Capitolo 11: Tradimento
Gli anghelloi arrivarono Capo Sounion in pochi secondi, "Dunque questa è Atene, non vi ero mai stato", disse seccamente Wein, "Tu, Quiggon?", chiese al suo comandante, "Mai", rispose l’altro in maniera seria, "lo sapete," continuò poi, "sono stato solo a Tebe, il giorno della mia investitura", concluse.
"Voi due, che eravate allievi di cavalieri d’oro non siete mai stati nella città di Atene ed al tempio sacro ai vostri maestri?", chiese divertita Dafne, "No, messaggera, noi no, tu invece, prima di ieri?", ribatté l’anghellos dello Stivale Alato, "No, come ben sapete, il mio nobile maestro Tiresia non si è mai mosso da Tebe per tutta la sua vita", concluse lei, seguendo il comandante dei messaggeri di Ermes.
Quiggon arrivò dinanzi ad una scalinata che dava su una prigione, "Credo che sia da queste parti il pettorale delle vestigia", esordì il messaggero del Caduceo, "Dafne, tu lo percepisci?", chiese alla messaggera, "Si, sento la sua vibrazione, ma in lontananza", rispose la ragazza dagli occhi color del mare, "Siete dunque giunti, cavalieri delle divinità olimpiche?", disse una voce da dietro una rupe.
I tre guardarono la figura apparire dinanzi a loro, "Salve, cavalieri, sono Syren Sorrento, ultimo generale di Nettuno", disse Syria.
Il generale indossava la sua armatura a scaglie d’oro, "Vi prego di seguirmi", continuò, ma nessuno dei tre si mosse, "Generale", esordì Quiggon, "chi ti ha detto che noi saremmo giunti qui?", chiese il messaggero del Caduceo, "Marin dell’Aquila, sacerdotessa guerriera di Atena, mi ha raccontato del passaggio di tre di voi dal Grande Tempio e del vostro compito, assegnatovi dagli dei per impedire che Ares, dio della Guerra, possa riavere il suo corpo e conquistare il mondo degli uomini e quello delle divinità", spiegò il generale della Sirena, "il mio signore, Nettuno, è stato nemico di Atena più volte, ma contro Hades, Ares, o altri nemici che volevano distruggere il mondo che lui voleva conquistare, ha accettato di allearsi con i difensori dei mortali", continuò, "ultimo esempio è stata la guerra con Hades in cui ho sentito scomparire il cosmo di Atena e dei suoi abili cinque santi di bronzo. Allora il mio sire ha permesso che le sacre vestigia d’oro raggiungessero l’Elisio per aiutare i cavalieri di Atena", narrò.
"Ci si deve fidare di lui?", chiese Wein, "Credo di sì", rispose Dafne, "la sua armatura è danneggiata, più della tua che ha perso la corona, inoltre è un musico come me, quindi credo sia un animo nobile", spiegò la messaggera.
"Posso chiedere i vostri nomi, cavalieri?", chiese Sorrento, "Io sono Dafne del Flauto, messaggera di Ermes", disse la ragazza, "lui è il mio comandante, Quiggon del Caduceo e l’altro Wein dello Stivale Alato, terzo ed ultimo messaggero di Ermes", spiegò indicando i suoi compagni.
"I tre anghelloi di Ermes", rifletté il generale della Sirena avvicinandosi a loro, "avevo sentito parlare di voi, si dice che siate più veloci di un cavaliere d’oro o di un generale degli abissi, è vero?", chiese lo shogun, "Si", rispose Wein, che era giunto alle sue spalle, mentre lui concludeva la domanda.
Il generale chinò il capo dinanzi ai tre, "Vi prego di seguirmi ora", continuò, "ho deciso di darvi un aiuto, almeno nel territorio dove lo spirito di Nettuno è custodito", spiegò, "voi sapete dove si trova questo oggetto sacro ad Ares?", chiese, seguendo i tre che si erano incamminati, "Si, generale", rispose Quiggon, "sappiamo approssimativamente dove si trova", tagliò corto il messaggero.
"Come fate a sapere dove si trova?", chiese il generale incuriosito, "Grazie a Dafne, può percepire le vibrazioni sonore delle vestigia di Ares", spiegò il messaggero del Caduceo, "Vibrazioni?", chiese stupito Sorrento, "Le vestigia divine di Ares vogliono ricongiungersi fra loro e con il loro signore", spiegò il messaggero, "per questo vibrano, in maniera impercettibile per i sensi comuni, ma l’orecchio di Dafne, messaggera e musica, può percepire anche il minimo suono, compreso quello delle vestigia", concluse Quiggon, "Avevo sentito parlare di una cosa del genere", affermò il generale, "Davvero, marine shogun?", chiese Wein, "Si, da come lo descrivete sembrerebbe assomigliare concettualmente all’Eufonia delle vestigia d’oro", concluse Syren Sorrento.
"Parlate tanto voi quattro", disse una voce femminile, "ci avete reso molto più facile trovarvi", concluse, mentre i quattro venivano circondati da una cinquantina di guerrieri dall’armatura violacea con le lance.
