CAPITOLO VENTICINQUESIMO: IL PESO DEL PASSATO.
Mentre Libra e Virgo cercavano di frenare l’avanzata dell’Esercito delle Ombre sul versante orientale del Grande Tempio, e Pegasus e i suoi compagni affrontavano il Comandante dei Capitani dell’Ombra e l’immenso drago Orochi, Ioria del Leone assisteva al martirio a cui il suo vecchio allievo, Siderius della Supernova Oscura, era stato condannato. Una corona di spine energetiche gli aveva penetrato la scatola cranica, prostrandolo a terra, tra sangue e grida di dolore.
"Siderius!!!" –Gridò Ioria, scattando avanti per intervenire. Ma venne spinto indietro da un’onda di energia, che lo scaraventò a terra come fosse di carta, indebolito per lo scontro appena sostenuto.
"Lascialo al suo destino, Cavaliere di Leo! È lo stesso che adesso riserverò a te! Un martirio indicibile, degna conclusione per un uomo che così tanto ha peccato!"
Alto e magro, con un viso pallido e scavato e profondi solchi sotto gli occhi, il carnefice di Siderius indossava un’Armatura Nera, decorata da fregi dorati simili ad un groviglio di spine, ricoperta in parte da un mantello color crema. Il suo nome era Lothar del Sudario di Cristo, fedelissimo del Comandante Orochi e da lui inviato a controllare Siderius, sospettato di un possibile tradimento a causa dei suoi legami con il Grande Tempio. Legami che si concretizzavano essenzialmente nell’uomo dal cuore divorato dal rancore che adesso giaceva ai suoi piedi. Il Cavaliere d’Oro maledetto che portava con sé i segni della sciagura.
"Ammetto di non essere troppo sorpreso di incontrarti, Ioria del Leone! Sapevo che Siderius era stato tuo allievo, e quando ha lasciato l’Isola delle Ombre, senza alcuna autorizzazione, ho immaginato che volesse approfittare dell’avvento della marea nera per entrare nel Grande Tempio e confrontarsi con te!" –Spiegò Lothar. –"Povero sciocco! Le emozioni lo hanno tradito! Un errore che non avrebbe dovuto commettere!" –Aggiunse, osservando Siderius aggrovigliato sul terreno, che cercava di liberarsi di quella corona che lo stava facendo impazzire. –"Su ben altri sentimenti avrebbe dovuto far leva per vincerti! Del resto, non sei certo il più forte tra i difensori di Atena!"
"Il tuo maestro ti ha insegnato anche a combattere o soltanto a blaterale inutili frasi, Cavaliere nero?" –Ironizzò Ioria, rimessosi in piedi e pronto per dare battaglia.
"Da Orochi ho soltanto appreso qualche tecnica di lotta, prettamente fisica! Quanto al resto, alla mia formazione spirituale, ci avevo già pensato da me! Nelle lunghe notti di preghiere, nelle lunghe notti trascorse a condannare i peccati degli uomini!"
Ioria concentrò un groviglio di fulmini sul pugno destro, scattando avanti, ma il Cavaliere Nero sollevò il braccio, bruciando il suo cosmo color crema e osservando soddisfatto una cintura di spine avvolgersi attorno all’arto del Cavaliere del Leone.
"Che diavolo succede?!" –Domandò Ioria, prima di sentire centinaia di spine energetiche che lo penetravano con violenza, insinuandosi tra le giunture dell’Armatura d’Oro e nelle crepe aperte in precedenza da Siderius.
"Vestigia magnifiche le tue, Cavaliere di Leo! Vestigia che un mio attacco diretto non riuscirebbe a scalfire! Ma, come prima ti ho detto, in battaglia ci sono tanti modi per vincere!" –Ironizzò Lothar.
Ma Ioria parve non voler perdere tempo ad ascoltarlo, muovendo di scatto il braccio destro, espandendo il cosmo dorato, con cui fece strage di quel mucchio di spine energetiche, e generando un reticolato di luce che si abbatté sul Cavaliere Nero.
"Il Lightning Plasma, se non erro?!" –Disse Lothar, senza scomparsi, limitandosi ad avvolgersi interamente nel proprio mantello, coprendosi persino il volto e lasciando che i raggi di energia schizzassero sul suo corpo, senza produrgli danno alcuno.
"Eh?! Come puoi non riportare ferite?!" –Sgranò gli occhi Ioria, ansimando per lo sforzo.
