CAPITOLO PRIMO. DIVINITA’ CAPRICCIOSE.
Passarono le ultime ore della notte ma Era, la Regina dell’Olimpo, non dormì affatto, sovraeccitata dai pensieri che le turbinavano in testa. Il suo sposo l’aveva abbandonata, per giacere con qualche ancella nelle sue Divine Stanze, ma in quel momento il pensiero del tradimento non la turbò più di quel tanto, poiché nel progetto che aveva ideato era compresa anche la vendetta nei confronti del marito. Nei confronti di un Dio freddo ed incapace di farla sentire se stessa, di un Dio a cui era stata data in dono, come un oggetto da barattare. Di un Dio che mai l’aveva fatta sentire prima nel suo cuore, che mai l’aveva fatta sentire donna.
Di primo mattino convocò immediatamente la sua messaggera, Iris, l’ambasciatrice degli Dei, figlia di Taumante, divinità marina figlia di Ponto e di Gea, e di Elettra, una ninfa oceanina generata da Oceano con Teti. La messaggera arrivò pochi istanti dopo, avvolta nella sua sgargiante veste dai sette colori dell’arcobaleno, simbolo della Divinità. Era una donna snella ma non troppo alta, con sfilacciati capelli verdi che le scendevano sulla schiena, risplendendo di un vivo colore solare, un viso dal carnato chiaro su cui spiccavano celesti occhi azzurri, dono dei genitori dei profondi abissi. Indossava una lunga veste colorata, un manto scintillante che parve risplendere nel grigiore della stanza di Era, abbandonata a se stessa, come la Dea aveva fatto con la sua persona negli ultimi tempi.
"Ho una missione da affidarti, Iris!" –Esordì la Regina degli Dei, senza troppe riverenze. –"E conto sulla tua precisione e velocità!"
"Ai vostri ordini, mia Signora!" –Si inchinò Iris, sollevando leggermente la veste iridata.
"Voglio che tu scenda immediatamente sulla Terra! Vola sul tuo scintillante arcobaleno fino alla residenza di Ercole, a Tirinto, e conducilo da me! Corri, più veloce dei piedi alati di Ermes! Che nessuna voce invidiosa possa dire che Iris, la Messaggera della Regina, è meno lesta del Messaggero di Zeus!"
Iris rimase un attimo interdetta, spalancando gli occhi nell’udire proprio quel nome pronunciato da lei, la Divinità che maggiormente lo aveva ostacolato secoli addietro. E adesso vuole invitarlo sull’Olimpo? Nella sua Reggia? Mormorò tra sé la Dea dell’Arcobaleno, senza dar troppo peso al richiamo alla millenaria contesa che la vedeva contrapposta ad Ermes. Contesa che, seppur la toccasse nell’orgoglio, adesso, di fronte a quella strana richiesta, passava in secondo piano.
"Quali che siano le mie motivazioni, ciò non ti riguarda! Sei la Messaggera della Regina degli Dei, ed il tuo compito è consegnare i miei divini dispacci!" –Esclamò Era, con voce superba come sempre. –"Hai forse intenzione di disubbidirmi?!"
"Come ho sempre eseguito i vostri ordini, Mia Signora, così obbedirò stavolta!" –Si inchinò Iris, prima di scomparire, avvolta nel suo manto iridato, carico di dubbi come mai prima di allora.
Non passò neanche un’ora che Era sentì bussare alla porta della sua Stanza. Due colpi duri e ben decisi, come soltanto le rudi mani di un maschio potevano dare. Le rudi mani del maschio per eccellenza dell’Olimpo: Ercole, figlio di Zeus e di Alcmena.
Era sorrise, aprendo mentalmente le grandi porte d’avorio del suo Tempio, seduta sul suo scranno intarsiato, ed osservò l’uomo dalle ampie spalle e dal portamento deciso comparire sulla porta. Alto e muscoloso, con robuste braccia in grado di sorreggere persino il cielo al posto di Atlante, Ercole portava corti capelli neri, un leggero filo di barba e un orecchino ad anello all’orecchio sinistro. Sul suo volto un’espressione interrogativa, ma nient’affatto dubbiosa.
"Salute a te, Ercole! Figlio di Zeus! Unico tra i mortali! Campione degli Dei!" –Esclamò Era, alzandosi in piedi e sollevando il braccio destro avanti.
