CAPITOLO VENTISETTESIMO: AMICI.
"Peggio di quanto immaginavamo, vero?!" –Ironizzò Marins, dall’alto della collina di Sitia, rivolgendosi all’amico.
"Non che queste immagini mi siano estranee! Del resto, conviviamo con la guerra e con la morte da sempre!" –Sospirò Febo. –"Ma ogni volta sembra sempre diversa! Ogni volta è sempre una nuova volta! Come se uno non riesca ad abituarsi mai!"
"Vorresti abituarti alla morte?" –Chiese Marins. Ma Febo scosse il capo.
"Soltanto sentirmi pronto! Ogni tanto penso che tutti questi anni lontano da casa, lontano dall’Egitto, e da mio padre, non siano serviti a prepararmi, non siano serviti a farmi crescere! Ogni tanto mi sento ancora lo stesso ragazzino che portasti via da Karnak quel giorno, strappandomi all’eternità e confinandomi nel tempo reale!" –Commentò il figlio di Amon-Ra, per poi inspirare profondamente. –"Spesso mi chiedo se Avalon abbia fatto la scelta giusta, nominandomi Cavaliere delle Stelle! Non so quanto questo ruolo mi si addica!"
"Avalon ha soltanto letto quel che le stelle e il tuo cuore gli hanno mostrato! E i Talismani non sarebbero andati a uomini indegni, Febo! Abbi fiducia in te, nella stirpe regale che rappresenti! Tu sei un ponte tra due mondi, tra due culture, greca ed egizia, un perfetto garante dell’equilibrio! Ed è questo che Avalon si aspetta da te, e da noi! Garantire l’equilibrio!" –Sorrise Marins, dando una pacca sulle spalle all’amico e voltandosi verso il mare.
Dall’alto della collinetta di Sitia, sulla costa nord-orientale di Creta, i due Cavalieri delle Stelle osservarono l’avanzare dell’Esercito delle Ombre, la nera marea che aveva lambito i confini dell’antica terra, penetrando nella baia incorniciata dalle Isole Dionisiadis. E scatenando il panico tra i suoi diecimila abitanti.
"Una testa di ponte!" –Commentò Marins, osservando la posizione di Sitia. –"Da cui procedere poi verso occidente, alla conquista dell’intera isola, e verso sud, per raggiungere le coste africane! La Libia e l’Egitto!"
"L’Egitto!" –Mormorò Febo, ricordando la sua eterna giovinezza tra le mura di Karnak, Iside e Osiride, per lui due genitori adottivi, e il suo vero padre, il potente Amon Ra.
Da quanto tempo non lo vedeva. Dall’unica volta in cui avevano combattuto assieme. Fianco a fianco. Contro il mostruoso serpente cosmico. Dal giorno in cui Amon-Ra aveva abbondato i suoi rimpianti ed era entrato nel presente. Dal giorno in cui Febo se ne era andato, seguendo la sua strada.
"Attentooo!!!" –Gridò Marins, balzando indietro, mentre un gruppo di ombre si tuffava in picchiata su di loro, costringendo Febo a metter via i pensieri e a concentrarsi sulla battaglia. Non una qualunque, ma la prima tappa di una guerra contro l’oscurità a cui Avalon stava cercando di opporsi da secoli.
"Sono migliaia!" –Commentò Febo, colpendone qualcuna con raggi di infuocata energia cosmica. Marins fece altrettanto, evitando di essere divorato da un mucchio di ombre, prima di balzare vicino all’amico, mettendosi dietro di lui.
Schiena contro schiena, spalla contro spalla, mare contro sole. Uniti da un legame che non era solo cameratismo guerriero. Ma vera amicizia. Nata quindici anni prima, quando Marins aveva ricevuto l’incarico da Avalon di condurre il figlio di Amon Ra sull’Isola Sacra, e consolidata in seguito, durante l’addestramento e le missioni che a loro erano state assegnate. E che avevano portato a termine insieme. Prime tra tutte recuperare il Vaso di Poseidone, nel Tempio Sottomarino, e proteggere Fiore di Luna dall’assalto dei berseker.
