Capitolo 28: Le parole degli dei – 2° parte
"Nobili god warriors, Asgard deve essere ricostruita, la stirpe reale ha ormai un solo rappresentante e per di più non è una donna. Quindi ho deciso che finché non vi sarà una nuova fanciulla della stella di Polaris, la celebrante di mio padre sarà questa guerriera a me cara", esordì Balder, indicando la figlia di Cyd di Alcor.
Gutrun rimase sorpresa per queste parole, "Abbandonerai le vestigia della Tigre di Mizar e diverrai la celebrante di Odino, questa sarà la tua nuova vita", spiegò il dio, "E sarà il nuovo Re di Asgard ha darti questo titolo, secondo il rito", aggiunse.
"Freiyr, porgimi la spada di mio Padre", ordinò la divinità nordica e subito il cavaliere di Dubhe seguì l’ordine.
La spada Balmung brillò in cielo, "Tu, Freiyr, figlio di Siegfried e di Hilde di Polaris, ultimo discendente della famiglia regnante su Asgard, prendi ora il posto che ti spetta sul trono del Sacro Regno. Io, Balder, figlio di Odino, ti nomino re di Asgard", sentenziò la divinità, appoggiando la lama della spada sul capo del nuovo sovrano.
"Ovviamente ciò non ti obbliga a sposare Gutrun", affermò sorridente Balder, dopo aver restituito la spada al nuovo Re.
"Adesso vi saluto, cavalieri", esclamò poi il dio, scomparendo in una folata di vento freddo.
"Se permetti, caro sposo", esordì subito dopo Era, facendosi avanti verso i due Goshasei rimasti.
La regina dell’Olimpo si pose dinanzi ai due guardiani, "Voi siete gli unici rimasti del possente esercito a me consacrato ed io vi chiedo di continuare nel vostro compito, Goshasei del Falco e del Pavone, servite Cartagine e custodite il suo popolo e la sua Regina", spiegò la dea, prima di voltarsi verso Esmeria.
"Tu, figlia di Ikki e di Didone, la mia prediletta, hai combattuto per divinità asiatiche, ma ora potrai fare qualcosa di più grande: congiungere tre mondi, quello dei santi di Atena, da cui proviene tuo padre, quello asiatico, in cui hai vissuto per anni, ed infine il mio, il mondo cartaginese, tu sarai la nuova Regina di Cartagine", ordinò la dea, sollevando il braccio destro.
Una luce sfavillante nacque sul palmo della mano divina, per poi prendere la forma di una bianca corona, "Ma quella è", balbettò Kain, "Si, figlio di Didone, questa è la corona di tua madre, fui io stessa a forgiarla ed ora, dopo che la prima fu persa per mano di Leda, ricreo quest’opera d’arte per la degna figlia della mia prediletta", affermò sorridente Era, posando la corona sulla bella chioma della figlia di Ikki.
"Ave a te, Regina Esmeria", salutò la divina Era. "Lascio a voi, miei Guardiani, la sua difesa", concluse la divinità, prima di scomparire in un bagliore di Luce.
"Non andate, god warriors", esordì all’improvviso Hyoga, rivolgendosi a Freiyr ed i suoi seguaci, che stavano per allontanarsi, "E nemmeno tu, figlia mia", aggiunse Ikki, dopo essersi asciugato di nascosto delle lacrime di gioia.
Quelle breve parole dei cavalieri divini furono superate dal passo di Nettuno, che avanzò verso i suoi quattro mariners, "Miei fedeli soldati, vi alzo una lode, voi avete saputo affrontare e sconfiggere questo dio e colui che lo seguiva e si chiamava Ganimede, un vile traditore. Non ho molto da darvi, eccetto dei titoli onorifici", esordì il dio dei Mari.
"Tu, Neleo di Hammerfish, hai dimostrato coraggio e determinazione in questa guerra, hai saputo affrontare ogni nemico anche a rischio della tua vita, quindi ti eleggo Supremo comandante dei Mari, solo io, d’ora in poi, sarò degno di importi degli ordini in tutti i Mari", iniziò il dio, appoggiando la propria mano sulla spalla del giovane, "Tu, Reptile dell’Anaconda, ti sei dimostrato altrettanto coraggioso, ma anche saggio e paziente, quindi per te, custode della Colonna Antartica, il titolo di sommo Sacerdote ed oracolo di Nettuno. Prenderai il posto del mio fedele e defunto Sorrento e come lui sarai un’abile guida nei momenti di perdizione", si congratulò la divinità dei Mari.
"Quindi tu, Kain di Shark, detto lo Squalo d’Oro, non sarai un comandante presso il mio esercito, ma ti concedo il titolo di Primo guerriero dei Mari, coraggio, forza ed imprudenza, tre doti secondo il mio punto di vista, che di certo non ti mancano", affermò Nettuno rivolgendosi al figlio di Ikki.