"Divina Era!" –Rispose Ercole, avanzando all’interno del Tempio della Dea. –"A cosa devo l’onore di questa convocazione?" –O forse, aggiunse mentalmente, dovrei dire l’onere?
Era, che non aveva alcun problema ad intuire i pensieri del figlio di Zeus, storse un po’ il naso, con aria altezzosa, ma non disse altro, poiché non era uno scontro con lui ciò che aveva progettato. Sorrise, avvicinandosi al Dio e pregandolo di accomodarsi ad un banchetto che aveva fatto allestire dalle sue ancelle. Ma Ercole non era solo. Per costume, e forse anche per prudenza, aveva scelto di farsi accompagnare da due Cavalieri delle sue legioni, due Heroes, che molto teneva in considerazione, giudicandoli i più fedeli tra tutti i suoi guerrieri: Nestore dell’Orso, Comandante della Quarta Legione di Heroes, e Penelope del Serpente, sua fidata Consigliera.
"Mia Signora, non mi avrà invitato per fare colazione insieme?!" –Esclamò Ercole in una grossa risata, cercando di liberarsi di un po’ di tensione che stava iniziando a provare di fronte agli enigmatici sorrisi di una capricciosa Divinità che lo aveva avuto in odio fin da quando era nato. –"Ho una capra che mi allatta a casa!" –Scherzò.
Era rise sonoramente, portandosi una mano al petto e tirando la testa indietro, con un suono sgraziato e pesantemente artificiale, al punto che la stessa Iris, rimasta indietro, vicino al portone, insieme ai due Heroes di Ercole, arrossì imbarazzata.
"Sei un uomo rustico a quanto pare! Beh, perché mi sorprendo? Lo sei sempre stato! Nonostante tu sia stato assurto al Pantheon degli Dei, ancora preferisci stare sulla Terra, rifiutando le celesti abitudini e gli agi di questo Monte Sacro!" –Sospirò Era, camminando a passi lenti sul pavimento. –"Ed è questo che ammiro di te, Ercole!"
L’ultima frase lasciò il Dio a bocca aperta, obbligandolo a sgranare gli occhi stupefatti, come fecero anche i due Heroes che lo avevano accompagnato. Ercole tentò di aggiungere qualcosa ma fu interrotto dalla soave voce di Era, che riprese a parlare in tono melodioso.
"Nonostante tutti gli anni passati a combattere tra di noi, una stupida guerra fondata su sciocche gelosie, c’è una cosa che ho sempre apprezzato in te! La tua determinazione! Il tuo non venir meno ad un principio in cui credi, senza scendere a patti o a compromessi! E questo ti fa onore!" –Esclamò Era, ponendosi nuovamente a sedere sul suo trono intarsiato. –"Si può essere o meno d’accordo con un’idea, ma bisogna sempre ammirare chi ha il coraggio di portarla fino in fondo!"
"La mia parola è un giuramento di fede, Regina degli Dei!" –Affermò seriamente Ercole, a cui molto piaceva lodarsi.
"Lo so!" –Esclamò subitamente Era, accennando un sorriso, che lentamente, parve ad Ercole, assunse la sinistra forma di un ghigno. –"Ed è per questo che ti ho convocato! Per affidarti un incarico! Un compito che, ne sono certa, saprai eseguire alla perfezione, forte dei tuoi principi e della lealtà che provi nei confronti degli Dei Olimpi!"
"A mio Padre devo tutto! Anche la vita!" –Affermò fieramente il Dio.
"Ed io, Regina degli Dei, che di tuo Padre sono sorella, amante e sposa, ascolto il tuo giuramento supremo!" –Esclamò con enfasi la Dea, sollevandosi in piedi, avvolta nel luccicante bagliore del suo cosmo, solenne e maestosa come sempre. Sulla testa portava il "Polos" come corona, il copricapo di forma cilindrica simbolo del suo essere Dea Madre, custode della fertilità, ed in mano stringeva un fiore di melograno, simbolo di fertilità e di morte.
Il gesto improvviso fece trasalire un attimo i due Heroes, che furono sul punto di correre avanti, per paura di un improvviso assalto al loro Dio. Ma Era parve calmarsi e rimettersi nuovamente a sedere sul trono, continuando il tuo discorso.
