Milo e Camus: amici fino alla fine
Questa storia parla dell’amicizia fra i cavalieri d’oro Milo di Scorpio e Camus di Aquarius. Dove possibile ho utilizzato i nomi del doppiaggio storico italiano, eccetto nei casi in cui questo nome era anche il nome della costellazione del cavaliere, come per i due protagonisti del racconto.
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Era finalmente giunto al Grande Tempio di Atene, il luogo di cui aveva tanto sentito parlare, ove risiedevano i Cavalieri di Atena, schiera cui aveva intenzione di prendere parte. Respirò a fondo la fresca aria mattutina, immaginando quello che sarebbe stato il suo futuro.
Poco dopo, due soldati lo condussero in un’ampia arena, circondata da spalti gremiti di gente. Nel punto più alto, in piedi di fronte a lui, vi era un uomo vestito con una bianca toga e con il volto nascosto da una maschera scura e un elmo dorato. Ai suoi lati, vi erano due ragazzi con indosso delle corazze dorate. Vicino a sé vide un bambino dai capelli castani, che fissava con orgoglio uno dei due ragazzi dorati.
Attesero alcuni minuti, poi alcuni soldati scortarono nell’arena altri sei bambini, che si sedettero accanto a loro.
Quando furono tutti riuniti, l’uomo vestito di bianco parlò, presentandosi e dando le dovute spiegazioni agli otto ragazzini: - Io sono il Grande Sacerdote di Atene, la più alta carica all’interno dell’esercito di Atena, gli uomini al mio fianco sono Micene di Sagitter e Saga di Gemini, e voi, miei cari ragazzi, siete stati scelti per diventare, come loro, cavalieri d’oro, i guerrieri più potenti di tutti. Sono stato io ad inviare, negli orfanotrofi in cui vivevate, gli uomini che vi hanno parlato dei cavalieri di Atena e che vi hanno condotto qui. Vi attende un’ardua prova: dovrete imparare a padroneggiare il cosmo che è dentro di voi e ad utilizzare i colpi segreti della costellazione a cui siete predestinati. Vi auguro buona fortuna. -
I bambini rimasero estasiati a quelle parole e già nella loro mente iniziarono ad immaginare grandi scontri e la loro vittoria su potenti nemici.
I soldati fecero loro segno di seguirli in quelli che sarebbero diventati i loro momentanei alloggi.
Lì, il secondo ragazzino entrato nell’arena si sedette sul proprio letto e, con un grande sorriso stampato sulla faccia, esclamò: - Ciao! Io mi chiamo Milo! Voi? -
Nessuno gli rispose. Un ragazzo dai corti capelli viola gli lanciò un sorrisino di scherno, voltandosi poi dall’altra parte; due bambini dai capelli lunghi, uno biondo e l’altro dalla chioma azzurrina non lo degnarono di uno sguardo; un altro bambino dai capelli lilla ascoltava attentamente le parole di un coetaneo alto e massiccio e non lo sentì; il ragazzino castano che era arrivato nell’arena prima di lui stava già cercando di evadere dalla stanza per esplorare il palazzo del Grande Sacerdote ed incontrare il cavaliere di Sagitter, che, a quanto pareva, era suo fratello. Milo, sconsolato, sentì però una mano poggiarsi sulla sua spalla e si girò verso un bambino dai capelli blu. Questi, timidamente, sussurrò un: - Piacere, Camus! -
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Due neo-eletti cavalieri d’oro scendevano la scalinata delle dodici case, discutendo su quanto fossero cambiati in questi sei anni di addestramento.
- Non sembri molto contento! - esclamò ridendo un giovane dai lunghi capelli violetti - Non hai quasi aperto bocca durante la cerimonia dell’investitura! Dovresti essere entusiasta di vestire una delle dodici armature d’oro e di essere riconosciuto da tutti come un cavaliere potente ed importante. -
- Certo che sono contento di essere riuscito ad ottenere un tale rango, mio caro amico. - rispose di rimando il compagno dalla chioma blu come il mare - Ma devi sapere che durante gli anni dell’addestramento in Siberia ho imparato a contenere le emozioni, che devono rimanere fuori dai combattimenti per evitare fatali distrazioni. Evidentemente, sono così abituato da risultare freddo e distaccato anche quando la situazione non lo richiede. Solo con te che sei il mio migliore amico dai tempi dell’infanzia riesco ad aprirmi un po’ di più, anche se non certo quanto fai tu, con la tua indole focosa e solare. -
Camus accennò un sorriso a quelle parole, ottenendo in risposta una sonora pacca sulla spalla dorata da parte dell’amico, a dimostrazione del fatto che le sue ultime parole erano giuste.
