CAPITOLO TRENTATREESIMO: LA TIGRE NERA.
"Iemisch?!" –Ansimò Sirio, muovendosi con difficoltà nella pozza d’acqua interna. –"Ricordo le storie di miti che il Vecchio Maestro era solito raccontarmi nelle notti d’estate ai Cinque Picchi! Era un animale leggendario, simile a un puma di grossa taglia, che si aggirava nei fiumi e nei laghi della Patagonia!"
"Mito corretto!" –Esclamò Iemisch, non molto distante da lui. –"E in queste mie braccia risiede la forza della Tigre d’Acqua, capace di trascinare sul fondo del fiume anche un robusto cavallo! E tu, mio buon amico, nonostante il morbido crine che ti copre la schiena, sembri piuttosto un pony! Ah ah ah!" –Rise infine il Capitano, scomparendo nelle scure acque della conca prima che Sirio potesse rispondergli.
"Maledizione!!!" –Mormorò Dragone, venendo nuovamente afferrato per le gambe e trascinato sott’acqua, mentre la possente sagoma della Tigre Nera sembrava stringerlo a sé, per soffocarlo e dilaniarlo con i suoi artigli.
Sirio cercò di opporre resistenza, per quanto goffi fossero i suoi movimenti, appesantito dall’Armatura Divina, mentre Iemisch, nonostante anch’egli indossasse una corazza, nera come la notte, sembrava non risentirne affatto. Anzi, parve a Sirio che proprio grazie all’armatura il Capitano dell’Ombra potesse scivolare meglio tra le acque, come il vellutato pelo della Tigre Nera la rendeva sfuggente e simile ad una grossa lontra.
Iniziando a sentire la mancanza di ossigeno, Sirio decise di reagire, liberandosi della morsa di Iemisch con un secco colpo di ginocchio. Ma incredibilmente la sua gamba sembrò scivolare sulla corazza scura, sgusciando via, di fronte al sorriso beffardo che si dipinse sul volto del Capitano dell’Ombra, che approfittò di quel momento per piegare indietro la testa di Sirio, per spezzargli il collo e portarlo a ingoiare acqua.
Dragone, per quanto spaventato, mantenne i nervi saldi e lasciò esplodere il cosmo, generando una bomba di energia che smosse le acque della conca interna, spingendo indietro anche il Capitano dell’Ombra. Quindi, esercitando un sempre maggior potere sull’ambiente circostante, Sirio creò una colonna d’acqua che lo sollevò all’esterno, permettendogli di respirare di nuovo. Ansimando, vide Iemisch spuntare a galla e decise di passare al contrattacco, riunendo le acque in un vortice di energia e dirigendole contro di lui, dall’alto della colonna. Il Capitano dell’Ombra fu svelto a scattar via, scivolando sull’acqua come se stesse correndo su un prato ed evitando l’assalto del Cavaliere, prima di contrattaccare balzando in alto e sfoderando gli artigli energetici di cui era padrone.
"Fiera di sangue!" –Gridò, mentre migliaia e migliaia di unghioni di luce, provenienti da svariate direzioni, convergevano sul Cavaliere del Dragone, con precisione e potenza, falciando addirittura l’acqua della colonna su cui era sollevato.
Sirio cercò di difendersi con lo scudo, parando la maggior parte dei fendenti di energia, ma la posizione scomoda lo sbilanciò, facendolo cadere all’indietro. Precipitando verso la conca d’acqua, il Cavaliere notò che Iemisch era balzato nuovamente su di lui, afferrandolo per un piede e tirandolo con forza a sé, facendolo roteare confusamente, prima di scagliarlo contro una parete circostante.
Sirio fu svelto a recuperare una posizione corretta, atterrando a gambe unite contro la parete rocciosa e dandosi la spinta per poi balzare contro Iemisch, rimasto spiazzato dalla capacità di ripresa del ragazzo, e colpirlo con un destro in pieno petto, che lo fece precipitare dentro la conca, sollevando spruzzi d’acqua che inondarono le tenebre di quella baia.