"Il mantello che mi protegge non è mero indumento decorativo, ma è un vero e proprio manufatto, una reliquia di potere, come furono la croce e il sudario di Cristo! Fu tessuto sull’Isola della Regina Nera secoli fa e me ne è stato fatto dono dall’ultimo alchimista oscuro, impressionato dalla mia profonda fede! Da quello che definiva integralismo religioso! Ah ah! Tutto ciò che vi sta dentro non può essere scalfito dall’esterno, perciò deponi le armi! Vani sarebbero i tuoi tentativi di recarmi offesa!" –Spiegò Lothar, abbassando il mantello e rivelando nuovamente il suo volto sarcastico e superbo. –"Ma già so che le mie parole si perdono nel vento! Cosa posso in fondo aspettarmi da un uomo che non ha creduto neppure a suo fratello?!"
"Che… cosa?!" –Ringhiò Ioria, avvampando nel suo cosmo dorato e generando una sfera di energia dorata che liberò all’istante, dirigendola contro Lothar, che fu svelto a balzare in aria per evitarla.
Ma Ioria non gli diede tregua, saltando in alto a sua volta, con il pugno pronto a colpire, ma Lothar gli lanciò contro il suo stesso mantello, che si abbatté sul Cavaliere, oscurandogli la visuale e facendolo incespicare, prima che il servitore di Flegias lo colpisse con un calcio, scagliandolo a terra. Quando Ioria fece per rialzarsi, si accorse di non potersi più muovere, prigioniero di quel mantello che sembrava avvolgerlo come un sarcofago.
"Dimenarti è inutile! Il rito di crocifissione è già iniziato!" –Esclamò Lothar, atterrando davanti al Cavaliere d’Oro e fissandolo con sguardo superbo. –"Presto morirai ma, com’è giusto che sia, prima ti mostrerò i peccati di cui ti sei macchiato, affinché tu sappia perché meriti la morte! Prima subirai la Crocifissione dell’Anima!!!" –Gridò il Cavaliere nero, richiamando a sé il mantello, che liberò Ioria, il quale realizzò finalmente in che posizione si trovasse.
Era sospeso a mezz’aria, proprio di fronte a Lothar, con le braccia spalancate ai lati e le gambe leggermente aperte. Nei palmi delle mani erano conficcati due grossi chiodi di energia cosmica, da cui sangue sgorgava copioso, imbrattando i guanti della corazza d’oro e cadendo poi a terra.
"Sprechi il tuo tempo e le tue forze!" –Esclamò il servitore di Flegias, osservando i continui sforzi di Ioria, che stava bruciando il cosmo nel tentativo di liberarsi da quella scomoda posizione. –"Conservale per ascoltarmi! L’enumerazione dei tuoi peccati richiederà tempo, poiché numerosi sono i comportamenti deplorevoli a cui ti sei abbandonato in vita, tanti quanti i chiodi che ti pianterò nel corpo! Riuscirai a sopportarli tutti? Riuscirai a sopportare la verità? Ih ih ih!"
"Sei un pazzo, Lothar! Un pazzo sanguinario!" –Ringhio Ioria, cercando di strappare le proprie braccia da quella prigionia.
"Sanguinario mi definisci? E con che aggettivi definiresti invece il tuo carattere, oltre che irruento e stupido?" –Lo zittì Lothar, avanzando fino a porsi di fronte a lui, ancora avvolto nel mantello color crema, con le mani giunte quasi in segno di preghiera, al punto che a Ioria, per un momento, sembrò davvero di vedervi un prete. –"La tua prima colpa è quella di essere nato! Già il fatto stesso di venire al mondo è stato un errore, un atto che ha determinato la morte di tua madre! Stanca, senza più forze ormai, ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita a sfamare un figlio che avrebbe soltanto contribuito a portare il male sulla Terra!"
"Bastardo!!!" –Esclamò Ioria con rabbia, nel sentire quelle parole dure. Parole che, purtroppo lo sapeva, erano vere, dato che sua madre era realmente morta pochi mesi dopo la sua nascita, pochi mesi dopo aver completato un parto difficile. Suo padre, il valoroso Agamennone, che aveva servito il Grande Tempio di Atena per molti anni, aveva interpretato ciò come un segno, come un presagio, e avrebbe voluto liberarsi del figlio maledetto. Ma lo sguardo del fratello, l’affetto che trapelava dagli occhi del suo primogenito, lo aveva frenato. E di questo, anni dopo, era stato grato a Micene.
Perché in fondo Agamennone voleva bene a entrambi, per quanto, anche quando Ioria aveva iniziato l’addestramento, sotto l’attento sguardo del fratello, appena investito Cavaliere d’Oro di Sagitter, non fosse mai riuscito a liberarsi da quei pensieri nefasti. Di quella stella che pareva sovrastare il ragazzo e gridare al maleficio. Era morto così, con un male nel cuore, prima ancora di vedere il secondogenito diventare Cavaliere di Leo e assistere alle sue prime imprese nella campagna d’Africa.
