CAPITOLO TRENTACINQUESIMO: A VOLTE BASTA UN SOGNO.
Mentre Sirio affrontava Iemisch, nella conca interna, e Phoenix correva verso la parte settentrionale dell’Isola delle Ombre, attratto da rumori di lotta in corso, quattro motoscafi, di proprietà della Grande Fondazione Thule, sfrecciavano nel tramonto dell’Egeo, diretti verso la punta meridionale dell’isola. Con Pegasus e gli altri avevano infatti concordato di raggiungere il covo di Flegias separatamente, sperando in questo modo di distrarre il Maestro di Ombre, obbligandolo a porre la sua attenzione su vari problemi nello stesso momento. Sperando anche che, così facendo, almeno un fianco restasse scoperto.
"Speranza vana!" –Mormorò il Cavaliere di Libra avvicinandosi all’isola e notando l’immensa cappa di tenebra che la sovrastava. Asher, Castalia e Tisifone erano dietro di lui, disposti a semicerchio attorno al Cavaliere d’Oro, ognuno su un motoscafo.
Non riuscirono a raggiungere nemmeno le sporgenze meridionali che un’imponente energia si sollevò dall’isola, scuotendo le acque del mare e generando violente ondate che investirono i Cavalieri di Atena, sbalzando qualcuno di loro via dal motoscafo e facendolo cadere in mare. Fulmini neri e vampe di fuoco piovvero dal cielo, abbattendosi sui quattro compagni e facendo scoppiare i loro mezzi di trasporto.
"Cercate di arrivare all’isola a nuoto!!!" –Gridò Libra, annaspando nell’agitata corrente, mentre saette oscure si schiantavano attorno a lui.
Asher dell’Unicorno fu il primo a raggiungere la sporgenza meridionale dell’Isola delle Ombre, un lungo corridoio di roccia che confluiva poi in un’arida conca interna, rotta da alcune fenditure, in fondo alle quali turbinava l’acqua di mare.
"Posso aiutarti?!" –Domandò una voce, mentre Asher si arrampicava sulle rocce del promontorio. Non fece in tempo a sollevare la testa, per vedere chi avesse parlato, che sentì una corda arrotolarsi attorno al suo collo e venne strattonato con forza verso l’alto, fino a schiantarsi sulla polverosa superficie del corridoio.
Quando si rialzò, digrignando i denti, trovò un Cavaliere dall’Armatura Nera di fronte a sé. Un uomo, alto poco più di lui, con una lunga corda di scuro metallo elastico arrotolata attorno al braccio destro. La stessa con cui lo aveva strattonato.
"Chi sei?!" –Esclamò subito l’Unicorno, ponendosi in posizione da battaglia.
"Quanta fretta, Asher! Non dovresti prima ringraziarmi? Ti ho risparmiato un bel po’ di fatica, non trovi? Ah ah ah!" –Rise il Cavaliere Nero. E Asher per un momento fu invaso dalla strana sensazione di conoscere la sua voce. L’uomo se ne accorse e gli sorrise furbescamente, prima di sfilare il casco della sua corazza, a forma di pesce.
"Lukas?!" –Balbettò Asher, sgranando gli occhi esterrefatto, di fronte al compagno di addestramento insieme al quale aveva vissuto per parecchi mesi ad Orano.
"Proprio io! Lukas della Cordicella dei Pesci! Non Cavaliere dell’Unicorno, come tu sei diventato, bensì Cavaliere Nero al servizio di Flegias!" –Esclamò il giovane, rimettendosi l’elmo. –"E prima ancora che tu me lo chieda, la risposta è no! Non ti farò passare, ma ti combatterò!" –E nel dir questo schioccò la lunga corda nera sul terreno ai piedi di Asher, generando scintille di energia e spingendo il ragazzo indietro. –"Ero convinto che tu fossi morto, che non saresti riuscito nell’impresa di diventare Cavaliere, non essendo mai stato in grado di produrre un cosmo vasto a sufficienza, tanto risibili erano le motivazioni che ti spingevano ad andare avanti!"