Con un’agile capriola a mezz’aria, Sirio atterrò sul limitare roccioso che circondava la pozza, approfittando di quel momento per riprendere fiato, senza togliere mai lo sguardo dall’acqua scura, certo che Iemisch sarebbe ricomparso entro breve. Ma l’oscurità era tale da limitare la visuale a tre metri scarsi, così Sirio, prudentemente, socchiuse gli occhi, espandendo il cosmo e concentrando i sensi sull’ambiente circostante, come il Vecchio Maestro ben gli aveva insegnato anni addietro.
Immediatamente migliaia di fasci energetici, di colore argenteo, sfrecciarono verso Sirio, provenendo proprio dalla pozza d’acqua tetra. Da nessun punto in particolare, ma dall’intera superficie, senza che Dragone riuscisse a comprenderne l’origine.
Mosse in fretta lo scudo, per parare il maggior numero possibile di quegli aguzzi fendenti energetici, che sembravano mirare alle giunture tra i pezzi dell’Armatura Divina, quasi consapevoli di non aver altra possibilità per ferirlo. Attacchi continui e precisi, mossi da una meticolosità che poche volte Sirio aveva trovato in un nemico.
Cercò ancora di individuare la fonte di origine di quegli assalti, percependo soltanto un’unica grande presenza nascosta nelle torbide acque della baia. Una presenza che pareva fondersi con l’acqua stessa, tanto profondo era il legame che li univa. Così, Sirio pensò di aggirare il problema.
"Se Maometto non va alla montagna…" –Commentò, caricando il braccio destro del suo cosmo lucente. –"…sarà la montagna ad andare da Maometto!" –E lo sollevò con forza e velocità, generando un fendente di energia così potente da spaccare in due le acque della conca interna, sollevandole di colpo.
A causa dell’onda d’urto anche Iemisch venne sbalzato in alto, sballottando all’interno di quel turbinare inquieto, e spuntò nuovamente alla vista di Sirio, che non ebbe tempo neppure di gioire, obbligato a ripararsi di nuovo dietro lo scudo per proteggersi dal rinnovato assalto del Capitano dell’Ombra.
"Fiera maestosa!" –Tuonò Iemisch, piombando sul Cavaliere di Atena, mentre tutto attorno a lui migliaia di sagome feline, con le zanne affilate, schizzavano su Dragone, che muoveva lo scudo con rapidità impressionante e destrezza. Non riuscì a respingerle tutte, venendo raggiunto sulle braccia e sulle gambe da qualche affondo energetico, ma fu abile comunque a non farsi travolgere.
Fece per abbassare lo scudo, notando che l’attacco era scemato di intensità, quando si accorse che il Capitano dell’Ombra era proprio davanti a lui, avvolto da una spirale di tenebre e acqua scura che lo rendevano difficile da individuare. Senza proferir parola Iemisch concentrò il cosmo sulla mano destra, dirigendo guizzanti scintille di energia verso Dragone, che sollevò di nuovo lo scudo per difendersi, caricandolo del suo cosmo verde lucente.
Lo scontro tra i due poteri spinse Sirio indietro di qualche metro, facendogli scavare solchi nel suolo con i piedi, senza comunque smuoverlo dalla sua posizione difensiva. Per quanto stridessero sulla corazza divina, scheggiandone lo splendore, gli artigli di Iemisch non ebbero ragione dello scudo del Dragone, trovando in esso insormontabile ostacolo. Sirio approfittò di quel momento per colpire il Capitano dell’Ombra dal basso, con un violento calcio a cui infuse la forza del suo colpo.
"Drago Nascente!!!" –Gridò, colpendo Iemisch da distanza ravvicinata. Ma, per quanto scaraventato in alto, il Capitano dell’Ombra seppe comunque recuperare una posizione eretta, effettuando una capriola all’indietro proprio sopra la conca d’acqua e atterrando sull’altro lato della stessa, con il pettorale della corazza ancora fumante per il colpo ricevuto. Perse però l’elmo a muso di tigre, che schizzò via per l’urto, schiantandosi a pochi metri di distanza e rivelando il volto maschile dell’uomo.