"L’armata della Discordia?", disse stupita Dafne, "Si", disse uno dei guerrieri, "gli ultimi rimasti", concluse il nemico, prima di lanciarsi contro di lei con la sua lancia.
La messaggera lo evitò con un movimento velocissimo, "Gemro Ken", urlò poi, colpendo al capo il nemico, che cadde a terra, tremante, prima di morire.
"Siete pronti, messaggeri?", chiese Quiggon, ponendosi in posizione di attacco, "E tu, generale?", continuò, "Si, Quiggon", risposero ambedue i messaggeri, "Si, anghellos", aggiunse Sorrento.
Fu Wein a scattare per primo verso i nemici, "Artigli di ghiaccio", urlò il messaggero, mentre le lame congelanti dilaniavano ben otto dei guerrieri dell’armata della Discordia.
"Generale, vuoi innalzare una musica insieme a me?", chiese Dafne, mentre una ventina di nemici avanzava, "Si, messaggera, ne sarei onorato", rispose Sorrento, innalzando la "Dead end symphony", insieme al suono del flauto a più siringhe di Dafne, che prima di iniziare il canto disse: "Perfetto, spero che ti piaccia la mia tecnica musicale, la <Songing dead>"; il suono dei due strumenti uccise i venti soldati di Ares che si erano avventati sui due, ma in modo diverso: infatti coloro che incontravano il suono del dolce flauto del generale dei mari soffrivano strazianti dolori, mentre chi subiva il suono del flauto della messaggera sembrava quasi contento di morire.
Quiggon alzò il suo Caduceo ed il bastone si illuminò di una luce accecante, "Inchinatevi, miseri guerrieri di Ares, al passaggio di Ermes", tuonò, mentre calava verso di loro il bastone sacro, "Nuntio finale", pronunciò il messaggero ed una luce azzurra come il mare che era alle spalle di Toki si sprigionò dall’oggetto, prendendo la forma di un uomo alato, che passò fra dodici guerrieri dell’armata della Discordia ed uccidendoli, annullando le loro pupille.
Solo otto soldati erano rimasti in piedi, "Diamond Dust", urlò Wein facendosi avanti ed investendo quattro di loro con la "Polvere di diamanti", che li uccise, trasformandoli in statue di ghiaccio armate di lance di ghiaccio.
Due soldati si gettarono in un disperato attacco verso Dafne, che li evitò con movimenti aggraziati, poi alzò la mano destra al cielo, "Gemro Ken", sentenziò prima di ucciderli.
Gli ultimi due non ebbero nemmeno la possibilità di scappare, poiché Sorrento li finì con la sua "Dead end climax".
"Ottimo lavoro, messaggeri di Ermes, mi avevano detto che eravate bravi, ma non credevo fino a questo punto", esordì una voce femminile da dietro una collina; tutti si voltarono a guardare la nuova intervenuta.
Una berseker si mostrò a loro, aveva l’armatura violacea, proprio come i soldati dell’armata della Discordia, ma la sua era diversa, ricordava l’armatura di un legionario romano, aveva una corazza adornata da due lance incrociate a coprirle il tronco, i gambali e la cinta erano violacei, composti da una singola e ben levigata struttura metallica, le spalliere cadevano fino a coprire i copribraccia, che partivano a loro volta da sotto le spalle per giungere intere, ma ondulate, fino ai polsi, le mani erano chiare.
Il volto era appena visibile sotto la maschera, che le copriva guance e bocca, per poi salire e coprire interamente il capo, quindi sulla nuca si apriva una cresta, quasi simile a quella dell’elmo del generale dell’Oceano Indiano; i suoi capelli erano scuri e lunghissimi, gli occhi viola non si distinguevano chiaramente dalla maschera, impugnava un’arma, simile per colore basa all’Ascia che avevano visto in mano a Warril, ma questa era una Lancia.
"Sono Belbia, berseker custode della Lancia di Ares", si presentò la guerriera, "Da sola contro noi quattro, guerriera di Ares?", chiese Quiggon, mentre ne osservava l’arma, "No, messaggero del Caduceo, non è da sola", rispose un’altra voce alle loro spalle.
I quattro si voltarono e rimasero stupiti da ciò che videro, "Generale…", balbettò Syria, "del Dragone del Mare?", chiese alla fine.
La figura scattò verso il marine shogun alla velocità della luce e lo colpì allo stomaco con un diretto.
Sorrento cadde sulla spalliera viola ed oro della corazza del nemico, "Non sono Kanon", esordì il nuovo arrivato, poi gettò il corpo privo di sensi del generale giù, verso la prigione in cui il secondo custode delle vestigia d’oro di Gemini, di quell’era, aveva passato del tempo, "né sono Saga", continuò, i tre messaggeri guardavano sorpresi i lunghi capelli color della cenere del nuovo avversario, "sono meglio di loro, sono Navas", concluse il traditore voltandosi e scoppiando a ridere.