Capitolo 27: Le parole degli dei – 1° parte
Quando il fumo sul campo di battaglia si diradò, le divinità che aleggiavano sulla città di Sparta poterono osservare il gruppo di eroi sparsi sul terreno, apparentemente morti.
Di Urano e del Varco verso il Tartaro non vi era più alcuna traccia, anche le quattro colonne di luce andavano lentamente affievolendo la loro luce.
In quel silenzio spettrale un sussulto ed un colpo di tosse furono come un tuono: Connor lentamente si stava rialzando, controllo con le mani di essere ancora tutto intero, quindi, quando ne ebbe la piena certezza, il Guardiano del Falco scoppiò a ridere, forse più per il passato spavento che per la nuova gioia di essere ancora vivo.
Lentamente tutti e quarantaquattro gli eroi si risvegliarono ed esultarono per la fine di quell’assurda e sanguinaria guerra scatenata dal dio Urano, che era finalmente tornato nella propria eterna prigione.
Kain aiutò Neleo a Argo a rialzarsi, Joen si abbracciò con Reptile, Esmeria e Koryo si strinsero la mano, così come molti altri guerrieri, compagni in quest’ultimo estremo tentativo di vittoria, risultato vittorioso.
Nella gioia quasi nessuno si accorse che le quattro colonne di luce si erano ormai spente, ma tutti notarono qualcosa di diverso: Daidaros, che si abbracciava con Gallio, Esmeria e Kain, avvicinatisi al fratello Abel, Neleo e Sial, stretti intorno all’amico Kiki, e Clio, congiuntasi in un pianto insieme di gioia ed amarezza ad Alcyone, furono i primi a vedere i quattro cavalieri d’oro scomparire nel cielo da cui erano stati richiamati e le quattro armature ormai vuote si ricomposero in mezzo al gruppo di eroi.
Quando i quattro eroi ritornati momentaneamente alla vita scomparvero, arrivarono i cinque santi divini, "Padre", esclamarono quasi all’unisono i figli di questi grandi guerrieri che avevano superato con le sole proprie forze la Morte, "Maestro", aggiunsero altri tra la folla, tutti correndo verso i guerrieri creduti morti.
Questo momento di gioia fu però interrotto dall’esplodere di dodici cosmi divini, che si presentarono al gruppo di eroi sotto forma spirituale, ma fisicamente distinguibile e visibile.
Il gruppo di eroi nel vedere i dodici dei olimpici dinanzi a se, si inginocchiò.
Gli dei non proferirono parola, probabilmente perché coscienti degli altri tre cosmi che velocemente si avvicinavano, per poi apparire dinanzi a tutti.
"Ci siete riusciti quindi, guerrieri olimpici? Molto bene", esordì una delle tre nuove divinità, che in molti riconobbero fra i presenti.
"Salve Zeus", disse con deferenza questo nuovo dio appena giunto, "Ra, è un piacere rivederti", lo salutò il padre degli dei, ricevendo per tutta risposta uno sguardo fra il derisorio e l’ostile.
"Anhur, Sed, Sekhmet, miei nobili guerrieri, avete compiuto la vostra parte, adesso possiamo tornare in Egitto, l’esercito nemico è stato debellato", ordinò il dio egizio.
I tre si alzarono, avvicinandosi al loro dio, a cui Sed, inchinandosi, porse l’oggetto che Shun gli aveva tornato pochi secondi prima: lo scettro di Anubi.
"Guerrieri olimpici", esordì Ra, "se un giorno avrete ancora bisogno dei Pharaons egizi, voi, e non i vostri dei, sarete ben accetti", affermò il dio egiziano, squadrando il signore dei Mari.
Sed si avvicinò subito alla propria divinità, mentre Anhur e Sekhmet sembrarono perplessi e tristi nel lasciare gli alleati.