Entrambi espansero i loro cosmi, incandescente quello di Febo e rinfrescante quello di Marins, prima di dirigere i loro attacchi contro la massa di tenebra che stava chiudendosi su di loro.
"Bomba del Sole!!!" –Gridò Febo, scatenando una sfera di energia rossa e gialla, simile a un piccolo sole, che esplose al contatto con quella massa nera. –"Maremoto dei Mari azzurri!!!" –Gli fece eco Marins, mentre un inestinguibile flusso di energia acquatica scivolava nell’aria, investendo le ombre e annientandole.
Ma, come Reis e Jonathan avevano già sperimentato, e come l’Antico li aveva messi in guardia, contro la marea nera non vi era vittoria. Soltanto brevi attimi di calma in cui le ombre parevano riorganizzarsi, prima di gettarsi di nuovo in picchiata su di loro, determinate ad assorbire quella luminosità di cui Febo e Marins erano rivestiti.
"Barriera corallina!!!" –Esclamò Marins, muovendo il braccio sopra di entrambi, in modo da creare una cupola di coralli con cui protesse Febo e se stesso.
Subito le ombre si chiusero su di loro, avvolgendo la barriera corallina, per cibarsi della sua stessa essenza. Ma Febo, che non aspettava che quel momento, di sentirle così vicine, lasciò esplodere il suo caldo potere, infiammando il cielo sopra Creta del lucente potere del sole.
La barriera di coralli andò in frantumi e centinaia di ombre vennero annientate sul colpo, arse vive da una vivida fiamma che pareva provenire dalla corona solare, tanto abbagliante e distruttiva riusciva ad essere. Lo stesso Marins, che detestava le eccessive temperature, accusò il colpo, espandendo prontamente il suo fresco cosmo, per trovare momentaneo refrigerio.
"Avvertimi la prossima volta!" –Ironizzò il Cavaliere dei Mari Azzurri. –"Mi rinchiudo in una ghiacciaia per tempo!"
"E vorresti perderti il divertimento?!" –Sorrise Febo, concentrando il cosmo tra le mani e liberando una nuova sfera incandescente, dalle sfumature gialle e rosse. –"Ammirate il potere del sole, ombre! Esso farà strage della vostra essenza!"
"Temo che il tuo discorso non le abbia impressionate!" –Commentò Marins, osservando la marea nera chiudersi sempre più su di loro. Erano tantissime, forse più di quante erano sembrate loro all’inizio. Forse perché già si erano cibate delle energie vitali degli abitanti di Sitia.
"In questo caso…" –Mormorò Febo. E Marins, nuovamente schiena contro schiena all’amico, annuì all’istante. Sollevarono una mano verso il cielo, portando il cosmo al suo parossismo. –"Talismani!!!" –Gridarono, mentre due cristalli di luce apparvero sui palmi delle loro mani. Rosso quello di Febo, azzurro quello di Marins.
Subito i cristalli presero la forma di uno splendido specchio, dal manico rifinito d’oro massiccio, il cui vetro rotondo pareva simboleggiare la sfera solare, e di un lungo tridente ornato di scaglie d’oro, il cui lavoro di intarsio era stato così ben eseguito al punto che il Dio Poseidone, millenni addietro, ne era rimasto abbagliato e lo aveva preso come modello per realizzare la sua arma d’attacco. Ma i Talismani erano molto di più. Capaci di contenere in sé millenni di energia del simbolo da cui traevano origine e forza. Il sole, per Febo, e il mare, per Marins.
"Specchio del Sole!!! Risplendi!!!" –Esclamò Febo, impugnando il sacro oggetto e volgendo il vetro verso le ombre, osservando con soddisfazione un ventaglio di luce aprirsi dal vetro stesso, inglobando gran parte della marea nera e annientandola al suo interno, quasi come se le ombre evaporassero di fronte a così infuocata energia.
"Tridente dei Mari Azzurri!!!" –Gridò Marins, afferrando l’asta dorata e volgendo le tre punte verso le ombre, da cui subito scaturirono guizzanti fulmini di energia, che si schiantarono sull’oscura massa, dilaniandola in profondità, aprendo squarci così profondi e incandescenti che le ombre non riuscirono a richiuderli all’istante. Febo, approfittando di quell’istante, fu lesto a completare l’opera con lo Specchio del Sole.
