Capitolo 2: I fabbri di Efesto
Tre figure entrarono in una grotta, nascosta ad occhi normali, nella bocca del Vesuvio, vulcano campano ritenuto da molti spento.
"Fa caldo qui dentro", affermò Navas, "Non è consigliabile parlare", ribatté Draka dell’Anello, "poiché non siamo coscienti di quali risorse abbiano i fabbri e se ci saranno avversi", concluse, prima di avanzare nei cunicoli del vulcano.
Dopo alcuni minuti i tre si trovarono dinanzi ad un nuovo scenario: il cunicolo finiva in una gigantesca sala, arredata come la fucina di un fabbro, con diverse armi e fiumi di lava che scorrevano da tutte le parti, "Fratello, passami quell’ascia che avevi forgiato l’altro giorno", disse una voce.
I tre entrarono senza far rumore nella sala, seguendo la voce, ad un tratto videro, sotto di loro, due individui con delle armature rosse e color metallo sul corpo, "Ecco, Tuhon", disse uno di loro, impugnando un’ascia e passandola all’altro.
Il guerriero chiamato Tuhon aveva una corazza che lo copriva interamente, sembrava un’armatura tutta intera, ma in realtà le spalliere ed i gambali erano costituiti da dei metalli diversi da quello centrale e caratterizzati da degli aculei che uscivano minacciosi; i copri braccia ed il tronco della corazza erano abbelliti da finissime decorazioni, rappresentati dei ciclopi intorno ad una chiazza di colore più chiaro; l’elmo copriva il volto, dietro finiva con degli aculei, che si perdevano fra i lunghi capelli rossi del fabbro, davanti era caratterizzato da una maschera, che delineava una barba, non molto lunga e folta, ed un gigantesco occhio, che comprendeva ambedue gli occhi marroni del fabbro, l’unica parte visibile del capo.
L’altro fabbro aveva un’armatura quasi simile, i colori erano gli stessi e la corazza era anche caratterizzata da diversi strati, i gambali e la cinta sembravano costituiti da delle zolle d’acciaio, mentre sul tronco della sua corazza era raffigurato un vulcano, da cui si vedeva nitidamente uscire un gruppo di lapilli; l’elmo era costituito da una lama, che sembrava quasi una criniera, la quale proseguiva fino al retro della corazza, la faccia era completamente nascosta da una maschera costituita da diversi strati, simili a rughe, solo un occhio, che ricordava quello di un ciclope, proprio come quello del primo, lasciava intravedere la pelle chiara del guerriero sacro ad Efesto e gli occhi neri come il carbone.
Ambedue i fabbri erano di corporatura robusta, molto alti e muscolosi, forse più di Maximo, che già sfiorava i due metri, le loro armature sembravano molto pesanti e frutto di un accurato lavoro, prodotte da esperti.
Wein indicò un piccolo buco, vicino alla fucina dove si trovavano i due, Draka lo guardò negli occhi e chinò il capo, pochi attimi dopo, l’anghellos di Ermes era nascosto in quel buco; la guardiana di Era, allora, indicò un altro buco, probabilmente una porta, sopra i due ed una terza alla loro sinistra, opposta a quella dove era nascosto Wein, "Tu portati in quella alla loro sinistra, io andrò nella terza", ordinò con fare sentenzioso.
Navas concordò con lo sguardo, poi vide i capelli di Draka scuotersi ed i suoi occhi diventare di un bianco acceso, mentre la guerriera si alzava in volo e si dirigeva nel buco da lei indicato, il fratello di Saga e Kanon concentrò il suo cosmo e si teletrasportò nel terzo foro, proprio come avevano fatto per giungere in pochi minuti dall’Africa all’Italia.
Quello chiamato Tuhon alzò il capo, "Che c’è, fratello?", chiese l’altro, il fabbro alzò l’ascia e la scagliò contro il foro in cui era nascosto l’ebro, che riuscì a bloccare l’arma, "Chi siete?", tuonò il guerriero sacro ad Efesto.