"Lukas! Come osi?!" –Ringhiò l’Unicorno, muovendosi per gettarsi contro di lui, ma un secco colpo di corda gli falciò le gambe, sbattendolo a terra, con la corazza fumante dallo stridore incandescente dell’arma.
"Oso quanto voglio! Definirti un fallito mosso da infantili propositi è un complimento!" –Commentò acido Lukas. –"È stato quasi per caso che venni a sapere da Flegias, poche settimane fa, che eri ancora vivo! E fui io a suggerire al Maestro di Ombre di infettare proprio te, con la rosa di rabbia, il più debole tra i Cavalieri superstiti, intuendo che non avresti opposto troppa resistenza, come infatti è stato! Ah ah ah! Anche anni dopo non deludi affatto le mie aspettative, Asher, se riesci a farti vincere persino da un debole come Menas!"
"Ti farò pentire delle tue parole di scherno, mentecatto!" –Esclamò Asher, bruciando il cosmo e scattando avanti, balzando sopra Lukas e cercando di colpirlo con un calcio. –"Criniera dell’Unicorno!"
"Dove vuoi menar le gambe?" –Commentò infastidito Lukas, liberando la cordicella scura, con cui afferrò Asher per un calcagno, mentre era in volo sopra di lui, sbattendolo nuovamente a terra. Con forza sempre maggiore. Non contento, il Cavaliere Nero liberò una scarica energetica che attraversò la corda, avvolgendo Asher, il cui corpo vibrò con forza, e strappandogli un grido di dolore.
"Parere confermato! Sei ancora il solito bamboccio che non vale nulla! Tutto fumo e niente arrosto!" –Affermò Lukas, ritirando la corda, che strisciò verso di lui, quasi fosse un serpente, arrotolandosi al braccio destro. –"Continuo a chiedermi come tu abbia potuto conquistare l’Armatura dell’Unicorno e con che coraggio il nostro maestro osasse ripetere che tu ne eri più degno di me! Io almeno sapevo cosa fosse il cosmo, e riuscivo a controllare le sue manifestazioni!"
"Hai dimenticato gli insegnamenti ricevuti a Orano, Lukas?" –Esclamò Asher, rialzandosi. –"Non la forza determina la grandezza di un Cavaliere! Per lo meno non soltanto la forza fisica!"
"Quella interiore dunque?! Ah ah ah!" –Rise Lukas beffardo. –"E quale forza interiore avresti tu, che, da quel che mi raccontavi, ti facevi cavalcare e frustare da una bambina, solo per attirare le sue attenzioni?!"
"Taci, bastardo!!!" –Ringhiò Asher, scattando nuovamente verso Lukas, che fu svelto a muovere la corda, frustando il ragazzo in pieno volto, aprendogli un taglio su una guancia, e poi ad una coscia, facendo schizzare altro sangue, finché Asher non riuscì ad afferrare quella saettante arma, lasciando che si avvolgesse attorno al suo polso sinistro, incurante delle scariche di energia che Lukas continuamente gli dirigeva.
"Puoi deridermi quanto vuoi, Lukas, se ti fa sentire meglio! Spesso mi sono deriso anch’io e, anche se ammetto di aver accettato umiliazioni in passato, ho il cuore sereno quando penso al motivo per cui le ho subite! Quando penso all’affetto, alla riconoscenza, all’amore che ho sempre provato per lei, sebbene mai abbia ricambiato i miei sentimenti!" –Confessò Asher, con una certa tristezza nella voce.
"Un comportamento da vero uomo, Asher! Complimenti!" –Ironizzò Lukas beffardo, aumentando l’intensità delle scariche di energia, che avvolsero l’Unicorno, stridendo sulla corazza di bronzo e scheggiandola in più punti, per quanto Asher non avesse intenzione di mollare la presa. –"Vuoi suicidarti?! Così tanta pena provi per te stesso da preferire la morte a una vita di disonore? Ebbene, ti aiuterò se vuoi!"
