Capitolo 17: Gli ultimi due
I sei cavalieri delle diverse divinità salirono delle altre scale, senza vedere decorazioni alle pareti, dopo circa venti scalini, però, si trovarono dinanzi ad un’ampia sala, divisa in due da un muro centrale, alla fine della stanza vi erano due figure possenti: una appoggiata ad una porta, l’altra in piedi dinanzi al compagno.
"Bene, siete giunti fino a noi", disse con una voce metallica quello in piedi, "Temevo di non poter combattere", continuò l’altra voce metallica, "Siete più bravi di quanto pensavamo", aggiunse la prima.
I due si mostrarono, erano i due bersekers rimasti, Sesar e Rakis, armati delle Armi divine, "Quiggon, ci si rincontra", esordì il custode della Spada, rivolgendosi al messaggero del Caduceo, "Si, mio vecchio compagno di addestramento, ci rivediamo", ribatté l’anghellos, avanzando verso il guerriero di Ares, che aveva sguainato la Spada.
"Sarà un onore combattere con te, mio vecchio compagno", affermò Sesar, ma Tige bloccò Quiggon, afferrandolo per un braccio, "Voi due dovrete aspettare, perché prima devo uccidere Rakis", affermò guardando il custode dello Scudo, "Vuoi morire, guardiano?", ribatté il berseker dalle rosse vestigia, "No, sarai tu a morire", rispose Tige, avanzando.
I due avversari si trovarono uno dinanzi all’altro, Tige guardava con i suoi occhi come smeraldi il nemico, Rakis lo osservava dal suo elmo, il suo sguardo era diabolico.
Il berseker alzò lo scudo dinanzi a sé, "Vediamo se riesci a disarmarmi", esordì Rakis, "Proprio quello che volevo fare", ribatté Tige, alzando le mani davanti al petto, con i palmi rivolti verso il nemico.
Una luce intensa e verde illuminò gli occhi del guardiano del Pavone, "High green wall", urlò il cavaliere sacro ad Era, scatenando il suo muro energetico contro lo Scudo di Ares.
Rakis sollevò lo scudo e lo tenne con ambedue le mani, "Speri di disarmarmi così?", chiese divertito, "Non sottovalutare il mio muro, vile assassino", ribatté il guardiano, aumentando l’intensità del suo muro.
Il gioco di forza fra i due durò per alcuni minuti, Rakis sembrava però subire il colpo e le sue vestigia sembravano scuotersi per una forte pressione, che scaturiva dal suo corpo.
"Cedi", urlò Tige, movendo velocemente le mani: lo Scudo volò via dalle mani di Rakis, il quale barcollò indietro, appoggiandosi ad una parete.
Il berseker scoppiò a ridere, mentre la sua armatura tremava, "Mi piace questo scontro, guardiano, non vedevo l’ora di incontrare un degno avversario, finalmente potrò combattere come si deve ed uccidere un degno nemico", affermò ancora il berseker, mentre pezzi della sua armatura venivano scagliati via dal suo corpo come sassi da un geyser, un vapore rosso stava circondando il corpo di Rakis.
L’armatura volò via perdendosi sul terreno, Rakis si mostrò in tutto il suo malvagio fascino: aveva corti capelli scuri, i suoi occhi erano rossi come fiamme, il viso mostrava una virilità malvagia, i lineamenti erano ben distinti, solo una cicatrice sotto il mento rovinava il suo volto.
"Preparati a subire il mio <spirito diabolico>", minacciò il berseker, alzando il vapore intorno al corpo, "Se permetti", interruppe Tige, "Attacco prima io", urlò, "Lighting waves", invocò, scatenando le onde energetiche, prodotte dal movimento delle braccia.
Le onde energetiche scomparvero nella nebbia rossa, che circondava il corpo del berseker, una fragorosa risata fu la risposta all’attacco.
"Spiacente, guardiano, ma il mio <spirito diabolico> può parare questi colpetti, se non hai di meglio, morirai presto", esordì Rakis, alzando il braccio destro, in cui confluì il vapore, componendosi in una sfera rossa, "Globo di fuoco", urlò il berseker, scatenando il suo attacco contro Tige.