Navas si mostrò, "Mi chiamo Navas di Pan, ebro del dio Dioniso", rispose il guerriero del dio del vino, "Si", ribatté Tuhon, "ma non sei solo", quindi impugnò una spada posata lì vicino e la scagliò verso l’alto, contro Draka, che però evitò l’arma, saltando giù dinanzi ai due fabbri, "Una donna?", esclamò sorpreso l’altro fabbro, "Draka dell’Anello, sacra goshasei di Era, è il mio nome", disse la guardiana, "Esatto, fratellino, una donna," disse il fabbro, "a proposito, il terzo si presenta oppure devo scagliargli contro un’altra arma?", chiese, rivolto verso il terzo buco, anche Wein si mostrò e presentò, "Wein dello Stivale Alato, anghellos di Ermes", disse.
"Fratello, abbiamo ospiti," esordì Tuhon, "intanto è giusto che ci presentiamo, io sono Tuhon di Bronte, mentre lui è il mio fratello minore Hyth di Sterope", disse indicando suo fratello.
"Suppongo", continuò avanzando verso una custodia, "che voi siate qui per riproporre la richiesta di alleanza del dio Ermes, ma purtroppo per voi non ci interessa", spiegò, "forse nostro fratello avrebbe apprezzato questa possibilità ed avrebbe onorato i suoi doveri di fabbro, ma non noi, quindi vi consiglio di andarvene", concluse fermandosi.
"Aspetta, fratello", esordì Hyth, che aveva osservato attentamente i visitatori, "Che c’è?", chiese Tuhon, "Sono anni che mi assicuri che noi siamo i combattenti più forti," spiegò il minore dei due, "ma io finora ho combattuto solo con te, dato che non ho mai potuto misurare la mia forza con quella del nostro defunto fratello maggiore, quindi vorrei dimostrare a me stesso che siamo noi più forti", chiese il fabbro.
Il maggiore dei due sembrò riflettere sulla proposta, "E sia", affermò poi, "affronteremo i due guerrieri in battaglia," esclamò, quindi si voltò verso Navas e Wein, "se riuscirete ad atterrarci, vi seguiremo", continuò, "se no, voi ci lascerete in pace per sempre. Accettate?", chiese infine, i tre si guardarono fra di loro e poi Draka rispose: "Si, accettiamo".
"Siccome non possiamo affrontare una donna," continuò Tuhon, "ti saremmo troppo superiori, io mi scontrerò, senza le mie sacre vestigia, con il guerriero senza armatura, mentre il mio fratellino affronterà l’altro, se stendete solo uno di noi, la vittoria sarà comunque nostra", concluse prima di togliersi le sue sacre vestigia, che si riposero a formare un ciclope con una chiazza sul petto.
Tuhon si mostrò nella sua immensità, aveva lunghi capelli rossi ed una barba simile a quella delineata dalla sua maschera, il corpo era incredibilmente muscoloso, per altezza superava Wein di diversi centimetri.
"Preparati ad essere schiacciato", esordì il fabbro, che scattò contro l’anghellos alla velocità della luce, Wein riuscì a parare l’attacco, che vide chiaramente arrivare, ma l’impatto con il pugno del guerriero di Efesto fu comunque impetuoso, il messaggero di Ermes fu scagliato contro una parete rocciosa alle sue spalle, "Non sei abbastanza forte e veloce per me", lo schernì Tuhon, ma Wein si lanciò in un attacco ad una velocità tale che il suo avversario non poté fare altro che subire i colpi, fino a quando non cadde a terra per un montante all’altezza del mento.
"Diavolo di un guerriero, sei veramente veloce, sai?" affermò il gigante rialzandosi, "Purtroppo però, tale velocità non è coordinata con una potenza d’attacco", sottolineò prima di partire al contrattacco.
Lo scontro andò avanti per un breve periodo senza che nessuno potesse vedere i due: Tuhon attaccava con i suoi potenti pugni, muovendosi alla velocità della luce, mentre Wein attaccava ad una velocità persino superiore a quella della luce e riusciva a scagliare così degli attacchi più complessi, ma meno potenti.
Dopo alcuni minuti, i due si fermarono, ambedue erano riposati, non sembravano provare stanchezza, nessuno degli spettatori sembrava voler intervenire o incitare uno dei due, ma tutti osservavano stupiti la velocità dei due avversari.
