CAPITOLO TRENTUNESIMO: DIETRO VELI DI INGANNI.
Mur dell’Ariete capì subito che c’era qualcosa di strano nel ragazzo con cui stava combattendo. Non poteva essere lo stesso Coppiere degli Dei che pochi mesi prima aveva lottato al suo fianco, sulla cima dell’Olimpo, per proteggere il Sommo Zeus dalla furia di Tifone. No, il suo cosmo non è lo stesso! Mormorò Mur, osservando l’aura violacea di cui Ganimede era circondato, simile alla nebbiolina che aveva visto attorno al Grande Tempio negli ultimi giorni, la nebbia causata dalle rose di rabbia.
"Di simile matrice è infatti il mio potere!" –Esclamò Ganimede, intuendo i pensieri del Cavaliere. –"Mentre il cosmo di Menas traeva forza dalla rabbia degli uomini, io traggo giovamento dalla loro pazzia! Ah ah ah! Dall’ebbrezza mortale che stordisce, che ottenebra i sensi, trasportando in un paradiso artificiale di estasi pura!"
"Il tuo sguardo allucinato tradisce la follia delle tue parole, Coppiere degli Dei! Cosa ti è accaduto? Cosa ti ha spinto a volgere la mano contro il Dio a cui eri fedele?"
"Non ho fatto ciò di cui mi accusi! Mai ho levato la mano contro Zeus!" –Sogghignò. –"L’ho soltanto aiutato a scendere i primi gradini verso il Tartaro! Ah ah ah!"
"Questa confessione di omicidio non ti fa onore, Cavaliere Celeste!" –Esclamò Mur. –"Ma quanto meno mi toglie da ogni dubbio che ancora mi frenava nel combatterti! Per quanto mi dispiaccia, non posso esimermi da questa sfida!"
"Perché ancora mi indichi con un grado che non mi appartiene, Cavaliere di Ariete?!" –Esclamò Ganimede beffardo, espandendo il cosmo che iniziò a fluttuare attorno a sé come un fiume dalle acque violacee, simile a ribollente mosto. –"Non hai dunque ancora compreso chi hai di fronte?" –E sogghignando sollevò le braccia sopra la testa, giungendole in una posa che a Mur ricordò il colpo sacro del Cavaliere di Acquarius. Quindi le abbassò di scatto, scatenando l’impeto di quel torrente violaceo contro Mur, che fu svelto ad aprire le braccia di lato, creando un sottile muro di energia su cui quel mareggiare strano si infranse.
Ma Mur notò subito che per la prima volta il Muro di Cristallo non era capace di rimandare indietro l’attacco subito, la cui natura non era ancora riuscito a comprendere. Il ribollente mosto continuava a fluire verso di lui, fermato dalla diga energetica di Mur, accumulandosi contro la stessa ed esercitandovi pressione sempre maggiore, gorgogliando, fumando, come acqua a temperature altissime. Ganimede sorrise, rinnovando l’assalto di quel mosto incandescente e obbligando Mur a potenziare la propria difesa.
D’un tratto il Cavaliere di Ariete si accorse di un filo di fumo che saliva dal Muro di Cristallo, come se l’eterea barriera stesse ardendo, e con orrore la vide iniziare a sciogliersi, a liquefarsi davanti ai suoi occhi. Stupefatto da un simile fenomeno, ebbe comunque la prontezza di lasciar esplodere il suo cosmo, generando un’onda di energia cosmica che travolse l’ardente mosto, annientandolo, abbattendosi poi su Ganimede e scaraventandolo contro una parete retrostante.
Affaticato, Mur dovette poggiare un ginocchio a terra, rendendosi conto di aver dovuto usare buona parte delle sue energie, per fronteggiare una minaccia che, nella sua apparente semplicità, si era invece rivelata letale. Si rimise in piedi proprio mentre Ganimede scuoteva via la polvere dell’intonaco dalle sue vesti, dimostrando assoluta noncuranza verso la battaglia in atto.
"È ben potente il tuo cosmo, Ariete! Molto più vasto del timido barlume sprigionato da quel ragazzino isterico!" –Commentò, indicando Matthew, rannicchiato contro il muro, debole e ferito. –"Ma da un Cavaliere d’Oro di Atene non avrei potuto aspettarmi di meno! Forse qualcosa di più! Una follia che non fa parte di te, un’ebbrezza che possa travolgere il senso di pacatezza che ti è proprio e mostrarti un altro lato di te! Meno calmo e più dionisiaco!"
