CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO: ESPERIMENTI.

L’apparizione di Avalon aveva preso tutti di sorpresa. Persino il Comandante Ascanio non si aspettava di vedere il Signore dell’Isola Sacra giungere sull’Olimpo. Né si aspettava di vederlo tirare fuori, da sotto le sontuose vesti che indossava, un pugnale dalla lama ricurva, di quelli che venivano consegnati alle Sacerdotesse di Avalon quando terminavano il loro addestramento.

"Odo i tuoi lamenti fin dall’Isola Sacra!" –Esclamò, sollevando l’argentea lama sopra il volto di Zeus. –"Per questo sono venuto! Per mettere fine alle tue sofferenze!" –E nel dir questo calò il pugnale verso il basso, davanti agli occhi stupefatti di Atena e degli altri Dei e Cavalieri presenti, che non riuscirono a muovere un muscolo, sorpresi dalla rapida concatenazione degli eventi.

La lama strusciò il polso sinistro del Signore dell’Isola Sacra, recidendo alcune vene e lasciando schizzare gocce di sangue sul corpo inerme del Dio del Fulmine. Senz’altro aggiungere, Avalon portò il braccio sopra il volto di Zeus, bagnandolo con la sua linfa vitale, una linfa che, come Ascanio subito notò, sembrava risplendere del bagliore delle stelle, tanto intrisa era del cosmo del suo Signore.

"Avete agito bene, Atena!" –Commentò Avalon, volgendo i suoi occhi scuri verso la Dea e smorzando la silenziosa tensione che si era creata nella camera di Zeus. –"Il vostro Ichor ha contribuito a tenere in vita il Re dell’Olimpo, impedendo che il suo cosmo infiacchito si spegnesse! Ma da solo non era sufficiente, necessitava di qualcosa di più! Di un catalizzatore che potesse accendere la fiamma della speranza, viva nei vostri cosmi, e farla ardere di nuovo nel cuore di Zeus! Lasciate che sia la fiamma di Avalon a risvegliare il Padre di tutti gli Dei!"

"Maestro, voi…" –Affermò Ascanio, osservando il corpo del Signore dell’Isola Sacra ricoprirsi di uno strato di luce, dapprima leggero, poi sempre più consistente, fino ad inglobare il letto e i corpi di Zeus e di Era. –"Quale potenza!" –Commentò il giovane, mentre il cosmo di Avalon riempiva la Reggia del Dio del Fulmine, traboccando in fretta all’esterno, come un fiume che nessun’argine poteva permettersi di trattenere.

Dopo qualche istante la luce sfumò d’intensità e quando Ascanio e gli altri poterono vedere di nuovo, notarono per prima cosa che il volto del Sommo Zeus aveva ripreso colore. Lavato via il bianco pallore della malattia di Ampelo, il viso del Dio stava tornando quello in cui si erano sempre specchiati. Un viso eternamente giovane.

"Mio Signore…" –Mormorò Ermes, avvicinandosi e notando che Zeus sembrava ricominciare a muoversi, sia pur con lentezza.

"E… Ermes?!" –Balbettò il Dio del Fulmine, riaprendo gli occhi e scuotendoli, come se si riavesse da un brutto incubo.

"Sì, mio Signore! Sono io! Al vostro servizio come sempre!" –Sorrise il Messaggero, con gli occhi colmi di lacrime di gioia. –"E non sono solo! Ci siamo tutti!"

"Padre!" –Esclamò Atena felice, avvicinandosi, seguita da Demetra e da Phantom, Ascanio e Mur, che si disposero a cerchio attorno al letto.

In quella anche Era rinvenne, scuotendosi dal torpore che l’aveva invasa di recente. La sua malattia era stata provocata in seguito, su decisione soprattutto di Ampelo, deciso ad estirpare la dinastia degli Olimpi, e si era palesata con sintomi inferiori.

"Sono… lieto di rivedervi! E anche se vedo ferite e sudore sui vostri corpi, sapervi vivi è una gioia immensa, come mai ho provato prima, in millenni di storia!" –Sorrise Zeus, spostando lo sguardo da un volto all’altro. –"È strano! È come se mi risvegliassi da un sonno durato secoli!"