- E dimmi! Cos’hai intenzione di fare adesso che sei diventato un cavaliere d’oro? - chiese Milo con evidente curiosità.
- Penso che tornerò in Siberia. Durante l’addestramento ho scoperto che lì sono custodite alcune armature di rango inferiore e penso che i futuri cavalieri avranno bisogno di un maestro. -
- Vuoi addirittura iniziare ad addestrare personalmente dei cavalieri? Complimenti! - rispose ammirato l’amico - Io invece penso che girerò un po’ la Grecia, in attesa che avvenga qualcosa di importante qui e che sia richiesto il nostro aiuto. -
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Milo saliva la scalinata tra la decima e l’undicesima casa, immerso nei suoi pensieri. Per quale motivo il Grande Sacerdote aveva nuovamente richiesto la sua presenza e a pochi giorni di distanza dall’ultimo incontro che avevano avuto? Che Ioria avesse fallito la missione che aveva deciso di eseguire personalmente? Difficile, del resto si trattava comunque di un cavaliere d’oro, seppur fratello di un traditore, e non poteva aver incontrato grosse difficoltà nell’affrontare una manciata di cavalieri di bronzo. Ma effettivamente, non aveva neanche ricevuto notizie dai tre cavalieri d’argento che, d’accordo con il Grande Sacerdote, aveva inviato per controllarlo. Una voce familiare lo scosse improvvisamente: - Quali pensieri ti turbano, amico mio? - Alzando lo sguardo verso la cima della scalinata, il cavaliere dello Scorpione vide il suo vecchio amico Camus sulla soglia della casa che custodiva. Sorridendo apertamente, Milo salì in fretta gli ultimi scalini che li separavano e corse ad abbracciare calorosamente il compagno d’arme.
- Camus, quanto tempo è passato dal nostro ultimo incontro! A quanto pare, il Grande Sacerdote Arles è riuscito a richiamarci tutti al Grande Tempio in breve tempo. - esclamò il cavaliere.
- Era da lui che stavi andando, vero? Ha forse intenzione di affidarti una missione? -
- Immagino di sì: il messaggero che è venuto a chiamarmi ha accennato all’esistenza di alcuni cavalieri ribelli alleati dei cavalieri di bronzo che numerosi problemi hanno causato al Grande Sacerdote. Anche se... - aggiunse il cavaliere con una smorfia di disappunto - non sono sicuro che ci si possa fidare di quell’uomo misterioso. Non so, c’è qualcosa che non mi convince! -
Camus annuì pensieroso: - Sì, lo credo anch’io, dopotutto, non sappiamo molto su quell’uomo, le stesse circostanze della morte del Sacerdote precedente, il venerabile Sion, e della sua salita al potere non sono molto chiare. Inoltre accusa i cavalieri fedeli a Lady Isabel di aver tradito Atena e non posso credere che sia così. -
Milo osservò attentamente l’espressione del compagno, poi domandò: - Uno di essi è un tuo allievo, giusto? -
Questi accennò un sorriso: - Noto con piacere che le tue capacità di indagare nell’animo umano non sono certo cambiate. Sì, uno di loro è allievo del mio diretto discepolo, il Maestro dei Ghiacci. -
L’amico annuì, mentre i suoi dubbi sulla buona fede del loro superiore aumentavano.
- Ora devo andare, non posso far attendere così tanto il Grande Sacerdote. - concluse il cavaliere dello scorpione.
- Quando tornerai indietro mi parlerai della missione che ti ha affidato. -
Milo fece un segno di assenso e si congedò dal compagno.
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Camus correva nervosamente verso l’ottava casa di Scorpio. Non era però questa la sua meta, ma la casa seguente, quella di Libra, dove Crystal il Cigno era caduto, dopo essere uscito dalla Dimensione Oscura di Gemini, che lui stesso aveva disturbato con i suoi poteri, approfittando dello scontro del cavaliere della terza casa contro un altro avversario. Arrivò sulla soglia dell’edificio. Esitava ad entrare. Sperava di non dover incontrare Milo, suo amico e abile nel comprendere ciò che si agitava nell’animo altrui, specialmente nel suo, a cui in quel momento non aveva intenzione di spiegare tutto. Si fece coraggio ed entrò silenziosamente, affrettandosi poi verso l’uscita.