"Di mirabili poteri sono i Talismani dotati! Ogni volta mi stupisco sempre un po’ di più di quanta energia sia in essi contenuta! L’energia di millenni di attesa!" –Commentò Febo, ricordando il giorno in cui per la prima volta, senza neppure sapere della sua esistenza, aveva impugnato lo Specchio del Sole. Nelle prigioni di Amenti, ove aveva combattuto contro il malvagio Anhar, traditore del regno d’Egitto, per liberare Osiride e Horus.
"Creati per un unico scopo, per essere usati soltanto in un’occasione, i Talismani hanno atteso silenziosi per tutti questi secoli, per tutti questi millenni, che uomini degni li risvegliassero dentro di loro! E sapessero impugnarli per l’ultima guerra!" –Disse Marins, abbandonandosi a un sospiro. –"Ripenso a quanto mi hai confessato poco prima, e non ti nascondo che spesso mi sento in colpa per averti strappato al tuo placido mondo fuori dal tempo! Ma poi, non soltanto perché era un ordine di Avalon, non soltanto perché era destino, dico a me stesso di essere contento di averlo fatto! Perché in questo modo ho trovato un amico! Il migliore! E niente cambierà mai questa verità!"
Febo sorrise, poggiando una mano sulla spalla del compagno e annuendo in silenzio. Ma non ebbe tempo di aggiungere altro che una violenta esplosione di fiamme e ombra li raggiunse, scaraventandoli in aria e facendoli ruzzolare per molti metri a terra, lungo i pendii scoscesi della collina sopra Sitia. Tossendo e ansimando, i due Cavalieri delle Stelle si rimisero in piedi, giusto per osservare un immenso uccello, dal bianco piumaggio, con le ali spalancate sopra di loro. E un uomo, avvolto in un mantello di fiamme e ombra, che lo cavalcava. Entrambi circondati da una marea di tenebra, su cui la sagoma della creatura risaltava vistosamente.
Alto e ben fatto, con il corpo rivestito da una scarlatta Armatura su cui scivolavano sinuose e perfide le fiamme dell’odio e le tenebre della disperazione, Flegias, il Maestro di Ombre, stringeva in mano la Spada Infuocata, fissando Febo e Marins con sguardo maligno, desideroso di nient’altro che non fosse piantarla nei loro corpi.
"Anhar?!" –Balbettò Febo, riconoscendo il consigliere che aveva tradito Karnak, vendendola a Seth.
"Ne è passato di tempo, figlio di Amon Ra! Ma vedo che tutti questi anni non hanno migliorato il tuo aspetto! Sei sempre il solito rachitico figlio bastardo che Ra non ha mai amato! Né nutrito!" –Ironizzò Flegias, mettendosi in piedi sul dorso dell’uccello.
"Le tue amare parole non feriscono più il mio animo!" –Commentò Febo, con fierezza. –"È passato il tempo in cui potevi burlarti di me, approfittando dei miei sentimenti e deridendomi per essere stato abbandonato! Mio padre non ha mai voluto farlo, ha cercato soltanto di salvarmi dal mondo. E forse di salvare anche se stesso!"
"Macina pure tutte le scuse che vuoi, piccolo Febo, forse serviranno a farti stare meglio! A darti l’illusione di valere davvero qualcosa! Ma nessuna parola di conforto che la tua debole mente partorirà potrà mai negare l’assoluta verità! Che Amon Ra ha preferito uscire dal tempo che trascorrere un altro giorno con te! Che ha preferito rinchiudersi tra le quattro mura del santuario di Karnak piuttosto che continuare ad osservare il prodotto bastardo dei suoi errori!" –Ironizzò Flegias, avvampando nel suo cosmo scarlatto. –"Mettila come vuoi, ma non sei mai stato per lui un motivo di vanto, né una ragione per vivere!"
"Bastardo!!!" –Esclamò Marins, sollevando il tridente e liberando una violenta scarica energetica, diretta verso il volto di Flegias.