"Non è durato poi tanto il tuo riposo! Un pisolino è stato, di fronte all’eternità che hai vissuto!" –Commentò allora una voce proveniente dall’esterno del cerchio di affetti riunitosi attorno al Dio dell’Olimpo. –"Ma ti ha privato di qualcosa che nessun’altro potrà renderti! Soltanto la tua forza interiore e la volontà di ricordare ciò che è andato smarrito!"

Zeus riconobbe quella voce, per quanto ritenesse improbabile che egli si trovasse sull’Olimpo. Pregò Atena e gli altri di scansarsi, mentre Ermes lo aiutava a sollevare la schiena, poggiandola su un mucchio di cuscini, di modo che il Dio potesse incontrare nuovamente, dopo quindici anni, lo sguardo del Signore dell’Isola Sacra.

"Tu? Qui?!" –Affermò Zeus. Ma non aveva ancora terminato di parlare che realizzò di non essere poi così sorpreso. Aveva sentito, nel suo cosmo, qualcosa di diverso. Qualcosa di antico. Qualcosa che apparteneva agli albori del mondo. Una sapienza ancestrale di cui Avalon gli aveva fatto dono per guarire.

"Ricordi quel che ti dissi anni addietro, quando lamentai lo squallore in cui era caduto l’Olimpo, tra feste e bordelli? Che se vogliamo combattere la grande ombra, dovremo farlo restando uniti!" –Esclamò Avalon. –"Non ho cambiato idea al riguardo, ma noto con piacere che amici non ti mancano, Signore del Monte Sacro! Amici che darebbero la vita, per salvare quella di chi hanno caro!"

Zeus sorrise, e altrettanto fecero Atena e gli altri, mentre Era si avvicinava al fratello e sposo, cingendolo in un affettuoso abbraccio. Demetra disse allora a Phantom che forse era il momento di curare le ferite di cui il suo corpo era cosparso e fece apparire alcune foglie di timo, cariche del suo cosmo guaritore, pregando il Luogotenente di seguirlo in un’altra stanza, ove lo avrebbe medicato, e Matthew e Mur di unirsi a loro. Atena aiutò Era ad alzarsi e Ascanio ne approfittò per accostarsi a Zeus.

"Mio Signore… Lamia, il Capitano dell’Ombra al servizio del figlio di Ares…" –Iniziò a parlare il Cavaliere Celeste. Ma Zeus lo interruppe bonariamente.

"So cos’è che hai visto! Perché è sempre nella mia mente!" –Affermò, alzandosi in piedi per la prima volta, dopo aver trascorso gli ultimi giorni sdraiato sul letto, in uno stato di semicoscienza. –"Anche se parte dei miei ricordi mi è stata sottratta, vi sono cose che non dimenticherò mai! L’affetto per coloro che amo è tra queste! Al pari di minacce ben più gravi di una cappa di nuvole nere!"

"È dunque questo ciò che ci aspetta?!" –Mormorò Ascanio, avvicinandosi assieme al Dio alla vetrata del lato sud, osservando l’Olimpo scivolare verso il mare lontano.

Zeus non rispose, ponendo una mano sulla spalla del Comandante della Legione di Glastonbury e sospirando. Ascanio annuì, prima di voltarsi verso l’interno della stanza e accorgersi di ciò che Zeus aveva notato già da tempo. Avalon era scomparso. Silenzioso come era venuto, il Signore dell’Isola Sacra se ne era andato. Senza tanti discorsi.

Ascanio si incamminò fuori dalle Stanze di Zeus, per sincerarsi delle condizioni di Phantom. Sentiva i cosmi di Pegasus e dei suoi compagni infiammarsi sull’Isola delle Ombre e voleva essere al loro fianco per combattere l’oscurità.

Proprio in quel momento Phoenix era nel pieno dello scontro con l’avversario più bizzarro che avesse mai affrontato. Un uomo, alto e robusto, ricoperto da un folto pelo grigio, che lo rendeva simile ad un lupo su due zampe, era balzato su di lui e lo aveva atterrato, abbandonandosi a frequenti ululati.