- Dove stai andando, Camus? - la domanda lo fece fermare improvvisamente, mentre si girava alla sua sinistra e vedeva il compagno sbucare fuori da un corridoio laterale con un’espressione stupita in volto.
- Alla settima casa. - rispose con semplicità il cavaliere di Aquarius, fissando poi il pavimento, in evidente segno di disagio.
Milo gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla e guardandolo negli occhi: - Puoi parlarne, con me, se vuoi. Dimmi, si tratta del tuo allievo indiretto? E’ lui il cavaliere arrivato alla settima casa? - Il compagno rispose con un breve cenno d’assenso. Poi fece un profondo respiro ed aggiunse: - Sì, è lui. Non ha ancora acquisito il settimo senso, non è in grado di scontrarsi con noi cavalieri d’oro e rispetto ai suoi compagni è frenato ancora di più dai suoi sentimenti e le sue emozioni. -
Il cavaliere dello Scorpione annuì, comprendendo quello che provava in quel momento l’amico, costretto a dover scontrarsi con l’allievo per impartirgli l’ultimo insegnamento, per dargli qualche possibilità contro i suoi avversari.
- Capisco. - affermò Milo - Se è così importante per te, non ti fermerò. So bene che non riuscirei a farti cambiare idea dicendoti che si tratta pur sempre di un traditore, è tuo allievo e non mi ascolteresti. Anche se sai che non te lo direi comunque, rispetto la tua decisione, amico mio. -
Camus gli sorrise grato, si congedò da lui e si diresse verso la settima casa. L’amico lo guardò oltrepassare la soglia della sua casa e sparire alla vista. Non immaginava che quando si sarebbero incontrati di nuovo, l’avrebbe trovato distrutto psicologicamente per essere stato costretto ad imprigionare il ragazzo a cui teneva tanto, in una bara di ghiaccio. E non immaginava neanche che avrebbe visto Camus, così freddo e restio a mostrare i propri sentimenti, piangere lacrime amare, ironicamente proprio ciò che stava andando ad insegnare al suo allievo di non fare.
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Atena era salva. Il suo più valente cavaliere aveva impedito alla freccia di Betelgeuse di raggiungere il suo cuore, l’anziano cavaliere d’oro di Libra aveva spiegato telepaticamente ai compagni la situazione e ora Lady Isabel stava salendo le dodici case. Quando giunse all’ottava casa, Milo le si inchinò di fronte, salutando poi i quattro parigrado e unendosi alla lunga processione. Dopo che anche Sirio, a quanto pareva salvato da Capricorn stesso in punto di morte, si fu unito al gruppo e i cavalieri ebbero iniziato a camminare verso l’undicesima casa, il cavaliere dello Scorpione iniziò a respirare affannosamente, immaginando quello che vi avrebbe trovato, avendo avvertito esplodere due cosmi molto familiari poco più di un’ora prima. I suoi sospetti erano fondati. L’interno dell’edificio circolare era completamente ricoperto di ghiaccio, così come i due corpi immobili distesi al centro del pavimento. Nel constatarne l’identità, Milo non poté impedire alle lacrime di solcare il suo volto. Aveva perso il suo più caro amico e un ragazzo che stimava per la sua tenacia e determinazione. Con gli occhi appannati, vide la sua dea chinarsi verso Crystal ed espandere il suo cosmo. Improvvisamente il giovane riacquistò colore e aprì gli occhi a fatica. Gioioso per il miracolo che si era appena verificato, il cavaliere d’oro aiutò un robusto cavaliere di bronzo con l’effigie del Leone a caricarsi in spalla il compagno che sorrise loro in segno di gratitudine. Milo vide poi Lady Isabel dirigersi verso il corpo di Camus.
E sorpassarlo, avviandosi verso l’uscita.
Corse verso di lei, chiedendole rispettosamente il perché del suo gesto e ottenendo in risposta un semplice, ma comunque triste: - Al contrario di Crystal, il cavaliere d’oro di Aquarius è veramente morto e io non possiedo i poteri per riportarlo in vita. Mi dispiace sinceramente. -
Il cavaliere non riuscì a contenersi e crollò in ginocchio vicino al corpo riverso al suolo dell’amico. Fece cenno ai compagni di proseguire, li avrebbe raggiunti presto.