"Ottima mossa, Cavaliere del Dragone! Ad Andromeda certo non sei inferiore, quanto a strategia e tecniche di combattimento!" –Commentò allora Iemisch, fissando Sirio con i suoi penetranti occhi grigi, simili a preziose pietre che riuscivano a splendere nella coltre di tenebra anche a distanza.
"Hai affrontato Andromeda sull’isola di Biliku?" –Domandò allora Sirio, a cui l’amico aveva brevemente fatto cenno degli eventi, senza sbilanciarsi in eccessive considerazioni, stanco e fiacco com’era stato fin da quando era tornato dall’Asia.
"E ad Angkor! Due volte ho combattuto con lui e in entrambe ho trovato godimento da quella caccia che l’amico tuo così tanto voleva evitare! Pur tuttavia, non potendo cambiare la realtà dei fatti, infine l’accettò! E ci scontrammo a lungo, sotto i gopura di Angkor Wat, finché il Cavaliere di Virgo non interruppe il mio improvvisato safari!" –Spiegò Iemisch, con orgoglio. –"Safari che continuerò adesso, affrontando te, che rispetto al tuo compagno sembri meno eloquente ma ben più combattivo!"
"Lotta vuoi, Iemisch?! E lotta avrai!" –Esclamò Sirio, espandendo il proprio cosmo, mentre la lucente sagoma di un dragone verde scivolava attorno a lui, prima di salire verso il tetro cielo dell’Egeo. –"Sirio non cederà! Per i suoi compagni e la Dea per cui ha scelto di lottare! Colpo segreto del Drago Nascente!" –Gridò, lanciandosi verso l’altro versante della conca d’acqua, con il braccio destro teso avanti a sé.
"Mi correggo!" –Commentò allora Iemisch, strusciandosi il naso con malizia. –"Ad Andromeda, in quanto a strategia, sei nettamente inferiore!"
In quell’esatto momento, mentre Sirio risplendeva sopra la conca d’acqua, proprio al centro della stessa, immense onde si sollevarono verso di lui, assumendo la forma di fameliche tigri nere, con le zanne affilate e gli artigli carichi di sfolgorante energia, che travolsero il drago di luce, azzannandolo e precipitandolo nuovamente nell’abisso oscuro, di fronte agli occhi divertiti, ma mai sazi di sfide, di Iemisch.
"La prima regola del guerriero perfetto è quella di sfruttare al meglio l’ambiente circostante, prendendo da esso tutto ciò che possa essergli utile per vincere!" –Commentò, prima di avvicinarsi al bordo della conca. –"Ed io ho infatti scelto questo luogo, ove a lungo mi sono allenato, per vincere voi Cavalieri e ottenere il trofeo che merito di conquistare!"
Tirò un’occhiata alla pozza d’acqua e vide che, al di sotto della superficie increspata, brillava una luce verde, che si stava facendo sempre più grande, sempre più intensa, fino a inglobare l’intera massa di tenebre e sollevarla verso l’alto, dandogli la forma di scintillanti dragoni di energia.
"Un trofeo vuoi?! Per vanagloriarti della tua forza e dei massacri a cui ti sei abbandonato?!" –Ringhiò Sirio, comparendo di fronte a Iemisch, spinto verso l’alto da colonne di energia acquatica. –"Non una testa di drago appenderai nella sala dei tuoi ricordi, Capitano! Al massimo una testa di tigre! La tua!" –E nel dir questo si abbatté contro Iemisch, avvolto nello scintillio del suo cosmo.