"Spuntino prelibato sarai per il Licantropo!" –Sogghignò l’uomo, mostrando a Phoenix le mani grosse e pelose, da cui si allungarono cinque dita simili a spuntoni di energia, che la bestia mosse per piantarle nel corpo di Phoenix.

Ma il Cavaliere lo colpì con una ginocchiata in pieno addome, sbalzandolo in alto di qualche metro, a sufficienza per rimettersi in piedi e caricare il pugno destro del suo cosmo infuocato. L’attacco colpì il Licantropo, per quanto questi cercasse di smorzarlo incrociando le braccia davanti al volto, e lo scagliò contro una parete rocciosa, strappandogli un bizzarro ululato.

"Che razza di bestia è mai questa?!" –Si domandò Phoenix, presto raggiunto da Pentesilea e dalla altre Amazzoni.

"Deve essere il capo di questo branco di strane creature!" –Commentò la donna, notando che gli uomini-lupo avevano iniziato a circondarli, girando in cerchio attorno alle succulenti prede.

"Non avete mai visto dei Licantropi?!" –Ironizzò l’uomo abbattuto da Phoenix, rialzandosi e camminando fino a portarsi di fronte al Cavaliere.

"Lupi mannari?! Grottesco! Credevo esistessero soltanto nelle favole!" –Commentò Phoenix. –"Uomini condannati da una maledizione a ricoprirsi di peli e a munirsi di zanne ad ogni luna piena, fino a divenire veri e propri lupi feroci!"

"Quello era il passato! Noi siamo i soldati del futuro! Coloro che hanno saputo andare oltre le sterili leggende medievali!" –Esclamò fiero il Licantropo, espandendo il proprio cosmo. –"Non abbiamo più bisogno della luna piena per essere quello che siamo! Possiamo esserlo sempre!" –E nel dir questo spiccò un balzo agilissimo, sorprendendo Phoenix e piombando in mezzo alle Amazzoni, squartandone una con un secco colpo dei suoi artigli, prima di gettare il cadavere contro le altre.

Il resto dei lupi mannari imitò il capo, gettandosi contro le Amazzoni, incitate da Pentesilea e da Phoenix a sfoderare le armi e a resistere. Fu proprio il Cavaliere di Atena ad avventarsi sul Licantropo, sbattendolo a terra e iniziando una violenta colluttazione fisica, stando attento ad evitare le unghiate mortali della creatura.

"Auuuh!!! Sento la frenesia che ti domina, l’adrenalina che scuote il tuo corpo! Lascia che diventi paura! Lascia che di essa possa nutrirmi!" –Ululò il Licantropo, allungando gli artigli per ferire Phoenix al collo.

"Paura dici? E di cosa dovrei averne? Di un mucchio d’ossa pelose?!" –Ironizzò Phoenix, continuando a rotolare al suolo con il suo nemico, fino a precipitare da una sporgenza rocciosa.

Il Cavaliere fu abile a spalancare al volo le ali dell’Armatura Divina, planando a terra senza difficoltà, mentre il Licantropo ruzzolò per diversi metri, rimettendosi però subito in piedi, con sguardo affamato e pericoloso. Senz’aggiungere altro, il Capitano dell’Ombra concentrò il cosmo sulle dita, scagliando contro Phoenix lunghi stiletti di energia, che il ragazzo fu svelto ad evitare. Ma il Licantropo continuò l’attacco, seguendo ogni movimento del Cavaliere di Atena, dirigendogli contro gruppi continui di cinque punte energetiche, obbligandolo infine ad un attacco diretto.

"Pugno infuocato!!!" –Gridò Phoenix, scattando avanti con il braccio teso e travolgendo il Licantropo con un vortice di fuoco, che lo schiantò indietro di qualche metro, crepando parte della sua cotta scura, senza impedirgli però di liberare cinque nuovi stiletti energetici, due dei quali si conficcarono nel pugno di Phoenix.