Il guardiano del Pavone spiccò un salto ed evitò, con un veloce movimento laterale, l’attacco del nemico, che però lanciò nuovamente il "globo di fuoco", senza riuscire ad investire il guardiano di Era.
Rakis tentò di colpirlo per diverse volte, ma Tige con veloci movimenti evitò i suoi attacchi, finché non si ritrovò con le spalle ad uno dei muri portanti, "Ora sei mio", esultò il berseker, lanciando il suo colpo contro il Goshasei, il quale non lo evitò, ma lo subì, senza riportare ferite, ma barcollando lo stesso per l’impatto.
"Come può quel colpo far barcollare Tige?", si chiese Maximo, che più volte aveva visto in azione il guardiano invulnerabile, ma nessuno gli rispose.
Il guardiano del Pavone saltò e compì un’orbita a semicerchio sul suo avversario, "Lighting waves", urlò, mentre lo sorvolava: le onde di energia partirono verso Rakis, compiendo un’orbita a semicerchio, che riuscì ad investire in più punti il corpo dell’avversario, senza però ferirlo mortalmente.
"Rakis, il tuo <spirito diabolico> non ti difende più?", lo schernì Tige, "Dapprima era un sospetto, sorto durante lo scontro fra Tuhon e Warril, ma ora ne sono certo: il vostro cosmo, che si arricchisce con l’armatura, una volta tolte le vestigia va scemando, ogni qualvolta lo usiate", spiegò il guardiano con un sorriso sul viso, "e questo ti sarà letale", concluse, congiungendo le mani dinanzi al petto.
"Cavalieri, spostatevi tutti dietro la coda della sua armatura", propose Draka, appena intuito il piano del compagno.
Tige aveva posto le mani dinanzi al petto, quindi aveva allungato le braccia in avanti e posto i palmi delle mani verso Rakis, all’improvviso alle sue spalle, la coda del Pavone si aprì, le punte, costituite da diversi smeraldi sembrarono illuminarsi. Il cosmo di Tige esplose in tutta la sua potenza, sembrò quasi che la Coda delle vestigia emanasse quel cosmo, poi l’energia cosmica si canalizzò dalla Coda al corpo di Tige, gli occhi sembrarono diventare due smeraldi, incastonati nel capo del guardiano.
L’energia si concentrò nelle mani del guardiano, alle sue spalle sembrava quasi che l’immagine di un Pavone, con il becco alzato verso il cielo, fosse apparsa, "Preparati, Rakis, il mio colpo massimo non avrà pietà di te", sentenziò il guardiano, "Great bomb", urlò Tige.
Una sfera di energia verde grande quanto l’intera sala partì verso il berseker, stupefatto da tanto potere.
Un boato, un’intesissima luce verde e di Rakis non rimase più niente, come del muro a cui era vicino.
Le braccia di Tige ricaddero come morte lungo il corpo del guardiano, "Per te, Duncan", disse il guerriero sacro ad Era, "Ottimo colpo, cavaliere", esordì Sesar, avvicinandosi, "ma sei stato troppo avventato", spiegò l’ultimo berseker rimasto, colpendolo con la sua Spada.
Una gigantesca ferita si aprì sul petto di Tige, gettandolo per terra, sanguinante.
Nessuno ebbe il coraggio di parlare, tutti erano stupiti, "Come hai potuto?", urlò all’improvviso Dafne, correndo verso il guardiano del Pavone, a terra ferito.
"Non è stato poi così difficile, lui stesso si è reso vulnerabile", rispose Sesar, "Che intendi dire, cavaliere?", chiese Maximo, mentre Quiggon si avvicinava al corpo del guardiano ferito, "Semplice, ebro di Dioniso, il potere di Tige, ciò che lo rendeva invulnerabile, era il suo cosmo, ma con quel suo ultimo colpo lo ha concentrato tutto nella sfera energetica, per essere certo che Rakis morisse", spiegò Sesar, "quindi mi è stato facile ferirlo, dopo il suo gesto", concluse.