"Per te, Argo di Calamary, non ho alcuna carica da concederti, ma ti regalerò un oggetto, per dimostrarti la gratitudine che io, un dio, provo verso di te, mio fedele soldato", spiegò la divinità dei Mari, concentrando il proprio cosmo nella mano destra.
Dopo alcuni secondi apparve un ciondolo con un tridente rappresentato all’estremità, una rarità di bellezza, completamente fatto d’oro.
Nettuno stesso lo pose intorno al collo del generale di Calamary.
"Vi saluto, miei mariners, restate qui ad ascoltare le parole dei santi di Atena, poiché vent’anni fa sancì un’alleanza con questa mia nipote, dopo averla per molti anni combattuta", spiegò il dio dei Mari, prima di scomparire.
Fu quindi Atena a farsi avanti con l’aspetto di Saori Kido, "Cavalieri, non posso concedervi la pace e la gioia che gli altri dei hanno augurato ai loro fedeli guerrieri, malgrado la meritiate come loro e forse di più", esordì la dea, "Lo sappiamo, grande Atena", rispose Seiya, primo dinanzi ad Atena.
"Però è giusto concedervi la verità sul piano dei miei cinque grandissimi cavalieri divini", spiegò la divinità con un sorriso.
"Si, somma Atena", concordò Shiryu, voltandosi verso i cavalieri più giovani.
"Vent’anni fa, dopo la cattura di Ares da parte di Eolo ed Ermes, fu la stessa dea Atena a farci incontrare Zeus", esordì il cavaliere del Dragone Divino, "Quando, padre?", domandò sorpreso Ryo, "Mesi prima della nascita tua e degli altri cavalieri nostri figli", gli rispose Shun di Andromeda.
"In ogni caso", riprese Shiryu, "il Sommo Zeus ci parlò di Urano, ci raccontò della guerra che Egli stesso con i suoi dei più fedeli aveva sconfitto i titani, i centimani ed i giganti al servizio dell’Ancestrale divinità del Cielo e poi ci parlò dei Simboli del Comando, ma ci fece anche promettere di non raccontare a nessuno tutto ciò", iniziò a raccontare il santo divino, "in quella circostanza, iniziammo a progettare il nostro Piano", concluse.
"Quale piano?", domandò incuriosito Myokas di Sagitter, "Vedete, cavalieri, il difetto maggiore dei Simboli del Comando risiede in chi lo recita. Dopo la morte di Brama, Odino e Hades, Urano riuscì a liberarsi dalla sua prigionia, perché tre delle quattro divinità che si erano impegnate nell’imprigionarlo erano cadute, ma, pensammo allora, se fossero degli esseri già morti a compiere il rito questo difetto sarebbe superato", cominciò a spiegare Pegasus, "per questo accettammo di lasciarci uccidere durante la battaglia che i titani scatenarono al Santuario", raccontò.
"Più precisamente saremmo dovuti essere, io, Shiryu, Shun ed Ikki a morire, non tu, Seiya", ribatté Hyoga, "mai tuoi cambiamenti repentini di programma non erano stati calcolati, così ci siamo ritrovati io e Phoenix a guidare i sopravvissuti", affermò il santo del Cigno.
"Non avevo immaginato che tutti quei cavalieri sarebbero caduti in questa guerra", ribatté Seiya, "quindi chiedo scusa a tutti voi, per aver sacrificato le vostre vite e quelle dei vostri cari", spiegò poi il gran Sacerdote, rivolgendosi ai cavalieri sopravvissuti.
"Sommo Seiya, in ogni guerra muoiono dei combattenti, eravamo coscienti di poter morire già quando giorni fa Belinda ed i suoi titani raggiunsero il Grande Tempio", spiegò Lorgash di Capricorn, "Inoltre anche tutti voi avete perso le persone a voi care", aggiunse con tono triste Golia del Toro.
"Ora", tuonò poi la voce di Zeus, "cavalieri divini, uno di voi sarà fatto risorgere per continuare a guidare questa nuova generazione di eroi", spiegò il padre degli dei.
I cinque si guardarono, poi Ikki avanzò: "No, sommo Zeus, la ringraziamo, ma ognuno di noi sa che ritornare in vita è un pericolo perché in ognuno di noi vi è parte della prigione di Urano, solo con la nostra morte Egli rimarrà prigioniero", spiegò il santo della Fenice Divina.
"Allora, nobili cavalieri, vi darò un altro dono, il titolo di semidei della giustizia, che possiate essere innalzati all’Olimpo, seppur come uomini non morti, proprio come i miei due figli Castore e Polluce, che condividono la morte e la natura divina", concluse la divinità suprema dell’Olimpo.
"Seiya", esclamò poi Atena, "Scegli tu chi sarà il nuovo gran sacerdote di Atene, come ultimo sacerdote e tuo dovere e diritto", spiegò la dea.