Ma il Maestro di Ombre non ebbe problemi a pararla con la sua Spada Infuocata, prima di respingerla indietro, atterrando lo stesso Marins. Ridendo eccitato, Flegias scosse il mantello, gettandosi dall’alto sui Cavalieri delle Stelle, mentre l’immenso uccello spalancava le bianche ali, agitando il vortice di ombre in cui erano immersi.
"Morite!!!" –Gridò Flegias, piombando sui due compagni, avvolto in un turbinare di fiamme e tenebra. Febo e Marins cercarono di difendersi, ma i loro attacchi vennero spazzati via dall’indemoniato cosmo del figlio di Ares, che li scaraventò a gambe all’aria. –"Ho osservato le vostre imprese, nel fuoco della visione, e ho notato che avete qualcosa di cui volete disperatamente farmi dono! Perciò vi prego, non esitate, concedetemi ciò di cui bramate liberarvi, e poi crepate!!!" –Rise il Maestro di Ombre, mentre Febo e Marins si rimettevano in piedi.
"I Talismani vuoi? Povero sciocco! Servono ad altro che alla tua ben misera ambizione di dominio!" –Esclamò Febo, bruciando il proprio cosmo incandescente.
"Credi che non lo sappia? È proprio per questo che devo impedirvi di usarli!" –Disse Flegias. –"Sento la loro energia! La percepisco fluire nelle correnti del mondo! È contro di me, sì, è contro di me! E io devo spezzare questo secolare flusso! Adesso!!!" –Ringhiò, volgendo loro il palmo della mano destra, da cui un vorticar di fiamme e ombra esplose poco dopo, avvolgendo l’intero pendio della collina e i corpi di Febo e Marins, che si barcamenavano al loro interno.
"Io odio gli ambienti troppo caldi!" –Commentò Marins, espandendo il proprio cosmo e sollevando alti flutti di energia acquatica, con cui spense parte delle fiamme attorno, prima di dirigerli verso Flegias. –"Maremoto dei Mari Azzurri!!!"
"Vorresti estinguere con questo debole cosmo l’ardente impeto del mio fuoco di morte?" –Ironizzò Flegias, liberando filari di vampe nere che lacerarono i celesti marosi di Marins, infiammandoli dall’interno.
"Incredibile!!! Il calore del suo cosmo è tale da far evaporare le acque degli oceani!" –Sgranò gli occhi Marins, osservando lo spegnersi del suo assalto e sollevando le braccia per proteggersi da un impetuoso vortice di fiamme e ombra che Flegias diresse contro di lui, facendolo schiantare a terra e perdere persino la presa sul Tridente dei Mari Azzurri.
"A te, Roc!!!" –Gridò Flegias, infervorando l’uccello dal bianco piumaggio, che smosse le sue immense ali, generando violente raffiche d’aria, e riempì il cielo con stridule grida, prima di abbattersi contro Febo e Marins.
"Un Roc?! Credevo che tali creature fossero estinte!" –Mormorò Febo, ricordando le storie che Amon Ra e Iside erano soliti raccontargli, durante la sua fanciullezza. –"Assalivano le navi nell’Oceano Indiano! Mio padre sosteneva avessero la forza di ghermire persino un elefante!"
"Un Roc può molto di più, ragazzo! E ora ve ne accorgerete a vostre spese!" –Sibilò Flegias, mentre l’immensa sagoma dell’uccello distruttore piombava sui Cavalieri delle Stelle, sbattendoli a terra.
Marins venne afferrato dai giganteschi artigli del Roc, proprio mentre annaspava sul terreno per raggiungere il suo tridente, e intrappolato in una presa così stretta da non riuscire a muovere un muscolo. Febo si lanciò subito in suo soccorso, puntando lo Specchio del Sole verso il volto del Roc e inondandolo di un ventaglio di luce che stordì l’uccello, facendolo gridare dal dolore. Ma non poté fare altro che un turbine di vampe nere lo avvolse, sollevandolo da terra e scaraventandolo indietro, facendolo ruzzolare nuovamente sul pendio di Sitia.