"Ascolta le mie parole, Ercole, poiché questo è il mio comandamento! Questa è la missione che soltanto a te, fiero guerriero, che non conosce la sconfitta né l’onta della ritirata, posso affidare! Raggiungi Atene con i tuoi Heroes e occupa in mio nome il Santuario abbandonato della Dea Guerriera Athena!" –Comandò Era infine. –"I tuoi guerrieri sono giusti ed abili e non avranno alcun problema a prendere possesso di quell’abbandonato Tempio, custodito adesso da un giovane ventenne, il quale, da solo, non potrà mai opporsi alla carica dei valorosi Heroes di Ercole!"
"Mia Signora! Mi state chiedendo di occupare impunemente il Tempio di un’altra Divinità, massacrandone il Sacerdote da lei scelto?" –Domandò il Dio, sollevando lo sguardo verso la Regina dell’Olimpo.
"È precisamente questo ciò che voglio, mio fidato Guerriero! Come certamente saprai, neppure due anni fa si è svolta una violenta Guerra Sacra, che ha visto contrapposti Athena e i suoi Cavalieri e Ades con tutti gli Spectre a lui fedeli! Il sanguinoso conflitto si è concluso sostanzialmente in parità! Athena è riuscita a sconfiggere il fratello del mio sposo, confinando il suo esercito di ombre in una grande torre in Asia, sigillandola con il suo cosmo! Ma il prezzo pagato è stato la morte di tutti i suoi Cavalieri e la sua temporanea scomparsa!" –Spiegò Era. –"Soltanto due Cavalieri rimangono ancora del grande esercito della figlia di Zeus, troppo pochi per difendere il Grande Tempio dalla violenta carica dei tuoi Heroes! Vai adesso, e torna vincitore! Rendi fiero l’Olimpo, e tuo Padre, delle tue gesta!"
"Regina degli Dei, mi state chiedendo qualcosa che va aldilà delle mie capacità!" –Esclamò Ercole, scuotendo la testa. –"Non che mi manchino forza e potenza, né valorosi guerrieri da condurre in battaglia, ma non potrò usare né le une né le altre se non vi sono cause giuste per le quali lottare! Sono il Dio dell’Onestà, non un mercenario al servizio del miglior offerente!"
"Forse non capisci la gravità della situazione!" –Esclamò Era, sollevandosi in piedi nuovamente e discendendo dal trono verso il Dio. –"Athena è morta, sconfitta insieme ad Ades! Questo significa che passeranno come minimo duecento anni prima che la sua anima possa reincarnarsi nuovamente, nel fragile corpo di una donna, per difendere l’umanità! E per tutto questo tempo? Cosa accadrà? Ades è sconfitto è vero, ed anche Ares è imprigionato da due secoli e mezzo in un vuoto indefinito! Ma se i sigilli perdessero efficacia? O se un’altra Divinità o oscura potenza, mirante a distruggere o a sottomettere la Terra a sé, dovesse tornare a nuova vita, cosa accadrebbe? Cosa potrebbero fare due ragazzini, soli, di fronte a così tanta oscurità?"
Era argomentò con enfasi la propria tesi, cercando di usare il tono di voce più suadente possibile, ma coinvolto al tempo stesso, per spingere Ercole a fidarsi di lei e ad accettare l’incarico. Ma Ercole rimase inamovibile, fermo nelle sue convinzioni.
"In tal caso credo che le Divinità Olimpiche dovrebbero abbandonare le lussuose sale dove pasteggiano quotidianamente e uscire nuovamente sotto il cielo del mondo, indossando le corazze forgiate da Efesto e sguainando le Sacre Armi di cui sono custodi!" –Affermò seriamente il Dio. –"Athena combatte da millenni anche per noi, impegnandosi per mantenere l’equilibrio sulla Terra, in modo da evitare preoccupanti concentrazioni di potere!"
"Per questo motivo, adesso che Athena non c’è più, dobbiamo prendere il suo posto! L’Olimpo non sarà teatro di guerre o battaglie, mentre il Grande Tempio di Atene è struttura ben più indicata per allenare giovani a prendere confidenza con il cosmo dentro di loro! Tu, Ercole, lo occuperai e da me riceverai il titolo di Comandante Supremo del Santuario di Era!"
"Il.. Santuario di Era?!" –Balbettò Ercole, quasi inorridito.