L’immenso dragone di luce si schiantò sul Capitano dell’Ombra, che per difendersi incrociò le braccia avanti a sé, contenendo in parte l’assalto, ma venendo comunque scaraventato indietro, fino a sbattere contro la parete rocciosa dietro di lui, crepando parte della sua corazza nera. Fu comunque abile, mentre precipitava verso terra, a capovolgersi e ad atterrare con il braccio destro, molleggiandolo in modo da balzare nuovamente in piedi.
"Ben poco conosci delle mie feline abitudini, Cavaliere del Drago!" –Commentò, senza scomporsi troppo, né per le ferite, né per i danni all’armatura. –"Altrimenti sapresti che una tigre mai si abbandona a massacri indiscriminati, ma fa sempre buon uso delle prede che ha catturato, nutrendosi di ogni loro parte, senza gettar via niente! Una tigre caccia per sopravvivere, non per divertimento!"
"E tu per cosa cacci, Iemisch?!" –Esclamò Sirio, sollevando le braccia per prevenire un eventuale attacco del Capitano dell’Ombra.
"Per il piacere di sopravvivere!" –Rispose Iemisch, abbandonandosi a un sorriso divertito, prima di accendere il suo cosmo argenteo e caricarlo sul braccio destro, per poi muoverlo ad altissima velocità, generando migliaia di fendenti energetici che si chiusero su Sirio, come le fauci di un gigantesco felino. –"Fiera di sangue!!!"
Sirio, aspettandosi tale mossa, roteò svelto lo scudo attorno a sé, cercando di proteggersi il più possibile da quella pioggia di spilli che pareva non avere mai fine. Nel contempo, concentrò il cosmo sul pugno destro, portando il braccio avanti e scagliando un Drago Nascente contro Iemisch. Ma l’attacco non raggiunse il Capitano dell’Ombra, che molto abilmente si era lanciato avanti, gettandosi in scivolata sul terreno, sfruttando la permeabilità della sua corazza, e portandosi proprio sotto Dragone, colpendolo alle gambe con un calcio secco.
Il ragazzo accusò il colpo, gridando dal dolore nel sentire le ossa della tibia destra spezzarsi sotto la potenza dell’attacco nemico. Con un secondo calcio dal basso, Iemisch scaraventò Sirio indietro, sbattendolo a terra poco distante, prima di rialzarsi e avventarsi contro di lui con gli artigli sguainati. Come le tigri schiacciano a terra le loro prede con la loro immensa muscolatura.
Ma Sirio, per quanto indebolito, ebbe la prontezza di sollevare il braccio destro, drizzando la mano in modo da formare una spada. Una spada di cosmo ardente. E su essa Iemisch si schiantò, avvedendosi all’ultimo del movimento del Cavaliere.
"Ouch!" –Mormorò, sputando sangue e accasciandosi sul braccio teso di Sirio, la cui lama gli aveva sfondato la corazza, penetrando nel basso ventre. Con una certa fatica Sirio riuscì a scaraventare via il corpo ferito del Capitano dell’Ombra, schiantandolo contro la parete rocciosa e precipitandolo poi a terra. Stringendo i denti per il dolore alla gamba, Sirio cercò di rimettersi in piedi, avvolto nel suo cosmo verde, proprio mentre Iemisch, non molto distante, faceva altrettanto.
"Mi rimangio le mie parole, Cavaliere del Drago! La tua prontezza e precisione nel colpire è stata geniale! Da leccarsi i baffi!" –Commentò il Capitano dell’Ombra, sforzandosi di mantenere una certa ironia nel tono di voce, per quanto lo squarcio aperto sul ventre gli dolesse e gli mozzasse il fiato.
"A un dono che mi fu fatto devo tale abilità!" –Affermò Sirio, ricordando il Cavaliere di Capricorn che, oltre a salvargli la vita donandogli la propria Armatura d’Oro, gli aveva anche passato un’eredità di immenso valore. –"La spada di Excalibur sono io!"