"I prossimi te li pianterò nel cuore!" –Ringhiò il Licantropo, rialzandosi, mentre Phoenix strappava dalla mano le punte di energia, lasciando zampillare il sangue all’esterno. –"E dopo che ti avrò ucciso, mi ciberò della tua giovane carne, come i miei compagni si nutriranno dei corpi di quelle donne senza seno!"

"Come puoi essere una bestia di questo genere? Cosa ti ha reso così animalesco e poco umano?!" –Esclamò Phoenix, con disgusto.

"Una maledizione!" –Commentò il Licantropo, con una certa tristezza nella voce, prima di scattare verso Phoenix, balzando su di lui con gli artigli sguainati.

Il Cavaliere venne atterrato dalla grossa mole del Licantropo, perdendo l’elmo nello scontro, ma fu abile a spingerlo di lato in tempo, permettendogli soltanto di graffiargli una guancia con i suoi unghioni. E quando il Capitano dell’Ombra cercò di caricare di nuovo, gli scagliò contro un nugolo di piume infuocate, che si piantarono nel suo corpo, incenerendogli mucchi di peli e facendolo strillare dal dolore.

"Dunque sei proprio come i lupi mannari, che temono il fuoco più di ogni altra cosa!" –Commentò Phoenix, rialzandosi e mettendosi a distanza di sicurezza, avvolto nel suo cosmo incandescente.

"Cosa credevi che fossi? Una maschera da teatro?!" –Ringhiò il Licantropo, spegnendo le fiamme sul suo stesso corpo. –"Io sono vero e vivo, proprio quanto lo sei tu!" –E mosse il braccio destro con sorprendente rapidità, scagliando cinque punte di energia che si conficcarono nelle rocce ai piedi di Phoenix, esplodendo sul colpo. Il ragazzo le anticipò di un istante, saltando in alto e atterrando a piedi uniti su un masso sporgente.

"Quale maledizione ti condanna? Un patto che forse hai fatto con Flegias?!" –Chiese Phoenix, mentre il Licantropo ansimava di fronte a lui.

"Qualcosa di più antico, che risale alla Guerra d’Egitto, combattuta quindici anni fa!" –Rispose il Capitano dell’Ombra. –"Guerra con cui il Dio Seth cercò di sottomettere l’Egitto, soppiantando Amon Ra, e il Tempio della vostra Dea Atena!"

"Ne ho sentito parlare…" –Disse Phoenix, ricordando qualche commento di Ioria.

"È là che fui creato, nei sotterranei della Piramide Nera di Tebe! Dal desiderio di Seth e Anhar di ottenere il guerriero perfetto! Molti soldati dell’allora Esercito del Sole Nero furono generati in laboratorio, ma nessuno eccitò Anhar a tal punto come feci io, un incrocio tra un lupo e un soldato!" –Ridacchiò il Capitano dell’Ombra. –"Lo eccitai al punto che nascose persino a Seth la sua perfetta creazione, adducendo un fallimento nel processo generativo, mentre in gran segreto continuò a incrociare uomini e lupi, creando un intero branco di creature sanguinarie! Un branco che rimase celato nei sotterranei di Tebe, nutrendosi di carogne e di quei pochi sventurati che avevano l’ardire di spingersi così in profondità! Un branco che il Maestro di Ombre risvegliò poche settimane fa, con il compito di assalire l’Egitto e sterminare la dinastia di Amon Ra!"

"Flegias era dunque Anhar?" –Commentò Phoenix. –"Sembra che i suoi progetti imperiali siano più antichi di quanto credessimo! Beh, è proprio il caso di dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio!"

"Esattamente! Il vizio di cacciare e fare strage dei nostri nemici mai lo perderemo! Anche se siamo rimasti in pochi, una quindicina ormai, dopo la sconfitta subita in Egitto per mano dell’Esercito del Sole di Amon Ra, siamo più che sufficienti per uccidere te e massacrare le giovani donne che strillano impaurite sopra di noi!"

"Uh?! Le Amazzoni!" –Mormorò Phoenix, ricordandosi di Pentesilea e delle altre guerriere, in balia del resto del branco di lupi mannari.

