CAPITOLO QUINTO: BATTAGLIA NEI CIELI.

L’intera prima Legione si era appostata sulla cima di una piccola collina, a poche miglia da Tirinto, in modo da dominare la vallata sottostante e bloccare l’avanzata dei tre Kouroi che presto sarebbero giunti da Nord. Era un colle boscoso, ricco di alberi mediterranei e vegetazione abbondante, ed era un luogo che ben si prestava al combattimento per i guerrieri di Ercole appartenenti alla Legione Alata, come era soprannominata la Prima Legione, poiché quasi tutti i suoi membri avevano come simbolo un animale con le ali, che fosse un insetto o un uccello.

Il Comandante era il bellissimo Adone dell’Uccello del Paradiso, affascinante maschio di origini cipriote, che aveva appena compiuto venticinque anni ed era oggetto delle attenzioni continue e dei sorrisi nascosti della maggioranza delle Sacerdotesse Guerriero. Nonostante infatti le donne, scegliendo di diventare Heroes di Ercole, avessero rinunciato a parte della loro femminilità, coprendosi il volto con una maschera, come era consuetudine fin dai tempi del mito, anche nell’esercito dei Cavalieri di Athena, in cuor loro avevano continuato a provare sentimenti, soprattutto di passione e di ammirazione, verso il Dio dell’Onestà e verso i loro compagni. E Adone, che oltre ad essere muscoloso e ad avere un viso piacente possedeva anche una notevole dose di galanteria, attirava il massimo degli sguardi e dell’interesse, per quanto ogni Sacerdotessa cercasse di dissimulare i propri sentimenti, per non apparire poco ligia al proprio dovere.

Al suo fianco, sette a destra e sette a sinistra, vi erano i suoi compagni: gli Heroes della Legione Alata, posizionati lungo i fianchi della collina in modo da formare una cupola protettiva, pronta a sollevarsi in un poderoso assalto contro i tre Kouroi. Ai lati di Adone si ergevano i suoi più fidati collaboratori: a destra Damaste della Gura, uomo integerrimo e dalla notevole forza fisica, e a sinistra Ecuba di Antlia, uno dei pochi guerrieri della Prima Legione a non avere un uccello come simbolo. E poco più sotto, riparata tra le fronde degli alberi, c’era lei, la bella Deianira, l’unica donna che potesse far perdere veramente la testa ad Adone, per quanto egli preferisse che fossero le donne a perderla per lui. Sospirò, il Comandante della Prima Legione, e tornò a fissare il panorama, concentrando i propri sensi.

Il suolo tremò per un momento, poi nuovamente, ed infine iniziò a vibrare in un moto perpetuo che avvertì tutti gli Heroes dell’arrivo dei Kouroi. Alti, con il Sole che illuminava le loro immense schiene di pietra, i Guerrieri di Era apparvero nel mattino, muovendosi pesantemente sul terreno, travolgendo tutto ciò con cui i loro massicci piedi venivano a contatto.

"Sono dei distruttori!" –Mormorò Adone, in collera con quei mostri e con la Dea che li aveva forgiati. –"Esseri senza cuore né ragione, che a niente mirano se non alla distruzione! A niente pensano se non al caos!" –Ed esortò i suoi Heroes ad alzarsi in volo e a scendere in picchiata sui Guerrieri di Era. –"Non abbiate pietà per loro, poiché voi non ne riceverete! Castigateli, come meritano, per l’offesa suprema che hanno recato al mondo creato dagli Dei! Per aver deturpato questa terra, questa rigogliosa natura che risplendeva sotto di noi, e per la quale essi non hanno dimostrato rispetto alcuno! Sollevatevi, Heroes!!!" –E nel dir questo spalancò le ali della sua Armatura, dal colore marrone e rosato, e balzò in alto, librandosi leggero nel cielo. I suoi compagni lo seguirono istantaneamente e pochi attimi più tardi quattordici Guerrieri fluttuavano nel cielo di fronte ai Kouroi. Bastò un gesto del loro Comandante e tutti si tuffarono in picchiata sui Giganti invasori, accendendo il loro cosmo di variopinti colori, gettandosi come comete incandescenti contro i Kouroi.

