Capitolo 15: Inizia lo scontro finale
Il primo ad alzarsi fu Tuhon, si avvicinò a Tige, che si era addormentato sulla parete, "Guardiano", lo chiamò, senza riuscire a svegliarlo.
"E’ inutile", s’intromise Draka, appena alzatasi, "lui non percepisce il tocco della tua mano che lo scrolla, puoi urlare, per cercare di svegliarlo", spiegò la guardiana dell’Anello, mentre il fabbro cercava di svegliare Tige, riuscendo però a svegliare Quiggon, Wein e Maximo.
"Insomma, la vuoi smettere di urlare così", tuonò l’ebro, "Lasciate fare a me", s’intromise Dafne, avvicinandosi al guardiano del Pavone e svegliandolo con il suono del suo flauto.
"Visto, bastava così poco per svegliarlo", esordì Maximo, provocando una risata generale, che riuscì a rilassare l’ansia che vi era fra i cavalieri.
L’ansia e la serietà tornarono ad aleggiare fra i sette cavalieri quando si rimisero le loro sacre vestigia.
Maximo si legò una piccola radice di vite intorno al braccio destro, "Cosa è quello?", chiese Tige, "Un ricordo di Ageia", rispose Maximo seccamente, mentre notava una treccia sulla fronte del guardiano "E quello?", chiese divertito l’ebro, "In ricordo di Duncan", rispose il goshasei con un sorriso.
Dafne prese il pezzo delle sacre vestigia di Ares, accompagnata da Quiggon, armato del suo Caduceo, e di Wein.
Tuhon prese due oggetti da una busta, riportata dall’Etna, "Sono pronto", disse poi, "Manca Draka", criticò Quiggon, "Sono qui", esordì poi la guardiana dell’Anello, accompagnata dalla regina Didone.
"Buona fortuna, cavalieri, tornate vincitori", furono le parole della regina, mentre tutti i guerrieri scomparivano.
I sette cavalieri delle diverse divinità arrivarono in pochi secondi fra le montagne della Mongolia, "Messaggero, da che parte?", chiese Tuhon, "Aspetta", rispose Quiggon, volgendo lo sguardo verso Dafne, che, chiusi gli occhi, iniziò a muoversi su di se, "Da quella parte", sentenziò infine, indicando dinanzi a se, "l’armatura vuole che andiamo lì", spiegò la messaggera del Flauto.
I guerrieri seguirono l’indicazione della messaggera, corsero per circa una decina di minuti, quando all’improvviso videro un castello, costituito da alcune muraglie.
Giunti dinanzi al primo di questi muri, videro una figura snella, ma coperta da un’armatura, che li attendeva.
"Benvenuti, cavalieri prossimi alla morte", li salutò una voce femminile, "Alcuni di voi mi conoscono già, ma mi presento nuovamente, sono Belbia", disse la berseker.
I sette si guardarono fra loro, "Chi di noi si batterà con lei?", chiese Dafne, "Voglio quella che sa volare", ordinò la guerriera di Ares, "Che cosa?", incalzò Maximo, "So, che fra di voi c’è una donna che sa volare, voglio affrontarla, poiché anche io so volare", spiegò, alzando le braccia al cielo.
Una luce violacea la circondò, solo la Lancia non era illuminata di viola, "Bukujetsu", urlò la malvagia guerriera, mentre il suo corpo iniziava a galleggiare a mezz’aria.
"Interessante", disse freddamente Draka, mentre si faceva avanti fra i suoi compagni.
La guardiana di Era alzò le braccia, i suoi occhi brillarono di un’intensa luce bianca, "Bukujetsu", urlò anche lei, mentre si portava all’altezza dell’avversaria.
"Conosci anche tu questa tecnica, eh?", chiese divertita la guerriera di Ares, alzando la Lancia sul suo capo, "Ma questa tecnica di certo non la conosci", aggiunse divertita.
"Ascia della disperazione", urlò la guerriera calando l’Arma. Dieci sfere violacee apparvero intorno a Belbia e si scagliarono contro Draka, che ne evitò sei con abili movimenti, ma fu presa in pieno dalle altre quattro, "Discreti riflessi", la schernì la guerriera di Ares.
Draka indietreggiò e le cadde la corona che le cingeva i dorati capelli, "Bel colpo, ma speri di colpirmi una seconda volta con il medesimo trucco?", chiese poi la guardiana con il suo fare freddo e distaccato, "Credo di si", rispose Belbia, prima di riattaccare.
