Capitolo 20: Scontro finale
Una grande luce circondò il dio della Guerra, appena scomparve i santi di Atena videro diverse immagini dell’Armatura divina, tutte brillanti e riunite come a formare delle testuggini romane.
All’improvviso una di queste testuggini si diresse verso Seiya, un’altra verso Hyoga, una terza verso Shun e l’ultima contro Ikki.
"Attento, Pegasus", urlò Shiryu, gettandosi verso l’amico ancora a terra, e parò con lo scudo della sua armatura divina l’attacco, che non scalfì l’arma, ma riuscì a schiantare, con il suo impeto, Sirio a terra, vicino all’amico.
Andromeda si stava preparando ad alzare le sue difese per evitare l’attacco, così da lasciare però libere le Armi del dio avversario, "Fermo, cavaliere", urlò lady Isabel, ponendosi con il suo scudo dinanzi al suo santo, che coprì, impedendo che fosse colpito e salvandolo con il suo cosmo divino.
Crystal caricò il suo cosmo, pronto a contrattaccare il colpo di Ares, "Levati di lì", gli ordinò invece una voce femminile, quindi il santo divino si sentì spinto lontano da un corpo gettatosi su di lui alla velocità della luce. Una volta resosi conto dell’accaduto, Hyoga vide l’anghelloi di Ermes accanto a lui, "Ciao, sono Dafne, messaggera di Ermes sotto il simbolo del Flauto", disse lei, rialzandosi e lasciando il santo del Cigno senza parole.
Phoenix non aveva ancora ripreso a pieno le forze e sapeva che non sarebbe riuscito ad evitare a pieno un colpo così potente e distruttivo, che aveva polverizzato un’intera montagna, avendo perso Hyoga, il suo bersaglio principale.
Il santo della Fenice chiuse gli occhi e sperò nella resistenza della sua armatura, "High green wall", sentì urlare ad un tratto. Ikki riaprì gli occhi e vide il guardiano con la mano ferita in piedi, che bloccava l’attacco del dio della Guerra con un gigantesco muro di energia verde, "Sei Ikki, il fratello di Shun, vero?", chiese il guardiano di Era, "Si, tu chi sei, cavaliere?", ribatté il santo della Fenice, "Tige, guardiano del Pavone e compagno di allenamenti di tuo fratello, per un breve periodo", rispose il goshasei a cui erano tornate in parte le energie.
"Guarda quanti coraggiosi, ma ormai moribondi cavalieri", li derise Ares, vedendoli tutti feriti e barcollanti.
"Sarò io la tua avversaria, dio della Guerra", disse lady Isabel facendosi avanti, "Atena, tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro che ho molte tecniche legate alle mie divine vestigia, o hai dimenticato il nostro ultimo scontro?", chiese il dio nemico, "No, non ho dimenticato, ma forse tu non ricordi che sei stato sconfitto da me e dai miei santi?", ribatté la dea della Giustizia, "Basta parlare, sorellastra", urlò Ares, colpito nell’orgoglio, "Holy war", tuonò il dio, sbattendo i pugni.
Un fascio di energia grande quanto le mani del dio della Guerra corse verso lo scudo di Atena, che aumentò il suo cosmo per difendersi e riuscì a parare il colpo, seppur indietreggiò di alcuni passi.
"Ora tocca a me, dio della Guerra", sentenziò Atena, puntando il bastone di Nike verso l’avversario, che subì senza muoversi l’attacco della dea, "Come?", esclamò stupita la dea, "Io sono il dio della Guerra, lungo tutto lo scontro ho accumulato energia ed ora te lo dimostrerò", spiegò Ares, ridendo.
Il dio alzò il pugno sinistro e lo pose dinanzi al suo volto, l’Armatura della Guerra brillò di un’innaturale luce rossa, "Ecco, Atena, la tecnica pari all’esplosione che ha creato l’universo", esordì il dio, "Big War Command", tuonò il dio, mentre il suo cosmo si scagliava alla velocità del pensiero sulla dea.
"Urlo di Atena", invocò lady Isabel, lasciando i cinque santi stupiti, ma riuscendo a parare l’attacco del dio della Guerra, che però sembrava lievemente superiore per potenza.
"Cavalieri, Atena sembra essere in difficoltà", suggerì Shiryu, "Dobbiamo aiutarla!", tuonò Seiya, alzandosi in piedi e correndo verso la sua dea.
"Tredici stelle, vi invoco, aiutatemi a soccorrere la mia dea", urlò il santo di Pegaso, "Fulmine di Pegasus", concluse, scatenando il suo attacco più potente.
"Insieme, cavalieri, per Atena", urlò Shiryu prima di scatenare il suo colpo più potente, il "Colpo dei 100 draghi", "Per la giustizia", aggiunse Andromeda, scatenando la sua "Nebulosa si Andromeda", "Per coloro che ci sono cari", continuò Hyoga, prima di lanciare il colpo sacro dell’Acquario, "Per la terra", concluse Ikki, lanciando le calde ali della Fenice.
Il potere dei cinque santi si unì a quello di Atena, così da diventare pari a quello del dio nemico, ma non riuscì a superarlo.
"Incredibile, il potere del dio della Guerra era quasi completamente nascosto, mentre usava le sue armi", osservò Shun, "Ovvio, cavalieri, come i miei quattro bersekers, nemmeno io uso i miei poteri insieme alle mie armi, non sarei capace di controllarle, ma quando ho solo l’Armatura,", aggiunse con voce divertita, "il mio potere viene come aumentato ed esplode al massimo del suo splendore", spiegò Ares.