Ma nonostante la foga dell’attacco, nonostante l’ardente cosmo che li ricopriva, tutti vennero respinti e scaraventati indietro. Qualcuno cadde a terra, qualcuno si scontrò con un compagno, ma la maggioranza rimase salda in volo e tentò un nuovo assalto in picchiata, come una pioggia di stelle che batte continua e non dà tregua. Al terzo assalto fallito però Adone dovette cambiare strategia, intuendo che una potenza arcana, di natura divina, proteggeva quei Giganti, rendendo la rozza pietra di cui erano composti al pari dei preziosi materiali delle Armature o delle Vesti Divine.

"Comandante!" –Esclamò Damaste della Gura, avvicinandosi ad Adone, nell’aria sopra il Kouros centrale. –"Non riusciamo a penetrarli! È come se la roccia ci respingesse, come se fosse un materiale più resistente dell’oro!!"

"Cambiate strategia! Ma non cedete!" –Gridò Adone, lanciandosi nuovamente in picchiata, di fronte agli sguardi di tutti i suoi guerrieri. Piombò sul Gigante centrale, puntando verso il suo collo, ma su esso rimbalzò duramente, venendo spinto di lato, proprio come aveva previsto. Il Kouros fece per catturarlo, ma Adone fu più svelto di lui, balzandogli dietro e sciogliendo i lacci della sua coda, facendone due fruste elastiche ma molto resistenti.

"Lacci del Cuore, stringete il Gigante senz’anima e vendicate la splendida natura che egli ha offeso!" –E lanciò avanti i propri Lacci, avvolgendoli attorno al grosso collo del Kouros, fino a bloccarsi saldamente. Quindi liberò una grande quantità di energia cosmica, caricando le fruste del suo potere e avvolgendo l’intero Gigante in scariche dal colore rosato. Ma nonostante la violenza dell’assalto, e l’impeto con cui Adone stava liberando energia, il Kouros parve sentire soltanto un lieve pizzicore ed iniziò ad agitare le braccia confusamente, sballottando Adone in aria.

Il Comandante della Prima Legione tirò con tutta la forza che aveva in corpo i lacci che aveva stretto attorno al collo del Gigante, ma questi li schiantò con violenza, scaraventando lontano l’Hero dell’Uccello del Paradiso. Alla vista del suo Comandante in difficoltà, Damaste della Gura si infervorò, dando ordine agli Heroes da lui dipendenti di scendere immediatamente in picchiata. Cinque comete lucenti piombarono quindi sul Gigante di Pietra, ma questi le respinse tutte, colpendole bruscamente con le proprie braccia e scaraventandole a terra.

"Maledizione!" –Commentò Ecuba di Antlia, osservando la scena dal basso. Egli infatti non era in grado di volare, poiché la sua Armatura non possedeva ali, ma era un grande stratega e un attento osservatore, e Adone lo utilizzava come vettore per dirigere i suoi attacchi dal basso. –"Caricate nuovamente! Concentratevi in un unico assalto! Dobbiamo scoprire i loro punti deboli! Caricate di nuovo!" –Gridò, incitando i compagni dal basso.

"Ma cos’ha da strillare quello?!" –Borbottò in aria un ragazzo dai capelli rossi, a cui presto rispose il proprio compagno.

"Lascialo parlare! La fatica la facciamo sempre noi!" –Commentò ridendo Antioco del Quetzal, spalancando le splendide ali piumate della sua corazza, dagli scintillanti colori dorati. –"Sei con me, Eumene?" –Domandò, bruciando il proprio cosmo, in un turbine di energia infuocata.

"Come sempre, Antioco!" –Rispose Eumene della Mosca, concentrando il cosmo sulle proprie mani, fino a creare due sfere di energia. –"Occhi della Mosca!"

"Fuoco del Serpente Piumato!" –Gridò l’amico, mentre la gigantesca sagoma di un Serpente piumato avvolto tra le fiamme saettava nell’aria, dirigendosi verso il viso del Kouros che avevano di fronte.