"Birichino!" –Commentò Flegias, avvicinandosi, mentre il mantello scarlatto che gli copriva la schiena fluttuava tra nere evanescenze, che presto avvolsero il Roc e Marins, cingendoli in un abbraccio di tenebra. –"Non si gioca con il fuoco, Febo! Potresti… scottarti!" –Aggiunse, volgendogli nuovamente contro il palmo della mano destra e schiacciando il Cavaliere del Sole a terra, sotto vorticanti fiamme di ombra, che stridettero sulla sua corazza, facendola schiantare in più punti.
"Aaargh! Devo… resistere!" –Strinse i denti Febo, concentrando il cosmo per poi liberarlo sotto forma di una bomba di luce, che spazzò via le nere vampe di Flegias, disperdendole nell’aria attorno. –"Raggi gamma!!!" –Tuonò Febo, balzando in piedi e dirigendo un cono di raggi verso Flegias, che fu svelto a volgergli contro la lama della Spada Infuocata, caricandola del suo inquietante cosmo.
Ma Febo era determinato a cedere e aumentò l’intensità del suo assalto, obbligando Flegias a fare altrettanto nella difesa, fintantoché il Maestro di Ombre non sentì bruciare la propria mano, quasi fosse ustionata nonostante l’Armatura Divina. La spada infuocata raggiunse temperature altissime, a causa della pressione dei raggi gamma, e Flegias dovette gettarla via, gridando e scuotendosi la mano, la cui corazza protettiva andò in frantumi in quel punto.
"Ora!!! Bomba del Sole!!!" –Gridò Febo, concentrando il cosmo in una sfera di energia simile all’astro solare e dirigendola contro Flegias, che si difese incrociando le braccia di fronte al viso, limitando i danni, ma venendo comunque travolto e spinto indietro di qualche metro.
Proprio in quel momento Marins, ancora prigioniero del Roc, espanse al massimo il suo cosmo, usando le braccia per aprire gli artigli del leggendario uccello e liberarsi dalla sua morsa. Quanto gli bastò per allungare una mano all’esterno e richiamare il Talismano di cui era custode. Il Tridente dei Mari Azzurri sfrecciò nella sua mano e subito Marins lo impugnò, conficcandone le aguzze punte nell’arto del Roc, inondandolo con la sua energia cosmica.
L’uccello strillò, scuotendo le ali e dimenandosi nel cielo oscuro, e spalancò d’istinto gli artigli, permettendo a Marins di ricadere a terra. Il Cavaliere dei Mari Azzurri ruzzolò sul pendio scosceso per una decina di metri, lussandosi una spalla per lo schianto, ma fu svelto a rimettersi in piedi e ad affiancare Febo, che aveva appena atterrato Flegias.
"Stai bene?" –Gli chiese subito Febo.
"Ora capisco come si sente una palla da baseball dopo essere stata lanciata!" –Commentò Marins, ripensando ai suoi trascorsi, quando si allenava allo Yankee Stadium di New York, sognando di divenire famoso come Joe DiMaggio. Quindi volse lo sguardo verso la cima della collina, dove Flegias si era prontamente rimesso in piedi, tenendosi la mano indolenzita dall’ustionante attacco di Febo. Sopra di lui torreggiava un cielo di tenebra, ove rilucevano le scarlatte vampe del suo cosmo.
"Credevo che sarebbe stato piacevole rivederti, Febo!" –Commentò il Maestro di Ombre, con sguardo tagliente. –"Invece hai fatto il possibile per rovinare la nostra rimpatriata! Non biasimarti perciò se altrettanto farò io!" –Sogghignò, sollevando il braccio destro al cielo e scatenando una violenta tempesta di energia incandescente, che si abbatté sui Cavalieri delle Stelle vibrando sulle loro corazze. –"Apocalisse Divina!!!"
"Incredibile…" –Mormorò Marins, sentendo scricchiolare l’Armatura delle Stelle. –"Persino il mithril sembra cedere di fronte a questo devastante potere! Chi è davvero costui? Quale ombra ha partorito questo demone infame?!"