"In verità…" –Mormorò Asher, socchiudendo gli occhi ed espandendo al massimo il proprio cosmo. –"Sto cercando di completarmi!"
"Completarti?!" –Bofonchiò Lukas, non capendo a cosa il ragazzo si riferisse.
Asher non aggiunse altro, fissandolo con sguardo deciso, mentre, quasi nascessero dal suo corno, cerchi concentrici di energia cosmica dal colore verde stridevano contro le folgori di Lukas, erodendole progressivamente, prima di distruggerle.
"Prendi, Lukas! Quel che non ho terminato ad Orano, saprò concluderlo quest’oggi!" –Gridò Asher, investendo il Cavaliere nero con quegli anelli di energia cosmica, che stridettero sulla corazza di Lukas, schiantandola in più punti, prima di spingerlo indietro, più per la sorpresa dell’attacco che non per la potenza.
"Adesso capisco! Il secondo colpo dell’Unicorno!" –Esclamò Lukas, raddrizzandosi. –"Il colpo psichico che il maestro avrebbe insegnato soltanto al vincitore dell’Armatura di Bronzo! Un’altra pecca nella tua poco promettente carriera di Cavaliere! Ah ah ah!"
"Ridi pure, se ti fa sentire soddisfatto!" –Commentò Asher, senza scomporsi troppo. –"È stato un onore per me essere investito di quest’Armatura, poiché essa rappresenta tutto ciò per cui ho lottato, tutto ciò per cui ho ritenuto sacro vivere! E se anche è vero che per molto tempo ho combattuto soltanto per amore di una donna, adesso sono riuscito ad andare avanti, imparando da me stesso e dai miei limiti!"
"Limiti molto evidenti!" –Ridacchiò Lukas, schioccando nuovamente la corda a terra e sollevando scintille energetiche, prima di dirigerla verso Asher, il quale, quella volta, riuscì ad evitarla, balzando in alto e cercando di colpire il vecchio compagno con un calcio in pieno viso. Ma anche quella volta, benché fosse stato più veloce, venne nuovamente afferrato per le gambe e sbattuto a terra. –"Mi hai stufato!" –Sibilò Lukas, mentre la corda si allungava attorno al corpo di Asher, bloccando i suoi arti, per quanto il ragazzo si dimenasse con foga, giungendo fino al collo, che strinse con forza, decisa a togliergli il respiro. –"Hai imparato bene, Asher! E hai fallito! Da oggi non proverai più!"
E scaricò una violenta scarica di energia lungo la cordicella oscura, che stritolò il Cavaliere dell’Unicorno, schiantando la corazza in più punti, senza riuscire a strappargli però alcun grido di dolore, soffocato com’era dalla stretta mortale.
Lukas, osservandolo, vide lo stesso bamboccio arrogante giunto ad Orano l’anno successivo al suo. Un bamboccio che non aveva chiaro cosa volesse dire diventare Cavalieri di Atena, ma che era interessato soltanto all’Armatura. Alla sua conquista materiale. Quando ne aveva scoperto il motivo, Lukas lo aveva deriso, spiegandogli che, con quella debole motivazione, non sarebbe andato lontano. Per questo avrebbe dovuto divenire lui il Cavaliere dell’Unicorno, perché sorretto dalla ferrea volontà di essere il migliore. E da una risolutezza in battaglia che Asher non aveva.
Il maestro di entrambi non la pensava però così e vide nella volontà di emergere di Asher, e di ricompensare chi aveva avuto fiducia in lui, un bene, e nella voglia di lotte continue di Lukas, dettate non da senso di giustizia ma da desiderio di confermarsi il migliore, un male. E fu questo il motivo per cui lo allontanò, giudicandolo indegno di concorrere ad un’Armatura della giustizia.
"Non era poi così lontano dalla verità!" –Sogghignò Lukas, osservando Asher dimenarsi come un lombrico sul terreno, stritolato dalle scariche di energia che la corda emetteva. Ripensò ad alcuni mesi prima, quando, durante la Guerra Sacra contro Ade, aveva aggredito il suo maestro in Algeria, mentre pregava per Atena, uccidendolo proprio con quei fulmini energetici che adesso avrebbero avuto ragione anche del suo vecchio compagno. –"L’immeritevole!" –Così lo definì Lukas.