L’assalto energetico dei due Heroes raggiunse in pieno il Gigante di Pietra, esplodendo con fragore, ma non riuscì neppure a scalfire le sue tozze forme. Preoccupati, Eumene e Antioco aprirono le ali delle loro Armature, per allontanarsi prima che il Gigante potesse catturarli, ma il secondo venne afferrato per le lunghe piume dorate della sua corazza e stretto in una morsa mortale dalle robuste mani del Kouros.

"Maledetto! Lascialo andare!" –Urlò l’amico, scendendo in picchiata sul colosso di pietra, completamente avvolto da un lucente bagliore bianco. Ma il Kouros neppure si curò di lui, colpendolo con la mano destra e scaraventandolo a terra.

"Eumene!!!" –Gridò Antioco, preoccupato, espandendo il proprio cosmo, per cercare di liberarsi da quella possente stretta che stava facendo vibrare tutto il suo corpo e la sua corazza.

Improvvisamente due lacci elastici si arrotolarono intorno al dito indice del Gigante di Pietra, attirando l’attenzione di Antioco, che sollevò lo sguardo e trovò il suo Comandante proprio di fronte a lui, sospeso in aria dalle ali della sua corazza.

"Cerca di liberarti!" –Esclamò Adone, iniziando a tirare con tutta la forza che aveva dentro di sé. –"Aaaahhh!!!" –Il suo corpo venne circondato da una luminosa aura dal colore rosato, alla cui vista tutti gli Heroes, per quanto stanchi e affaticati da quei continui voli in picchiata, per adesso infruttuosi, tirarono un sospiro di conforto. –"Lascialoooo!!!" –Gridò Adone, riuscendo a smuovere un poco il robusto dito di pietra del Gigante, lo spazio sufficiente per permettere ad Antioco di respirare nuovamente, ma ancora troppo poco per liberarlo.

"In picchiataaa!!!" –Gridò improvvisamente una voce di donna, attirando l’attenzione di Adone e di Antioco, che sollevarono subito lo sguardo verso il cielo.

Di fronte a loro apparve uno squadrone di Heroes, tutti completamente avvolti in un guscio di energia cosmica, che piombò istantaneamente sul Gigante, puntando verso il suo viso. Per difendersi, il Kouros si agitò, muovendo le braccia scoordinatamente e allentando la presa della sua mano, permettendo ad Antioco di liberarsi, anche grazie all’aiuto di Adone, che lo afferrò per le braccia e lo portò fino a terra.

"Come stai, ragazzo?" –Domandò il Comandante, depositando il giovane Hero del Quetzal ai piedi di un albero.

"Un tempo avevo una schiena!" –Ironizzò Antioco, sentendo forti fitte lungo la colonna vertebrale. Alcune piume della sua folta coda dorata erano state distrutte e qualche crepa era spuntata sul resto dell’Armatura, ma il ragazzo non aveva perso l’umorismo né la voglia di combattere. Eumene discese poco dopo accanto a lui, per sincerarsi delle condizioni dell’amico, proprio mentre Damaste della Gura guidava nel cielo sopra di loro un nuovo assalto degli Heroes contro i tre Giganti di Pietra.

"Sono felice di vederti sano e salvo!" –Esclamò improvvisamente una morbida voce di donna, sbucando tra gli alberi mezzi abbattuti. Era alta e snella, con un corpo sinuoso ed affascinante, ricoperta da un’Armatura dai colori blu e argento, rappresentante l’uccello Lofoforo. Sul capo portava un elmo a forma di corona, che si incastrava tra lunghi capelli grigi, così folti da sembrare un mantello. Il volto, come quello di tutte le Sacerdotesse, era coperto da una maschera bianca. Ma Adone, a cui quella frase era rivolta, aveva avuto modo di vederla in viso molte volte.

"Sei stata avventata!" –Commentò il Comandante, mentre Deianira del Lofoforo si avvicinava a lui. –"Ma ti ringrazio!"

"È il dovere di ogni guerriero servire il proprio Comandante!" –Commentò la donna, allungando le mani verso quelle di Adone, che le afferrò con un sorriso.

Rimasero così, a guardarsi per qualche minuto, senza riuscire a dirsi altro, prima che un violento boato facesse sobbalzare entrambi. Il nuovo assalto aereo guidato da Damaste della Gura era fallito e tutti gli Heroes volanti erano stati respinti e atterrati, con gravi crepe sulle loro corazze. Ecuba di Antlia arrivò correndo, chiamando Adone a squarciagola.