"Un nuovo Heraion sorgerà! Non più ad Argo o a Samo, le città che più di ogni altre mi hanno dimostrato amore e venerazione, ma ad Atene, sulle ceneri di un regno perduto!" –Esclamò Era, lasciandosi cullare dall’ebbrezza del potere. –"Nel mio nuovo Tempio a te affiderò l’alto incarico della difesa, a te che sei potente e umile, l’unico in grado di addestrare al meglio i guerrieri che a me giureranno fede!"
"È un progetto ambizioso!"- Commentò infine Ercole. –"E la promessa di gloria e onore che mi offrite potrebbe quasi tentarmi!" –Ironizzò il Dio, e per un momento i due Heroes furono quasi sul punto di credere che Ercole avrebbe accettato di combattere in nome di Era. –"Ma non accadrà! Né adesso che mai!"
"Co… come?!" –Si voltò di scatto Era, indignata.
"Non leverò un dito contro il Tempio sacro ad Athena, né mi sporcherò le mani, o le farò sporcare ad alcuno dei miei Guerrieri, contro gli innocenti difensori della Terra, unici superstiti di una cruenta battaglia a cui noi, faziosi Olimpi, non abbiamo preso parte!"
"Le tue parole mi offendono, figlio di Zeus! Mi offendono e mi mortificano!" –Tuonò Era, sollevando il braccio destro verso Ercole. Il fiore di melograno che stringeva in mano lampeggiò per un momento, prima di appassire violentemente, mentre gli occhi della Dea fiammeggiavano di ira. –"Cercando di superare le antiche ostilità esistenti tra noi, ho abbassato il mio orgoglio mandandoti a chiamare, scegliendo te, tra tutti i potenti Guerrieri che vagano per questo sporco mondo, poiché credevo, e ancora lo credo, che tu fossi il migliore! Che tu fossi il più adatto! Che tu fossi unico! Ma tu, gettando via la generosa offerta che ti ho fatto, e la prospettiva di un futuro di sicurezza, per noi e per la Terra intera, mi hai offeso profondamente!"
"Sicurezza per chi?!" –Ironizzò Ercole. –"Per gli uomini innocenti che mai avete degnato di uno sguardo, vedendo in loro soltanto schiavi e adulatori, o per voi, che seduta sul trono dall’alto della Collina della Divinità di Atena ammirereste l’esercito che io dovrei creare per voi, per farne carnefici senza raziocinio volti solo al più infimo servilismo?!"
"Taciii!" –Gridò Era, con voce acuta ed isterica, scagliando un violento attacco cosmico contro il Dio dell’Onestà.
Ercole incrociò le braccia davanti al viso, contenendo con il suo cosmo l’assalto di Era, e venendo semplicemente spinto indietro di qualche metro, scavando profondi solchi nel pavimento. Subito i due Heroes scattarono al suo fianco, accendendo i loro scintillanti cosmi di fulgida energia. Ed anche Iris prese posizione, ponendosi di fronte alla Regina degli Dei.
"Eheh.. Le parole colpiscono più di un attacco impreciso, mia Signora!" –Ironizzò Ercole, abbassando le braccia e fissando con decisione la Dea.
"Bada a te, Ercole! Ti ho combattuto per millenni nell’Età Antica! Credi forse che oggi non abbia più la forza per farlo?!"
"Vorrei che aveste la forza per fare altro, magari per comprendere di più il mondo che vi gira intorno, troppo estraneo alla vostra torbida personalità!" –Esclamò Ercole e, senza attendere una risposta di Era, si incamminò verso l’uscita.
"Dove vai? Come ti permetti di comportarti in questo modo offensivo?!" –Tuonò Era.
"Fermati Ercole! Non senti gli ordini della tua Regina? Sei dunque privo di fede e di rispetto?!" –Intervenne Iris, con tono saccente. Ma Ercole zittì la messaggera soltanto con poche parole.
"Tutt’altro! È grande la fede in me, negli uomini giusti, non in corrotte divinità che a nient’altro mirano se non al soddisfacimento dei propri interessi! Senza ritegno né rispetto alcuno per la vita, né dei miei Guerrieri né di quella degli uomini liberi, la tua Regina vorrebbe usare me e i miei Heroes come carne da cannone per i suoi imperiali progetti di dominio! Se tu non sei capace di comprendere il male che sta dietro questo progetto allora credo che ben ti si addica il tuo servile ruolo!" –Nient’altro aggiunse Ercole e se ne andò.
