Capitolo 8: L’assalto

"Andiamo a combattere", esordì contento Maximo, "Placa la tua gioia, ebro", ribatté Draka, "dobbiamo prima nascondere l’elmo del dio della guerra e portare al sicuro la regina", spiegò.

"Per la regina può pensarci uno di noi," s’intromise Quiggon, "siamo gli unici a poter trasportare ad una velocità maggiore di quella della luce un essere vivente", spiegò il messaggero del Caduceo.

Draka acconsentì, "Nasconderete anche l’elmo", aggiunse, "Non credo sia una mossa saggia", contestò però Navas, "Perché, ebro?", chiese incuriosito Duncan, "Perché", disse il guerriero di Dioniso, "qualora fossimo sconfitti il nemico cercherebbe la vostra regina, invece lasciando qui l’elmo le dareste la possibilità di sopravvivere", rispose, "Dubito che ci possano battere", obbiettò il guardiano del Falco.

"Scusate se vi interrompo", esordì Tige, "ma i nemici si stanno avvicinando, mentre noi facciamo questi dibattiti filosofici", li schernì.

"Sia", concluse Draka spazientita, "uno di voi messaggeri porterà la regina Didone in salvo, poi tornerà qui per combattere, l’elmo resterà dove si trova", sentenziò, "Vale a dire dove?", chiese Navas, "Nelle stanze della regina", rispose la guardiana dell’Anello.

Dafne si fece avanti per portare al sicuro la regina, "Regina Didone", disse Navas, prima che le due partissero, "Dove sono nascosti gli altri tre pezzi dell’armatura di Ares?", chiese l’ebro, la regina lo guardò stupita per la domanda, "I gambali sono ad Asgard", rispose, "il tronco a Capo Sounion, dove era nascosta anche l’anfora contenente lo spirito di Nettuno", continuò, "mentre le coperture per le braccia sono nella distrutta città di Troia", concluse.

Dafne la portò poi al sicuro.

"Perché hai fatto questa domanda, amico mio?", chiese Maximo, "Ti preoccupi che Dafne non riesca nella sua impresa?", aggiunse, "Come già detto", si limitò a rispondere Navas, "potremmo non farcela tutti in questa battaglia", sentenziò nuovamente.

"Andiamo, amici, la nostra prima battaglia stà per iniziare", li interruppe Ageia, scendendo giù per le scale.

Arrivati al piano terra, oltre le porte del castello, il gruppo di cavalieri si trovò dinanzi i nuovi nemici, "Chi siete, guerrieri?", urlò Tige, "Siamo l’armata dell’Urlo Furioso di Ares", si sentì rispondere dalle retrovie; costoro portavano armature verdi, gli elmi sembravano teste di orso ed il corpo della corazza era come la pelle di un orso, in mano impugnavano delle asce, "All’attacco", urlò uno di loro: la battaglia iniziò.

Wein corse fra gli avversari, ne oltrepassò tre, ad una velocità che lo rendeva a loro invisibile, e li congelò con le sue mani, "Ma come ha fatto?", chiese uno dei guerrieri di Ares, "Semplice, vile soldato della guerra, il mio colpo, gli <artigli di ghiaccio>, ha congelato i loro corpi, dilaniandoli nel qual tempo", spiegò il messaggero, prima di lanciarsi in un nuovo attacco, che travolse altri tre di loro.

"Fatevi avanti, soldatini", ordinò Maximo, aumentando il suo cosmo infuocato, "Wine vortex", tuonò poi scagliando il suo montante, che scatenò il possente vortice di fuoco in cui si persero dieci soldati dalle verdi armature, "Pagliacci", fu l’unico commento dell’ebro, prima di rigettarsi nella mischia.

Hyth estrasse il martello dalla cinta della sua armatura e Tuhon avvicinò le mani ai gambali acuminati e tirò a se due degli aculei che la caratterizzavano, i quali si rivelarono come catene appuntite. "Andiamo, fratello?", chiese il minore dei due, "Si", rispose seccamente l’altro. L’uno si fece strada con il suo "Martello di Titanio", l’altro, agitando le catene con la stessa abilità che caratterizzava guerrieri come Shun o Daidaros, colpì i suoi nemici, "Catene di Titanio", urlò. I due fratelli eliminarono ben venti nemici con la loro prima carica.