Nuovamente la Lancia calò ed apparvero le sfere violacee, che si scagliarono contro la guardiana di Era, che stavolta si mosse molto più velocemente, alzandosi ancora più in alto, con un veloce movimento delle mani; accadde però qualcosa di inaspettato: quattro delle sfere di energia la seguivano, ma Draka non sembrò particolarmente preoccupata da ciò, anzi, si gettò in picchiata verso terra, evitando per poco di schiantarsi al suolo, mentre una delle sfere energetiche si spegneva contro la roccia montuosa.
Draka era ancora inseguita dalle altre tre sfere di energia, si lanciò quindi verso la sua avversaria, che l’attendeva con Lancia pronta, ma l’unica cosa che Belbia colpì fu una delle sue sfere energetiche. Le ultime due sfere sembravano non volersi allontanare dalla guardiana dell’Anello, che si diresse verso il muro esterno del castello, su cui si schiantò un’altra delle sfere, rimaneva solo l’ultima.
"Draka, qui", urlò Tige, la guardiana capì subito il piano del suo parigrado e si gettò in picchiata verso di lui, che subì, senza riportare ferite, la quarta sfera.
La guardiana dell’Anello si riportò quindi all’altezza di Belbia, "Ho intuito subito che la maggioranza di quelle sfere energetiche erano delle illusioni ottiche", spiegò Draka all’avversaria, "Brava, ti sei dimostrata saggia, ma mi chiedo se sarai anche agile e veloce abbastanza da evitare la sacra Lancia di Ares", la minacciò la berseker, gettandosi contro di lei con la sua Arma divina.
La guardiana dell’Anello evitò tutti i fendenti, per sette volte la custode della Lancia di Ares tentò di colpirla con dei fendenti dell’Arma divina, ma ogni volta, Draka evitava l’attacco con agili movimenti.
"Basta scherzare, guardiana, preparati all’ultimo fendente, quello mortale", urlò infuriata Belbia, mentre si preparava ad attaccare. Draka aprì le braccia e, come già fatto di fronte a Tuhon, aumentò il suo cosmo, che si sviluppò come una luce intensa che partiva dagli occhi, "Invoco voi, anime della Natura, in nome del mio antico casato", esordì la guardiana, "invoco te, o fulmine", disse, mentre nel sereno mattino della Mongolia si condensavano delle nubi, "Neka Yuri Ken", urlò alla fine la guerriera di Era.
Un fulmine si scatenò contro la punta della Lancia, che sembrò diventare essa stessa corrente elettrica: un tuono, un lampo e Belbia era a terra.
Draka ridiscese fra i suoi compagni, la berseker era a terra, le mani erano chiaramente ustionate, mentre la Lancia era volata a terra a diversi passi di distanza dalle combattenti.
"Come hai fatto, Draka?", chiese incuriosito Maximo, "Ho semplicemente sperato che, malgrado in aria l’elettricità non avesse un punto di scarico, i metalli divini non seguissero le normali leggi della chimica e della fisica", rispose con un tono lievemente divertito.
"Brava, guardiana, sei riuscita a disarmarmi", disse Belbia rialzandosi, "non potrò più usare la Lancia di Ares, almeno finché queste ustioni non saranno guarite", suppose la berseker, "però non ti preoccupare, Draka, il nostro scontro non è finito, ho ancora altri assi nelle maniche", concluse con fare minaccioso, mentre sganciava dal corpo le sue vestigia viola.
"Sembra che voglia fare sul serio", analizzò Tuhon, il quale aveva già spiegato ai compagni la caratteristica delle vestigia sacre ad Ares, "Esatto, fabbro, farò sul serio", ribatté la berseker, dopo aver tolto completamente l’armatura.
Belbia si mostrò ai suoi avversari: aveva lunghi capelli scuri ed occhi viola, la pelle era chiara ed il corpo era incredibilmente esile, la calzamaglia che indossava non nascondeva le forme che in lei erano assenti.
La berseker si rialzò in cielo, "Vogliamo continuare, guardiana?", chiese, quando già era in volo.
Draka non se lo fece ripetere e si alzò anche lei in volo, all’altezza dell’avversaria.