"Cavalieri, per tutti questi anni ho sempre pensato che voi che proteggete la Grecia e l’Olimpo, foste solo un gruppo di effeminati combattenti senza alcuna forma di coraggio, dediti più all’arte che alla lotta, ma questo poco tempo passato con voi mi ha dimostrato il grande valore che possedete e le immani cose che siete capaci di fare, vi saluto nobili guerrieri, arrivederci grande Myokas di Sagitter, addio possente Rhadamantis di Wyburn", li salutò tutti Anhur di Selkit, avvicinandosi al proprio dio supremo.
"Cavaliere d’argento", urlò Sekhmet, rivolgendosi a Kano del Pavone, "abbiamo uno scontro da finire, ricordalo", lo avvisò con un sorriso affascinante sul volto, "Si, guerriera egizia", concordò il santo di Atena.
Dopo queste poche parole, i tre Pharaons furono pronti a ripartire con il loro sommo dio Ra, "Arrivederci, cavalieri olimpici", salutò il dio egizio, alzando il braccio destro.
Pochi secondi ed un cumulo di sabbia circondò i tre guerrieri ed il loro dio, lasciando solo un lieve strano di polvere del loro passaggio.
Avanzò quindi un’altra divinità a molti nota, "Salve Shiva", lo salutò per prima Atena, "Ave a te, dea della Giustizia, ed a tutti voi, dei olimpici qui riuniti", gli rispose con magnifico garbo e gentilezza il dio indiano dal poco divino aspetto.
Shiryu e Koryo si voltarono contemporaneamente verso il dio orientale, "Sommo Shiva, eccovi la spada di vostro fratello", gli dissero, porgendogli la sciabola di Visnù, "Vi ringrazio, cavalieri, ma ora, Seiryu, è tempo di andare anche per noi", affermò con gentilezza la divinità.
Subito Koryo ed Esmeria si alzarono in piedi.
Il guerriero del Drago Orientale salutò con un inchino il proprio maestro e con un abbraccio i compagni d’addestramento e fratelli in questa grande battaglia.
Esmeria pianse, abbracciando il padre, "Tu no, figlia di Ikki", esclamò all’improvviso Shiva, mentre la ragazza si allontanava dalle braccia paterne.
"Come?", balbettò sorpreso Kain, inconsapevole, apparentemente, della divinità a cui si era rivolto, "Si, generale dei Mari, tua sorella non tornerà in Asia con noi, Cartagine è la sua casa ed il luogo in cui lei dovrà innalzare il proprio regno", rispose il dio indiano.
"Non considerarti però esentata dai tuoi doveri di Beast Keepers, tu, Suzaku, resterai sempre la custode del Cielo Meridionale, ma sarai allo stesso tempo la regina di Cartagine, città sacra alla regina dell’Olimpo, Era. Sarai un anello di congiunzione fra due mondi", spiegò Shiva, "Ed ora ti saluto, regina Esmeria", concluse il dio, con un lieve inchino.
"Andiamo, Seiryu", ripeté, "Byakko ed i soldati delle Armate Indù sopravvissuti ci attendono", ordinò, prima di scomparire in un bagliore con Koryo.
"Sommo Zeus, io qui sono solo un ospite, quindi prego, siate prima voi, dei olimpici, a parlare", esordì Balder, arrivato insieme a Gutrun.
Gli dei dell’Olimpo si guardarono fra loro ed uno avanzò, i cinque santi divini lo riconobbero, egli era Hades.
"Rhadamantis, Minosse, miei spectres, siete stati abili combattenti, molto forti e determinati, ora riposate, miei soldati, fra 250 anni una nuova guerra ci attenderà contro Atena ed i suoi soldati", ordinò il dio redivivo, sollevando il braccio destro, "Potrete riposare, voi e gli altri miei fedelissimi guerrieri", concluse.
I due judges si avvicinarono all’immagine del proprio dio, ma Rhadamantis si fermò, voltandosi verso i cavalieri d’oro.
"Addio, coraggiosi santi di Atena, sia lode a voi, che siete riusciti a farvi rispettare da un nemico, quale io sono, grande è il vostro coraggio e la volontà di sacrificarvi per i vostri compagni. Spero che i vostri successori siano degni delle vostre grandi qualità e coraggio, ma costoro avranno la sfortuna di trovare un nemico con la stessa valorosa capacità di sacrificarsi", salutò il judge di Wyburn con un beffardo sorriso sul volto.