Tige e Duncan erano spalle contro spalle, "Come sempre amico mio, eh?", disse scherzosamente lo scozzese, "Si, come ogni volta che ci siamo allenati", rispose l’allievo del santo di Cefeo, "Ora scusami, ma devo sgranchire le ali, finalmente volerò sul serio", sentenziò il guardiano del Falco, alzandosi in volo, grazie alle ali delle sue vestigia.

"Hawk flap", urlò il guerriero in cielo e, come già a Cartagine, si gettò in picchiata fra i nemici, dieci ne eliminò con questo attacco, dividendoli a metà, mentre il suo compagno d’arme ne eliminava altrettanti con il suo "High green wall", cioè con la muraglia verde che già aveva ucciso molti nemici ad Atene.

"Esplosione galattica", tuonò Navas, polverizzando altri sei guerrieri dell’armata dell’Urlo Furioso. "Ben fatto, Navas", si complimentò Ageia, che alzò poi le braccia verso i suoi nemici e li attaccò con le "Ivy chains", uccidendone ben quattro. Altri cinque caddero poi per mano di Quiggon, che corse fra loro movendo abilmente il suo caduceo, che sembrò quasi allungarsi e colpirli, uno dopo l’altro, uccidendoli.

"Come mai Dafne non è ancora tornata?", chiese Draka al capo dei messaggeri di Ermes, "Ti sbagli, guardiana dell’Anello, la mia compagnia d’arme è già impegnata nello scontro", rispose Quiggon, "ascolta attentamente, sentirai il suono del suo flauto, aprirle la strada fra una decina di nemici caduti", suggerì.

La guardiana di Era pose attenzione ai suoi vicini e percepì una dolce musica, propria di un flauto: era vero, Dafne era tornata e combatteva con loro. Draka però si dovette concentrare sui suoi nemici, "Preparatevi a raggiungere la sede dei morti, guerrieri di Ares", esordì aprendo le mani, che si illuminarono del colore dell’ametista, "Anelli di ametista", urlò mentre due cerchi, del minerale che Alberich di Megrez maneggiava come una spada, si materializzarono nelle sue mani; la guardiana li lanciò contro i suoi nemici: gli anelli, taglienti ed infuocati, uccisero una decina di nemici, lasciando alla guardiana la possibilità di avanzare verso nuovi avversari.

La battaglia iniziava a spegnersi e la compagnia di cavalieri era chiaramente in vantaggio rispetto ai nemici, poiché loro erano in 11, mentre i loro avversari restavano in 13.

L’equilibrio della battaglia, però, fu interrotto da un nuovo arrivo, tutti si fermarono quando sentirono il cigolio dell’acciaio, "Chi è mai?", si chiese Maximo, "Comandante", disse con un filo di voce uno dei soldati rimasti.

Tutti si voltarono a guardare questa immensa figura che sembrava coprisse il sole che stava tramontando, "Costui è uno dei vostri comandanti?", chiese divertito l’ebro dell’Otre, mentre bloccava uno dei nemici ancora vivi, "Si," rispose il guerriero di Ares, "è Warril, il berseker guardiano dell’Ascia", disse prima di spirare.

La figura intanto si delineava dinanzi ai cavalieri: non era così immenso come appariva, poteva essere alto quanto Maximo, ma la sua armatura copriva interamente il suo corpo. L’armatura ricordava quella di un samurai, le caratteristiche coperture e decorazioni erano verdi, persino l’elmo, che nascondeva completamente il volto, era verde. Il berseker aveva in mano una gigantesca ascia, grande quanto una sua gamba e pesante, almeno ad occhio, quanto l’elmo di un fabbro di Efesto, di color oro e verde.

"Amici", esordì Ageia, "credo che questo sia uno dei quattro comandanti delle armate di Ares", spiegò.

Il gruppo di guerrieri era davanti al possente nemico, "Lasciatelo a me", esordì Maximo, che caricò il suo infuocato cosmo, "Wine vortex", urlò lanciando il suo possente montante e scatenando il vortice di fuoco.