"La spada dei druidi di Avalon? Non mi sorprende allora che il Maestro di Ombre tema l’Isola Sacra, se persino voi Cavalieri di Atena possedete armi di tale potenza!" –Commentò Iemisch, con voce interessata. –"Ma una spada è arma utile da distanza ravvicinata! Da lontano invece può fare ben poco!" –Sorrise, espandendo il proprio cosmo argenteo, che illuminò l’intera vallata.
"Questo è tutto da dimostrarsi!" –Affermò Sirio, sollevando di colpo il braccio destro e generando un fendente di energia, che sfrecciò rapido verso Iemisch senza però raggiungerlo.
Il Capitano dell’Ombra era stato lesto a scattare di lato, prima di scagliare una pioggia di fasci energetici contro Sirio, che cercò di pararne alcuni con lo scudo e recidere gli altri con un nuovo fendente. Ma nuovamente Iemisch lo evitò, muovendosi alla stessa velocità degli attacchi di Sirio, anticipandone le direzioni e sfruttando l’onda d’urto della stessa Excalibur per darsi maggiore spinta.
"Non ho certo perso la mia velocità! Non basta una ferita per vincere la Tigre Nera! Fiera maestosa, dilania il suo cuore!" –Gridò, indirizzando un assalto composto da migliaia di sagome feline contro Sirio, che mosse lesto lo scudo per proteggersi, ma non poté evitare di essere raggiunto in più punti, sentendo quasi i morsi delle zanne nere strappargli via pezzi di pelle e di vita.
"Anche se Flegias non vuole crederci, sono sempre il migliore!" –Mormorò Iemisch, avventandosi su Sirio, con la mano destra ove sfolgoravano scintille di pura energia.
Dragone sollevò svelto lo scudo, parando con esso l’attacco del Capitano dell’Ombra, anche se venne spinto indietro di qualche metro, prima di muovere il braccio sinistro di scatto e afferrare il polso del suo rivale, ancora davanti a lui, stringendolo con forza. Iemisch sgranò gli occhi sorpreso, alla vista della presa di Sirio che gli schiantò la corazza nera, frantumandogli le ossa al di sotto, e cercò di contrattaccare portando avanti il braccio sinistro, carico di energia cosmica.
Ma Dragone fece altrettanto con il destro e i due pugni cozzarono l’uno contro l’altro, da distanza ravvicinata, generando una deflagrazione che scaraventò entrambi indietro. Ma non potendo allontanarsi l’uno dall’altro, stringendo ancora Sirio il polso destro di Iemisch, ne vennero travolti e danneggiati.
Il Capitano dell’Ombra, con anche il secondo bracciale distrutto, ansimò per la fatica, leggendo negli occhi di Sirio la stessa determinazione che c’era nei suoi. Così lo colpì lesto allo stomaco con una ginocchiata, piegandolo in avanti, liberandosi infine dalla presa al polso, mentre con un balzo saltava sopra di lui e gli stringeva la testa tra le gambe, deciso a soffocare la sua preda.
"Tecnica alquanto rozza, ma sempre efficace!" –Rise Iemisch, chiudendo sempre più le gambe sulla testa di Sirio e avvolgendosi nel suo cosmo, che elettrificò l’aria, concentrandosi sulla mano destra sotto forma di guizzanti fulmini. –"E adesso… muori!!!" –Esclamò, calandola su Sirio, per sbranargli il petto con i suoi artigli.
Ma il ragazzo, che aveva radunato abbastanza energia, lasciò esplodere il proprio cosmo, scaraventando Iemisch molti metri addietro, travolto da un dragone di pura luce. Quindi si voltò verso il Capitano dell’Ombra, caduto in malo modo sul terreno, a pochi passi dalla pozza d’acqua, tra i frammenti insanguinati dell’armatura.
"Pare che questa preda abbia zanne altrettanto affilate da non lasciarsi vincere!" –Disse, ancora avvolto nel suo cosmo verde. –"E cosa fa un cacciatore di fronte a una situazione simile?"