Hades ed i suoi seguaci scomparvero, per ritornare ai propri riposi centenari, fino alla successiva guerra sacra.
Fu quindi Ares a farsi avanti e subito Jenghis si inginocchiò ai suoi piedi, "Non ti chiederò, mio fortissimo guerriero, di scatenare guerre per me, né di preparare delle nuove armate, sembra che questo periodo non sia il più fortuito per i miei bersekers, ma ti ordino, qualsiasi desiderio tu abbia per il futuro, di partecipare a qualunque battaglia ti capiterà lungo tutta la tua vita. Sventola al cielo l’Ascia che ti ho donato e sporcala con il sangue dei nemici, così mi onorerai", questo fu l’ordine che il dio della Guerra diede al suo ultimo servitore, prima di scomparire.
Il berseker dell’Avvoltoio, una volta conclusosi il discorso del dio, si alzò in piedi, prese l’elmo di Adtula, ultimo ricordo del suo comandante ed iniziò ad allontanarsi.
"Dove vai, berseker?", domandò Sial di Sterope, "Il mio signore è stato chiaro, devo combattere, ma prima di fare ciò onorerò la memoria dei bersekers di Ares ed in seguito viaggerò per il mondo, cercando battaglie giuste, non voglio che la memoria dei bersekers sia solo quella di sanguinari guerrieri del dio della Guerra", rispose semplicemente Jenghis, prima di allontanarsi all’orizzonte.
Il cielo su Sparta stava ormai imbrunendo, mentre anche Dioniso si faceva avanti, per parlare alla sua ultima baccante.
"Awyn, mia fedele guerriera, tu sola sei rimasta del mio grande esercito e non è nella mia natura spingerti a partecipare a nuove guerre, poiché né questa appena finita, né quella contro Ares vent’anni fa, furono da me agogniate, quindi ti chiedo solo una cosa, mia ultima baccante: vivi e godi le gioie dell’esistenza, anche per i tuoi compagni caduti", furono queste le semplici parole del dio, che concentrando il suo cosmo, creò dal nulla una piccola otre violacea, "Tieni questo con te, è questo il mio ultimo ordine, riempilo di vino e sorseggia gioiosamente il nettare a me sacro, quando ne avrai desiderio", propose il nobile dio, porgendo l’oggetto alla sua ultima guerriera.
Awyn della Vite accettò il dono, mentre il dio del Vino scompariva dalla città di Sparta.
Fu quindi il turno di Artemide, che parlò alle sue due amazzoni, "Figlie miei, la vita nei boschi è ciò che vi auguro, gioite della caccia e trovate delle nuove sorelle a cui unirvi, non chiederò più che partecipiate a delle battaglie per me, già troppe perdite vi sono state nel popolo a me sacro", spiegò la dea, "Grazie, somma Artemide", affermò Elettra, inginocchiandosi dinanzi alla divinità della Caccia.
La dea fece un passo indietro, "Fratello", affermò, rivolgendosi al sommo Apollo, il quale parlò a Clio: "Giovane Astro delle Muse, in cuor mio non posso chiederti di pensare al mio tempio a Delo, poiché so che troppo grande sarebbe il tuo dolore nel rivedere quel posto caro e nel ripensare ai ricordi che ti trasmette. Ti chiedo di trovare una nuova dimora per te e per il cuore sofferente, cerca la gioia e quando l’avrai trovata, allora innalzami un canto ed io sarò il dio più felice", affermò il portatore del Sole, baciando la mano alla guerriera.
"Andiamo, sorella", ordinò poi Apollo ad Artemide, scomparendo insieme a lei.
Clio ed Awyn era sul punto di andarsene e come loro anche le due amazzoni, "Awyn, Clio", urlò però Maya, fermando i loro passi, "Come abbiamo vissuto insieme e sofferto comuni dolori in tempo di guerra, divideremo le gioie in tempo di pace, se volete", affermò con semplicità la guerriera sacra ad Artemide.