"Dobbiamo resistere, Marins!!!" –Gridò Febo, liberando l’infuocato potere del sole, subito seguito dall’amico. –"Maremoto dei Mari Azzurri!!!" –I due assalti collisero contro la tempesta energetica di Flegias, bloccandone per un momento l’avanzata, ma bastò un cenno del Maestro di Ombre che l’oscura marea, rimasta finora intorno ai contendenti, quasi soldati in attesa di un ordine, piombasse sui Cavalieri delle Stelle, avvolgendoli in un abbraccio di tenebra.
L’Apocalisse Divina prese il sopravvento, travolgendo l’energia del sole e del mare e scaraventando Febo e Marins molti metri addietro, aprendo crepe sulle loro corazze e lanciando i Talismani a terra. Flegias, con ghigno soddisfatto, si incamminò verso di loro, verso gli oggetti che aveva cercato da tutta una vita.
Non aveva mai saputo come fossero fatti, né dove fossero nascosti, poiché Galen, il custode della Biblioteca di Alessandria, aveva bruciato l’unica mappa esistente sulla ubicazione dei Talismani. Ma Flegias era sempre stato convinto che gli antichi saggi li avessero dislocati in posizioni strategiche, nei principali centri di culto del Mondo Antico, onde evitare un’eccessiva concentrazione di potere.
E adesso sono qua! E si offrono al mio giudizio divino! Sogghignò, osservando dall’alto le rifiniture dello Specchio del Sole. E chiedendosi in quale luogo di Karnak fosse stato custodito per millenni. Lui stesso, negli anni trascorsi al servizio di Amon Ra, aveva esplorato il santuario ovunque, ma non ne aveva trovato traccia alcuna.
Sollevò lo Specchio del Sole, avvolgendolo in un vortice di fiamme oscure, fino a portarlo di fronte al suo sguardo, indeciso se sfiorarlo o meno. Era a conoscenza della sacralità di quegli oggetti e sapeva che, una volta risvegliati, difficilmente altri avrebbero potuto impugnarli, senza il consenso del portatore stesso. Ma Flegias possedeva un’altra carta da giocare, la stessa che gli aveva garantito quell’esistenza di tenebra di cui si era cibato negli ultimi secoli. Il potere della Pietra Nera, un’energia così infinita, così tenebrosa, così ancestrale, che persino Avalon avrebbe chinato il capo di fronte ad essa.
Posizionò la mano destra, deformata dall’ustione subita, sopra lo Specchio del Sole, socchiudendo gli occhi e lasciando che il suo cosmo si caricasse di tutta l’ombra, di tutte le fiamme del male che covava dentro, e fluisse all’interno del Talismano.
"Nooo!!!" –Gridò Marins, rimettendosi in piedi. E richiamò a sé il Tridente dei Mari Azzurri. Ma quando si voltò verso Febo, trovò il volto stanco dell’amico, quasi rassegnato a tale fallimento.
"È finita!" –Si limitò a commentare il figlio di Amon Ra.
"Non vorrei rubare una frase al mio mentore, ma non è finita finché non è finita!" –Rispose Marins, accennando un sorriso.
"Non sapevo che Avalon amasse citare aforismi!"
"Non a lui mi riferisco!" –Sorrise Marins, espandendo il suo fresco cosmo azzurro. –"Ma a Yogi Berra! Dimentichi forse i miei trascorsi nel baseball?"
Febo sorrise a sua volta, rinfrancato dall’eterno ottimismo del suo compagno. Forse era dovuto alle sue origini statunitensi, che ne faceva membro di un popolo che sembrava non arrendersi mai, o forse perché semplicemente aveva ragione. Non disse altro, bruciando il cosmo e affiancando l’amico nell’ultima azione contro Flegias.
"Tridente dei Mari Azzurri!!!" –Esclamò Marins, liberando guizzanti scariche di energia che sferzarono l’aria, abbattendosi su Flegias e disturbando la concentrazione necessaria per completare la possessione del Talismano.
"Specchio del Sole!!!" –Gridò Febo, portando al massimo il suo caldo cosmo e ristabilendo quell’intima connessione con il Talismano che l’ombra aveva cercato di ricoprire.
