Capitolo 24: Lo sviluppo del Piano
Lo scontro sul monte Olimpo fra l’Ancestrale divinità tornata dalle profondità del Tartaro e cinque eroi cavalieri che avevano rinunciato alla vita per la Giustizia, continuava senza un’apparente conclusione.
Da una parte Urano, il dio che rappresenta il Cielo, dai grandi poteri, frutto dell’assorbimento delle anime degli dei, dall’altra i cinque santi di Atena, preparatisi per vent’anni a questo scontro contro la Minaccia Divina di cui, anni addietro sentirono parlare da Zeus stesso in quel luogo dove ora combattevano.
Sulla terra, nel frattempo, se così si poteva dire, poiché anche il simbolo del Tempo era stato aperto bloccando lo scorrere delle ore, i cavalieri d’oro si erano ricongiunti con Golia, i santi d’argento e gli altri alleati a Sparta.
"Tok’ra, che è successo?", domandò Kano del Pavone, "Non lo so di preciso, mio vecchio compagno d’addestramenti, ma ho come la sensazione che una battaglia più dura di quella che immaginavamo si è scatenata sul monte Olimpo", rispose il santo di Virgo.
"Si, ho chiaramente percepito un cosmo smisurato risvegliarsi dopo la caduta di quell’essere che ci sbarrava la strada quando Ikki e Hyoga ci hanno ordinato di tornare indietro", concordò Botan del Cancro, "poi però le mie percezioni sono state distorte da delle esplosioni d’energia", concluse con voce bassa.
"Di certo sono stati sviluppati i quattro riti", affermò Obbuan del Caduceo, "Se è così, perché non si vede il varco per il Tartaro, che dovrebbe trovarsi in questa città?", domandò Myokas del Sagittario, "Probabilmente perché qualcosa non ci è stato detto", rifletté Camus, sedendosi vicino al Cavaliere del Toro che Odeon curava.
"Concordo con te, cavaliere dell’Acquario, ho percepito anche io qualcosa di strano, dapprima lo spegnersi dei cosmi dei due santi divini per mano di un cosmo più potente, poi l’esplodere nuovamente delle loro energie cosmiche, insieme ad altre tre, fra cui mi è parso di riconoscere anche mio padre Shiryu", affermò Ryo di Libra, osservando il cielo.
"Dobbiamo andare ad aiutare chiunque stia combattendo Urano adesso", esordì all’improvviso Daidaros, "Fermo, cugino", tuonò però Abel di Gemini, fermando con il braccio destro il figlio di Shun, che non capì il perché di quel gesto.
"Se i vostri padri e nostri maestri sono tornati in vita per combattere Urano non possiamo noi intrometterci e se vi sono altre ragioni della loro resurrezione, saranno di certo loro stessi a dirceli, se potranno", spiegò Lorgash del Capricorno, ponendosi dinanzi al santo di Cefeo.
"Penso che abbia ragione, Daidaros", affermò Real della Lira, seduto su un altro sasso, vicino ad Eric del Corvo, "Lo credo anche io, amico mio", concordò anche Rabat di Perseo, rivolgendosi al figlio di Shun.
"Avranno di certo un piano, se ciò che ho sentito sui cinque cavalieri divini di Atena è vero", affermò infine Kasché seduta sul proprio mantello, vicino ad Endimon del Fagiano.
"Non ci resta altro da fare che sperare ed aspettare lo scorrere degli eventi", concluse Odeon di Leo, dopo aver completato le cure su Golia del Toro.
"Cavalieri, se pensate di battermi con questi vostri colpi che superano le semplici doti umane, potete anche arrendervi, ho doti maggiori di quelle mostratevi finora", sogghignò Urano dinanzi ai cinque santi divini, "Ve ne darò un esempio", spiegò il dio Ancestrale.
"Ouk eimi Pontos, ego eko Pontos", iniziò a recitare il padre di Crono, "Ouk eimi Gea, ego eko Gea.
Eimi Ouranous", tuonò infine, scatenando un’esplosione di luce dal proprio corpo.
I cinque cavalieri osservarono un fascio di energia protrarsi in avanti dal corpo di Urano, come un’anima che si staccava dal corpo e correre verso di loro.
"Che cos’è quello?", domandò perplesso Seiya, "Un’immagine residua di pura energia", rispose divertito il dio, mentre il santo di Pegaso evitava con un volo l’impatto con la creazione di Urano.