"Nonostante il mio placido aspetto, posso essere un distruttore, se è questo che desideri!" –Mormorò Mur, socchiudendo gli occhi e bloccando Ganimede in una morsa di cerchi concentrici di energia psichica. –"È di tuo gradimento questa prigionia? Mi auguro che lo sia, perché durerà fino a quando Zeus, mosso a compassione, non interverrà di persona per salvarti! Sempre che tu non sia morto prima!" –Ed iniziò a roteare il corpo di Ganimede su se stesso, ad una velocità sempre maggiore, strappando un grido di sorpresa al Coppiere degli Dei.
Lo osservò vorticare per un momento prima di dargli le spalle e incamminarsi verso Matthew, per verificare le sue condizioni. Respirava a fatica, a causa delle infezioni prodotte dai filari di vite con cui Ganimede lo aveva stritolato, intrisi di un veleno che Mur in quel momento non aveva le medicine per curare. Poté soltanto sfiorargli le ferite con la mano, inondandole con il cosmo e donandogli un breve tepore.
"Grazie!" –Mormorò Matthew, cercando di rimettersi in piedi, preoccupato, così come Mur, per Atena e il Sommo Zeus.
Proprio in quel momento Ganimede strillò ancora e Mur si voltò verso di lui, ancora intento a vorticare su se stesso, accorgendosi che nuovamente la fitta nebbia violacea lo aveva circondato. E che le grida che aveva sentito finora non erano altro che le sguaiate risate a cui il Coppiere degli Dei si era abbandonato, divertito da quella che lui stesso definì una giostra. Niente di più.
Il suo cosmo esplose poco dopo, avvampando nel corridoio della Reggia di Zeus e spingendo indietro persino Mur e Matthew, mentre la nebbia violacea penetrava i cerchi di energia psichica, distruggendoli dall’interno e liberando infine il ragazzo.
"Un bel gioco, Cavaliere di Ariete! Davvero!" –Rise, scuotendo la testa e cercando di mantenere una postura eretta. –"Ma come tutti i bei giochi, deve durare poco!" –Sogghignò, bruciando il cosmo e sollevando una nube di energia rossastra.
Mur sollevò le difese, credendo che il ragazzo volesse scagliargli contro un nuovo assalto, ma Ganimede lo sorprese ancora, chiudendo le braccia al petto, mentre l’intera cortina energetica penetrava dentro di lui, che parve inebriarsene, tra risatine confuse e mormorii di piacere. D’un tratto riaprì le braccia di lato e Mur osservò la sagoma di Ganimede schizzar via da un corpo che ancora rimase in piedi davanti a lui. Il Coppiere degli Dei crollò a terra poco distante, mentre Mur stupefatto portava lo sguardo sull’uomo dal cosmo violaceo, rivestito da una corazza scura sul cui pettorale erano incisi filari di viti intrecciati.
"Ampelo! Ma puoi chiamarmi il Vendemmiatore, se più ti aggrada! Il Cavaliere Nero che si nutre dei fumi dell’ebbrezza!" –Esclamò questi.
"Eri dunque tu a guidare le azioni del Coppiere degli Dei?! Avrei dovuto capire che il suo animo non poteva essere cambiato al punto da rivoltarsi contro Zeus!" –Affermò Mur, mentre Ampelo, sogghignando, avanzava verso di lui.
"Come già ti ho detto, Ariete, io non ho levato mano alcuna sul Dio del Fulmine! Ganimede è stato! Lui ha avvelenato l’ambrosia di Zeus, Era ed Ermes! Io ho soltanto… favorito gli eventi! Ih ih ih!" –Rise sguaiatamente, prima di sollevare il braccio verso Mur e dirigergli contro un nuovo assalto. –"Correnti di follia!" –Gridò, liberando il mosto incandescente, che si abbatté sul ricostruito Muro di Cristallo. Ma presto, com’era accaduto prima, la difesa di Mur iniziò a liquefarsi e schizzi di liquido bollente raggiunsero il Cavaliere, protetto dall’Armatura d’Oro.
"Attento!!!" –Gridò Matthew, osservando il Muro di Cristallo sciogliersi come neve al sole e le correnti di mosto sommergere Mur con foga. Ma quando la corrente scemò d’intensità Ampelo si accorse che Ariete era scomparso, salvatosi probabilmente con il teletrasporto. Sornione, fendette l’aria attorno con i propri sensi, prima di sollevare il braccio destro, attorno al quale strati di nebbia violacea vorticavano incessantemente, e scagliare tale cortina alla caccia del suo avversario.