"Ma non lo hai ucciso", esordì Quiggon, dirigendosi verso il berseker, "Non preoccupatevi per Tige", aggiunse il messaggero, rivolgendosi ai suoi compagni, "attraverso il mio tocco ho potuto fermare l’emorragia, ben presto il suo cosmo si riprenderà, credo non sia la prima volta che lo riduce al minimo, gli basterà qualche ora di riposo per ritornare completamente invulnerabile", spiegò l’anghellos ai compagni, "Ora a noi, Sesar", concluse, estraendo il suo Caduceo.
I due compagni di un tempo si osservarono, "Spostiamo dall’altra parte della stanza, non voglio che qualcuno ci interrompa", propose Sesar e Quiggon accettò.
I due combattenti erano ora pronti alla lotta, il berseker alzò la Spada sopra la sua testa, "Spada distruttrice", urlò Sesar, calando il fendente energetico dinanzi a se. Quiggon evitò con un movimento velocissimo il colpo, spostandosi lateralmente e lasciando che l’attacco aprisse una fenditura nella parete alle sue spalle; l’anghellos alzò quindi il Caduceo sopra la sua testa, "Nuntio finale", urlò mentre il suo colpo si scatenava contro Sesar, il quale riuscì a pararlo con la sua Spada divina, che deviò l’attacco, distruggendo un lembo del muro, che li divideva dalla stanza ancora chiusa.
"Sacro Caduceo", urlò poi Quiggon, mentre il bastone sacro ad Ermes si allungava nelle sue mani, diventando lungo quanto la Spada sacra ad Ares, ma non altrettanto grande, "Dunque vuoi uno scontro all’arma bianca", lo schernì Sesar, impugnando con ambedue le mani la sacra Arma, così da tenere l’elsa sopra il suo capo, mentre la lama copriva il suo corpo, Quiggon, invece, impugnava il Bastone sacro, orizzontalmente rispetto al suo corpo, con l’estremità superiore rivolta verso l’avversario.
I due si gettarono uno contro l’altro, i fendenti della Spada di Ares incontrarono più volte i fendenti del Caduceo di Ermes, le due armi si confrontarono in diversi attacchi, tutti a vuoto.
Quando i due si divisero, notarono che nessuno dei due aveva delle ferite sul corpo o danni alle vestigia, le loro Armi, essendo divine, non avevano riportato danni.
Sesar gettò la Spada via, conficcandola nella porta chiusa alle sue spalle, "E’ sempre un piacere combattere con te, ma che ne dici, mio vecchio amico, di un vero scontro, potenza cosmica contro potenza cosmica?", chiese, sganciando dal suo corpo l’armatura, che si ricompose per formare una specie di Leone, blu e malvagio.
"Buffo", esordì Quiggon, "Non mi ero mai accorto che le vostre armature ricomposte costituissero degli animali", spiegò, "Si, è vero, i miei compagni non avevano molta cura delle loro vestigia, che sul loro corpo disegnavano delle armature appartenenti ad alte classi di guerrieri, ma una volta sganciate si ricomponevano come animali. Per Belbia, uccisa dall’asgardiana, la sua armatura paragonabile a quella di un legionario romano, si ricomponeva come una iena, di cui l’elmo era la coda; per Warril, morto insieme all’ultimo dei fabbri di Efesto, l’armatura simile a quella dei samurai giapponesi, si ricomponeva come un avvoltoio; per Rakis, l’armatura simile a quelle vichinghe, si ricomponeva come un orso, mentre la mia, simile ad un’armatura medievale, si ricompone a formare un leone", spiegò il berseker, mostrando completamente il suo volto abbronzato, con profondi occhi neri e corti capelli violacei, ed il suo corpo, incredibilmente possente.
Il Caduceo si richiuse nelle mani di Quiggon, "Dafne, prendi", affermò l’anghellos, lanciando il sacro Bastone alla sua parigrado, "ed utilizzalo solo contro Ares, o contro uno dei suoi figli", ordinò, prima di sganciare dal suo corpo le sacre vestigia, che si ricomposero, a forma di Caduceo, vicino a quelle dell’avversario.