"Comandante! Comandante! La Legione Alata è stata abbattuta! Adrastea del Toco e Briseide del Cardinale sono stati atterrati e schiacciati dagli Heroes! E tutti gli altri sono in grave difficoltà! Sarà difficile volare ancora con le Armature in queste condizioni!" –Esclamò Ecuba, con forte preoccupazione. –"Come possiamo abbattere un muro che non vuol crollare?!"

"Non possiamo, infatti!" –Commentò Adone, con un sospiro, prima di spalancare le ali della sua Armatura, accendendo il suo cosmo di rosati bagliori. –"Ma ci proveremo comunque! Abbi cura di te!" –Si rivolse a Deianira, spiccando il volo.

"Lo farò! Fallo anche tu!" –Rispose lei, balzando in aria.

Eumene e Antioco si rialzarono, espandendo a loro volta i propri cosmi, di fronte agli occhi preoccupati di Ecuba, che avrebbe voluto proibire loro di spiccare nuovamente in volo, viste le ferite sulle loro corazze. Ma tacque, consapevole che le sue parole non sarebbero servite a niente, che non avrebbero fermato i loro ideali. E sospirò, osservandoli balzare in alto, subito seguiti da Deianira. Il fidato stratega di Ercole seguì dal basso, come molte altre volte, l’azione organizzata dal suo Comandante, che aveva deciso di riunire tutti gli Heroes in fila, e puntare agli occhi del Kouros centrale. Egli avrebbe aperto la fila, seguito da Damaste e da tutti gli altri, in una lunga striscia continua di ardente energia. Arrivati a pochi metri dal viso del Gigante, gli Heroes dietro Adone avrebbero dovuto separarsi e scattare alternativamente verso i visi dei Giganti laterali.

"È una mossa disperata! Ma è l’ultima che posso proporre! Prima del corpo a corpo!" –Esclamò Adone, prima di sospirare. –"Terreno su cui la Legione Alata non è molto preparata!" –E scattò avanti, sfrecciando come un fulmine nel cielo, seguito dai suoi Guerrieri.

Ecuba, dal basso versante della collina, osservò il Comandante schiantarsi contro il viso del Kouros di fronte a lui, prima di essere colpito bruscamente e scaraventato via, come tutti gli Heroes che lo avevano accompagnato in quell’azione suicida.

"Nove feriti!" –Commentò Ecuba con un sospiro, prima di riflettere su un particolare. –"Nove?! Ma, anche escludendo Adrastea e Briseide, non più in condizioni di volare, gli Heroes rimangono dodici! Dove sono i tre Guerrieri mancanti?!" –Si chiese, tastandosi il mento e cercando di capire chi fossero i tre Heroes che non avevano preso parte all’azione. –"Forse qualche ferito che non ho notato?!"

Un rumore dietro di lui attirò la sua attenzione, costringendo Ecuba a mettersi sulla difensiva, con le braccia sollevate di fronte al petto. Da un cespuglio sbucarono fuori tre figure, rivestite dalle loro colorate Armature di Heroes: Alexandros del Ramo e di Cerbero, Caropo del Pappagallo e Agelao del Pigmeo.

"Ah, siete voi!" –Commentò Ecuba, rilassandosi per un momento, avendo temuto che fossero tre guerrieri di Era. Ma subito la sua espressione si incupì nuovamente, apostrofando gli Heroes con durezza. –"Si può sapere dov’eravate finiti? Il Comandante ha guidato un’altra azione contro i Kouroi, e voi non vi avete preso parte!"

"Finiscila di strillare come una gallina!" –Lo schernì un ragazzo dal sorriso superbo, mentre i due Heroes che lo accompagnavano scoppiarono a ridere, accerchiando lo stratega di Adone. –"Abbiamo avuto da fare! Piani di conquista da elaborare!"