Il Licantropo approfittò di quel momento di distrazione del Cavaliere per balzargli addosso, sbattendolo al suolo e mirare al suo collo con gli unghioni di energia. Ma Phoenix, per quanto stretto nella sua morsa, fu comunque abile a spostarsi in tempo, lasciando che gli stiletti energetici si piantassero nel suo braccio.

"Uuuh! Sangue!" –Ululò eccitato il Licantropo, alla vista del liquido rosso che colava sull’Armatura Divina del Cavaliere.

"A cuccia, bestia!" –Lo colpì Phoenix con un pugno dal basso, scaraventandolo a terra molti metri addietro, con la corazza distrutta all’altezza dell’addome.

"Non temere! I miei compagni non hanno i miei stessi poteri! Sono soltanto dei cloni, delle bestie prive di cosmo, e prive anche di quel minimo raziocinio che mi ha permesso di divenire Capitano dell’Ombra!" –Ringhiò il Licantropo. –"Non parleranno molto con le Amazzoni! No! Le squarteranno vive!"

"Maledetto!" –Gridò Phoenix, liberando un turbine di fuoco che si abbatté sul Licantropo, obbligandolo a balzare indietro, fino ad atterrare su una sporgenza rocciosa. Il Cavaliere di Atena fece per attaccarlo ancora ma si fermò alla vista della strana posizione che il Capitano dell’Ombra aveva assunto.

Se ne stava in piedi, con il braccio destro sollevato e il palmo volto al cielo, su cui una vasta sfera di energia, dal colore giallastro, stava aumentando le sue dimensioni, somigliando, in maniera palese, all’unico satellite del pianeta Terra.

"Luna piena!" –Gridò il Licantropo, muovendo il braccio e scagliando l’enorme globo energetico contro Phoenix, schiacciandolo a terra, piegandogli bruscamente le ali dell’Armatura Divina, crepandole in più punti, e obbligandolo a sopportare il peso di quella massa che pareva aumentare sempre di più. –"Ti piace il mio colpo segreto, Cavaliere di Phoenix? È un omaggio a colei che, per secoli, ha permesso a molti uomini di tirar fuori il loro lato nascosto, lasciando che gola e lussuria prendessero possesso della loro anima! Uuuh!!!" –Ridacchiò l’uomo-lupo, schiacciando sempre più Phoenix nel terreno.

Il Cavaliere cercò di spingere via la massa di energia ma si accorse di non riuscire a farlo, vittima di una pressione gravitazionale che lo pressava sempre di più contro di essa, mentre le sue mani, con cui tentava di sollevare l’enorme globo, stridevano al contatto con le guizzanti scariche di energia di cui era circondato. A fatica, tentò di colpire la sfera ma le sue braccia affondarono in quell’ardente magma, bloccando i suoi movimenti.

"E adesso… Luna calante! Uuuh!!!" –Rise il Licantropo, spostando il braccio verso destra e scagliando la gigantesca sfera, con Phoenix attaccato ad essa, contro una parete di roccia, lasciandola esplodere con un gran boato. –"Fatto male, Cavaliere? Permettimi di leccare le tue ferite! Auuuh!" –Ironizzò il Capitano dell’Ombra, balzando su Phoenix, che stava cercando di rimettersi in piedi.

Il Cavaliere venne spinto a terra e subito il Licantropo gli piantò cinque unghioni di energia nel braccio destro, dove lo aveva già colpito in precedenza, e altri cinque nel sinistro, inchiodandolo al suolo, proprio come aveva fissato Gwynn al muro il giorno prima. Ma Phoenix, rispetto al giovane Cavaliere di Glastonbury, aveva sopportato ben maggiori sofferenze nella vita, e proprio nel ricordo di quel che aveva subito trovò la forza per accendere il suo cosmo, sprigionando violente fiammate che scaraventarono indietro il Licantropo, annientando le punte di energia.

"Perdonami, ma non ho mai avuto simpatia per gli animali! Neppure quelli addomesticati!" –Ironizzò Phoenix, liberando il battito d’ali dell’uccello immortale. –"Ali della Fenice!!!"