"Non puoi sfuggire, Ariete!" –Esclamò Ampelo. –"È nei miei poteri percepire la follia degli uomini! E poiché questa reggia è satura dell’ebbrezza mortale che in questi giorni vi ho portato, basterà sentire dove regna la quiete, la pacata armonia del tuo animo! E là i miei vapori ti troveranno!" –Poco dopo infatti la cortina violacea si concentrò in un lato del salone, iniziando ad assumere la forma del Cavaliere di Ariete, al cui corpo aveva infatti aderito.
"Incredibile!" –Esclamò Mur, rendendosi visibile, sorpreso da tale abilità. –"Come ha potuto questa tua nebbiolina?"
"Non è nebbia ciò che ti avvolge, indebolendo i tuoi sensi e precipitandoti verso gli abissi della follia! Ma i vapori del mosto, il ribollir dei tini, che è punto di forza del Vendemmiatore Oscuro!" –Spiegò Ampelo, dirigendo verso Mur le sue Correnti di Follia. Ma il Cavaliere di Atena scomparve nuovamente alla sua vista, riapparendo vicino al corpo di Ganimede e caricandolo sulle sue spalle, prima che il mosto ardente lo raggiungesse, facendo un cenno a Matthew ed uscendo con lui nel giardino, sfruttando proprio l’apertura nella vetrata creata da Ampelo in precedenza.
"Mettiti in salvo! E porta Ganimede con te!" –Disse Mur, indicando a Matthew delle costruzioni poco distanti. Il ragazzo esitò per un attimo, desiderando combattere al suo fianco, ma poi annuì, prendendo il Coppiere degli Dei sulle spalle e correndo via.
"Fuggire non li salverà! Mi occuperò di loro prima ancora di aver terminato con te!" –Commentò Ampelo, uscendo nel giardino. E schioccò le dita, facendo tremare il terreno sotto di loro.
Immediatamente lunghi fusti verdi sorsero dal suolo, immensi filari di viti che si avvolsero attorno al corpo del Cavaliere di Ariete. Altri ne sorsero poco distante, fermando l’avanzata di Matthew e attorcigliandosi alle sue gambe, buttandolo a terra e facendo ruzzolare anche Ganimede sul prato. Ampelo rise divertito, nel vedere Matthew dimenarsi come un selvaggio all’interno della foresta cresciuta in fretta attorno a lui, ma quando volse di nuovo lo sguardo su Mur, ringhiò insoddisfatto, vedendo il Cavaliere di Ariete crivellare i suoi pampini con una fitta pioggia di stelle.
"Stardust Revolution!!!" –Gridò Mur, distruggendo i filari di viti di Ampelo e dirigendo poi l’assalto verso di lui.
Ampelo cercò di evitare la fitta pioggia, ma ben presto si accorse che, nonostante lo stordimento provocatogli dagli odori inalati, la velocità di Mur superava la sua, e venne raggiunto in più parti e scaraventato indietro, con crepe vistose sulla corazza.
"Ecco il tuo lato distruttivo!" –Commentò rialzandosi. –"Non è inebriante?" –Rise, cercando di nascondere il timore che si stava impadronendo di lui. Il timore di non essere all’altezza di affrontare un Cavaliere d’Oro di Atene.
I suoi poteri erano prevalentemente mentali e potevano avere ragione di soggetti deboli, come Ganimede gli era apparso poco prima, in balia al dolore per la perdita dell’amico Giasone. Inganni, espedienti, trucchi da prestigiatore, come Menas amava definirli, schernendo spesso il fratello. Se ne era servito per ingannare alcune ancelle e versare continuamente un oscuro veleno, che Flegias gli aveva fornito, nelle coppe destinate a Zeus e alla Regina. Lamia aveva completato l’opera, avvolgendo il Dio in una silenziosa sinfonia di favole, per privarlo dei ricordi e della sua linfa vitale. Ma l’arrivo di Atena e di un Cavaliere d’Oro sull’Olimpo aveva stravolto ogni piano, proprio quando Ampelo era convinto di avere la vittoria a portata di mano.