Ma dovette reprimere un moto di stupore quando vide un’aura di colore verdolina espandersi dal corpo di Asher, un’aura che aumentò d’intensità, crescendo fino ad inglobare le scariche di energia e la corda stessa.
"Ho perso molte cose in vita!" –Mormorò Asher, cercando di rialzarsi. –"La guerra galattica, prima tra tutte! E il vero obiettivo che si nascondeva dietro quell’effimero confronto! La donna che ho amato in silenzio per anni, e per cui non sono stato niente più di un compagno di giochi! La Dea che ho infine scelto di difendere, e che vede in me un combattente per la giustizia! Leale certamente, ma non degno del suo amore di donna!" –Sospirò il ragazzo, bruciando ancora il cosmo e ripensando al giorno in cui Pegasus era tornato dalla Grecia e si era scontrato con Lady Isabel nell’atrio di Villa Thule. –"Fin da quel giorno avrei dovuto capirlo, che nel cuore di Milady c’era posto solo per Pegasus, il mio antico rivale! Quanto l’ho odiato, per futili motivi, nascondendo l’unica vera ragione alla base del mio malessere! Quanto ho inquinato il mio cuore per un amore non corrisposto! Ma adesso sono cresciuto, e ho trovato nel dolore, e nella solitudine, la forza per andare avanti! A volte basta poco! Basta un sogno!" –Esclamò, ormai avvolto nel suo cosmo scintillante.
"Fermati, maledetto!!!" –Ringhiò Lukas, liberando la guizzante corda, che venne però raggiunta e mandata in frantumi dalle scariche di energia, simili a piccoli fulmini, che Asher controllava con la forza della mente, portando a compimento il lungo processo di apprendimento che aveva iniziato ad Orano e non aveva mai concluso. Perché forse non ne aveva mai avuto la determinazione.
"Questo mio amore infantile, che tanto hai schernito, è stato il motore che mi ha permesso di andare avanti per anni! Ed anche se so che mai si realizzerà, continuerò a vivere lo stesso, con tale consapevolezza nel cuore!" –Affermò Asher, concentrando il cosmo sul braccio destro. –"Isabel! Maestro! Amici miei, che dal Paradiso dei Cavalieri mi sostenente ogni giorno! Datemi la forza per lottare ancora! Datemi la forza per vincere!!!"
"Sei un folle! Muori Asher!" –Gridò Lukas, lanciandosi su di lui, con il pugno destro carico di energia. Ma l’esplosivo cosmo di Asher lo bloccò a mezz’aria, mentre il ragazzo portava avanti il braccio, dirigendo un violento e preciso attacco contro il Cavaliere Nero, simile al corno dell’animale leggendario da cui era protetto.
"Corno d’Argento!!!" –Urlò Asher, trapassando il ventre di Lukas e gettandolo a terra, in una pozza di sangue.
"Bra… Bravo Asher!" –Rantolò il Cavaliere Nero. –"Sei cresciuto infine… del ragazzino arrogante che si è allenato con me ad Orano non è rimasto niente… ormai sei diventato un uomo…" –E morì, con gli occhi aperti e pieni di rimpianti.
Asher si avvicinò al vecchio compagno, inginocchiandosi di fronte a lui e prendendogli una mano. Sospirò, pensando infine che, nonostante si fossero ritrovati da nemici, non provava odio per lui. Soltanto una grande pena, la stessa che Lukas gli aveva rivolto contro, ma che nascondeva soltanto la certezza di non essere mai divenuto quel Cavaliere migliore di lui a cui tanto aveva aspirato.