L’impetuoso turbine di fiamme ed energia si abbatté sul Licantropo, il quale, per quanto temesse il fuoco, nemico primario degli uomini lupo, non ne fu particolarmente sorpreso, ben conoscendo le tecniche di tutti i Cavalieri di Atena, avendo Flegias in precedenza istruito i suoi servitori al riguardo. Si limitò a sogghignare e a ricreare l’immenso globo lunare, quella volta non sul palmo della mano destra ma intorno a lui, utilizzandolo come cupola protettiva, sulla quale si schiantò l’infuocato assalto della Fenice. Senza riuscire a penetrarlo.

"Dannazione!" –Strinse i denti Phoenix, ammettendo di aver sottovalutato l’astuzia di quel bizzarro avversario.

"Luna Piena!!!" –Esclamò il Licantropo, espandendo il globo energetico, assorbendo anche parte dell’attacco di Phoenix, e scagliandolo ad alta velocità contro il ragazzo, che venne investito in pieno e scagliato contro un mucchio di rocce, distruggendole.

Per qualche secondo Phoenix perse i sensi, riflettendo che il nemico che aveva di fronte era riuscito a metterlo in difficoltà come, e forse anche più, avevano fatto altri avversari in passato. Sorrise, chiedendosi come fosse possibile che un cumulo di pelo e zanne potesse confrontarsi con un Cavaliere che aveva combattuto con gli Dei.

"Sciocco!" –Lo rimproverò bonariamente una voce, risuonando d’improvviso dentro di sé. –"Mai prendere sottogamba un nemico, ma considerarlo sempre insidioso e degno della massima attenzione! Anche un topo può aver ragione di un elefante!"

"I… Ippolita?!" –Mormorò Phoenix, riconoscendo la voce della Regina delle Amazzoni, la donna con cui aveva trascorso ore di impetuosi combattimenti. Prima contro di lei, poi al suo fianco. E in quelle ore, in cui avevano condiviso i destini del mondo, aveva immaginato per la prima volta un futuro. Per sé, e per una persona al suo fianco.

"Ricordi il nostro scontro alla Nona Casa del Grande Tempio?!" –Continuò Ippolita. –"Mi affrontasti a testa alta, senza timore di ferire una donna, considerandomi a te pari! Considerandomi un guerriero! Devi fare lo stesso con il Licantropo, per quanto grottesco sia, e con gli avversari che in futuro incontrerai! Perché, Ikki, ce ne saranno ancora tanti che minacceranno la pace! E tu dovrai combatterli! Anche per me!"

"Ikki…" –Ripeté Phoenix, ascoltando il nome che sua madre gli aveva dato. Un nome che in battaglia non usava mai, ma che adorava sentire pronunciato da Ippolita.

"Togliti dalla mente ogni stupida suggestione leggendaria e pensa che chi hai di fronte è soltanto un bieco assassino! E nulla più! Una belva che non esiterebbe a cibarsi dei tuoi resti e di quelli delle guerriere del mio popolo!" –Concluse Ippolita, prima che la sua voce svanisse. –"Ricorda quello che sei, Phoenix, e dove vuoi andare! Tienilo bene a mente, perché là, alla fine del percorso, che ti conduca a Themiskyra o a qualsiasi altro luogo, sarai finalmente felice!"

"Ippolitaaa!!!" –Gridò Phoenix, bruciando il proprio cosmo, che fiammeggiò sull’intero versante settentrionale dell’Isola delle Ombre, mentre la maestosa sagoma dell’uccello infuocato solcava il cielo tetro, rischiarandolo per un momento.

Anche Pentesilea, Mirina e le Amazzoni, impegnate a lottare contro i lupi mannari, la videro e, seppure troppo fiere per ammetterlo, furono liete di vederla volare ancora.

"Ancora ti rialzi, Cavaliere di Phoenix? Sei dunque immortale come il tuo simbolo?" –Ringhiò il Licantropo, espandendo il cosmo e concentrandolo sul palmo della mano destra, rivolta al cielo, su cui apparve la sfera lunare, ingrandendosi piano piano.