"Umpf! Mentre voi giocavate ai piccoli imperatori, la Legione Alata caricava il nemico! C’è bisogno dell’aiuto di tutti noi o i Kouroi ci annienteranno!" –Brontolò Ecuba, mangiandosi le mani per non poter essere in cielo, a scendere in picchiata a fianco del suo Comandante, dove avrebbe tanto desiderato essere.

"Tanto meglio!" –Commentò il ragazzo dal sorriso superbo, toccandosi volgarmente il naso. –"Risparmieremmo tempo e fatica!" –E scoppiò in una risata sguaiata, prima di fare un cenno ai suoi compagni, che bloccarono Ecuba, afferrandolo per le braccia.

"Ma cosa state facendo?! Che vi salta in mente?!" –Gridò lo stratega di Adone, mentre il ragazzo di fronte a lui dava un calcio ad un ramo spezzato, facendolo saltare in aria e cadere nella sua mano.

"Lo sai perché mi chiamano Alexandros del Ramo e di Cerbero?!" –Commentò il ragazzo, con aria apparentemente distratta. –"Lo sai perché tutti gli Heroes di Ercole prendono il nome da un animale o da un oggetto che simbolicamente è legato al Dio dell’Onestà, mentre io invece ne sono rimasto escluso?" –Domandò, accendendo il proprio cosmo, dagli oscuri riflessi verdastri, con cui avvolse l’intero ramo che reggeva in mano, al punto da farne una lancia di energia incandescente. –"Perché io controllo i rami degli alberi e posso usarli a mio piacimento, per sbranare i miei nemici, come la zanne di Cerberooo!!!" –Gridò, balzando su Ecuba e conficcando il ramo carico di energia nel centro del suo petto.

"Aaaah!!" –Gridò lo stratega di Adone, sputando sangue dalla bocca, mentre Alexandros spingeva con forza il ramo di energia all’interno del suo sterno, sfondandoglielo dopo pochi istanti.

"Poiché tanto bramavi raggiungere il cielo per volare con il tuo Comandante, io, Alexandros del Ramo e di Cerbero, ho esaudito il tuo desiderio! Ora… muori!" –Sibilò Alexandros, estraendo il ramo di energia e conficcandolo nuovamente nello sterno di Ecuba, il quale emise un ultimo disperato grido, prima di accasciarsi al suolo in un lago di sangue. –"Fuori uno!" –Commentò cinicamente il ragazzo.

"Adone non tarderà a scoprire cos’è accaduto!" –Esclamò uno dei due compagni, un uomo alto e con folti capelli bianchi: Caropo del Pappagallo.

"Credo che Adone per il momento abbia altro a cui pensare!" –Rispose Alexandros, osservando, nel cielo sopra di loro, Adone e gli Heroes continuare tenacemente a lottare contro i Kouroi. –"E noi avremo tutto il tempo per preparargli una degna accoglienza! Ah ah ah!" –E scoppiò a ridere selvaggiamente.

Adone nel frattempo era giunto alla conclusione che nessun attacco che avrebbero potuto portare ai tre Kouroi si sarebbe rivelato efficace, non essendo nei loro poteri distruggere il campo di energia divina che li circondava. L’unica cosa che potevano fare, ritenne, era di rallentare la loro marcia verso Tirinto, di fermare la loro avanzata, anche a costo di rischiare un immobilismo eterno.

"Se non possiamo abbatterli, li fermeremo qua! Adesso!" –Gridò Adone, riunendo tutti gli Heroes ancora in grado di volare.

"Comandante… Intendete dire?!" –Domandò l’Hero del Corvo.

"Sì, Pandaro, utilizzeremo il potere ultimo della Legione Alata! L’Eterna danza di piume! Con essa, fermeremo l’avanzata di questi mostri verso la nostra splendida Tirinto!" –Esclamò Adone, a cui soltanto il pensiero che quei Giganti avrebbero potuto radere al suolo la città di Ercole, con le sue opere d’arte, i suoi giardini nascosti, dove tante notti romantiche aveva trascorso con Deianira, lo faceva rabbrividire e infervorare.

"Non abbiamo il potere per chiudere il cerchio, mio Signore!" –Esclamò Pandaro del Corvo. –"Siamo rimasti in pochi, e le nostre energie sono minime! Ci esauriremo in un moto perpetuo!"