Con le mani tremanti, voltò il corpo di Camus, dopo avergli sfilato il mantello e averlo usato per coprirlo, cercando di scaldarne le membra. Ripensò a tutti i bei momenti trascorsi insieme all’amico d’infanzia. Il loro primo incontro. L’investitura. Le chiacchierate nei suoi alloggi sull’isola di Milos. L’ultima volta in cui aveva parlato con lui era stato quando era tornato indietro dalla settima casa, disperato. Non poteva incolpare nessuno della sua caduta, né Gemini, dato che il cavaliere non era caduto nel tentativo di difenderlo, né Crystal, dato che Camus stesso lo aveva provocato e aveva deciso di combattere contro di lui. Strinse il pugno con rabbia e frustrazione, asciugandosi le lacrime con l’altra mano. Gettò un ultimo sguardo al corpo ricoperto dal bianco mantello.
- Ora devo andare, non posso far attendere così tanto il Grande Sacerdote. - sussurrò, con una punta di ironia mista a malinconia, ripetendo la frase che gli aveva detto giorni prima, quando l’aveva lasciato per raggiungere le stanze di Arles. E così avrebbe fatto ora.
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La pioggia cessava. Le nubi si diradavano. La luce tornava ad illuminare il mondo. I cavalieri ed Atena erano riusciti a sconfiggere Nettuno. Al Grande Tempio, Castalia e i cavalieri d’oro superstiti sorrisero e guardarono il cielo. A causa di strani giochi di luce, provocati dai raggi di sole che si infiltravano fra le nuvole e dall’umidità nell’aria, parve loro di vedere i volti dei loro vecchi compagni che li fissavano e sorridevano. Milo vide il volto di Camus, tranquillo, felice, sembrava non essere dispiaciuto per la sua morte, sembrava sereno. Ricambiò il sorriso, ignorando che molto presto avrebbe rivisto di persona l’amico. E ignorando che non sarebbe stato un incontro piacevole.
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Strinse i pugni con rabbia. Aveva avvertito i loro cosmi accendersi e quello di Virgo scomparire. Era adirato anche solo per il loro tradimento, un’onta di disonore per i grandi cavalieri d’oro. Poi erano addirittura ricorsi all’Urlo di Atena, la tecnica proibita, ed avevano ucciso Shaka. Suo compagno. Loro compagno! Varcò la soglia della sesta casa a passo sicuro, sentiva delle voci provenire dall’interno. Evidentemente lo scontro era già iniziato, mentre lui discendeva la scalinata. Lo vide. Anche lui era lì, indossava un’armatura scura semidistrutta e aveva perso l’uso di quattro sensi. Strinse i denti. Non si sarebbe fatto fermare dalla sua vecchia amicizia, ormai anche lui era un infame traditore. Anzi il fatto che proprio il suo migliore amico si fosse macchiato di un simile crimine lo fece avvampare d’ira ancora di più.
- Interessante! - esclamò Milo, avanzando verso gli ex-cavalieri d’oro e togliendosi il mantello - Posso dirvi la mia opinione? Sarete voi tre a condividere l’amara sorte di Shaka, non uscirete da questo luogo! -
Numerose cuspidi scarlatte attraversarono rapide lo spazio che li separava, colpendoli ripetutamente. Milo caricò Antares nel suo dito, pronto a lanciare il colpo fatale contro i tre. Prima di colpire, guardò Camus negli occhi. Occhi spenti e privi di luce, ma determinati. E tristi, molto tristi. Quell’esitazione gli costò cara, Saga lanciò il suo colpo prima di lui, facendolo sbattere violentemente contro la parete. Mentre si rialzava, vide i tre avversari disporsi nella posa del colpo proibito. Anche lui, Mur e Ioria fecero lo stesso, spiegandone la ragione a Crystal e gli altri. Poi i due colpi si scontrarono, distruggendo parte dell’edificio e rischiando di annientare l’intero Grande Tempio se si fosse verificato un minimo squilibrio fra le due parti. Non vedeva il suo volto, ma poteva avvertire il suo cosmo al di là dell’enorme sfera di energia. Stava ardendo con determinazione, non era intenzionato a cedere. Improvvisamente Seiya, Crystal e i loro amici si posero ai lati dell’incrocio fra i due colpi e, nonostante i vari richiami dei cavalieri d’oro, respinsero il doppio Urlo di Atena verso il cielo, mentre la sesta casa crollava su se stessa.