"Non ho bisogno dell’eternità per finirti! Mi bastano un paio di minuti!" –Esclamò Phoenix, scattando avanti, avvolto nel suo cosmo incandescente.

Proprio in quel momento il Licantropo liberò la sfera energetica, che sfrecciò verso Phoenix, ma questi fu svelto ad evitarla, balzando in alto, aiutato dalle ali dell’Armatura Divina. Ma il globo di energia seguì i suoi movimenti, attratto quasi magneticamente da lui, raggiungendolo e tirandolo a sé, fino a schiacciarlo contro la sua superficie solcata da scariche elettriche.

"Dicono che la forza di gravità sulla Luna sia minore che sulla Terra!" –Ironizzò il Licantropo, osservando la sfera di energia precipitare al suolo, con Phoenix incollato ad essa. –"Io non ci sono mai stato, ma a ben vedere ne dubito! Tu cosa ne pensi?!"

Il Cavaliere di Atena non rispose, bruciando il proprio cosmo, le cui ali di fuoco avvolsero il globo lunare, vincendone, sia pur con un certo sforzo, l’attrazione e prendendone possesso, al punto che Phoenix poté spingerlo con forza contro il Licantropo, travolgerlo e scaraventarlo indietro, con gravi danni alla corazza.

"Penso che la tua lunga notte stia per volgere al termine!" –Esclamò Phoenix, atterrando di fronte a lui. –"Presto il sole tornerà a splendere e tutte le orride creature al servizio dell’ombra saranno sommerse da un mare di luce!"

"Auuuh! Fai la voce grossa!" –Ululò il Licantropo, rimettendosi in piedi e bruciando il cosmo, che lo avvolse fino a creare un’immagine ridotta della luna, proprio mentre Phoenix caricava nuovamente il suo fiammeggiante colpo segreto.

"Ali della Fenice!!!" –Gridò il Cavaliere. Ma ancora una volta, seppure il Capitano dell’Ombra dovette impegnarsi al massimo affinché la sua cupola protettiva non fosse spazzata via, l’attacco di Phoenix, essendo di tipo indiretto, non riuscì a superare la sua difesa. E fu in quel momento che il Cavaliere capì, dandosi persino un buffetto in testa. –"Sciocco!" –Si disse, e gli scappò un sorriso, pensando a Ippolita. –"Colpito una volta, colpito per sempre!" –E scattò avanti, con il pugno destro carico di energia incandescente, fino a sbatterlo con violenza contro la sfera che proteggeva il Licantropo, facendola vibrare in profondità e mandandola in frantumi.

"Aaargh!!!" –Urlò il Capitano dell’Ombra, venendo spinto indietro e raggiunto dal lucente fuoco della Fenice.

"È strano che non ci abbia pensato prima!" –Commentò Phoenix, osservando, con un certo divertimento, il Licantropo ardere in una vampa di fuoco. –"Ma la convinzione di essere superiore a una bestia, e forse il ricordo di Ippolita, mi ha distratto, facendomi dimenticare un nemico, affrontato al Grande Tempio occupato da Ares, che utilizzava una tecnica difensiva pari alla tua! La Cerva di Cerinea!"

"Non crederai di avermi già vinto?!" –Ringhiò il Licantropo, avanzando verso Phoenix, pur con numerose ustioni sul corpo e crepe sulla corazza. Sollevò il braccio destro per generare una nuova sfera energetica, ma il Cavaliere lo anticipò, colpendolo con decine di piume infuocate, che distrussero l’armatura nera, infiammando le sue carni in profondità.

Un attimo dopo, senza che il Licantropo se ne fosse reso conto, Phoenix era già dietro di lui e lo teneva ben stretto da sotto le ascelle, avvolgendolo in un turbine di fiamme e luce, prima di sollevarlo verso il cielo.

"Volo dell’Araba Fenice!!!" –Gridò il Cavaliere di Atena, mentre il cosmo ardeva attorno a sé, facendo strillare il Capitano dell’Ombra dal dolore. –"Secondo le leggende la difesa più efficace contro i Licantropi è l’argento! Ma, non disponendone al momento, sono costretto a ricorrere ad una soluzione radicale! Il fuoco!"