"Fosse soltanto un minuto…" –Esclamò Adone, con un gran sospiro. –"…il tempo in più che concederemo ad Ercole e ai nostri compagni per difendere la splendida Tirinto, saremo morti con l’onore di farne loro dono!" –Aggiunse, bruciando al massimo il proprio cosmo e disponendosi in cielo proprio di fronte ai tre Kouroi.

Senza esitare un momento, Damaste della Gura e i due giovani Antioco di Quetzal e Eumene della Mosca affiancarono il loro Comandante in quella mossa disperata, disponendosi vicino a lui, in modo da iniziare a creare un cerchio attorno ai tre Giganti, di fronte agli occhi attoniti, e forse un po’ scettici, degli altri Heroes. La quarta ad inserirsi fu Deianira del Lofofobo, piena di orgoglio per la decisione del suo Comandante, e quel gesto sbloccò le paure e le incertezze dei rimanenti combattenti, spingendoli ad aderire al piano ultimo di Adone. Persino Briseide del Cardinale e Adrastea del Toco usarono, dalla collina su cui giacevano riversi, i loro residui di cosmo per chiudere il cerchio di energia intorno ai tre colossi. Quando tutti gli Heroes furono in posizione, Adone iniziò ad intonare un canto, muovendosi nel cielo attorno ai Giganti, seguendo un cerchio ben preciso, lungo il quale si mossero anche tutti i suoi compagni. Cantava, Adone dell’Uccello del Paradiso, e sembrava danzare sulle note del vento, mentre le ali delle Armature degli Heroes rispondevano al richiamo, liberando dorate piume di energia che scivolarono nell’aria, incollandosi ai corpi massicci dei tre Giganti. Come vittime di un suadente incantesimo, i tre Kouroi parvero rallentare i loro movimenti, fino a fermarsi, paralizzati da quell’eterna danza di piume che gli Heroes della Legione Alata avevano messo in atto. Una danza a cui nessuno poteva sfuggire una volta che aveva udito la splendida ed incantata voce del Comandante della Prima Legione e una volta in cui il suo corpo era stato sigillato dalle piume di energia cosmica di tutte le Armature.

"Sembra che l’Eterna Danza di Piume abbia effetto!" –Commentò Caropo del Pappagallo, a terra con i due compagni, osservando il cerchio di energia chiudersi intorno ai tre Giganti di Pietra. –"Credevo che per essere eseguita necessitasse della presenza di tutti e quindici gli Heroes!"

"In quel modo sarebbe completa e non vi sarebbe scampo per coloro che all’interno del cerchio verrebbero imprigionati, poiché dormirebbero di un sonno quiete ma profondo per l’eternità!" –Spiegò il suo compagno, Agelao del Pigmeo, un uomo così basso di statura da sembrare un ragazzetto.

"Adone sta utilizzando tutto il suo potere per mantenere il cerchio unito, con così pochi Heroes a disposizione!" –Commentò Caropo, osservando i suoi compagni danzare lungo una scia luminosa, avvolti in svolazzanti piume cariche di energia. E vide anche lei, la bella Deianira, la donna di cui era innamorato da sempre. La donna per cui aveva scelto di diventare Hero di Ercole, in modo da rimanere al suo fianco. La donna che non l’aveva mai visto niente più di un compagno di battaglia. Che non mi hai mai visto come guarda Adone! Ringhiò Caropo e il suo viso si contrasse in un’espressione di ira e di gelosia accecante.

"Credo che sia il momento di aiutare il nostro Comandante!" –Esclamò Alexandros, afferrando un lungo ramo e caricandolo della sua energia cosmica. –"Tutto quello sforzo deve averlo indebolito notevolmente! Mi chiedo, cosa accadrebbe se improvvisamente venisse a mancare un elemento nel cerchio?" –Sghignazzò il ragazzo, caricando il braccio e scagliando il ramo in cielo, quasi fosse un giavellotto di energia. –"Riuscirebbe il nostro Comandante a mantenere chiuso il cerchio di energia, in modo da poter celebrare ancora la Danza di Piume?"