"Bada a te, Ercole! Se esci da questa stanza, se passi il portone d’avorio, la mia maledizione ti raggiungerà! Il mio odio come un fulmine si scaglierà su te e sui tuoi guerrieri e ti perseguiterà fino a condurre tutti loro ad una morte certa!" –Gridò Era, avvampante nel suo cosmo perverso. – "È questo che vuoi Ercole? Vedere tutti i tuoi Eroi sterminati dal fuoco della mia vendetta? Poiché se è questo il tuo concetto di onestà e rispetto, allora… vedrò di trasformarlo in realtà!!!"
Ercole si fermò per un momento sulla porta, mentre le crude parole di Era gli risuonavano nelle orecchie. Sospirò, prima di ricominciare a camminare ed uscire dalle Stanze della Regina degli Dei, seguito dagli Heroes a lui fedeli.
Vattene pure! Sogghignò la Dea, in piedi di fronte al trono intarsiato. Tanto so come trovarti! Ooh, sì, possiedo mezzi piuttosto validi per imporre la mia volontà!
"Mia Signora!" –Esclamò una voce di donna, facendo voltare Era verso l’interno. Iris si era inginocchiata di fronte a lei e le si rivolgeva con aria imbarazzata. –"Perdonatemi! La colpa è stata mia! Avrei dovuto convincere Ercole ad accettare l’incarico che gli avete offerto!"
"Neppure entrando nel suo letto, Iris, lo avresti convinto!" –Esclamò con voce acida la Dea.
"Co.. Come?!" –Balbettò Iris, arrossendo improvvisamente.
"Guarda pure i muscoli scolpiti del bel figlio di Zeus, osserva pure i suoi zigomi maschili, e trova, se vuoi, un modo per ammaliarlo!" –Ironizzò la Dea, camminando a fianco di Iris, fino a portarsi di fronte alla grande vetrata panoramica. –"Ma niente riuscirebbe a convincere Ercole, neppure un ordine diretto di Zeus! La sua fede negli uomini e nell’onestà è grande, come la sua ammirazione in Athena e nella giustizia, ed è per questo che egli non vive sull’Olimpo, i cui fasti non poco disprezza, bensì mescolato tra le umane genti, circondato di uomini e donne comuni, che ha addestrato fino a crearsi le sue personalissime Legioni, i suoi Heroes!"
"Ma… se voi sapevate tutto questo… se sapevate che Ercole avrebbe rifiutato, perché lo avete invitato sull’Olimpo? Perché farsi sbattere in faccia un così ignobile rifiuto?!"
"Ah ah! Non capisci Iris? È proprio ciò che volevo! Ah ah!" –Rise Era di gusto, prima di incitare la messaggera a prepararsi. –"È tempo di andare adesso!"
"Dove, mia Signora?!" –Domandò Iris, sempre più sconcertata.
"A Samo, nell’Egeo Orientale!" –Rispose Era, al culmine dell’eccitazione. –"C’è una guerra che ci aspetta! E farò tutto ciò che è in mio potere per vincerla!"
Pochi minuti dopo i cosmi di Era e di Iris scomparvero dall’Olimpo, proprio mentre Zeus, il possente signore dell’Olimpo, si sollevava pigramente dal letto. Scansò il corpo ancora caldo di una driade e raggiunse la grande vasca da bagno piastrellata di marmo bianco. Vi si immerse per rinfrescarsi e poco dopo si addormentò di nuovo.
In un lampo di luce Era raggiunse l’isola di Samo, nell’Egeo Orientale, tra Chio a Nord e il Dodecaneso a Sud, poco lontana dalle coste della Turchia, la cui vicinanza e i rapporti di scambi le avevano permesso di ottenere anche un nome turco, Sisam. Il terreno era prevalentemente montuoso e l’isola, dalla forma stretta e allungata, era percorsa dalla catena montuosa del Kerketeus, la continuazione di una presente sulla penisola anatolica.
Era apparve proprio sulla sommità di uno dei tanti picchi rocciosi che costellano l’isola, quello dove un tempo sorgeva un Tempio a lei dedicato, l’Heraion di Samo, costruito dagli architetti Rhoikos e Theodoros nell’anno 540 a.C., il primo dei giganteschi templi in stile ionico. Era contemplò le rovine dell’antico santuario, le poche colonne rimaste, con arbusti aggrovigliati attorno, e i resti delle statue giganti, i Kouroi, a lei consacrate, mentre una leggera brezza mattutina soffiava nel Mediterraneo, scombinandole i mossi capelli castani.
