Capitolo 4: Il recupero delle sacre vestigia
Quiggon, Duncan ed Ageia giunsero dove vi erano i resti della città di Cartagine, "Qui un tempo vi era la sacra città di Cartagine", esordì il guardiano indicando le rovine di una gigantesca città portuale, "luogo sacro alla dea Era, dove le regine risiedevano insieme ad i sacri guardiani, qui molti uomini prima di me furono investiti goshasei del Falco e ricevettero l’investitura e le sacre vestigia che la dea fece fare dai fabbri della prima regina, insieme alle altre tre armature", spiegò. "Già," lo interruppe Ageia, "voi dovreste essere quattro, come mai solo tre goshasei partecipano all’impresa? Com’è morto il quarto?", chiese, "Il quarto", spiegò Duncan, "era il giovane Enea del Pellicano, figlio della regina Didone, che lei stessa aveva addestrato, insieme a Draka, per diventare guardiano della regina degli dei e re della città ad ella sacra", quindi la voce del guerriero del Falco fu quasi spezzata dal dolore, "un giorno però, durante un allenamento, morì. Il suo corpo fu ritrovato senza vita alla base di un dirupo, che lui stesso aveva creato, nel cercare di perfezionare uno dei suoi attacchi base", concluse tristemente.
"Chi siete voi?", urlò una voce, i tre si voltarono e videro cinque guerrieri armati di lance e con strane armature violacee, "Fermi, in nome del sommo dio Ares", ordinò uno dei cinque, "Ares? Qui a Cartagine?", esordì infuriato il goshasei, "Ora, vili soldati, proverete sulla vostra pelle il possente battito d’ali del falco di Era", esclamò, senza dargli possibilità di risposta.
Duncan saltò in cielo, quasi sembrò volare a braccia aperte verso il sole, poi come un falco si getta sulla preda, scese in picchiata sui cinque e passo in mezzo fra quattro di loro, fermandosi dinanzi al quinto: atterrò in ginocchio dinanzi a lui, con le braccia appoggiate sul ginocchio destro. Duncan si rialzò, il guerriero della discordia aveva puntato la lancia su di lui, "Compagni che aspettate? Attaccatelo", ordinò, "I tuoi compagni sono morti", spiegò il guardiano del Falco, allora il soldato li guardò più attentamente e vide una luce azzurra brillare sui loro corpi, proprio all’altezza del bacino; ad un tratto la luce divenne più intensa, i corpi dei quattro si divisero a metà, il tronco, le braccia e la testa, caddero, mentre i piedi rimasero fermi retti dinanzi, senza vita.
Il guardiano del Falco pose il braccio destro dinanzi al nemico, "Le sacre ali del Falco", spiegò, "sono costituite dalle sciabole Taizan, le divine spade che al tempo del mito il fabbro Efesto costruì per la madre, solo la sacra Excalibur del santo d’oro del Capricorno e la spada di Ares possono essere paragonabili alle mie lame, per potenza e resistenza", assicurò Duncan, "ora dimmi, guerriero di Ares, preferisci essere tagliato verticalmente o orizzontalmente?", chiese in modo derisorio.
Il cavaliere di Ares cadde a terra senza vita, "Cosa?", chiese Duncan, poi notò Quiggon, dietro al cadavere, "Scusa, se ho interrotto i tuoi giochi", disse il messaggero, "ma ho percepito altri cinque nemici, seppur di cosmo molto debole, quindi dobbiamo avanzare, prima che rovinino le vostre vestigia e soprattutto, prima che arrivino alle vestigia sacre ad Ermes", spiegò l’anghellos, prima di condurre i suoi due compagni verso quello che era il cuore della città.
"Avevi ragione", affermò Duncan, quando vide altri cinque guerrieri dalle armature violacee, "ma perché sono qui?", si chiese, "Non te lo so dire", rispose Quiggon QU, "ma credo che lì vi siano le vostre sacre vestigia", disse, indicando quattro scrigni dietro le loro spalle, Ageia si allontanò da loro e disse: "Lasciate a me l’onore di eliminare questi soldatini", nessuno dei due obbiettò.