"Così vicina!" –Ringhiò, mentre sul suo volto appariva per la prima volta una smorfia di disappunto, come se tutta l’ebbrezza dello scontro fosse stata cancellata dalle ferite che Mur gli aveva aperto su un fianco. Raccolse il cosmo e evocò di nuovo le correnti di mosto incandescente, ma quella volta non riuscì nemmeno a dirigerle contro Mur che vennero inglobate da una sfera di luce, all’interno della quale esplosero poco dopo, svanendo interamente.
"Niente resiste allo Starlight Execution! Neppure un colpo che ha avuto ragione del Muro di Cristallo!" –Affermò Mur, avanzando verso Ampelo. –"Devo ammetterlo, poche volte la mia difesa si è dimostrata fallace, riuscendo a respingere persino più terrificanti odori, come i gas tossici di Niobe di Deep e la rosa di rabbia i cui semi avete sparso al Grande Tempio!"
"Hai resistito alle rose di Menas?! Impresa non da poco! Conoscevo bene le insidiose armi di mio fratello! E questo mi porta allora ad usare la mia tecnica più potente! L’unica con cui potrei sconfiggere qualcuno in grado di contrastare l’eccitante ebbrezza del Vendemmiatore!" –Esclamò Ampelo, bruciando al massimo il cosmo e sollevando una mano al cielo, sul cui palmo apparve un cristallo di luce, dall’acceso color giallo. –"Nel Mondo Antico la stella Vindemiatrix indicava ai coltivatori il tempo ideale della vendemmia! A te, Ariete, indicherà il tempo per morire!"
Non aggiunse altro e la scagliò con forza contro Mur, che fu svelto ad aprire le braccia e creare il Muro di Cristallo, contro cui la stella si schiantò, esplodendo sul colpo e distruggendolo, spingendo il Cavaliere indietro di parecchi metri, facendogli scavare solchi nel terreno con i piedi. Ampelo non gli diede tempo di rifiatare, scagliandogli contro una nuova stella, dalla devastante potenza, che Mur evitò con il teletrasporto, portandosi di lato al Vendemmiatore Oscuro, mentre la stella esplodeva distruggendo parte del giardino.
"Vindemiatrix!!!" –Gridò Ampelo, voltandosi ed evocando un nuovo cristallo di luce. Ma Mur, mentre Vindemiatrix sfrecciava verso di lui, liberò una sottile ragnatela luminosa, avvolgendo la stella al suo interno e, tenendo i fili con una mano, la fece roteare sopra di lui, stupendo lo stesso Ampelo, prima di rispedirgliela contro.
Il Vendemmiatore Oscuro non fece in tempo a muoversi, venendo raggiunto in pieno petto dalla stella, che esplose al contatto con la sua corazza, scaraventandolo indietro di parecchi metri, fino a farlo schiantare contro il muro esterno della Reggia di Zeus. Quando riuscì a rimettersi in piedi, scansando i detriti crollati su di lui, vide un buco sul suo costato, da cui fiotti di sangue uscivano abbondanti. Ma, nonostante avesse sempre provato un folle piacere nel godere delle disperazioni altrui, in quel momento sentì solo una fitta di dolore piegarlo in due, facendolo crollare al suolo. Sollevò lo sguardo in tempo per vedere un globo di luce, scagliato da Mur, investirlo in pieno e assorbirlo al suo interno.
"Starlight Execution!" –Disse Mur, mentre la sfera lucente esplodeva, disintegrando il Cavaliere Nero. –"Questa è l’esecuzione della stella della vendemmia!" –Quindi si voltò verso Matthew, mentre quel che restava della nebbia violacea si disperdeva nel cielo dell’Olimpo. Soltanto un’ultima frase lo raggiunse, l’ultimo lascito di Ampelo.
"Nemmeno la tua sempiterna calma potrà fermare la grande ombra! Morirete tutti, e di questo infine ne godo! Il tramonto degli eroi è appena iniziato!"
Mur sentì un brivido lungo la schiena, al timore che quelle parole fossero vere, ma cercò di non perdere la sua compostezza e corse verso Matthew, ancora avvolto nel suo cosmo bianco, grazie al quale aveva distrutto i pampini aggroviglianti di Ampelo.
Quella seppur debole traccia cosmica non sfuggì al Comandante della Legione Nascosta, che camminava per i corridoi della Reggia di Zeus, sorreggendo il corpo stanco del Luogotenente dell’Olimpo.
"Quest’energia… mi è familiare…" –Commentò Ascanio, affrettando il passo verso le Stanze di Zeus.