Quando l’immagine toccò la parete del castello alle spalle del santo divino la mandò in frantumi, rialzandosi per correre nuovamente contro l’eroe.
"Sembra avercela con te, cavaliere", lo derise Urano, mentre l’immagine energetica lo inseguiva.
Il santo di Pegaso si fermò, preparandosi a scatenare il suo caro "Meteor fist", "No, Pegasus, non è ancora tempo che mostri il tuo colpo", lo sgridò Shiryu, "Corri verso Urano, cavaliere ed evitalo, raggiungendomi, al resto penserò io", ordinò subito dopo Hyoga del Cigno.
Seiya seguì il consiglio dell’amico e scattò verso il dio Urano, "Non puoi toccarmi in questo momento e come se io stesso non fossi nel mio corpo, una tecnica molto simile all’<Occhio del Cielo> di Dione", spiegò l’Ancestrale divinità.
"Non ti preoccupare, capelli verdi, non ho intenzione di colpirti", lo derise Seiya, mentre le ali sulle sue vestigia si aprivano, permettendogli un grandioso volo al di sopra del nemico stesso, così da atterrare alle sue spalle, dinanzi a Hyoga, "Bene, ora spostati", gli disse quest’ultimo, preparandosi a scatenare il sacro colpo dell’Acquario.
La posizione di Crystal poteva sembrare quella del "Sacro Acquarius", ma il cavaliere divino, quando l’immagine energetica oltrepassò il proprio creatore, aprì le mani, sopra il capo, creando una specie di vaso con i palmi.
"Dal mio maestro Camus, precedente cavaliere dell’Acquario, imparai a fermare l’atomo, raggiungendo lo zero assoluto con il potere delle Acque sacre dell’Undicesima casa, ma sono riuscito ad andare oltre, grazie all’anima del mio stesso insegnante, che mi osservava dall’alto dei cieli. Ho raggiunto ciò che nessuno aveva mai pensato possibile: ho invertito il moto degli elettroni", spiegò il cavaliere del Cigno.
"L’esecuzione dell’Aurora è il mio lascito a mio figlio Camus, ma l’estinzione dell’Aurora è il dono che faccio alla memoria dei miei venerabili maestri, i cavalieri dell’Acquario e della Corona Boreale, oltre che alla memoria di grandi eroi ed amici quali Hagen ed Isaac", urlò Crystal, quando ormai la figura d’energia era vicinissima a lui.
"Aurora extinction", tuonò poi, abbassando le braccia.
Urano si voltò di scatto verso il nemico e vide una gigantesca figura simile ad un Cigno al di sopra di un vaso, quindi delle scosse elettriche passarono sulle braccia del cavaliere divino per poi esplodere in un bagliore, seguito da una gigantesca corrente d’aria gelida, ma diversa da qualsiasi altro colpo Hyoga avesse mai scatenato prima.
La corrente gelida investì la figura d’energia: nuovamente tutti poterono osservare dei lievissimi, ma nitidi, fulmini percorrere quella figura, quando entrò in contatto con l’estinzione dell’Aurora, poi niente, un brivido e dell’immagine rimase solo una gigantesca statua di ghiaccio, che andò in pezzi con facilità.
Ma la corrente gelida non si fermò, corse verso Urano e lo investì al braccio destro.
Il dio riprese immediatamente il controllo del proprio corpo e cercò di deviare con l’arto la corrente gelida, ma non vi riuscì e quando questa lo oltrepassò per perdersi nell’immensità del cielo, una sottile neve rimase a decorare il campo di battaglia.
L’ancestrale divinità osservò il proprio braccio destro, era completamente congelato, "Nemmeno noi ti abbiamo ancora mostrato tutti i nostri poteri, divino Urano", ribatté Shiryu, osservando il dio, perplesso nel guardare il proprio braccio ferito.
"Ora preparati, Urano, perché scatenerò il mio attacco con un singolo fine: distruggere le tue vestigia di titanio", lo sfidò Pegasus, preparandosi a colpire, "Ti ho già mostrato che quel tuo fulmine non serve a niente contro di me".
Seiya sorrise al nemico, "Preparati", urlò poi, scatenando l’attacco.
"Vent’anni fa quando conclusi gli addestramenti con Marin, battezzai il mio colpo Meteor fist, il colpo delle stelle cadenti", esordì Pegasus, mentre centinaia di fasci di luci partivano dai suoi pugni, "ma durante lo scontro con un cavaliere d’argento di nome Misty, perfezionai questa tecnica, tramutando il Meteor fist in un Comet fist", aggiunse il cavaliere, mentre il "Ryuseiken" sembrava divenire il "Suiseiken".
