che Abel, Kain ed Esmeria facevano al padre ritrovato e dato per morto. Grande era insieme la gioia ed il dolore per Ikki ed i suoi tre figli ancora vivi, malgrado l’ultima fase della Guerra con Urano fosse quasi giunta.