Phantom, stretto tra le sue braccia, non aveva aggiunto altro da quando avevano lasciato il Tempio di Asclepio, rattristato per la morte di Teria. Una fine che aveva temuto fin dall’inizio e che aveva infine realizzato di non poter evitare. Improvvisamente Ascanio percepì una presenza avvicinarsi, scivolando silenziosa lungo i corridoi di marmo dell’Olimpica Reggia, e poco dopo l’elegante figura di Demetra, Dea delle Coltivazioni, apparve di fronte a loro, sorridendo stanca.
"Dea delle Messi!" –Mormorò il Luogotenente dell’Olimpo.
"Ho appena medicato le ferite del Messaggero degli Dei! Mi chiedevo se forse potevo essere utile anche a te!" –Esclamò Demetra, che gli era molto affezionata.
"Sarò onorato di accettare le vostre cure, ma credo che adesso salvare il Sommo Zeus sia l’indispensabile!" –Commentò Phantom.
"Nobile cuore come sempre!" –Sorrise Demetra, incamminandosi a fianco dei due verso le Stanze di Zeus.
Quando vi arrivarono, trovarono le porte aperte e una fanciulla dai lunghi capelli viola che reggeva la mano del Signore dell’Olimpo, disteso sul letto, con il corpo stanco di Era al suo fianco, entrambi vittime dell’oscura ebbrezza mortale.
"Atena!!!" –Esclamò Demetra, entrando nella sala, seguita da Ascanio e Phantom.
"Demetra!" –Si voltò Atena, sorridendo ai tre ma continuando a mantenere la concentrazione sul suo cosmo, con cui aveva avvolto Zeus nel tentativo di curare le sue ferite. Mur e Matthew arrivarono poco dopo, scambiando qualche battuta con Ascanio e Phantom sul combattimento appena affrontato.
"Il Coppiere degli Dei riposa in una stanza poco distante!" –Spiegò Mur. –"E, a meno che non vi siano altri demoni nascosti, credo fosse l’ultimo invasore dell’Olimpo!"
"Era l’ultimo, sì!" –Confermò Ascanio, che aveva letto nell’animo di Lamia. –"Due soltanto erano i figli dell’ombra che Flegias ha rivolto contro di noi, i più abili a passare inosservati, mescolandosi ai vapori d’ebbrezza del Monte Sacro e alle ancelle che ogni giorno si prendevano cura di Zeus! In questo modo Ampelo ha avvelenato il Dio del Fulmine e Lamia ha completato l’opera, estendendo la loro mano di morte sulla Regina dell’Olimpo!"
"Non riesco a credere che mia sorella sia stata capace di tanto!" –Commentò Phantom, ma Ascanio gli mise una mano su una spalla.
"Non tua sorella ha ucciso il Signore degli Dei, ma l’ombra che si è cibata del suo cuore ferito!" –Gli disse, prima che Mur si avvicinasse loro.
"Tra i ricordi di Lamia non vi è niente che ci sia d’aiuto per salvare il Sommo Zeus?"
"Purtroppo no, Cavaliere! Pare che Flegias progetti così bene i suoi piani da non dare le chiavi delle soluzioni neppure ai suoi servitori!" –Disse Ascanio. –"Ma, se la storia non mi inganna, credo che ad un male ci si possa opporre soltanto con un bene!"
"Cosa vuoi dire?" –Chiese Phantom.
"Che per aiutare Zeus è necessaria un’energia altrettanto forte da sopraffare l’ombra che lo ha invaso!" –Rispose Atena, ancora intenta ad avvolgere il Dio con il cosmo. –"Non sono forse la più adatta, tra le Divinità, troppo giovane e distante dai fasti olimpici, ma cedo con gioia il mio Ichor nella speranza che possa guarire mio Padre!"
"Altrettanto farò io!" –Aggiunse Demetra, inginocchiandosi accanto ad Atena, davanti al letto di Zeus e tagliandosi il polso destro con un secco colpo di mano.
"Ed io mi unirò a voi, Dea della Guerra Giusta e Dea delle Messi!" –Esclamò la voce stanca, ma sempre pronta a portare aiuto, di Ermes, comparendo sulla porta e trascinandosi verso di loro. Si chinò di fronte a Zeus, dall’altro lato del letto, e sorrise ad Atena, prima che entrambi imitassero Demetra, bagnando con il loro Ichor il corpo pallido e silente del Signore dell’Olimpo.
