Capitolo 22 - Interludio: Riti e Morte
Koryo conficcò nel freddo terreno la sciabola di Visnù, quindi iniziò ad innalzare antichi versi dinanzi ai Mariners, i Goshasei, le amazzoni ed Esmeria.
Le sue erano antiche parole indiane, il cui significato era perso nel tempo, ma di cui la sinuosità e la sonorità era ancora limpida, alle orecchie dei nove ascoltatori.
All’incirca, se Visnù, o Shiva, o una divinità loro parente fosse stata lì, avrebbe così tradotto i versi:
" Chiusi fra di loro sono i mondi, come le notti ai giorni, ma se l’eclissi può elidere la seconda definizione, così questo rito che innalzo al cielo, può distruggere l’infinita distanza fra i luoghi nello spazio.
Io ordino che il grande Varco sia aperto, che il mondo dei vivi, quello dei morti e le altre decine di dimensioni si aprano, attraverso il potere che le richiama!".
Sentendo i versi di Koryo, di certo, chiunque sarebbe stato più affascinato, che nel capirne la traduzione, ma alla fine, avrebbero comunque visto il Beast Keeper che impugnava con ambo le mani la sciabola.
Una gigantesca colonna di luce viola si alzò dal punto in cui era conficcata l’arma, anche se sembrò quasi che quella luce non fosse animata da una grandissima potenza.
Lo scettro di Anubi brillava nella mano destra di Sed, una luce accecante brillò nell’Oltretomba egizio prodotta da quel sacro oggetto.
Le parole del Pharaon di Vepvet sembravano chiare come il sole a Sekhmet ed Anhur, mentre i due spectres, Clio e Jenghis ascoltavano stupefatti, sentendo quella voce cupa, resa più potente dall’arcano rito che recitava.
Tradotte, le frasi che Ra aveva mostrato ai cavalieri erano:
"Grande è la battaglia fra la Morte e la Vita, dove la prima inizia l’altra finisce, ma proprio per questo nessuna ha mai vinto sull’altra, ne si è mai avuta una vita nella morte, però questo rito reclama l’antico diritto di ogni dio per trovare la giusta mediazione fra queste due realtà antitetiche.
Ora reclamo che la morte e la vita si pieghino al cosmo che le guiderà tramite questo scettro, che si sviluppi il cosmo della Non – Morte"
Esclamate queste parole, Sed impugnò lo scettro di Anubi con ambedue le mani, per trasmettervi tutto il suo cosmo, così da produrre una luce ancora maggiore attraverso l’oggetto sacro.
Contemporaneamente a Sed e Koryo, anche Freiyr iniziò ad innalzare l’antico rito di Odino.
Grazie ad alcune veloci lezioni di lingua antica, dategli da Skinir, il principe di Asgard poté leggere l’antico verbo di Odino.
La scena sembrò a tutti epica: Freiyr, come un antico dio, sollevò le mani verso la cupola della caverna ed iniziò a parlare:
"Invoco, in nome degli Asi, miei antenati il potere dell’Antico rito.
La grand’energia che viaggia su più dimensioni, possa canalizzarsi nel mondo della Terra, che la Materia si pieghi alle mie parole, poiché domino i fuochi dei nani ed i ghiacci eterni, invoco il mio diritto di supremazia sugli elementi della Terra.
Segui le impronte del mio cosmo, simbolo della Materia, e canalizzati in questa dimensione"
Concluso il rito, il figlio di Siegfried appoggiò le mani alla parete su cui Helyss aveva dipinto le arcane runes.
"Temo che qualcosa non vada", sussurrò poi, mentre il suo cosmo si sviluppava a contatto con le lettere nordiche.
"Sei pronto, Hyoga?", domandò Ikki al compagno, mentre innalzava la dorata Clessidra, "Si, e tu?", incalzò incupito il cavaliere del Cigno.
Phoenix concordò con un movimento del capo, quindi osservò il compagno di molte avventure recitare versi in dorico antico sull’altare.
"Figlio di Crono posso definirmi, e come Egli era il tempo, così lo è questo suo oggetto. Tempo, che sempre corri senza osservare ciò che avviene, ma costringendo gli avvenimenti a mutare, fermati per volere delle mie parole.
Poiché come il vento che qui soffia si quieterà nel brillare dell’aurea sabbia, così anche tu, tempo furente, dovrai quietarti al richiamo del cosmo guida della Clessidra"
Così recitò Crystal, innalzando i versi al cielo.
Ad un tratto, quando ormai il santo aveva smesso di inneggiare in greco antico, si sentì un rumore metallico rimbombare nell’aree senza vento dell’Olimpo.
Ambedue i cavalieri percepirono il muoversi di quei passi, ma nessuno si voltò a sentire cosa accadesse, all’improvviso, Hyoga percepì un urlo di dolore.
Due lacrime scesero sul volto del santo del Cigno, prima che egli si voltasse, vedendo Ikki cadere a terra, con il petto perforato da un fascio di luce verde.
Stranamente, però, l’assassino avrebbe potuto notare che il santo della Fenice sorrideva.
Crystal il Cigno posò la Clessidra d’oro sull’altare ed avanzò quietamente verso il nemico, come un condannato verso il patibolo.
"Diamond Dust", urlò il santo divino, ma il colpo non raggiunse mai il nemico, il quale gli fu subito addosso, bloccandolo con una mano e stringendogli il capo con l’altra.
"Tu sei Urano?", balbettò l’ultimo dei 5 santi ancora vivo, fra gli strazi della stretta mortale, "Si, cavaliere, ora conosci il nome del tuo divino carnefice", sogghignò il dio Ancestrale, togliendo la vita al nemico.
Urano avanzò allora verso la Clessidra d’oro, non curante che il volto di Hyoga non era segnato da un rantolo di dolore, ma da un profondo sorriso.