"Attendevo con impazienza il vostro ritorno!" –Esclamò una voce, apparendo tra le colonne in rovina.
"Ero certa che ti avrei trovato qua, mio fedele servitore!" –Affermò Era, senza neppure voltarsi verso colui che aveva parlato, perché già sapeva chi fosse. –"Argo, Sacerdote di Era, braccio destro della Regina degli Dei!"
Argo apparve tra le abbandonate colonne dell’Heraion, ricoperto da una scintillante veste color verde scuro, con rifiniture in perla e verde chiaro. Era un uomo alto, con folti capelli marroni, dal viso altero, con un sorriso beffardo sul che ben si addiceva al suo ruolo di Ministro del Culto di Era. Provava forte disprezzo per gli esseri umani, da lui giudicati infimi e ignoranti, incapaci di comprendere la vera essenza di una Divinità, che soltanto pochi eletti potevano invece percepire, grazie al potere interiore del proprio cosmo. Ed egli si autocompiaceva di essere uno di costoro, il più fedele ad Era. L’Oracolo della Dea.
"Braccio destro e armato!" –Precisò il Sacerdote, intuendo che se la Regina degli Dei aveva lasciato l’Olimpo, discendendo nuovamente sulla Terra, dopo centinaia di anni passati ad osservarla da lontano, con disinteresse crescente, qualcosa di molto scottante era in corso, ed egli avrebbe voluto esserne partecipe.
"Voglio sperarlo!" –Esclamò Era, con voce decisa. –"Ho bisogno di te, e dei guerrieri a me fedeli, per vendicarmi di un torto che ingiustamente ho subito!"
"Un torto?!" –Gridò Argo, con sorpresa. –"Quale essere così inferiore e irrispettoso ha osato oltraggiare la vostra possente persona?! Un uomo dev’esser stato! Sì, un uomo! Perché soltanto quelle zotiche bestie possono offendere così impunemente gli Dei, bestemmiando invano il loro nome!"
"Dici il vero, mio Sacerdote! Ma l’uomo che ha osato rivolgermi parole ostili è un uomo che dal mio consorte, il Sommo Zeus, fu elevato al di sopra delle schiere mortali, e fu fatto Dio!"
"Dio?!" –Sgranò gli occhi Argo. –"Intendete forse dire… quell’insolente brigante!!"
"Ercole, figlio di Zeus e protettore degli uomini! Mi ha offeso, rifiutando un incarico che gli avevo affidato, e adesso merita la morte! Poiché nessun castigo, nessuna pena può essere commisurata ad un bestemmiatore che ha osato oltraggiare la sua Divina Madre!" –Tuonò Era, ed il suo volto aggraziato per un momento si oscurò, divenendo il rugoso viso di una vecchia gelosa, con occhi iniettati di sangue e sguardo capace di fulminare qualsiasi essere vivente.
Ma Argo, che ben la conosceva, resse quello sguardo, unico in grado di farlo, senza indietreggiare di un sol passo, e concordò con la Dea, accennando un malizioso sorriso.
"È tempo che l’abbandonato Tempio di Samo risorga dalle sue rovine! È tempo che i colli di Samo tornino ricchi di melagrane, e nidiate di pavoni si moltiplichino in mio onore su tutta l’isola!" –Esclamò la Dea, accendendo il suo cosmo. Un fiore di melograno comparve immediatamente nella sua mano destra, completamente avvolto in un’aura lucente. –"Ergiti nuovamente, Heraion!!!" –Gridò, mentre il vento trascinava via il fiore di melograno, che si posò al centro della sommità del monte.
Immediatamente, lo stelo del fiore si allungò, dando vita a lunghe radici che penetrarono il terreno, scendendo in profondità, portando con sé il possente cosmo Divino della Regina dell’Olimpo. Un attimo dopo l’intero monte tremò, facendo risuonare in tutta la Grecia, in tutto il Mediterraneo, il sorgere di una nuova era di Dei. Dal terreno sorsero alte colonne in stile ionico, in doppia fila, e dopo di esse, come base di appoggio, dei basamenti in pietra caratterizzati da scanalature orizzontali. In pochi attimi, ricreato dalla Divina Volontà della Dea, il tempio di Samo tornò a vivere, di fronte agli occhi affascinati del Sacerdote.