Ageia scese fra i cinque, "Signori", urlò per attirare la loro attenzione; i guerrieri le corsero contro, più sorpresi che preoccupati, la fanciulla alzò le braccia e le radici che costituivano la sua armatura si animarono e quasi avessero vita propria si lanciarono contro due di quei cinque, investendoli in pieno e distruggendolo le loro corazze.
Gli altri tre soldati armati di lance si guardarono fra loro, uno di essi si lanciò contro di lei, "Ivy chains", urlò l’ebra, scatenando contro di lui le sue edere, che bloccarono il guerriero, per poi schiantarlo contro un muro lì vicino, che andò in pezzi.
La guerriera della Vite ritrasse le sue catene ed osservò i due rimasti, "Ditemi, soldatini, come mai siete giunti qui? E chi siete?", chiese la guerriera, "Siamo guerrieri di Ares, dell’armata della Discordia", spiegò uno di loro, quindi si lanciarono insieme contro di lei, che con un salto li evitò per poi urlare, "Grapes boom", due chicchi rossi partirono dalle sue mani per arrivare sugli avversari ed esplodere, distruggendo le loro armature.
Duncan e Quiggon si avvicinarono una volta sconfitti i nemici e presero le custodie, "No", disse il guardiano al messaggero, "lascia qui la custodia del Pellicano, affinché la regina non soffra a rivedere l’armatura di suo figlio," spiegò, "nascondila sotto quel cumulo di macerie", chiese infine.
Recuperate le tre clothes di Era, il gruppo si trasportò a Tebe.
"Che luogo è questo?", chiese Ageia, "Il tempio dell’oracolo Tiresia," rispose Quiggon, "dove io ed i miei compagni siamo stati investiti anghelloi", spiegò, "seguitemi", ordinò quindi, indicando un’entrata.
"Da qui potremo vedere tutte le stanze del labirinto che compongono questo luogo", spiegò, "potremmo perderci se ci dividessimo caoticamente in queste stanze, ma da qui vi potrò spiegare quali strade percorrere per circondare i nostri nemici e ritrovarci nella camera centrale, dove troveremo le vestigia sacre ad Ermes", concluse, prima di indicare tre porte, che davano su delle diverse vie, che però conducevano tutte alla sala centrale.
Duncan seguì la prima delle tre strade, camminò per un po’ senza alcun problema, poi trovò tre dei soldati dell’armata della Discordia, "Persi, guerrieri di Ares?", chiese prima di muoversi agilmente fra di loro e, con un battito d’ali, farli a pezzi.
"Piuttosto deboli come soldati", scherzò poi fra sé, mentre avanzava.
Ageia si trovò dinanzi tre soldati, armati come quelli precedentemente uccisi a Cartagine, "Ivy chains", urlò, attaccando mortalmente i nemici ed eliminandoli con estrema facilità.
L’anghellos del Caduceo aveva preso la strada centrale e si trovò dinanzi a quattro guerrieri della Discordia, "Cosa sperereste di fare qui?", chiese con freddezza, prima di scattare fra di loro ad una velocità superiore a quella della luce. Una volta sorpassati, Quiggon si voltò verso di loro e li vide cadere a terra, morti, per il suo tocco.
I tre si ritrovarono nella sala centrale, "Quiggon, il tuo tocco è letale quanto le mie spade", scherzò Duncan, mentre prendeva una delle tre custodie, "Devi sapere, amico mio", esordì il messaggero del Caduceo, "che il mio simbolo rappresenta il bastone della medicina, che poi passò al semidio Asclepio, ma che apparteneva al grande Ermes. Il mio tocco è pari a quello del caduceo, può restituire la vita, ma anche dare la morte", spiegò l’anghellos, prendendo una delle custodie, "Direi che ora possiamo ritornare al castello di Didone?", chiese allora Ageia, "Si", rispose il guardiano del Falco.
I tre uscirono dal labirinto, seguendo la strada centrale, quindi si trasportarono nel deserto sahariano, al castello della regina sacra ad Era, dove attesero il ritorno dei loro compagni.