"Ora, dio Antico, vedrai la nuova versione ancora più potente e perfetta della tecnica che la mia insegnante mi ha trasmesso, un nuovo colpo, chiamato", affermò sorridente Seiya, "Asteroid fist", tuonò infine.
Urano vide l’attacco tramutarsi dinanzi ai suoi occhi: le centinaia di sfere luminose azzurre andarono dapprima congiungendosi in una gigantesca sfera di luce, simile ad una cometa dalla coda brillante, poi, quasi come un’allucinazione, la gigantesca cometa perse la sua coda, divisasi in più parti. Solo allora l’Ancestrale divinità capì di trovarsi dinanzi non a decine di meteore, né ad una gigantesca cometa, ma a dieci asteroidi, tutti lanciati contro di lui alla velocità della luce.
Il dio sollevò le proprie difese, ma non poté niente dinanzi alla potenza dell’attacco nemico, il muro di luce verde andò in pezzi, come le vestigia bianche del signore dei defunti titani.
Urano cadde a terra per l’impeto dell’attacco ed allora capì di aver sottovalutato quei cinque coraggiosi eroi, ritornati dal Paradiso dei Cavalieri.
Una ferita gli segnava la fronte, il braccio destro era gelato, aveva dolori in tutto il proprio involucro mortale e le sue vestigia erano andate in frantumi, ma lo stesso si rialzò dinanzi ai propri nemici.
"Bene, cavalieri, mi avete mostrato i vostri nuovi colpi, ma credete che questa sia stata una mossa stupida? Ora che li conosco non potrete più sorprendermi, almeno che non ne abbiate degli altri", sogghignò il dio Ancestrale.
"No, Urano, non abbiamo altre mosse segrete, ma tu stesso dovresti sapere che non è l’Olimpo il luogo da cui tu potrai essere rispedito nel Tartaro", ribatté Shiryu di Dragon, "né noi che dovremo aprirlo, canalizzando il potere dei Simboli, potremo essere i tuoi ultimi avversari", concluse, voltando le spalle al nemico.
"Ed allora chi dovrebbe affrontarmi? Gli insetti dalle armature dorate che vi attendono a Sparta?", urlò Urano, sollevando il braccio sinistro al cielo, "Pas Thanotos", ringhiò poi.
Una gigantesca sfera d’energia, dieci volte superiore a quella che aveva scagliato contro Seiya, si sviluppò sul suo indice, "Pronti amici? Insieme per l’ultima volta", esclamò allora il santo di Pegaso.
La sfera si gettò contro i cavalieri, "Pagherete l’infedeltà all’unico dio del Cielo", minacciò il padre di Crono.
"Per Atena, Asteroid fist", urlò Seiya, "Per la Giustizia, Rozan Ryushosen", aggiunse Shiryu, "Per i cavalieri coraggiosi che sono caduti in questa battaglia, Aurora extinction", affermò in seguito Hyoga, "Per coloro che ancora sono vivi, Pianto di Andromeda", continuò Shun, "E per gli innocenti, Phoenix’s breath", concluse Ikki.
Le cinque energie cosmiche si combinarono, come già contro Nettuno, o Hades, e come allora riuscirono a superare l’attacco del dio nemico, distruggendo la sfera di luce verde e correndo contro Urano.
L’Ancestrale divinità cercò di bloccare l’attacco con le braccia, ma l’energia dei cinque cosmi ormai semidivini, lo spinse indietro, "Addio Urano", urlò Seiya, "Cavalieri di Atena ed alleati, lo lasciamo a voi", aggiunse Shiryu, mentre il dio scompariva nel nulla, perdendosi nel baratro al di sotto dell’altare sul monte Olimpo, sopra cui si ergeva la dorata Clessidra di Crono.
Quando Urano non fu più sull’Olimpo, i cinque eroi si guardarono, "Pronti per l’ultima fase del Piano?", chiese Shiryu del Dragone.
In tutta risposta, Seiya allungò il proprio braccio verso l’amico e subito Sirio gli strinse la mano, quindi anche Ikki, poi Shun ed infine Hyoga.
"Andiamo, cavalieri, è giunto il tempo che salviamo gli dei", esordì Pegasus e tutti concordarono.