Il cosmo di Belbia esplose in tutta la sua maestosità, era pari a quello di un cavaliere d’oro, ma molto più impetuoso, "Preparati a morire", minacciò, prima che i suoi capelli iniziassero ad ondulare di un moto innaturale.
Draka non fu per niente stupita dal cosmo dell’avversaria, che supponeva forse più maestoso, ma rimase colpita dai capelli della berseker, che sembrava stessero crescendo, mentre si muovevano.
"Sei mia", urlò all’improvviso Belbia, scatenando contro l’avversaria i suoi lunghi capelli; la guardiana dell’Anello si ritrovò all’improvviso bloccata agli arti ed alla vita dai lunghi capelli dell’avversaria, che sembravano costituiti d’acciaio.
"Ognuno di noi berseker", esordì Belbia, "sviluppa in modo diverso quello che viene normalmente chiamato cosmo, io sono la meno potente fra i quattro, ma basterà la mia <Essenza dell’acciaio>, combinata con il mio colpo migliore per ucciderti", la minacciò, "Howling laugh", urlò infine.
L’urlo si tramutò in un ululato e poi in un’onda di energia che sembrò partire dalla bocca stessa della berseker, che investì in pieno Draka.
La guardiana non riuscì ad evitare l’attacco e le sue bianche vestigia andarono distrutte in più punti, le spalliere ed un gambale andarono distrutti, poi Belbia la liberò, lasciandola cadere, priva di sensi verso il suolo.
Nella sua mente, Draka rivide il suo passato: i pochi anni vissuti ad Asgard, sua terra natale, il disonore recato a suo padre da suo zio e le risate, che tanto allora le bruciarono, del cugino Alberich; avrebbe tanto voluto ucciderlo allora, in fondo era anche più piccolo di lei, ma non poté, dovette, invece, andare via e vagare per anni fra un regno ed un altro, finché non giunse in Africa, ormai i suoi genitori erano morti e lei aveva già 18 anni. Incontrò a Cartagine Didone, la sua regina, colei che le insegnò come comandare il potere di cui non sapeva di essere padrone, il potere della Natura, che poteva scatenare sotto diverse forme.
Gli occhi simili a diamanti di Draka si aprirono, la guardiana si vide cadere a terra, quindi riprese il controllo di se e si riportò dinanzi all’avversaria, "Preparati, berseker, poiché anche io ora userò la mia tecnica massima", sentenziò.
Il cosmo di Draka esplose in tutto il suo fragore, sembrava quasi che gli elementi stessi si fossero alleati con lei, il cielo si oscurò, un forte vento scosse i suoi capelli e quelli di tutti i presenti.
La guardiana si dispose come a formare una croce con il corpo, circondato da un’intensissima luce bianca, all’improvviso questa luce sembrò animarsi e dirigersi verso il cuore della guardiana, "Duplication", urlò Draka, prima di sparire da dinanzi il gruppo di guerrieri.
Belbia si girò per guardarsi intorno e rivide l’avversaria dinanzi a se, "Sono qui", sentì poi, si voltò e la vide alla sua sinistra ed anche dietro di lei ed alla sua destra: era circondata da quattro immagini di Draka, "Mi credi stupida, guardiana?", chiese la berseker, "So che sono quasi tutte illusioni ottiche, eccetto una", spiegò la guerriera di Ares.
"Ti sbagli, spiacente", sentenziarono le quattro figure, prima di far apparire quattro coppie di anelli di ametista.
Le quattro figure iniziarono, come abili giocoliere, a lanciarsi gli anelli taglienti, Belbia si ritrovò al centro delle quattro traiettorie, tutte reali e letali.
Lo scontro durò poco, dopo appena cinque passaggi veloci delle diverse lame Belbia era mortalmente ferita, così da cadere, quasi in picchiata, al suolo, morta.
Le immagini della guardiana scomparvero, Tige si diresse il luogo in cui era la sua parigrado all’inizio e la recuperò nella sua caduta al suolo.
"Grazie, guardiano", furono le sue uniche parole, prima di svenire, "E’…?", balbettò Maximo, "No, è ancora viva, solo che le ferite e soprattutto l’uso della tecnica massima del suo simbolo le hanno procurato stanchezza e debolezza", rispose il guardiano del Pavone, "Dalla a me, guardiano, la curerò", propose Quiggon.
Tige le porse il corpo svenuto della guardiana dell’Anello, poi tutti insieme entrarono nel castello di Ares, pronti ad affrontare un nuovo nemico.