Immediatamente lo Specchio del Sole emanò un accecante arco di luce, con cui incenerì un cumulo di ombre circostanti e scaraventò indietro Flegias, prima di saettare nell’aria e tornare nelle mani del suo custode. Il Maestro di Ombre, irato per l’accaduto, scatenò subito un violento assalto di fiamme e ombra contro di loro, a cui Febo e Marins cercarono di opporsi.
"Insieme! Tridente dei Mari Azzurri!!!" –Gridò Marins, sul fianco destro del compagno. –"Specchio del Sole!!!" –Aggiunse l’amico.
"Non fermerete la Rapsodia di Demoni!!!" –Tuonò Flegias, mentre l’immensa marea nera scivolava a cascata verso i Cavalieri delle Stelle, oscurandoli in un universo ove le uniche luci erano quelle dei loro cuori. Le luci dei Talismani.
Febo e Marins bruciarono il loro cosmo come mai avevano fatto prima e l’energia prodotta generò una violenta deflagrazione che sconquassò il fianco della collina di Sitia, aprendovi fenditure e distruggendone l’ameno paesaggio, fino a scaraventare i tre avversari a terra. La luce scaturita fu talmente vasta da travolgere, come l’onda di uno tsunami, il mucchio di ombre sopra di loro e annientarle.
Flegias si rimise prontamente in piedi, muovendo con difficoltà le dita della mano destra ma riuscendo comunque ad impugnare la Spada Infuocata. Con essa balzò su Marins, che ansimante stava rialzandosi, per punirlo per aver osato interromperlo poco prima. Ma il Cavaliere delle Stelle fu abile a sollevare il Tridente e a bloccare la mortale lama tra le sue punte. Flegias tuttavia perseverò, liberando la spada e lanciando nuovi pericolosi affondi, a cui Marins dovette opporsi con determinazione, per non lasciare spazio alcuno di manovra al Maestro di Ombre. Ad ogni colpo, ad ogni collisione tra le due armi, scintille schizzavano in aria, e a Flegias sembrava di sentire la Spada Divina sul punto di andare in frantumi.
Incastrata nuovamente la nemica lama nelle punte del Tridente, Marins bruciò il cosmo, per travolgere Flegias da vicino con un maremoto di energia, ma il Maestro di Ombre paralizzò l’avversario in un cerchio di fiamme oscure, limitando i suoi movimenti. Quindi liberò con un colpo brusco la spada e torse il polso, in modo da roteare la lama e trinciare di netto la mano del Cavaliere delle Stelle all’altezza del proprio polso, strappandogli un grido di dolore.
"Marins!!!" –Gridò Febo, osservando il compagno mutilato crollare a terra, mentre Flegias sogghignante torreggiava su di lui, e gli diresse contro una bomba di energia solare, che il Maestro di Ombre fermò con un muro di fiamme e tenebra, lasciandola esplodere al suo fianco.
"Addio!" –Commentò semplicemente, puntando la spada infuocata verso Marins, che a fatica si stava rimettendo in piedi. Ma mentre Flegias stava per penetrare il corpo infiacchito del Cavaliere dei Mari Azzurri, qualcosa si interpose tra i due e la lama affondò nel basso ventre del figlio di Amon Ra.
"Febo!!!" –Urlò Marins, osservando il compagno sputare sangue ma trovare comunque la forza di afferrare la lama all’altezza della mano di Flegias, stringendo anche le ustionate dita del Maestro di Ombre in una morsa sempre più calda.
"Che diavolo stai facendo, Febo? Lasciala andare! Lasciala!!!" –Gridò Flegias, che non riusciva a togliere la mano dalla stretta infuocata del Cavaliere del Sole. Sollevò allora il braccio sinistro con cui iniziò a tempestare di colpi il viso etereo del ragazzo, senza che questi accennasse reazione alcuna, ancora intento a sprigionare i suoi raggi sull’arma e sull’arto di Flegias.
"Raggi gamma!" –Sibilò infine, liberando al massimo il suo potere.