Per qualche minuto le tre Divinità mantennero un elevato grado di concentrazione sul cosmo, guardate a debita distanza da Mur, Matthew, Phantom e Ascanio, che attendevano trepidanti un segnale da parte del Dio. Ma dopo molte gocce, anziché osservare l’adamantino cosmo di Zeus splendere di nuovo, assistettero sgomenti a una violenta fiammata che esplose sopra il corpo inerme del Signore del Fulmine, nutrendosi del sangue stesso che Atena, Demetra e Ermes avevano offerto.
La vampa di fuoco spinse indietro le tre Divinità, allungandosi sinuosa verso il soffitto, avvolta da un turbinare di ombre, e presto assunse forma diabolica, il volto di un demone che tanto male aveva portato sulla Terra negli ultimi mesi.
"Flegias!!!" –Gridò Ermes, riconoscendo il sogghignare bastardo del figlio di Ares.
"Non eccitarti troppo, Messaggero degli Dei! Mi tratterrò ben poco! Sono venuto soltanto a porgervi l’ultimo saluto! Che non si dica che il Maestro di Ombre, araldo dell’oscurità, non riconosca i meriti di coloro che lo hanno aiutato!"
"Noi non ti abbiamo mai aiutato, Flegias! Non direttamente almeno!" –Esclamò Ermes, ricordando l’inganno della guerra contro Atene voluta da Crono.
"Tu credi, galoppino degli Dei? Misera fede è allora la tua da non saper discernere ciò che è utile da ciò che non lo è!" –Sogghignò Flegias, mentre le vampe di fuoco ricoprivano il corpo di Zeus, assaporando fino all’ultimo l’energia vitale dell’Ichor. –"Immaginavo che avreste tentato questa strada per guarire Zeus! L’unica agibile del resto! Ma sospetto che voi non credevate che fosse proprio ciò che volevo? Che fosse proprio ciò che mi serviva per espandere ulteriormente il mio cosmo oscuro in vista dell’ultima guerra! L’avvento dell’ombra è ormai realtà!"
"Era questo il tuo piano? A questo Lamia ed Ampelo sono serviti? Per ottenere il sangue delle ultime Divinità?" –Esclamò Ascanio.
"Perché sprecare la propria energia quando si può usare quella degli altri? E dire che avreste dovuto imparare a conoscermi, in tutto questo tempo che abbiamo trascorso insieme! Ah ah ah!" –Ironizzò il Maestro di Ombre. –"Sapevo che avreste sconfitto quella psicotica di Lamia e quel patetico surrogato di Cavaliere! Ma vi hanno stancato a sufficienza per permettermi di vincervi adesso! E di estirpare per sempre la casata degli Olimpi!"
"Bastardo!!! Hai usato anche mia sorella per la tua sete di potere!" –Ringhiò Phantom, espandendo il cosmo e generando un mulinello di energia acquatica.
"Di cosa ti lamenti, figlio di un pastore?! Ti ho dato la possibilità di incontrarla di nuovo, prima di ritrovarvi in Ade!" –Lo derise Flegias, mentre Phantom scagliava il Gorgo dell’Eridano contro di lui.
L’attacco venne inglobato dalle vampe di fuoco e ombra che torreggiavano su Zeus, all’interno delle quali esplose, senza provocare loro danno alcuno, semplicemente eccitando l’indemoniato spirito del Flagello di Uomini e Dei, che allungò le proprie lingue fiammeggianti fino a infilzare Phantom, trapassando il suo corpo e prostrandolo a terra, in un lago di sangue.
"Phantom!!!" –Gridò Ascanio, concentrando il cosmo sul braccio destro. –"Prendi, maledetto! Attacco del Drago di Sangue!!!" –E liberò uno scintillante dragone di luce rossa, subito seguito dalla pioggia di stelle di Mur. –"Stardust Revolution!!!" –Ma nuovamente Flegias non si fece intimorire e la sua sagoma si scompose in tante fiamme che evitarono la moltitudine di stelle cadenti e si cibarono dell’energia del Cavaliere Celeste, prima di travolgere entrambi con un vortice di fuoco nero.
"Muori, Flegias!!!" –Gridò Ermes, puntando il Caduceo contro alcune fiamme e liberando rapidi e precisi fasci energetici.