"Cosa fanno gli altri io non lo so! E neanche me ne importa! Ma per certo so ciò che farò io!" –Rispose fiero Iemisch, rialzandosi ancora. –"In questa danza di morte non vi è possibilità di abbandono! La Tigre Nera non rinuncia mai alla sua preda, neanche se per catturarla dovesse morire! Le cacce interrotte sono per i deboli! Quelle difficili, quelle stimolanti, che danno un senso al nostro essere, quelle sono per me!" –E nel dir questo lasciò esplodere il cosmo, scagliandosi contro Sirio, circondato da migliaia di migliaia di fiere energetiche con gli artigli digrignati, per l’ultima volta. –"Ooh, che notte magnifica! Che notte di caccia!!!"
"La tua determinazione ti fa onore, Tigre Nera! Ma talvolta, accade, l’onore non rende paghi!" –Mormorò Sirio, socchiudendo gli occhi e espandendo al massimo il proprio cosmo. –"Colpo dei Cento Draghi!!!" –E portò entrambe le braccia avanti, liberando le zanne dei dragoni di Cina, che trapassarono tutte le fiere sanguinarie di Iemisch, prima di abbattersi sul Capitano dell’Ombra e dilaniare il suo corpo.
La Tigre d’Acqua crollò a terra, in una pozza di sangue, con l’armatura distrutta e ferite aperte sul corpo. E tutti i suoi sogni di gloria crollarono accanto a lui, avvolti nello stesso fantasma di morte.
"Stimavo molto… il Cavaliere di Andromeda!" –Parlò infine, cercando di rimettersi in piedi, di fronte agli occhi stravolti di Sirio, esausto per lo scontro sostenuto. –"E altrettanta stima ho riservato a te, Drago di Cina! Peccato…" –Mormorò, con le ultime forze, sollevando lo sguardo verso il cielo nero che incombeva su entrambi. –"Fossi stato un uomo diverso, un uomo migliore, avremmo potuto combattere assieme! Cacciare… assieme! Anziché uno contro l’altro…"
"Iemisch…" –Commentò Sirio, facendo un passo avanti. Ma il dolore alla tibia lo costrinse ad accasciarsi a terra, strappandogli un gemito di dolore.
"Buona fortuna… Cavalieri… Possa la vostra caccia all’oscurità non avere mai termine!" –Aggiunse Iemisch, privo ormai di forze, lasciandosi cadere all’indietro.
Crollò nelle acque della baia, dove aveva trascorso mesi ad allenarsi, fin da quando Flegias lo aveva trovato anni addietro, ramingo lungo i fiumi della Patagonia. Là aveva imparato a nuotare e a pescare senza usare strumento alcuno che non fosse il corpo. In Grecia aveva invece capito come utilizzare le sue conoscenze, trasferendole su un piano puramente bellico, per diventare un soldato perfetto. E Flegias aveva di proposito fomentato le sue speranze di gloria, promettendogli un posto al sole nel futuro impero dell’ombra. Un posto per cui avrebbe dovuto competere con Orochi.
A tutto questo ripensò Iemisch mentre le tetre acque della conca si chiudevano su di lui, sprofondandolo verso quegli abissi dove la Tigre d’Acqua era solita condurre le sue prede. La scomparsa del cosmo del Capitano dell’Ombra fu avvertita anche da Flegias, seduto sul suo trono d’amianto, nella parte più protetta dell’Isola delle Ombre. Ma non lo toccò più di quel tanto. Semplicemente lo infastidì.
"Anche Iemisch è caduto!" –Commentò scocciato, osservando nel fuoco del braciere il corpo della Tigre Nera venire risucchiato dalle acque. –"Un altro incapace libera il mondo dalla sua presenza! Pare che, dei sette Capitani, non resti che tu, a compiacerti di servirmi! Per quanto più danni tu abbia provocato che altro!"