I cinque si guardarono ed osservarono poi i cavalieri ai loro piedi, "Scegli, Seiya, chi dovrò far tornare dal mondo dei morti per prendere questo ruolo?", domandò nuovamente la dea.
Il cavaliere di Pegaso si voltò verso i quattro amici, i quali gli sorrisero, "Sappiamo tutti a chi stai pensando, cavaliere, dì pure quel nome", affermò Shiryu, stringendo la mano all’amico.
"Se è possibile, somma dea Atena, desidererei che fosse Shaina dell’Ofiuco a prendere il mio posto", spiegò il cavaliere del Divino Pegaso.
Saori sorrise ed un bagliore accecò la zona circostante Sparta, pochi secondi dopo, Shaina, rinata e coperta da un magnifico e sottile vestito bianco era in piedi dinanzi al gruppo di cavalieri.
"Dove sono?", balbettò la donna, sorpresa nel vedere quei guerrieri, poiché si credeva morta.
In pochi minuti Atena stessa spiegò tutti gli avvenimenti alla sacerdotessa dell’Ofiuco, che pianse nel capire quale estremo dono Seiya gli stesse facendo.
I due amanti, che mai si poterono amare, si abbracciarono, "Non ti ho potuto dare la mia vita, ebbene ti darò la mia non vita", scherzò il santo divino, stringendo a se Tisifone.
"Ora, semidei, è tempo di salire al cielo", esclamò Zeus, interrompendo il momento d’affetto.
Ikki si avvicinò allora ai suoi due figli, "Kain, so che sei grande e forte e sono sicuro che proteggerai con determinazione Nettuno, ma insieme combatterai per ciò che è giusto", esordì parlando al figlio maggiore, "e tu, Esmeria, sei proprio come ti ho sempre immaginata negli anni in cui non eri con noi. Vi osserverò entrambi dal Paradiso dei Cavalieri con i vostri fratelli e vostra madre, ed insieme saremo orgogliosi di voi, come io lo sono adesso", concluse il santo della Divina Fenice.
"Daidaros, piccolo mio", esordì Shun, abbracciando il figlio, "ti sorveglierò sempre dall’alto del Cielo con tua madre e ricorda sempre che nei momenti più difficili, quando non ci saranno i tuoi compagni e fratelli di molte battaglie, avrai comunque me, sarò per sempre con te, attraverso il tuo spirito ed i tuoi ricordi", affermò il santo di Andromeda, salutando il figlio.
Camus si strinse al padre, "Mio giovane figlio, ti lascio la custodia dell’Undicesima Casa ed il dominio sulle energie fredde, ricorda sempre il titolo che ti è proprio e non desiderare di raggiungere presto né me, né tuo madre, o tuo fratello. Ti attenderemo, ma senza alcuna fretta", disse sorridente Hyoga del Cigno Divino a suo figlio.
Ryo e Shiryu si strinsero in un abbraccio, "Resta vicino a tua madre in questi giorni, la sofferenza che proverà, sarà di certo moltissima, ma cerca di consolarla, so che tu sei un guerriero molto forte, figlio mio, e saggio, non perdere mai queste tue due caratteristiche, poiché sono le doti che penso proprio di averti trasmesso", gli spiegò sorridente il santo del Dragone Divino.
Seiya abbandonò l’abbraccio di Tisifone, "Cavalieri tutti qui riuniti, vi affido le redini della Giustizia e della Speranza, Shaina vi guiderà finché voi stessi non sarete pronti a camminare completamente sui vostri piedi. Myokas, Odeon, allievi miei, e tutti voi che ad Atena siete fedeli, ricordate sempre quale grande forza caratterizza i santi di Atena, quella di compiere miracoli", spiegò il cavaliere di Pegaso Divino.
I cinque eroi, ormai divenuti semidei, si avvicinarono a Zeus ed Atena, "Arrivederci, miei cavalieri", salutò la dea, poi un bagliore accecante ed una folgore ruppe il cielo e la terra.
Le due divinità ed i cinque eroi non erano più a Sparta.
L’armatura della Divina Fenice volò a Cartagine, vicino alla tomba di Didone; le vestigia della Divina Andromeda raggiunsero l’isola dove Shun le aveva ricevute; il Cigno Divino volò ad Asgard, simbolo di un’eterna alleanza; il Dragone Divino, invece, raggiunse Goro – Ho, dove una donna, Shunrei, rimase per anni ad osservare quelle magnifiche vestigia, che vent’anni prima un ragazzo aveva risvegliato dalle profondità dei Cinque Picchi.
L’armatura di Pegaso Divino, infine, raggiunse il Grande Tempio e si pose alla sinistra del trono che apparteneva al gran Sacerdote, mentre sulla destra sarebbero state poste le vestigia dell’Ofiuco, o ciò che ne restava, finché Shaina non avesse trovato una degna persona a succederle come santo d’argento.
Ora la Guerra contro Urano era finalmente conclusa.