Il berseker alzò sopra la sua testa l’immane ascia con la sola mano destra, "Quale forza deve avere costui", esordì stupito Duncan, mentre il guerriero abbassava l’arma.

L’ascia emanò una grande energia cosmica, simile alla sua lama per dimensioni ed aspetto, il vortice di fuoco fu neutralizzato da questa lama di energia, che poi continuò il suo cammino contro l’ebro dell’Otre.

Maximo venne investito in pieno dall’attacco, che gli distrusse parte della corazza, gettandolo contro una duna di sabbia.

"Maximo!", urlò Ageia, che corse verso il suo comandante, anche Quiggon corse verso l’ebro, per curare le sue ferite.

"Povero stupido", queste furono le parole del guerriero di Ares armato della possente Ascia, "sperava di colpirmi con un colpo che avevo già visto", spiegò con la sua voce metallica, "Forse avrai visto il suo attacco, ma il mio?", chiese Wein gettandosi contro di lui, "Purtroppo per te", rispose il berseker voltandosi, "Si".

"Non credo", urlò il messaggero, "Diamond Dust", sentenziò alla fine.

Il berseker rimase sorpreso, poiché non aveva notato nello scontro fra i cavalieri ed i suoi soldati quell’attacco, ma concluse lo stesso il suo colpo difensivo, movendo da destra verso sinistra la lama dell’ascia, che divise a metà la "polvere di diamanti", neutralizzando la parte diretta verso il volto, ma venendo colpito alla gamba destra.

Wein capì che l’attacco non sarebbe andato completamente a segno e che rischiava di subire un colpo simile a quello che aveva atterrato Maximo, quindi con una capriola saltò oltre Warril, arrivando alle sue spalle.

Il comandante di un’armata di Ares capì il piano del nemico e si voltò di scatto, colpendolo alla testa con l’elsa dell’Ascia, che distrusse la corona del guerriero di Ermes, gettandolo a terra ferito.

"Ora ti farò l’onore di morire per mano della mia ascia", sentenziò il berseker, ma gli "Anelli di Ametista" di Draka, lo distrassero, il tempo necessario perché Dafne portasse al sicuro il compagno svenuto, da Quiggon.

Warril mosse quindi l’arma verso la guardiana dell’Anello, ma sempre Dafne evitò che venisse investita dal taglio energetico dell’Ascia.

"Chi di voi vuole farsi avanti?", urlò Warril, avanzando verso le porte del castello, "Io, berseker", urlò Tuhon.

Warril alzò l’ascia e la calò a terra, aprendo il suolo, il fabbro cadde nel baratro aperto sotto i suoi piedi, ma le sue due catene lo salvarono, poiché il guerriero di Bronte si aggrappò a due rocce, con gli aculei delle catene.

"Dafne, Duncan, Tige, qualcuno lo aiuti", urlò Hyth, "Fratello, ci penso io a quel vile guerriero", disse poi a Tuhon, correndo dietro a Warril, che si dirigeva verso il castello.

"No, Hyth, ti prego", urlò il fabbro dondolando nel vuoto, "Lo seguirò io", disse Navas con il volto nascosto dalla maschera.

Duncan e Tige cercarono anche di inseguire il berseker, ma gli ultimi dodici guerrieri dell’armata dell’Urlo Furioso gli bloccarono la strada.

Hyth raggiunse il berseker al terzo piano, "Sono qui, fabbro", disse Warril apparendogli dinanzi con in mano l’Ascia della Guerra.

Il fabbro estrasse il suo martello, "Sei pronto a cadere, guerriero di Ares?", chiese sicuro il giovane fabbro, "Non sarò io a cadere", rispose il guerriero con la medesima sicurezza, "Vedremo", tagliò corto il guerriero di Sterope.

"Martello di Titanio", urlò Hyth correndo verso Warril, "Ascia della Guerra", rispose il berseker correndo contro il nemico; l’impatto fra le due armi produsse un gran fragore, ambedue le armi produssero scintille al primo contatto.

"Si vede che la tua non è un’arma comune", esordì il berseker allontanandosi dal nemico, "Ti sorprendi?", chiese divertito il fabbro, "sono un fabbro di Efesto, le mie armi gareggiano in perfezione con quelle costruite dal mio dio", spiegò, "Come quest’ascia", ribatté Warril divertito.