"Auuuh!!!" –Ululò il Licantropo, inginocchiato di fronte allo scranno del Maestro di Ombre. –"Non siate in collera mio Signore! L’Egitto ha opposto resistenza! Ma le donne guerriere che hanno invaso l’isola presto saranno sopraffatte! Le loro carni diverranno pasto prelibato per i miei compagni!"
"Voglio ben sperarlo! O sarò io a nutrirmi dei tuoi resti, uomo-lupo!" –Esclamò Flegias, prima di ordinare all’ultimo Capitano dell’Ombra di prendere posizione. –"Un cosmo ardente sta per raggiungere la punta settentrionale dell’isola! Intervieni! Ed eliminalo, se ne sei capace!"
"Nessun altro compito per me, Maestro di Ombre?!" –Intervenne allora una decisa voce maschile, tagliente come le affilate lame che portava con sé.
"Hai bisogno di ordini, Avel?! Credevo che fossi abituato a lavorare da solo!" –Ironizzò Flegias, ricordando il passato dell’uomo, il quale non ne parve affatto turbato. –"Se di stragi non sei ancora sazio e cerchi carne giovane da affettare, dirigiti sul versante meridionale dell’isola, ove alcuni cosmi si stanno avvicinando! E porta con te gli ultimi Cavalieri Neri!"
"Farò strage dei vostri nemici!" –Commentò Avel, inchinandosi e uscendo poi dalla caverna sotterranea.
"Sempre che non siano loro a far strage di voi! Stupidi!" –Sghignazzò Flegias, che nient’altro vedeva nei Cavalieri delle costellazioni dimenticate se non carne da macello, schiavi da utilizzare per i suoi scopi e niente più. Come Ares aveva considerato i berseker per anni, senza dare loro neppure un nome, chiamandoli come l’arma con cui combattevano.
Di scatto, si alzò dal trono d’amianto, scuotendo il lungo mantello scarlatto, e si incamminò verso le profondità dell’Isola delle Ombre, verso le fornaci ove gli schiavi rapiti al Grande Tempio avevano lavorato senza sosta giorno e notte per produrre le corazze dei Cavalieri Neri, agli ordini di Athanor. Flegias sogghignò, pensando che né dell’alchimista oscuro, né dei suoi involontari servitori, era rimasto niente.
Le fiamme del nero forno ardevano ancora, cibandosi dei corpi degli schiavi che Avel aveva massacrato poco prima, obbedendo agli ordini del Maestro di Ombre, che in fondo pensava di aver fatto un favore al Cavaliere delle Spade Incrociate, ben sapendo quanto amasse uccidere per il puro piacere di farlo. Strusciandosi le mani soddisfatto, Flegias passò in mezzo ai corpi mutilati ammassati a terra, sguazzando nel sangue ancora fresco, il cui odore lo inebriò, strappandogli una sghignazzata, prima di avvicinarsi ad una rientranza nel muro, una cavità naturale che aveva sfruttato per creare la prigione adatta al suo ospite privilegiato.
All’interno dell’incavatura infatti, avvolto da un turbinare di ombre, che da settimane si cibavano del suo spirito massacrato, un uomo dal volto stravolto non aveva più la forza neppure di alzare lo sguardo.
"Ben trovato Giasone della Colchide!" –Disse Flegias. –"I tuoi amici hanno deciso infine di farci visita! Spero che onorerai tutti loro dell’accoglienza che meritano! Ah ah ah!" –Ridacchiò il Maestro di Ombre, scomparendo nell’oscurità, ben consapevole di avere ancora un’arma da giocare. La più pericolosa di tutte. Forse anche per lui.
Proprio in quel momento, una ventina di metri sopra di lui, nella parte settentrionale dell’isola, un gruppo di donne, equipaggiate da soldati, stavano affrontando l’ultima guarnigione a difesa del regno di Flegias. Bestie senza nome, per metà uomini e per metà lupi, risultati di chissà quale oscuro esperimento che aveva stravolto la loro conformazione, generando un branco di famelici servitori.