Fece per rimettersi in piedi, e correre in aiuto di Tisifone, il cui cosmo sentiva agitarsi poco distante, quando un sottile raggio energetico gli perforò il collo e uno spruzzo di sangue gli macchiò il pettorale dell’Armatura. Non riuscì a dire nulla, sentendosi soffocare, e crollò a terra, sopra il cadavere di Lukas, mentre una sensuale figura di donna appariva dietro di lui, rivestita da un’Armatura Nera. uQu
Proprio Tisifone del Serpentario era vicina, in linea d’aria, al Cavaliere dell’Unicorno, intenta a combattere contro un altro servitore di Flegias, che le si era rivelato in maniera piuttosto singolare. Raggiunta la riva a fatica, a causa delle violente ondate sobillate da Flegias, la Sacerdotessa era balzata di scoglio in scoglio, fino ad atterrare su un ripiano roccioso, a occidente rispetto al corridoio di pietra dove Asher stava affrontando Lukas. Ma improvvisamente un masso enorme le era franato addosso, schiacciandola a terra e crepandole persino l’Armatura d’Argento.
Tisifone aveva cercato di liberarsi, ma non appena aveva afferrato l’enorme macigno si era accorta che non era affatto quel che credeva. Toccandolo, sentì che era duro come corno, e a tratti vischioso, simile al guscio di una tartaruga.
"Che diavolo è questo…?" –Brontolò la Sacerdotessa del Serpentario, muovendolo verso destra, in modo da uscirne da sotto, quando improvvisamente la parte superiore dello strano macigno si aprì e una testa di uomo ne sbucò fuori, sorprendendo la donna, che non riuscì a reprimere un grido di sorpresa.
"Non pensavo di essere così brutto!" –Commentò una voce goffa, mentre nuovi buchi si aprivano sul masso e due braccia e due gambe ne spuntavano, rivelando parti del corpo di un uomo, sui quarant’anni d’aspetto, il cui busto era ancora coperto dal macigno che aveva schiacciato Tisifone.
"Chi sei? Cosa sei?!" –Incalzò la Sacerdotessa, spingendolo via, prima che una robusta mano le afferrasse un braccio, stringendola in una presa d’acciaio.
"Non così in fretta! Una volta che una donna mi si avvicina, non voglio lasciarla scappare!" –Commentò l’uomo, accennando un sorriso malizioso, a cui Tisifone, da dietro la maschera, rispose con una smorfia di disgusto. Ma, vedendo che questi non accennava a liberarla, concentrò il cosmo sul braccio destro, colpendolo in pieno petto, sul guscio che lo ricopriva.
"Aaah!!!" –Gridò Tisifone, mentre il guanto protettivo dell’Armatura del Serpentario andava in frantumi, schiantandosi contro quella protezione resistente.
"Fa male, eh? Beh, vado piuttosto orgoglioso del mio guscio!" –Sorrise beffardo l’uomo. –"È la mia casa, la mia protezione, dentro la quale mi sento sereno e sicuro!"
"Il tuo guscio?! Ma cosa sei? Una tartaruga?!"
"Sono Borneo della Tartaruga, Cavaliere Nero al servizio di Flegias, incaricato di fermare l’avanzata di questa bella signorina!" –Si presentò l’uomo, continuando a stringere il braccio di Tisifone con forza.
"Provaci, se ne sei capace!" –Sibilò la donna, espandendo il cosmo e dirigendo, da distanza ravvicinata, il suo attacco energetico contro Borneo. –"Cobra Incantatore! Colpisci!!!"
Borneo infilò svelto la testa dentro il guscio protettivo, sul quale si schiantarono le scariche di energia di Tisifone, senza scalfirlo minimamente.
"Incredibile!" –Mormorò la donna, ansimando per la fatica. E iniziando poi a tempestare il guscio di pugni, con l’unico risultato di ferirsi alla mano e distruggere definitivamente la protezione dell’armatura.
"Ti sei calmata?" –Domandò infine Borneo, ritirando fuori la testa. –"Sei un tipo piuttosto agitato!"
"Non mi sono calmata, e pretendo tu liberi immediatamente il mio braccio, brutto…" –Incalzò Tisifone, calando la mano con le unghie affilate sul volto di Borneo, il quale, senza scomporsi affatto, si limitò a scuotere la testa.