Argo mosse un passo avanti, mentre l’ombra dell’Heraion torreggiava su di lui, sotto il mattutino sole del Mediterraneo, ed osservò lo splendore di quel Santuario. L’Heraion era di tipo dittero, circondato cioè da una doppia fila di colonne, con un pronao a tetto quadrato e una cella chiusa dietro di esso, entrambi divisi in tre spazi uguali da due file di colonne. Argo sorrise, strofinandosi le mani per l’eccitazione, quasi incapace di trattenersi ancora.
"Non trovi che sia splendido, mio Sacerdote? Da questo tempio, dall’alto di quest’isola, dirigerò la mia vendetta, osservando scolpirsi sulle mura dell’Heraion la sconfitta e la morte di Ercole e dei suoi stupidi Eroi!" –Esclamò Era, con sorriso beffardo. –"Fammi strada, Sacerdote della Dea del Matrimonio!"
Argo si inchinò cortesemente di fronte alla Divinità, pregandola di accomodarsi all’interno. Mentre saliva i gradini dell’Heraion, con il vento del Mediterraneo che le sbatteva sul viso, insinuandosi tra le decorate colonne restaurate, Era sembrò ringiovanire, aumentare in potenza e possanza, permettendo al suo cosmo di fortificarsi ulteriormente, uscendo da quell’apatia che aveva contraddistinto i suoi ultimi giorni sull’Olimpo.
Arrivati al centro della prima cella, Era si fermò, e la trovò vuota. Ma convenne che presto, con il ritorno della sua seconda Sacerdotessa, anche quella stanza sarebbe stata invasa da potenza e da un forte cosmo devastante. Argo intuì i suoi pensieri, ma cercò di dissimulare il suo interesse, cambiando argomento e chiedendo ad Era dove fosse Iris, la sua Messaggera.
"L’ho inviata nel Mar Tirreno a contattare un vecchio amico!" –Rispose Era, osservando il volto altero di Argo storcersi in una leggera espressione di incredulità. –"Per quanto io sia potente, essendo sorella e amante del Sommo Zeus, sono sicura che Ercole non accetterà la sconfitta tanto facilmente, e che farà di tutto, come già ha fatto nei tempi antichi, per contrastarmi e mettermi in cattiva luce di fronte al Signore degli Dei!"
"Non permetterò che ciò accada!" –Tuonò Argo, con voce imperioso. –"No! Non accadrà!" –Ed il suo cosmo si accese di violente striature verdi e violacee.
"Per questo motivo, per combatterlo, dovremo usare tutti i mezzi a nostra disposizione!" –Affermò Era, espandendo il suo cosmo. Un nuovo fiore di melograno apparve nella sua mano ed ella lo caricò del suo cosmo divino, lanciandolo in aria, mentre il vento lo trasportava via. –"Oh voi, che dormite sonni silenti, che foste abbattuti e dimenticati, e dispersi tra le rovine del Medioevo, guardiani del Tempio di Hera, custodi dell’Heraion, giganti di pietra! Ergetevi nuovamente! Estirpate le erbacce della dimenticanza che attorno ai vostri robusti corpi si sono annodate e tornate a vivere! Tornate a combattere miei Kouroi! Io, Era, la sempre Giovane Vacca, ve lo ordino!"
E in quello stesso momento, risvegliate dal cosmo divino della Dea, una decina di statue giganti, disseminate sull’isola di Samo e nella Grecia Meridionale, tra Argo e Micene, crollate nel Mondo Antico, e di cui erano rimasti soltanto i resti e le rovine, tornarono a nuova vita. La terra tremò e gli antichi colossi si sollevarono nuovamente, drizzandosi sotto il sole del mattino, mentre le popolazioni civili fuggivano in preda al panico, sconvolte da tale repentino e terrificante avvenimento.
I Kouroi si mossero, sollevando le loro immense braccia di pietra al cielo e battendole con forza contro i loro robusti petti, lasciando risuonare grida oscene, dal suono profondo e gutturale, simbolo della loro rinascita. Se avessero potuto parlare, avrebbero ringraziato Era per averli riportati in vita, soffiando via la polvere di dimenticanza depositata sopra di loro. O forse, se avessero potuto discernere, avrebbero preferito continuare a dormire nel loro sonno eterno, ma di pace, invece di iniziare a marciare verso Tirinto, per portare distruzione nel mondo.