"Non arretrate!!!" –Esclamò una decisa voce di donna, caricando le compagne ad avanzare. Impugnò l’arco che portava in vita e scagliò una freccia nel petto di una bestia feroce, che ricadde a terra, contorcendosi per il dolore, prima di strappar via il dardo, e con esso pezzi della sua pelle, leccando il sangue di cui la punta era bagnata.
"Disgustoso!" –Commentò un’altra donna, avvicinandosi alla prima.
"Attenta, Mirina!!!" –La avvertì la compagna, mentre l’orrida bestia, voltatasi nuovamente verso le donne, balzò in alto, piombando su di loro con gli artigli delle mani sguainati. Ma subito una raffica di frecce proveniente dalle retrovie la raggiunse, schiantandola al suolo.
Immediatamente, come reazione, il resto del branco ululò, digrignando i denti con rabbia, prima di avventarsi confusamente contro il gruppo di donne-soldato, sfoderando una ferocia che sorprese molte di loro.
"Non temete la morte, pavide! Combattete! Per la nostra Regina Ippolita! Per la nostra terra macchiata dal sangue dell’infamia! Per le sorti del nostro popolo!" –Gridò la donna che aveva ferito la prima bestia. –"Amazzoni! Avanzate!!!"
Subito una creatura fu su di lei, sbattendola a terra e montandole sulla schiena, strappando via la sua cotta protettiva con un solo colpo dei suoi artigli, che affondarono nel corpo della donna, alla cui vista le compagne inorridirono.
"Non siamo venute… qui… per morire!" –Rantolò la donna, recuperando l’ascia bipenne che portava alla cintura. –"Ma per avere vendetta!" –E la mosse con rapidità, conficcandola nel collo della bestia, prima di voltarsi e spingerla indietro con le gambe, osservandola ruzzolare sulla superficie rocciosa della costa.
La creatura cercò di afferrare l’ascia, per toglierla dal suo corpo, ma venne raggiunta improvvisamente da un ciuffo di piume metalliche, che si conficcarono nella sua schiena, incendiandosi all’istante e avvolgendola in un turbinio di fiamme.
"Vedo che non avete particolarmente bisogno d’aiuto!" –Esclamò un uomo, rivestito da una splendida Armatura Divina, con le ali spiegate, comparendo su una sporgenza rocciosa, poco distante dall’insenatura settentrionale dell’isola, dove le Amazzoni stavano combattendo.
"Ci rivediamo, Ikki di Phoenix!" –Commentò la donna, rialzandosi a fatica, nonostante la ferita alla schiena le dolesse.
"Il piacere è tutto tuo, Pentesilea!" –Rispose il ragazzo, salutando l’attuale Regina del popolo di donne guerriere.
"Se sei qua per fare conversazione, allora hai sbagliato momento!" –Disse Pentesilea, incoccando una freccia e scagliandola contro una bestia che la stava caricando.
"Veramente sono qua per combattere!" –Si limitò a rispondere Phoenix, balzando dall’alto della rupe in mezzo a un gruppo di creature, che subito si lanciarono su di lui, con gli artigli sguainati. –"Ali della Fenice!!!" –Gridò il Cavaliere, spazzando via l’intero branco.
"Cerchi di impressionarmi?" –Affermò stizzita Pentesilea, mentre altre Amazzoni la raggiungevano. Ma Phoenix non ebbe tempo di risponderle che una creatura, più grossa delle altre, piombò su di lui dall’alto della rupe, sbattendolo a terra e iniziando una violenta colluttazione.
Il Cavaliere della Fenice cercò di cacciar via quell’orrida bestia, quando si accorse che, a differenza degli altri che aveva appena ucciso, questa era rivestita da una cotta di materiale scuro, simile a quella che Arne dello Scettro di Brandeburgo possedeva. Una cotta che pareva essere un’Armatura.
Phoenix non poteva saperlo ma aveva iniziato ad azzuffarsi con l’ultimo Capitano dell’Ombra ancora vivo. Il Licantropo.