"Non mi piacciono le esaltate!" –Commentò, colpendo con un pugno dal basso il ventre di Tisifone, scaraventandola indietro ad altissima velocità, fino a schiantarla contro una parete di roccia, che franò su di lei. –"Spero che questo serva a calmarti!"
A fatica, Tisifone riuscì a liberarsi dalle pietre crollate su di lei, ansimando per il colpo ricevuto, che gli aveva mozzato il respiro. Si tastò il ventre, dove Borneo l’aveva raggiunta, e immaginò che sotto la maglietta spiccasse un vistoso ematoma.
"Che forza micidiale!" –Mormorò la donna, ammettendo di aver sottovalutato quel grottesco individuo, che disponeva non solo di una protezione che i suoi attacchi non erano in grado di penetrare, ma anche di un pugno duro come l’acciaio.
"Stai meglio?!" –Le chiese Borneo, con aria genuinamente preoccupata, che stupì la stessa Tisifone.
"Cosa ti importa come mi sento? Preparati a combattere, servo dell’ombra!" –Incalzò la Sacerdotessa, espandendo il proprio cosmo violaceo.
"Se proprio insisti…" –Sbuffò Borneo. –"Anche se non capisco tutta questa tua tendenza all’autodistruzione! Hai avuto una delusione amorosa così grande da preferire la morte piuttosto che continuare a vivere senza l’amato al tuo fianco?!"
"Ma di cosa vai parlando, Borneo?! Pensi di vincermi con le parole?!" –Tuonò Tisifone, balzando in alto e caricando l’elettrico cosmo del Serpentario. –"Cobra Incantatore!!!" –E piombò sul Cavaliere Nero, avvolta in guizzanti folgori di energia. Ma questi non si scompose affatto, limitandosi a rientrare nel suo guscio, lasciando che le scariche energetiche si schiantassero all’esterno, senza scalfirlo, scivolando via come onde sugli scogli. –"Incredibile!!!" –Ringhiò Tisifone.
Non ebbe però la prontezza di allontanarsi, che Borneo, tirati nuovamente fuori gli arti e la testa, la afferrò per entrambe le braccia, con una velocità che Tisifone non avrebbe mai sospettato possedesse, bloccandola davanti a sé, per quanto la donna si dimenasse combattiva.
"Che caratterino tutto pepe!" –Commentò Borneo. –"Più che una Sacerdotessa, mi sembri un’Amazzone! Ih ih ih!"
"Lo prenderò come un complimento…" –Ironizzò Tisifone, che comunque ben si rispecchiava in quella descrizione, non essendo molto diversa da come Artemide l’aveva definita.
Al pensiero della Dea della Caccia, e della sua tragica fine, proprio su quella stessa isola, Tisifone si infiammò. Non aveva mai avuto amici, e soltanto negli ultimi mesi con Castalia aveva raggiunto un equilibrio, dopo anni di scherno e litigi continui. Ma in Artemide aveva saputo trovare qualcosa che andava al di là del mero rapporto tra Divinità e Cavalieri. Un’emozione più profonda, un’amicizia che Tisifone aveva condiviso con la Dea, nella quale aveva ritrovato qualcosa di sé.
Sola, combattiva, aveva imparato a difendersi per non essere aggredita dal mondo esterno, senza rinunciare mai alla sua femminilità. Aveva ricoperto il suo cuore di un guscio, per non essere debole. Ma nel profondo aveva coltivato la speranza di poter un giorno cambiare. Come aveva fatto Tisifone dopo che Pegasus l’aveva vista in volto, quel lontano giorno al campo d’addestramento delle sacerdotesse.
Aveva infine scelto di amarlo. E non se ne era mai pentita, nemmeno per un istante.
"E certo non lo farò adesso!!!" –Ringhiò Tisifone, bruciando al massimo il proprio cosmo, che la avvolse in un turbinar di folgori incandescenti, che stridettero anche sulle braccia e sul guscio di Borneo, strappandogli un mugugno infastidito.