La cometa fiammeggiante compì una parabola sull’Isola delle Ombre fino a schiantarsi a terra, poco distante da dove Pentesilea e le altre Amazzoni fronteggiavano gli ultimi lupi mannari, facendone scappar via qualcuno, dalla paura del fuoco. Phoenix, anche se un po’ stordito, si rimise in piedi subito dopo, mentre il Licantropo arrancò sul terreno, con l’armatura distrutta e il corpo incenerito in più punti. Gli altri uomini lupo, alla vista del capo sconfitto, si guardarono tra loro per un momento, prima di caricare congiuntamente contro il Cavaliere di Atena.

"Phoenix! Attentooo!!!" –Gridò Pentesilea, ma il ragazzo non ebbe bisogno del suo avvertimento, che aveva già espanso il proprio cosmo, scatenando la furia dell’uccello di fuoco. –"Ali della Fenice!!!" –E quel che restava del branco di uomini lupo, delle orribili mutazioni a cui Flegias aveva dato vita a Tebe, scomparve.

"È tutta colpa della Luna! Quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti!" –Ironizzò Phoenix, citando Shakespeare. –"State bene?!" –Si rivolse allora alle Amazzoni, vedendo che molte di loro giacevano a terra, ferite o mutilate, mentre altre le medicavano.

"Siamo soldati, e siamo abituati alle perdite!" –Commentò Pentesilea, cercando di mostrarsi forte. –"Ma ogni volta è sempre un dolore!"

"Sarà sempre così, finché non spezzeremo tutti gli anelli di questa catena di morte!" –Rispose Phoenix, avvicinandosi e lasciando che la Regina delle Amazzoni potesse osservarlo in volto. E ritrovarvi la stessa luce che vi aveva scorto quel giorno, molti mesi prima, quando aveva combattuto a distanza contro di lui, scagliandogli dardi da dietro le colonne della Casa di Sagitter.

Per molto tempo si era chiesta come avesse potuto Ippolita, che sapeva essere abile combattente, ma prima ancora ferma nei suoi propositi, lasciar passare un avversario. Un uomo, per di più. Le era sembrato quasi un tradimento dei loro ideali, delle loro tradizioni di Amazzoni. E quando lo aveva incontrato sul Mar Nero, venuto a presenziare al funerale della Regina, per poco non aveva ordinato alle guerriere di colpirlo, rifiutandogli di prendere parte ad un rito che era il simbolo massimo di un mondo squisitamente femminile.

"Non sono venuto per combattere con te, Pentesilea, né con nessun guerriero del tuo popolo! Ma per onorare la memoria della vostra Regina, che per amore mio combatté contro il figlio di colui che l’aveva innalzata, donandole persino il cinto del potere!" –Aveva esclamato Phoenix. –"Non rimpiango di averla fermata, perché è stata una sua scelta, ed è stato il momento massimo in cui Ippolita si è sentita davvero se stessa!"

E adesso, vedendolo uscire dalle fiamme, con il volto scuro e i segni della guerra ancora addosso, Pentesilea capì cosa Ippolita vi avesse trovato. Una parte di se stessa. Quella che tutte le persone tengono nascosta dentro al cuore, finché non vale davvero la pena liberarla.

"Vai a fare il tuo dovere, Cavaliere di Phoenix!" –Esclamò allora Pentesilea, prima di volgergli le spalle e incamminarsi verso le compagne ferite. –"Noi abbiamo fatto il nostro! Combattere! Che è ciò che sappiamo fare meglio!"

Phoenix non rispose, limitandosi ad annuire con il capo, prima di incamminarsi verso il vulcano principale dell’Isola delle Ombre, ai piedi del quale, poteva ben sentirlo, c’era battaglia.

"Ma non morire!" –Lo richiamò infine la nuova Regina delle Amazzoni, accennando un sorriso. –"Ippolita non vorrebbe che tu la raggiunga anzitempo!"