"È inutile Ermes! Puoi colpirmi quanto vuoi, ma non mi ferirai, poiché non sono fisicamente sull’Olimpo! Guarda quanto è diventata pallida la luce del Monte Sacro, neppure riesce più ad impedire che estranee presenze si materializzino sul cadavere del suo Signore, sfruttando il veleno che diedi a Lamia e Ampelo! Veleno che conteneva polvere della Pietra Nera! Veleno… letale! Ah ah ah!"
Atena e Demetra affiancarono prontamente Ermes, unendo i loro cosmi divini e dirigendo un violento assalto contro le vampe di fuoco, che subito si scomposero in una miriade, invadendo l’intera stanza e avvolgendo i corpi stanchi degli Dei.
"O ciechi, il tanto affaticar che giova? Tutti torniamo alla grande madre antica!" –Rise Flegias, citando Petrarca, uno dei testi trovati ad Alessandria, con cui si era trastullato nelle notti in cui aveva elaborato il suo piano. Nelle lunghe notti d’attesa.
"Alla… grande madre?!" –Balbettò Atena, stritolata dalle fiamme del demonio.
Ascanio si lanciò verso il figlio di Ares, avvolto nel brillante cosmo del drago bianco, ma venne atterrato da un vortice di fiamme e ombra. La stessa sorte che conobbero Atena, Ermes e Demetra, schiantandosi contro le pareti laterali delle Stanze di Zeus.
Flegias ricompose allora la propria sagoma, osservando la distruzione che aveva portato. Fu piuttosto sorpreso nel vedere però che qualcuno era ancora in piedi. Un ragazzo dagli sfilacciati capelli biondi, che lo fissava con sguardo carico di disprezzo.
"Cos’hai da guardare? Non riconosci la morte quando la incontri?" –Rise Flegias, allungando le vampe di fuoco fino a circondare il corpicino di Matthew.
"La conosco troppo bene! Perché ha il volto della donna che ho amato!" –Mormorò il ragazzo, ricordando Miha e l’amore che aveva saputo donargli. L’amore per la vita. –"Ed ho giurato a me stesso che l’avrei affrontata!!!" –Gridò, bruciando il proprio cosmo, che lo avvolse come un’aura di neve bianca, prima di lanciarsi contro le fiamme oscure e perdervisi dentro.
"Che l’avresti accolta a braccia aperte, vorrai dire! Ah ah!" –Rise Flegias, osservando il ragazzo barcamenarsi all’interno del vortice di fuoco, mentre tirava pugni in ogni direzione, e le vampe incandescenti gli scottavano la pelle, togliendogli il respiro.
Fu in quel momento, mentre Matthew bruciava il cosmo sempre di più, determinato ad onorare la promessa fatta a Miha morente, nella caverna dell’Isola delle Ombre, che gli tornarono in mente gli insegnamenti del Cavaliere di Gemini, un maestro che aveva definito il suo allievo come uno svogliato.
"Non è la forza né l’agilità ciò che ti manca!" –Gli aveva spesso ripetuto. –"Ma la motivazione! Se non ti è chiaro per cosa combatti, per cosa rischi la vita, difficilmente riuscirai a sviluppare un cosmo necessario per vincere!"
"Maestro! Adesso lo so!" –Mormorò Matthew, espandendo al massimo il cosmo, che da bianco lentamente parve colorarsi dei sette colori dell’arcobaleno, che scivolarono come un torrente di stelle attorno al suo corpo, allontanando le vampe di fuoco e attirando nuovamente l’attenzione del Comandante Ascanio.
"Ancora questa sensazione…" –Mormorò. –"Così simile ai cosmi di Reis e Marins!"
E in quel momento, avvolto da inquietanti lingue di fuoco e ombra, eccitate all’idea di cibarsi di lui, Matthew sollevò un braccio al cielo, con la naturalezza di un gesto che aveva fatto da sempre, liberando lo sfavillante arcobaleno di energia.
"Talismani!!!" –Gridò, senza sapere neppure perché. E si ritrovò sollevato da terra, avvolto dall’iride luminoso che aveva generato, mentre sopra di lui appariva una corazza dagli argentei bagliori, disposta in modo da formare una cintura.
"Ma quella è… la Cintura dell’Arcobaleno! Il Talismano che Avalon ha a lungo cercato!" –Mormorò Ascanio, osservando stupefatto l’armatura scomporsi in tanti pezzi che andarono ad aderire al corpo stanco di Matthew, lenendo i suoi affanni e donandogli un risvegliato potere. –"Meraviglioso!" –Aggiunse, con un sorriso.