D’un tratto, Borneo liberò il braccio sinistro della Sacerdotessa, portando indietro il pugno, e Tisifone, credendo fosse a causa delle scariche di energia, fece per caricare il suo colpo segreto. Ma il Cavaliere Nero aveva soltanto ritratto il braccio per poterla colpire direttamente, con un destro in pieno petto, che sfondò l’Armatura d’Argento, ferendole il seno e strappandole un grido di atroce dolore.
"Mi sembra proprio che tu non mi ascolti!" –Commentò sbadatamente Borneo, mentre Tisifone si accasciava al suolo, tenuta ancora per il braccio destro. –"Capisco di non essere molto attraente, ma sono anch’io capace di parlare! E pretendo di essere ascoltato!" –E nel dir questo strattonò la donna, tirandola a sé e afferrandole le gambe, in modo da sollevarla come fosse un tronco d’albero.
Con le sue braccia possenti, Borneo stiracchiò il corpo della Sacerdotessa da destra e da sinistra, estorcendole urla di sofferenza, prima di lanciarla in alto di qualche metro e colpirla in pieno mentre la donna precipitava a terra a peso vuoto. Il pugno fu così forte che la scaraventò contro una parete di roccia, frantumando quel che restava dell’Armatura del Serpentario e sotterrandola sotto mucchi di detriti. Quindi, come se quel combattimento fosse stato una gran fatica, Borneo sbadigliò, prima di rientrare nel suo guscio e riposarsi.
Tisifone, con numerose ossa rotte e ematomi sparsi sul corpo, con un tremendo dolore al seno, che le ricordava quanto fosse difficile vivere la sua femminilità di Sacerdotessa Guerriero, giaceva sotto mucchi di pietrisco franati su di lei, respirando a fatica. Ripensò ai potenti guerrieri che aveva affrontato nell’ultimo anno, Borea, Vento del Nord, e Atteone tra tutti, e a quando aveva indossato l’Armatura del Cancro. Per un attimo la invase la sensazione di chiedere aiuto, di poter indossare ancora una protezione che la riparasse dai colpi di Borneo, un avversario che, seppur grottesco, si stava rivelando insidioso.
Ma tutti stanno combattendo! Si disse la Sacerdotessa, percependo i cosmi di Asher, di Pegasus e dei suoi compagni, espandersi tra le tenebre dell’isola. E anche il minimo aiuto potrebbe essere loro indispensabile! Chi sono io per restare qua sotto, a contare i minuti che mi separano dalla fine? Non sarà certo un’armatura a fare la differenza in battaglia, ma lo splendore del mio cosmo!
"Ben detto, Sacerdotessa del Serpentario!" –Esclamò una decisa voce di donna, che risuonò nella sua mente. –"Era questo che volevo sentirti dire! Non parole d’accidia, ma di dinamismo!"
"A… Artemide?!" –Balbettò Tisifone, riconoscendo il cosmo della Dea della Caccia. –"Dove… sei?!"
"Lontano! E non posso porgerti aiuto in alcun modo, prigioniera di un limbo da cui uscirò soltanto per l’ultima guerra!" –Commentò Artemide. –"Ma questo non mi impedisce di ricordarti chi sei! Una donna sola, e orgogliosa di esserlo! Una guerriera che mai si è tirata indietro, né davanti ai figli della possente Eos, né di fronte ai Cacciatori di Artemide o alla bastarda progenie di Ares! Non dimenticare chi sei, e cosa hai fatto Tisifone! E trova nella tua solitudine di donna la forza per rialzarti!"
"Lo farò!" –Affermò seria Tisifone, sentendo il cosmo di Artemide scomparire. –"Come ho sempre fatto! Quello che per altre donne è dolore, per me sarà forza!" –E in quel momento sentì il cosmo di Asher risplendere come una piccola stella, rischiarando il buio in cui la Sacerdotessa era immersa. –"Anche lui, come me, ha perso qualcosa! Qualcuno che forse non ha avuto mai! Ma non per questo si è lasciato andare… e io non sarò certo da meno!!!" –Ringhiò la donna, bruciando al massimo il suo cosmo, che la avvolse come le spire di un serpente, turbinando attorno al suo corpo ferito e disintegrando la roccia sotto cui era intrappolata.