Quando Camus uscì dalle macerie, insieme ai compagni Saga e Shura, udì la voce di Atena chiedere che loro tre venissero immediatamente portati al suo cospetto e Milo, Ioria e Mur acconsentire malvolentieri. A causa della cecità, non vide chi si chinava su di lui per portarlo in spalla fino alla tredicesima casa, ma capì che doveva trattarsi di lui, il suo migliore amico. Non lo biasimava per essere stato così accecato dall’ira e per averli attaccati così duramente, senza neanche cercare di scoprire le ragioni del loro gesto, cosa che era solito fare. Si erano macchiati di tradimento e avevano ucciso un loro caro compagno, e sapeva bene che se anche lui non avrebbe accettato atti simili, Milo era probabilmente il cavaliere d’oro che più detestava un simile comportamento.
- Oh, amico mio! Perché mi hai tradito? - gli sentì sussurrare, ma non aveva la forza per rispondergli. Poi avvertì la presenza di Atena a breve distanza da loro e Milo e gli altri li gettarono bruscamente a terra. Udì il successivo discorso della dea e fra le lacrime intuì che cosa stava per succedere, senza però poterlo vedere. Il successivo urlo di disperazione di Saga gli fece capire che era accaduto ciò che temeva: Lady Isabel, Atena, si era tolta la vita. Sentì due mani stringersi intorno al suo collo, cercando inutilmente di vendicare la loro dea. Doveva trattarsi di lui. Dopo lunghi minuti, durante i quali Camus aveva lottato con tutte le sue forze residue per non morire soffocato e gli altri cavalieri d’oro avevano pianto per ciò che era appena successo, Saga si alzò e parlò. Spiegò il piano di Sion, quello che avevano deciso insieme e l’inaspettata decisione di Atena di togliersi la vita per raggiungere l’Oltretomba personalmente, per mezzo dell’ottavo senso appreso da Shaka. Parlò lentamente, a fatica, a causa della stanchezza e delle lacrime che, ogni tanto, uscivano dai suoi occhi. Mentre il cavaliere di Gemini parlava, il maestro di Crystal avvertì la presa sulla sua gola allentarsi, fino a cessare del tutto. Cadde in ginocchio, massaggiandosi il collo e respirando profondamente, prima di rialzarsi e porsi vicino a Saga e Shura.
Silenzio. Nessuno parlava, evidentemente stavano ragionando su quanto avevano appena udito. Poi qualcuno lo abbracciò. Era un abbraccio carico d’affetto, per rincuorarlo di tutto quello che aveva dovuto passare e ciò che era successo.
- Perdonami se non ho capito subito, avrei dovuto... - gli sussurrò Milo, sciogliendo l’abbraccio e allontanandosi di qualche passo. Camus gli sorrise, avviandosi poi insieme ai due compagni più vicini verso il castello in Germania. Poco dopo, avvertì tre cosmi infiammarsi e seguirli a breve distanza. E seppe che poteva contare su amici sinceri, uno in particolare.
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Di fronte al Muro del Pianto, le sette armature d’oro si scomposero davanti ai loro occhi, abbagliandoli. Quando la luce si fu diradata al loro posto poterono vedere i loro compagni caduti in battaglia: Saga, Shura, Camus, DeathMask, Aphrodite, Aldebaran e Micene. Ciascuno di essi vide chi gli era caro in vita correre ad abbracciarlo o a salutarlo. Milo guardò da lontano Crystal che si avvicinava a Camus, felice per averlo ritrovato, anche se solo per poco tempo. Lui rimase in disparte, conscio del fatto che quel momento era tutto per loro ed era giusto lasciarglielo e non rovinarlo. Poi Micene incoccò una freccia nel suo arco, puntandola contro il Muro, e tutti i cavalieri d’oro si riunirono intorno a lui, mentre il cavaliere di Libra spiegava a Seiya e gli altri che era necessario unire i loro dodici cosmi per abbattere l’ostacolo che li separava dai Campi Elisi, ma che la deflagrazione sarebbe stata tremenda. Fra le lacrime, i quattro cavalieri di bronzo guardarono i loro amici, maestri e compagni per l’ultima volta, prima di uscire dalla stanza. I cavalieri d’oro accesero i propri cosmi, concentrandoli tutti nella freccia di Sagitter. Micene scoccò la freccia contro il Muro, causando una mortale esplosione. Prima che la freccia raggiungesse il bersaglio però, Milo lanciò un’ultima occhiata verso Camus, scoprendo che anche questi aveva avuto la stessa idea. I due si fissarono negli occhi. Per un attimo, il tempo che alla freccia occorreva per superare la distanza fra loro e il Muro del Pianto. Ma un attimo era sufficiente, perché due cavalieri, amici dall’infanzia, si guardassero per l’ultima volta e si sorridessero, felici e soddisfatti per i momenti trascorsi insieme che la vita aveva concesso loro.