Lo stesso stupore invase Flegias, che ritrasse le lunghe fiamme nere, mentre Matthew portava entrambe le braccia avanti, cariche di bagliore cosmico.
"Arcobaleno incandescente!!!" –Gridò, mentre un ponte di luce, di sette colori, sfrecciava verso il Maestro di Ombre, annientando l’oscurità delle vampe di fuoco. Quindi, d’istinto, il ragazzo sfiorò la cintura della sua armatura, ornata da sette pietre diverse, simili a vetri colorati, che sprigionarono un’intensa luce, rischiarando l’aria triste dell’Olimpo, prima di chiudersi a ventaglio su Flegias.
"Ora!!!" –Incalzò Ermes, puntando il Caduceo verso la demoniaca sagoma di fuoco. E subito i cosmi dei Cavalieri e delle altre Divinità si unirono al suo, generando un’onda di energia che investì il Maestro di Ombre, proprio mentre i lembi del ventaglio di luce si chiudevano su di lui. Vi fu una violenta esplosione, che scagliò tutti indietro di qualche metro, facendo tremare persino l’intera struttura della Reggia Olimpica, quindi tutto si placò. Le vampe di fuoco erano scomparse e il corpo di Zeus giaceva ancora sul letto, come se nulla lo avesse scalfito.
"Tornatene sulla tua Isola!" –Commentò Ermes, rialzandosi. –"Non c’è posto per te su questa terra che hai tradito!"
Ascanio non gli prestò troppo ascolto, avvicinandosi a Matthew, che per l’enorme sforzo era crollato sulle ginocchia, confuso dalla sequela di azioni che si era ritrovato a compiere senza capire neppure perché. Il Comandante gli mise una mano su una spalla, invitandolo con un sorriso ad alzarsi, poiché da quel giorno avrebbe fatto parte dei Cavalieri delle Stelle.
"Questa effimera vittoria non ci ha riportato Zeus!" –Commentò Demetra, accorsa con Ermes e Atena al capezzale del Dio del Fulmine.
"Dobbiamo ritentare!" –Incalzò il Messaggero degli Dei. Anche se iniziava a nutrire seri dubbi che l’Ichor fosse sufficiente per salvare un Dio travolto dall’ombra. Lo stesso dubbio albergava anche nelle menti di Atena e Demetra, che accettarono comunque la proposta di Ermes, senza lasciarsi scappare un sospiro.
"Una vittoria non è mai effimera, ma un sasso che, appoggiato ad altri, permette di costruire la torre dall’alto della quale vedremo sconfitti i nostri nemici!" –Parlò improvvisamente una voce, risuonando per l’intera stanza. Per l’intera Reggia.
Atena, Demetra, Ermes, Mur, Matthew e Phantom si guardarono attorno, cercando di capire da dove provenisse quel cosmo ancestrale che aveva invaso l’Olimpo, quando notarono un uomo appoggiato tranquillamente alla parete occidentale.
Lunghe vesti bianche, rifinite di simboli argentei, parevano danzare ad ogni movimento dell’uomo, il cui corpo perfetto scivolò nel silenzio delle Stanze di Zeus, di fronte agli occhi stupefatti, e a tratti ammaliati, dei presenti. Per un momento neppure Ermes lo riconobbe, nonostante fossero passati quindici anni scarsi dal loro ultimo incontro. Soltanto Ascanio, in segno di rispetto e sottomissione, si inginocchiò. Di fronte al suo maestro.
"Benvenuto sull’Olimpo, potente Avalon!" –Commentò Atena, riconoscendolo. E si inchinò davanti al Signore dell’Isola Sacra, che tanta sacralità emanava soltanto con lo sguardo, al punto che Mur, Matthew e Phantom ne furono quasi intimiditi.
Ermes e Demetra si scansarono prontamente, lasciando che il Signore dell’Isola Sacra si accostasse al letto di Zeus, fissando il vecchio compagno di battaglie con un’espressione indecifrabile.
"Persino da Avalon odo i tuoi lamenti, possente Zeus!" –Commentò infine, infilando una mano sotto le bianche vesti e tirando fuori un pugnale dalla lama argentea, uno di quelli che venivano donati alle sacerdotesse iniziate al culto della Dea Madre. –"Sono venuto per porre fine alle tue sofferenze!" –Aggiunse, sollevando la lama sopra Zeus.