"Ora preparati a perdere, ragazzino, perché mi sono deciso ad usare il mio colpo segreto", esordì Tuhon, iniziando ad aumentare il suo cosmo, che apparve come un’intensa luce, molto calda, che lentamente diventò una fiamma, ma a sua volta la fiamma cambiò composizione, diventando liquida: il cosmo di Tuhon era un mantello di lava ardente.
Il messaggero di Ermes aumentò anche il suo cosmo, che appariva come una gelida corrente intorno al suo corpo, "Sono pronto", affermò ponendosi in posizione di difesa, "Perfetto", urlò in tutta risposta il fabbro, "eccoti il mio attacco", affermò, "Corrente lavica".
Il cosmo di Tuhon sembrò concentrarsi sul suo braccio destro, per poi scatenarsi attraverso questo verso il suo avversario, come un fiume di lava incandescente.
Wein aspettò che il colpo fosse vicino al suo corpo per allontanarsi alla velocità a lui appropriata, una velocità superiore a quella della luce; il fiume di lava si andò a schiantare sulla parete che era alle sue spalle, sciogliendola.
"Come hai fatto, anghellos?", chiese Tuhon, "il mio attacco era lanciato alla velocità della luce", esclamò sorpreso, "Devi sapere", esordì Wein, "che il nostro dio, Ermes, ci ha dato un dono che nessun altro guerriero sacro ad alcuna divinità possiede: la capacità di muoverci ad una velocità superiore a quella della luce, il che mi rende superiore a te", spiegò il messaggero, "Spero per te che sia vero, perché ora proverai il mio colpo massimo", minacciò Tuhon, alzando il braccio sinistro a pugno chiuso.
"Fratello non vorrai usare veramente quell’attacco, potrebbe esserti letale, oltre che uccidere sia il guerriero sia la donna?", chiese Hyth.
"Certo che lo farò, fratellino mio, se servirà ad impedire che costoro possano portarci fuori di qui, dove potremmo morire, proprio come è accaduto a nostro fratello Taliss", spiegò il fabbro, prima di concentrare il suo cosmo nel pugno, dove si materializzò come una sfera incandescente, "Nucleo magmatico", tuonò il guerriero di Efesto, mentre abbassava il braccio verso il suolo, "Diamond Dust", fu la risposta di Wein.
La "polvere di diamanti", tecnica base dei conoscitori delle energie fredde, fu lanciata ad una velocità superiore a quelle raggiunte dallo stesso santo dell’Acquario, signore, per antonomasia, delle energie fredde.
"Ma come?" furono le uniche parole di Tuhon, che si ritrovò parte del corpo, congelata, "Non ti preoccupare", esordì con freddezza Wein, "questo attacco non ti sarà fatale, ti ho congelato superficialmente, di modo da potermi avvicinare a te", spiegò, mentre si avvicinava, " e buttarti a terra con un dito", concluse, prima di farlo cadere con una lieve pressione della mano.
"Per tua fortuna," continuò, mentre Tuhon si rialzava, "non ho usato la mia tecnica più potente, ma solo quella che il mio maestro, Camus dell’Acquario, ha mostrato sia a me sia al mio compagno di addestramenti, l’uomo poi chiamato Maestro dei Ghiacci", spiegò Wein.
Tuhon fece nuovamente scoppiare il suo cosmo, "Prendi questo", urlò rialzandosi, "Corrente lavica", quindi lanciò nuovamente il suo attacco, "Fabbro, non rispetti le tue stesse regole?", chiese Draka prima di intervenire.
Gli occhi della guardiana si accesero di un bianco intenso, "Vi invoco anime della natura," disse la donna, "che risiedete in tutto, anche nella lava", poi alzò le braccia, mentre la corrente di lava si fermava, "Neka Yuri Ken", concluse e la lava cambiò direzione, gettandosi contro lo stesso fabbro, che sarebbe stato colpito in pieno, se Hyth non si fosse posto con uno scudo a difenderlo, "Fidati, ci penserò io a vincere il loro compagno", disse il fabbro di Sterope al fratello, prima di prepararsi per il suo scontro con Navas di Pan.