Il ramo carico di energia sfrecciò nel cielo, rapido come un fulmine, senza che nessuno dei nove Heroes che danzavano in aria, attorno ai Giganti di Pietra, se ne accorgesse, finché non trafisse la schiena di uno di loro: il giovane Icaro della Colomba, sfondando la sua Armatura e strappandogli un terrificante grido di dolore.

L’Hero della Colomba, attaccato alle spalle di sorpresa, perse i sensi per il dolore e l’enorme ferita e non riuscì a mantenersi in volo, precipitando verso terra in caduta libera, di fronte agli occhi attoniti dei suoi compagni e del Comandante della Legione che non riuscirono a capire cosa potesse essere accaduto. Antioco pensò di raggiungere Icaro, per afferrarlo prima che toccasse terra, ma Eumene lo pregò di non lasciare il cerchio, poiché l’ulteriore assenza di un elemento avrebbe reso impossibile mantenerlo unito. Ma nonostante gli sforzi di Adone, che bruciò il proprio cosmo all’inverosimile, e di tutti i suoi compagni, la magia che univa il cerchio di piume era stata spezzata e i tre Kouroi si liberarono improvvisamente, emettendo violenti suoni, quasi si risvegliassero da un incubo. Iniziarono a muovere le braccia caoticamente, colpendo senza logica tutto ciò che gli ronzava intorno. Uno dopo l’altro gli Heroes vennero travolti e scaraventati a terra, feriti e con le corazze in parte in frantumi, troppo deboli per riuscire a mantenersi in volo.

"Pandaro!" –Esclamò Adone, avvicinandosi all’Hero del Corvo. –"Tu che tra tutti noi sei il più veloce, corri a Tirinto sulle ali del vento! Avverti Ercole della nostra disfatta! Digli che il Comandante della Prima Legione pagherà per tutte le sue colpe e per le sue mancanze, se dovesse ritornare alla città, ma che farà tutto il possibile, adesso, per fermare la loro avanzata a costo di spingere le loro gambe di pietra con le sue misere braccia!"

"Mio Signore, se avete una colpa è quello di esservene fatta una!" –Commentò Pandaro, prima che un gesto di Adone lo incitasse a volare via, più veloce del vento.

In quel momento un grido di donna attirò l’attenzione del Comandante della Prima Legione, che si volse indietro, giusto per vedere Deianira colpita da un secco colpo di mano di un Gigante e precipitare a terra. Stringendo i denti, Adone si lanciò in picchiata, turbinando nell’aria come un fulmine, interamente avvolto dal suo cosmo lucente, ma non riuscì a raggiungere la donna in tempo, che andò a precipitare, quasi a sprofondare, in una strana ragnatela biancastra, costituita da pura energia.

"Ooff!" –Balbettò Deianira, realizzando che qualcosa di relativamente soffice aveva attutito la sua caduta. Stordita, si guardò intorno e le sembrò di essere una mosca prigioniera di una grande ragnatela. –"Che… è accaduto?" –Si chiese, voltandosi e incontrando lo sguardo soddisfatto di un uomo che ben conosceva: Caropo del Pappagallo.

L’Hero era infatti sotto di lei, con le braccia incrociate al petto, intento ad osservare quanto fosse bella. L’aveva vista cadere dal cielo, proprio sopra di lui, ed aveva immediatamente intessuto una rete di energia per salvarla, battendo finalmente Adone sul tempo. Per un momento, Caropo, accecato dalla bellezza di Deianira e ossessionato dai suoi continui rifiuti, dalle sue continue attenzioni al Comandante, ritenne che quello fosse un segno del destino, che ella fosse caduta tra le sue braccia perché così doveva essere.

"Ha fallito questa volta!" –Commentò infine, di fronte ad un’attonita Deianira. –"Il tuo Eroe non vale poi molto se non riesce a proteggere i propri soldati!"

"Che stai dicendo, Caropo?!" –Domandò Deianira, cercando di liberarsi, ma solo allora si accorse che quella rete di energia non l’aveva soltanto salvata, ma l’aveva anche intrappolata, in una maglia stretta stretta che aveva il compito di tenerla ferma ancora un po’, il tempo di farle osservare il trionfo del suo spasimante.