"Sono pronto", esordì Quiggon, rivolgendosi a Sesar, e tutti notarono che il messaggero sorrideva, "Giusto per riscaldarci, voglia utilizzare i nostri colpi segreti, che conosciamo reciprocamente alla perfezione?", chiese Sesar, gonfiando i muscoli del torace, "Si", fu la semplice risposta dell’anghellos del Caduceo.
I due cosmi esplosero con pari intensità, simili per essenza e vastità a quelli di un cavaliere d’oro, "Preparati, mio vecchio amico, poiché sarò io il primo ad attaccare", esordì il berseker, movendo le braccia, la destra dal capo alla cinta, la seconda dalla cinta al capo, poi le riunì dinanzi al petto, in una posizione simile a quella dell’ "Abbandono dell’Oriente" di Shaka, "Bagliore d’Oriente", urlò Sesar, mentre una sfera energetica partiva dalle sue mani, per poi scomparire con un gran bagliore.
Quiggon la evitò, movendosi ad altissima velocità, "Ottimo, lo ricordavo identico il tuo attacco", esordì verso il berseker, il messaggero di Ermes congiunse quindi le mani dinanzi a se, in posizione di preghiera, poi lentamente le riaprì, una luce intesissima e dorata era emanata dalle sue mani che si allontanavano, "Luce d’Oriente", urlò Quiggon: un procedimento inverso a quello dell’attacco di Sesar si sviluppò, infatti un’esplosione di luce accecò tutti, mentre l’energia cosmica si convogliava in una sfera, che si scagliò contro il berseker.
Sesar evitò l’attacco con un agile salto, "Ti ricordi gli anni dell’addestramento?", chiese il berseker, rivolgendosi al messaggero, dopo aver toccato terra, "Si", rispose Quiggon, "Noi eravamo fra i migliori allievi di Shaka, più bravi di Argora e Shiva, l’altra coppia di abili guerrieri, noi saremmo dovuti diventare santi d’Argento, non loro", affermò il berseker, osservando il suo avversario.
"Si, eravamo noi i più abili, ma il nostro destino non era di diventare santi di Atena, ma cavalieri di altre divinità, di Ermes io e di Ares tu", ribatté il messaggero, "Probabilmente, amico mio", disse Sesar, "Mi hai chiamato nuovamente amico mio, perché?", chiese Quiggon, guardandolo sorridente, "Perché malgrado siamo di armate diverse la nostra amicizia non credo sia tramontata", spiegò il berseker, prima di mettersi in posizione di attacco, "e lo so che dovremo ucciderci a vicenda", concluse il guerriero di Ares, prima di gettarsi contro il compagno di addestramento, "Purtroppo è vero", affermò l’anghellos prima di attaccare.
I due si attaccarono con dei pugni velocissimi e potentissimi, che a contatto con i loro corpi si illuminavano di una luce dorata.
I due alla fine si allontanarono, "Sento il mio cosmo affievolirsi, è a causa del sacro potere medico del Caduceo?", chiese Sesar, rivolgendosi all’avversario, "Esattamente, proprio come i tuoi colpi producono delle ferite nel mio", rispose Quiggon.
I due si lanciarono nuovamente in un attacco frontale, ma stavolta sembravano entrambi più stanchi, i loro colpi erano più lenti, anche se della medesima potenza.
"Adesso basta giocare", tuonò una voce da dietro la porta chiusa, "Ci avete stancato con questo vostro combattervi senza uccidervi", disse una seconda voce, mentre le porte si spalancavano, "Lasciate questi due idioti a me, fratelli", esordì una terza voce, uscendo dall’ombra.
"Urlo furente", urlò il personaggio dall’armatura quasi dorata.
I due combattenti non li avevano notati, continuavano a colpirsi a vicenda, finché furono investiti da un’onda d’urto di energia divina, che li polverizzò, scagliandoli fuori le loro vestigia fuori da una parete, ormai distrutta.
"Quiggon", urlò Wein, "Chi sono costoro?", chiese Draka preoccupata, "Il mio nome è Enio, figlio di Ares e dio dell’Urlo furioso", rispose l’assassino.
I cavalieri delle diverse divinità si trovarono di fronte ai tre figli di Ares, i tre semidei.