Hyth tentò una seconda carica, che però andò a vuoto, distruggendo un muro, medesima cosa accadde a Warril, che ne distrusse un altro, però, al quarto contatto, l’arma forgiata da abili mani umani dovette cedere dinanzi ad un’arma forgiata da abili mani divine.

Il martello era distrutto, Hyth si ritrovò disarmato, quindi tentò il tutto per tutto, corse verso l’avversario e cercò di colpirlo con i suoi pugni, di modo da farlo indietreggiare verso il muro, poi cercò di colpirlo con il suo elmo, armato di una lama.

Warril evitò i pugni, fece scivolare l’arma nella mano sinistra e, una volta appoggiato al muro, bloccò con la mano destra l’elmo di Hyth, quindi sollevò il suo nemico tenendolo per la testa; quando il fabbro si ritrovò sollevato a testa sotto, fu spiazzato, "Che diavolo fai?", tuonò, prima che il nemico lo gettasse a terra, con l’elmo gravemente danneggiato.

Hyth si tolse l’elmo e mostrò il volto sbarbato e chiaro, "Sei pronto per il mio attacco più potente, berseker?", chiese concentrandosi, "No", rispose Warril, "prima tocca a me attaccare", sentenziò movendo orizzontalmente l’ascia, che distrusse parte dell’armatura del guerriero e produsse una ferita sulle gambe del fabbro, che però si rialzò concentrando il suo cosmo.

"Ora tocca a me attaccare", esordì, concentrando il cosmo e movendo il braccio sinistro, "Pioggia di lapilli", urlò poi il fabbro, mentre una serie di sassi si scagliava contro il berseker.

Warril cadde a terra, ma si rialzò quasi subito con un’agilità inaspettata, "Ci sono anche io, alleato", disse Navas, arrivando alle spalle di Hyth.

"Bene, Navas, anche perché non credo che riuscirò a vincerlo da solo", confessò il fabbro, che non si voltò a guardare l’ebro, ma vide il suo elmo rotolare fino a lui, "Sono pronto, guerriero con l’armatura di Pan, attacca", ordinò Warril, "Esplosione galattica", tuonò come risposta Navas…..

Tige e Duncan avevano eliminato con facilità gli ultimi componenti dell’armata dell’Urlo Furioso, mentre Quiggon curava i due feriti e Draka, intanto Dafne ed Ageia aiutavano Tuhon a risalire.

"Hyth?", chiese il fabbro preoccupato, ma nessuno gli rispose, fu un boato tremendo ad interrompere il silenzio: l’intero terzo piano andò in frantumi, i due piani superiori crollarono sopra il secondo, che implose insieme al primo.

Del castello non rimase niente, se non macerie.

"Fratello", urlò Tuhon correndo fra le macerie, anche gli altri lo seguirono; tutti iniziarono a cercare, i loro cosmi spostarono molte macerie, finché non vi fu un urlo di Ageia; tutti si voltarono e videro la fanciulla con l’elmo di Pan, "Navas è…", non riuscì nemmeno a finire la frase, ma cadde in ginocchio, "Nobile compagno di battaglia", disse Maximo alzando gli occhi al cielo, "Ti salutiamo e ti assicuriamo vendetta", disse.

Tuhon non si fermava nel togliere macerie, "NO!", urlò ad un tratto, cadendo in ginocchio vicino al cadavere deturpato da diversi tagli, di cui uno all’altezza del cuore, del fratello.

"Hyth, no", continuò a dire, mentre Quiggon si avvicinò: guardò il corpo senza vita ed appoggiò una mano sulla spalla dell’ultimo fratello ancora vivo, "Mi dispiace", furono le sue uniche parole, mentre si allontanava.

La giornata volse al termine, "Wein, ti prego", disse Tuhon, avvicinandosi al messaggero, "Accompagnami nella fucina dell’Etna, affinché possa depositare il corpo di mio fratello", chiese. L’anghellos dello Stivale Alato acconsentì ed insieme andarono a depositare il corpo in una delle due bare rimaste e lasciarono lì anche la sua armatura.

Ora i cavalieri della compagnia erano diminuiti.