Sirio, Crystal ed Andromeda scomparvero dal monte Olimpo in tre bagliori di luce, mentre Ikki sorrise all’amico rimasto, "Quindi saranno le ali della Fenice a guidarli, bene?", domandò poi, "Si, Phoenix, io mi occuperò della Clessidra", rispose Pegasus, correndo verso l’altare.
Ikki lasciò in un bagliore di luce il luogo consacrato a Zeus.
Seiya si trovò dinanzi alla Clessidra, la guardò, ipnotizzato dalla bellezza dei granelli di sabbia dorata, poi strinse con le mani l’oggetto divino e la luce bianca che da esso scaturiva, dono del cosmo di Hyoga, divenne azzurra, come il cosmo del cavaliere divino, e si tramutò in una gigantesca colonna di luce, che partendo dall’Olimpo, raggiunse la città di Sparta, sorprendendo tutti i cavalieri lì presenti.
Koryo teneva ambedue le mani sulla sciabola di Visnù, quando un cosmo potentissimo riempì l’area circostante il fiume Sanzu.
Subito i due Goshasei si voltarono verso il nuovo arrivato, ma la posizione di battaglia presa di Connor del Falco cambiò appena egli vide chi si trovava dinanzi a lui.
"Maestro", disse il guardiano di Era nel vedere Shiryu di Dragon e gettandosi ai suoi piedi.
Joen del Pavone riconobbe l’uomo che gli era stato presentato anni prima come il santo del Dragone e dinanzi a lui si chinò in segno di rispetto.
"Chi è costui, guardiani?", domandò stupefatta Esmeria, "Il mio venerabile maestro, Sirio il Dragone", lo presentò Connor, senza dare al santo divino la possibilità di parlare.
Subito i quattro mariners e le amazzoni si voltarono. Sia Kain sia Reptile sia Argo avevano più volte visto il cavaliere divino negli anni di addestramento, poiché spesso i 5 santi si facevano fra loro visita, al fine di restare sempre in contatto. Neleo lo aveva anche conosciuto, una volta, quando Sorrento lo portò ad Atene per presentarlo al gran Sacerdote come il nuovo comandante dei generali dei Mari.
Le due amazzoni erano sbalordite, non avevano mai visto il santo del dragone, ma si fidavano delle parole dei loro compagni ed ancora di più trovarono certezza nella reazione di Koryo.
Il Beast Keeper di Seiryu si inginocchiò, tenendo le mani sulla sciabola di Visnù, "Ora lascia a me quest’oggetto, allievo mio, poiché sai in cuor tuo che io sono reale, un drago riconosce sempre un suo simile", esordì Shiryu, impugnando l’arma indiana.
"Cavalieri, non posso spiegarvi adesso come io sia tornato alla vita e quale sia il fine del ritorno mio e dei miei quattro compagni di battaglia, ma devo chiedervi di tornare a Sparta poiché l’ultima battaglia contro Urano sarà vostra, eroi della nuova generazione", ordinò con voce gentile il santo divino.
"Si, maestro", affermò Koryo, "Bene, santo di Atena", continuò Neleo, "Subito, maestro", concordò Connor.
Quando i dieci guerrieri scomparvero dalle rive del Sanzu, Sirio espanse il suo cosmo al massimo, fino alla sua pienezza ed una nuova colonna di luce verde nacque dall’arma di Visnù, raggiungendo, attraverso il Varco che ella stessa aprì, la città di Sparta.
Sed teneva sollevato lo scettro di Anubi ed i cavalieri sopravvissuti alla battaglia nell’Oltretomba egizio lo osservavano, finché non esplose un possente cosmo nel luogo oscuro, riscaldandolo ed illuminandolo.
I guerrieri osservarono la figura che gli apparve dinanzi, Clio e Jenghis furono i primi a riconoscere il santo divino dinanzi a loro: il berseker lo aveva visto anni prima, in visita a Goro – Ho dal suo maestro Shiryu, mentre l’Astro delle Muse era stata presente insieme al maestro Sorrento all’investitura da parte di costui della sua compagnia di addestramento Alcyone. Egli era Shun di Andromeda.
Minosse fu il più sorpreso a vederlo, il suo ultimo ricordo della reincarnazione di Hades era un giovane dai lunghi capelli che sapeva morto e che adesso vedeva, coperto da vestigia divine con corti capelli e passo fermo.
Shun salutò i due giovani guerrieri sacri ad Apollo ed Ares e lo spectre del Grifone, quindi chinò il capo dinanzi a Sekhmet, che non sapeva chi egli fosse, ma non si mosse, notando la reazione dei suoi compagni di battaglia.