Ansimando, Tisifone si rimise in piedi, mentre la balenante sagoma di un cobra dalle spire di luce compariva dietro di lei. Borneo, disturbato nel suo sonnecchiare da quei rumori confusi, lasciò spuntare nuovamente fuori la testa dal guscio, prima di sollevarsi con l’intero tozzo corpo, mentre Tisifone, avvolta nel suo cosmo incandescente, balzava verso di lui, schiacciandolo a terra sotto folgori di energia, veri e propri fulmini di luce viola che stridettero contro la corazza protettiva del Cavaliere della Tartaruga, scheggiandola in più punti.
"Non hai ancora capito?! Il guscio mi difende! E i tuoi esigui poteri di donna non potranno neanche scalfirlo!"
"Non potrò scalfirlo?! Esatto, perché non è mia intenzione infatti!" –Esclamò Tisifone, irritata dal dichiarato maschilismo del suo avversario. –"Io voglio distruggerlo!!!" –Aggiunse, liberando violente unghiate di energia, che creparono il guscio di Borneo, di fronte ai suoi occhi sgranati.
Borneo mosse le braccia, per cercare di fermare quella pioggia di folgori, ma Tisifone fu più svelta di lui, balzando in alto ed evitando la stretta presa da cui, ben lo sapeva, non avrebbe potuto liberarsi. Atterrò dietro di lui e lo continuò a bombardare di scariche di energia, osservando nuove crepe aprirsi sul guscio protettivo.
"Artigli del Cobra!!! Anche senza la corazza che Cancer ci prestò, sappiate lo stesso mutarvi in oro! Sappiate mutarvi… in luce!!!" –Gridò Tisifone, portando il braccio destro avanti, proprio mentre Borneo si voltava verso di lei, e aprendogli uno squarcio sulla corazza all’altezza del petto.
Tisifone vi infilò allora la mano destra, carica del suo cosmo sfolgorante, e lo scaricò all’interno del guscio, fulminando il Cavaliere della Tartaruga che non poteva più opporre nessuna protezione al suo corpo. Soltanto muovere il braccio destro e colpire la Sacerdotessa con un pugno allo sterno, in modo da spingerla indietro. Ma era comunque troppo tardi per aver salva la pelle.
Borneo crollò all’indietro, con il corpo incenerito dalle scariche energetiche di Tisifone e il guscio semidistrutto. Ma anche la Sacerdotessa Guerriero accusò il colpo, tenendosi il torace che pareva sul punto di scoppiarle. A fatica cercò di rimettersi in piedi, ma barcollò e cadde sulle ginocchia, giusto in tempo per notare un’ombra comparire dietro di lei.
Fu un attimo e si ritrovò a terra, ferita alla spalla destra da un sottile raggio di energia, con il sangue che macchiava la sua maglia marrone. Cercò di voltarsi, per vedere in faccia il suo nuovo nemico, ma fu raggiunta da un calcio sul viso, che la spinse indietro in malo modo, spaccandole la maschera d’argento.
"Bel visino!" –Commentò allora una voce di donna. –"Sarà un piacere deturparlo!"
Tisifone sollevò lo sguardo e, nonostante l’aria tenebrosa, riuscì a intravedere la sagoma di un Cavaliere Nero la cui corazza rappresentava un insetto.
Scura, con striature di giallo, l’armatura era ornata di ali sottili lungo la schiena, che si aprivano verso il basso, e da un elmo che copriva interamente il volto, su cui spiccavano due grossi occhi laterali, simili a quelli delle api. Il Cavaliere Nero aveva l’indice puntato verso Tisifone, sulla cui cima lampeggiava ancora una luce giallastra.
"I personaggi grotteschi non sono ancora finiti!" –Ironizzò la Sacerdotessa, tenendosi la spalla ferita e preparandosi ad un nuovo scontro.