Adone atterrò nella radura, poco distante da Deianira e da Caropo sotto di lei, e subito si rivolse al guerriero del Pappagallo, ringraziandolo ingenuamente per averla salvata.

"Non si fa mai niente per niente, Comandante!" –Esclamò Caropo, con aria di sfida, osservando negli occhi Adone, e trovandolo un vero pezzente, come mai lo aveva guardato prima.

Agli occhi di Caropo, alto e robusto, con il volto lucido e senza un graffio, Adone adesso appariva come un contadino, con il volto sporco e sudato, qualche crepa sulla corazza, non più linda com’era la sua. E sapere che Deianira lo aveva preferito a lui per tutti quegli anni, fin da quando l’aveva incontrata per la prima volta, e che forse anche adesso, nonostante ansimasse stancamente di fronte a lui, lo avrebbe preferito, lo fece imbestialire, facendo avvampare il suo cosmo, che si manifestò sotto forma di fiammelle di energia bianca e azzurra.

"Che stai dicendo Caropo? Libera Deianira!" –Esclamò Adone. –"E dove sei stato tutto questo tempo? Avevo bisogno di te, lassù!!"

"Mi dispiace, Comandante!" –Rispose Caropo, e a Adone non sfuggì il disprezzo con cui si rivolse a lui. –"Ma io non ho più bisogno di voi!" –Esclamò, liberando un poderoso vortice di fiamme biancoazzurre, che avvolse Adone, facendolo urlare dal dolore. –"È utile saper modellare il cosmo come fosse creta! Non è stato uno dei vostri primi insegnamenti? Siate duttili, mi diceste quel giorno! Non ho imparato bene la lezione?" –Ringhiò Caropo, mentre il vortice di energia si diradava, sfilacciandosi in una ragnatela cosmica dal colore biancastro, identica a quella che teneva Deianira sospesa sopra di loro, che avvolse Adone al suo interno, fermando i suoi movimenti e intrappolandolo, sospeso in aria tra due grossi alberi.

"Caropo!! Che razza di scherzo è mai questo?! Liberami immediatamente! Questo è alto tradimento!" –Esclamò Adone, bruciando il proprio cosmo per cercare di liberarsi da quella vischiosa prigionia.

"Parole grosse le vostre, Comandante! Ma tra poco non sarete più in grado di fare la voce alta con me, di umiliarmi, come avete fatto per tutti questi anni! Di mettermi in ombra, dietro di voi, impaurito dalle mie doti e dal mio talento, di oscurarmi… di fronte a lei!" –Esclamò Caropo, e per un momento parve quasi sciogliersi nell’alzare lo sguardo ed osservare Deianira che lo fissava, attonita e sgomenta.

"Sei impazzito forse? Cosa vai blaterando?!" –Continuò Adone, bruciando a dismisura il proprio cosmo, mentre Caropo, che sembrava quasi ignorarlo, si avvicinò a Deianira, portandosi proprio sotto di lei. Allungò una mano verso l’alto, fino a sfiorarle i morbidi capelli grigi che filtravano dalla griglia di energia in cui la donna era intrappolata.

A quel gesto Adone esplose, liberando un immenso potenziale energetico che Caropo mai aveva immaginato che possedesse. Si voltò verso il Comandante e gli parve di vedere la maestosa sagoma dell’Uccello del Paradiso spalancare le sue variopinte ali e recidere i legami che lo tenevano prigioniero. Per un istante Caropo si spaventò, ma presto recuperò il sangue freddo, stringendo la morsa della sua ragnatela di energia, per limitare il più possibile i movimenti di Adone, che continuava a dimenarsi come un selvaggio.

"Adoneee!!!" –Gridò Deianira, per avvisare il suo Comandante di un nuovo pericolo. Ma non fece in tempo a dire altro che una figura uscì fuori dagli alberi, brandendo un giavellotto carico di energia cosmica. Balzò sulla schiena di Adone, affondando l’arma dentro la sua spalla destra, mentre getti di sangue schizzavano in aria e l’Hero dell’Uccello del Paradiso si accasciava a terra.

"Con tutto il rispetto, Comandante!" –Sghignazzò Alexandros del Ramo e di Cerbero. –"Siete destituito!"