"Final explosion", urlò una voce femminile, tutti si voltarono e videro Dafne che univa il suo potere, seppur indebolito, ai loro, "Per gli ebri di Dioniso e gli anghelloi di Ermes", aggiunse la messaggera.
"Giusto, Dafne, per i fabbri di Efesto e per i guardiani di Era", aggiunse Tige, "Great bomb", urlò il guardiano, scatenando tutta la sua energia, risorta da poco, contro il dio.
Le due energie aggiunte riuscirono a destabilizzare l’equilibrio dei due colpi, così da gettare il dio della Guerra a terra, perdendo l’elmo.
"Adesso basta, dio della Guerra", chiese gentilmente una voce.
Tutti furono accecati da una luce azzurra ed intensissima, "Chi sei?", domandò Ares, sollevando il capo, "Sommo dio Ermes", affermò stupita Dafne, gettandosi in ginocchio.
"Ermes?", chiese Ares, alzando il capo, "che vuoi qui, messaggero?", tuonò il dio della Guerra, "Tua madre mi manda, ti ordina di ritornare nell’Olimpo per prepararti al nuovo pericolo che ci perseguita", rispose il divino messaggero.
I cavalieri di Atena erano rimasti allibiti, come la loro dea, nemmeno Tige sapeva che fare, fu la mano di Dafne a suggerirgli di chinarsi.
"Dea Atena", la salutò Ermes, chinandosi dinanzi a lady Isabel, "Ehi, tu, messaggero, fammi alzare, te lo ordino", urlò il dio della Guerra, "Sommo Ares, non potrei aiutarti, se non per riportarti sull’Olimpo", spiegò Ermes, avvicinandosi a lui con la sua bellissima armatura azzurra, caratterizzata da una cintura, dove custodiva il suo Caduceo e degli stivali alati, oltre all’elmo, costituito come una corazza di tartaruga.
"Sai, fratellastro, mi hai annoiato più di Atena e dei suoi soldati. Mia madre non può darmi ordini", spiegò Ares, sollevando in piedi e facendo scoppiare il suo cosmo.
"Adesso basta, fratello", urlò una voce.
"Chi ancora ci disturba?", chiese il dio della Guerra, "Io, fratello mio, sia nostra madre sia nostro padre ti rivogliono in cielo", disse una voce.
Tutti i diversi guerrieri si guardarono intorno, poi un fortissimo vento riempì la zona, quando l’aria si placò un nuovo personaggio apparve sulla scena.
Il guerriero appariva alto quanto Ares, i suoi capelli erano lunghi fino alle ginocchia, mossi da un vento impercettibile, che alcune volte li spingeva verso l’alto altre verso il basso. I suoi occhi erano come specchi, riflettevano le immagini che avevano dinanzi, ma senza distinguere un’iride; la sua armatura era bianca con delle ali dipinte sulla schiena e dei vortici disegnati sui gambali ed i copribraccia. I lineamenti del volto avevano qualcosa di simile a quelli di Ares e di Efesto.
"Chi si vede, il mio dolce fratello Eolo, come mai qui?", lo schernì Ares, aumentando il suo cosmo al massimo, "Sono giunto qui per riportarti a casa, fratello, sapevo che Ermes da solo non vi sarebbe riuscito e che continuando lo scontro con Atena saresti potuto morire", rispose il dio dei Venti.
"Sei certo di potercela fare, fratello?", chiese divertito il dio della Guerra, "Atena, cavalieri delle diverse divinità allontanatevi, lo scontro sarà fra me e mio fratello, seppur non combatterò per ucciderlo", spiegò con grande serenità il dio dei Venti, alzando una fortissima corrente intorno a se.
"Adesso basta parlare, fratello", urlò Ares, "Great destroy", invocò il dio, scagliando un pugno di energia dorata che distrusse tutto il suo sottostante.
"Fratello, i nostri poteri sono identici, non hai molte possibilità contro di me, essendo tu stanco e lievemente ferito", spiegò il dio dei Venti, alzando le mani al cielo, "Grande Vortice del Cielo", invocò il dio, mentre una corrente potentissima sradicava le rocce e la vegetazione circostante.
I due colpi si scagliarono a mezz’aria e il boato gettò i due dei lontani. Ares volò contro una parete rocciosa distante alcuni chilometri, mentre Eolo riuscì a fermarsi, sfruttando le forze ascensionali dei venti.
Il messaggero degli dei si avvicinò ad Ares, "Ora, dio della Guerra, vuole seguirci? Se accetterà di combattere insieme agli altri dei in maniera sincera, gli dei le concederanno di riavere le sue armate", spiegò il messaggero degli dei.
Ermes prese il dio della Guerra per la cinta e lo sollevò in cielo, facendolo scomparire con se nella luce.
"Dea Atena, cavalieri", disse allora Eolo, rivolgendosi ai combattenti stupefatti, "vi chiedo, come ultimi protettori delle diverse divinità, insieme a pochi altri, di occuparvi dell’addestramento dei guerrieri che combatteranno nella prossima guerra Sacra, quella che scoppierà fra vent’anni. Ve ne supplico, cavalieri, se non ci aiuterete voi né il mondo dei mortali né il nostro potranno sopravvivere", spiegò il dio dei Venti, prima di scomparire in una lieve e fresca brezza.