"Non per forza dovremo vivere in qualche bosco, qualsiasi luogo andrà bene, se lo decideremo tutte e quattro insieme", concordò Elettra, avvicinandosi alle compagne di battaglia, "Bene, vi ringrazio, ma prima devo onorare la memoria di Shuren", balbettò Clio, "E noi ti accompagneremo anche in questo difficile compito, fraterna amica", ribatté Maya, "Tu, sei con noi, Awyn?", domandò allora Elettra, "Si, sorelle guerriere", rispose con un gran sorriso l’ultima baccante.
Quando le quattro giovani guerriere si allontanarono, avanzò Efesto, chiamando a se Sial.
"I tuoi fratelli sono morti, mio fedele fabbro, e come tu ben sai uno solo è il destino dei miei servitori una volta finiti i periodi delle guerre", esordì il dio zoppo, "Si, sommo Efesto, so tutto ciò", rispose il guerriero di Sterope, inginocchio dinanzi alla divinità, "Poserai le vestigia del ciclope più giovane e sarai chiamato Grande Fabbro di Efesto", ordinò il figlio di Zeus ed Era.
"Ora andiamo, mio primo fabbro", esclamò poi Efesto, appoggiando la mano sulla spalla del giovane, "Ti porterò alla più grande delle mie fucine, dove riposa il tuo maestro, i tuoi predecessori e ben presto anche i tuoi fratelli caduti", affermò la divinità, prima di scomparire con Sial.
Avanzò quindi Ermes, "Miei due fedeli messaggeri", esordì rivolgendosi ad Edoné ed Obbuan, quindi si fermò per guardare i loro tristi volti, stanchi per le molte battaglie e per la vita guerriera che non amavano, "Vi libero da qualsiasi dovere verso di me", disse semplicemente la divinità, "Tu, allieva dell’ultimo oracolo, potrai scegliere se prendere o meno il posto della tua insegnante, poiché anche lei ha ricevuto da parte mia la liberazione da ogni dovere", spiegò il messaggero divino, "mentre tu, portatore del Caduceo, sei libero di fare ciò che vuoi. So di potermi fidare delle vostre scelte", concluse la divinità, prima di scomparire.
I due Anghelloi si guardarono, un sorriso passò sulle loro labbra, quindi si abbracciarono, "Addio, comandante", salutò Edoné, quindi si voltò verso i cavalieri, "Qualora mi cerchiate, sarò a Tebe, ma non immischiatemi nuovamente in una guerra, ve ne prego", affermò con gentilezza la giovane allieva di Dafne, prima di scomparire alla velocità che le era propria.
"Tu, Obbuan, che farai?", domandò allora Tok’ra di Virgo al compagno d’addestramento, "Viaggerò, come Jenghis, ma non per togliere la vita durante gli scontri, bensì per guarire i feriti ed i malati. Ermes mi ha dato in dono i poteri del sacro Caduceo, per salvare il prossimo, cosa che ora farò", rispose l’Anghellos del Caduceo, prima di andar via anch’egli.
Fu quindi il turno di Eolo di parlare, "Non vi sono fra di voi i miei quattro fedeli guerrieri, perché io stesso ho deciso di non riunire le mie armate per questa guerra, forse per sentimenti egoistici, ma ho preferito così. Parlerò però ai due combattenti delle dee pacifiche, cioè con te, Pretoriano, e con te, Vestale", esclamò, rivolgendosi ad Endimon e Kasché, "Andate presso le vostre dee e dite loro che la guerra è finita e che il sommo dio dei Venti le ringrazia per l’aiuto dato ai loro padri e fratelli", ordinò semplicemente la divinità, prima di scomparire in una folata di vento.
I due guerrieri presero congedo dalle altre divinità, "Addio, cavalieri", li salutò semplicemente Kasché, "Arrivederci, amici, qualora abbiate bisogno di un alleato, saprete di averne uno fidato in me", affermò invece Endimon del Fagiano, prima di allontanarsi con la Vergine Vestale.
"Parla tu, adesso, Balder", ordinò subito dopo Zeus, allora il dio nordico avanzò verso i suoi tre guerrieri, insieme a Gutrun.