Flegias sentì per la prima volta un dolore immenso alla mano destra, come se il sole lo avesse penetrato con tutto il suo calore. La lama infuocata vibrò per l’ultima volta, prima di fondersi e colare sul terreno, sottoposta a temperature troppo elevate, macchiando le corazze dei due guerrieri, mentre la mano di Flegias fu divorata da una fiamma lucente che neppure l’oscuro cosmo del Maestro di Ombre riusciva a estinguere. Una fiamma all’interno della quale la sua mano avvizzì di colpo, iniziando a squagliarsi, di fronte ai suoi occhi inorriditi.
Febo crollò a terra poco dopo, tra le braccia di Marins che lo afferrò in tempo, tenendolo stretto a sé e ammirandone il coraggio. Degno del sangue nobile che gli scorreva dentro. E ringraziandolo per averlo salvato.
"A… amici!" –Mormorò Febo, con un sorriso stanco.
Flegias, dal canto suo, barcollò per qualche istante, fino a incespicare sul suo mantello scarlatto e cadere a terra, continuando ad osservare attonito la propria mano che stava ripiegando su se stessa, vittima di un potere così grande, così infuocato da distruggere persino la Divina Spada che tante vittime aveva mietuto in passato. Fu in quel momento che una voce lo contattò tramite il cosmo.
"Mio Signore! Auuuhh!!!" –Esclamò il Capitano dell’Ombra che percepisce i segreti lussuriosi degli uomini. –"Siderius è caduto! E di Orochi e Lamia abbiamo perso le tracce! Inoltre un gruppo di soldati sta attaccando l’Isola delle Ombre da nord!"
"Ho capito!" –Si limitò a rispondere Flegias, rialzandosi e chiudendo la comunicazione con Licantropo. Fischiò due volte e l’immenso Roc ricomparve sopra di lui, planando vicino al Maestro di Ombre, che gli montò sopra con un balzo, afferrandosi al bianco piumaggio con la mano ancora sana. –"Non crediate che sia finita qua! Impegni più urgenti mi aspettano! E anche se ammetto che avete giocato bene, non significa che io non abbia il potere di vincere anche questa battaglia!" –Non aggiunse altro e se ne andò, tenendo per sé la rabbia di essere stato mutilato.
Aveva affrontato quasi tutti i Cavalieri di Atena, sia al Grande Tempio che sull’Olimpo, e i Cavalieri Celesti e le Divinità al servizio di Zeus, e per quanto spesso avesse dovuto subire i loro colpi, era la prima volta che sentiva di aver perso. La prima volta in cui non poteva dirsi soddisfatto di una sua azione. Persino quando Artemide lo aveva ferito, aveva assaggiato comunque il sapore della vittoria, che gli era stata offerta sul piatto su cui giaceva la massacrata Dea. Ma stavolta qualcosa era andato diversamente. E quel qualcosa, Flegias lo sapeva benissimo, era l’energia solare che aveva invaso il suo corpo, un’energia di origini diverse rispetto ai cosmi che aveva fronteggiato finora. Un’energia ancestrale, proprio come quella che albergava dentro di lui.
A fatica si trascinò fino al trono, nella caverna sotterranea dell’isola, illuminata soltanto dal baluginare fioco dei resti del braciere, crollando su di esso e gettando via la corona nera che portava sul capo. Per un momento sentì di non esserne degno, di non meritare il titolo di ambasciatore delle tenebre di cui era stato investito. Ciò che temeva, ciò che realmente aveva temuto per anni, aveva iniziato a verificarsi. E per quanto egli fosse forte e temerario, non poteva sottovalutare la minaccia che veniva da Avalon. Poiché era l’unica energia che realmente avrebbe potuto spazzarlo via.
Sogghignando, Flegias si sfiorò infine il collo alla ricerca della sola fonte di potere in grado di contrastare i Talismani. La Pietra Nera emanò un’oscura luce di morte, che infuse nuova energia allo stanco corpo del Maestro di Ombre, sopendo gli affanni di quella giornata. Flegias sollevò il braccio destro, osservando le avvizzite dita cibarsi della tenebra più nera, fino a ricominciare a muoversi, ad allungarsi, riprendendo le forme perfette che avevano sempre avuto.
Avalon poteva avere pure i suoi Talismani, ma lui avrebbe sempre avuto l’energia primordiale di colui che lo aveva generato.