"Rhadamantis, chi è costui?", domandò Anhur di Selkit al judge di Wyburn, paralizzato dalla sorpresa.
Shun allungò la mano destra verso Sed, "Te ne prego, guerriero egizio, cedimi lo scettro", supplicò, "Chi è questo pazzo?", tuonò Anhur, risvegliando lo spectre dal suo stupore.
Rhadamantis non rispose al comandante dei Pharaon, ma scambiò uno sguardo con il santo divino, "Il potere dei simboli ti ha resuscitato", affermò sorridente lo spectre, "Non solo a me", rispose il cavaliere divino.
"Sed, cedi lo scettro al santo della Divina Andromeda, Shun", ordinò il judge di Wyburn, "Che dici?", balbettò il pharaon di Vepvet, "Sed, hai sentito l’ordine di Rhadamantis, noi ci fidiamo di lui e lui si fida di costui, quindi fallo", tuonò Anhur, osservando il comandante degli spectres.
Il guerriero dalla Maschera di Sciacallo diede lo scettro di Anubi al cavaliere di Andromeda, "Grazie, guerrieri", affermò Shun, tenendo sollevato l’oggetto sacro.
"Adesso concedetemi altrettanta fiducia, raggiungete la città di Sparta, dove ben presto inizierà lo scontro finale con Urano", propose gentilmente il cavaliere divino.
Tutti seguirono Rhadamantis, che accettò di buon grado la proposta di Shun.
Quando il gruppo di eroi abbandonò l’Oltretomba egizio, Shun espanse il proprio cosmo ed una gigantesca colonna di luce rossa partì dallo scettro di nero granito, raggiungendo velocemente la città di Sparta.
Freiyr poggiava ancora le mani sulla parete in cui erano scritte le runes nordiche, espandendo il proprio cosmo su quel muro consacrato, "Aspetta, nipote, sarò io a continuare questo compito", esordì una voce alle spalle dei guerrieri asgardiani ed i loro alleati.
Tutti si voltarono, "Nobile Hyoga", esordì Zadra, inchinandosi, "Cavalieri, sono lieto di vedervi quasi tutti vivi, provo dolore nel vedere che il grande e potente Nifer ed il mio coraggioso figliolo Fasolt siano morti", affermò il santo divino, avanzando fra i sopravvissuti.
"Lascia fare a me, nipote", propose poi, appoggiando le mani alla parete, mentre il figlio di Siegfried le allontanava.
"Cavalieri", urlò poi il santo del Cigno Divino, "raggiungete subito Sparta, luogo dell’ultima battaglia", ordinò.
Il gruppo di cavalieri accettò l’ordine del reggente di Asgard e subito si allontanò dalla grotta alla velocità della luce.
Quando rimase solo, Hyoga espanse il proprio cosmo, sviluppando nel terreno una colonna di luce bianca accecante, che, attraverso il suolo, raggiunse anch’esso la città di Sparta, completando il Rito Arcano.
I santi d’oro ed il loro alleati osservarono stupefatti il sorgere di quattro colonne intorno alla città di Sparta, ognuna di un colore diverso, che emanavano cosmi diversi, tutti noti ai cavalieri di Atena ed ai loro alleati.
Tre esplosioni cosmiche circondarono all’improvviso il gruppo di guerrieri, i quali si prepararono a combattere per poi scoprire, che dinanzi a loro non vi erano dei nemici, ma alcuni degli alleati salutati quella mattina, quando si divisero in gruppi da dieci per raggiungere e sviluppare i diversi riti.
Rhadamantis, Koryo e Freiyr raccontarono l’incontro con i tre santi divini, lasciando sbalorditi i cavalieri d’oro e d’argento.
Lo stupore, però, fu troncato dallo scoppio di un cosmo intorno a loro.
Tutti si prepararono a combattere, quando videro una figura atterrò dinanzi a loro.
Aveva i resti di un’armatura di titanio e lunghi capelli verdi gli scendevano sulle spalle. Una ferita gli segnava la fronte ed il suo braccio destro era congelato. Alle sue spalle, lo spazio tra le due colonne di luce divenne nero e sembrò quasi essere un imbuto che sprofondava verso l’infinito.
"Folli quei cinque se sperarono che costoro mi rigettino nel Tartaro", rifletté fra se il nuovo arrivato.
"Cavalieri qui riuniti per uccidermi, preparatevi a morire per mia mano, io sono Urano", urlò l’Ancestrale divinità.
La battaglia finale era sul punto di iniziare.