"Una strage! Nient’altro fu!" –Sentenziò Lothar, manipolando la mente di Ioria e mostrandogli i ricordi di quei giorni, quasi quindici anni prima. –"Quanti nemici uccidesti quel giorno sotto il sole d’Egitto? A quanti soldati strappasti la vita, privando mille famiglie dell’affetto dei propri cari?"
"L’Esercito del Sole Nero voleva conquistare Atene, e forse la Terra! Era mio dovere combattere, per difendere la pace!" –Si agitò Ioria. Ma Lothar piantò un terzo chiodo all’altezza del suo calcagno, bloccandogli la gamba destra.
"Proclamare la pace portando la guerra?! Un modo non troppo originale per far valere le proprie idee, Cavaliere! Oltre che debole di forze, sei debole anche di ideali!" –Esclamò ancora Lothar, mostrando nuovi ricordi al Cavaliere d’Oro. –"Anche Niso del Tucano e Eurialo del Dorado volevano conquistare Atene? Anche loro erano nemici? O li hai lasciati morire, senza fare niente per salvarli, sacrificando le loro vite per aver salva la tua, soltanto per codardia?!"
"Io… non li ho lasciati morire! Loro… loro mi dissero di voler combattere!" –Affermò Ioria, sentendo per la prima volta l’insicurezza nel tono della sua voce.
"Loro, deboli e feriti Cavalieri di Bronzo, hanno chiesto a te, uno dei Cavalieri d’Oro, che sulla carta dovresti essere l’onore e il vanto del Grande Tempio, di combattere da soli e tu li hai lasciati fare?! Li hai lasciati andare incontro al loro destino di morte?! Poiché, ben lo sapevi, che soltanto la morte poteva attenderli nei sotterranei della Piramide Nera! Se tu fossi stato più forte, se tu fossi stato capace, avresti salvato le loro vite e adesso sarebbero qua, a combattere al tuo fianco contro l’ombra!" –Esclamò acidamente Lothar, prima di smuovere ancora i ricordi di Ioria, piantando un nuovo chiodo di energia, stavolta nella gamba sinistra. –"Del resto, pare che la tua migliore qualità sia l’incapacità nel salvare amici e compagni! Non morì forse John Black davanti a te? Perché fosti troppo lento per impedirgli di agire? E Pegasus non uccise Cassios a causa tua, portando via l’allievo che per amore della sua maestra era giunto persino a dare la vita? Guarda, Ioria! Guarda e pentiti!!! Il buco che esplose nel petto di Cassios tu lo causasti, nessun’altro, soltanto tu!"
Ioria, crocifisso di fronte a Lothar, vide scorrere davanti a sé gli eventi di quei giorni infami. L’addio di Eurialo e Niso, l’uccisione di John Black, la morte di Cassios, che lui stesso aveva causato, incapace di reagire al Demone dell’Oscurità che gli aveva dominato la mente. Incapace, proprio come in quel momento, di liberarsi da un potere più forte di lui.
"E cosa dire di Shaka di Virgo, che sacrificò la propria vita per permetterti di fuggire dall’Isola dell’Apocalisse? E di Asher dell’Unicorno, che fosti incapace di salvare dai rovi di Menas della Rosa? E di Castalia dell’Aquila, che per anni ti sostenne, unica spalla su cui appoggiare il peso della tua debolezza, unica amica in un oceano di sospetti, i cui sentimenti mai hai ricambiato, lasciandola struggere in un solitario dolore?" –Continuò Lothar, piantando chiodi di energia nel petto di Ioria, nelle spaccature aperte da Siderius sulla corazza d’Oro. –"Ma le tre colpe maggiori, i tre peccati capitali per cui ti condannerò, li ho lasciati per ultimi, affinché tu fossi sufficientemente sconvolto, sufficientemente disperato per implorare la mia clemenza e farti dono della morte, al fine di non dover assistere ancora!"
Ioria non rispose, il corpo imbrattato di sangue che scivolava sull’Armatura d’Oro, il volto rivolto verso Siderius, riverso a terra, quasi incapace di muoversi più. Gli occhi gonfi di lacrime che non riusciva a trattenere.
"Tre colpe che a nessun uomo potrebbero essere perdonate! A un Cavaliere meno che mai!" –Sogghignò Lothar. –"Come si può perdonare infatti uno spergiuro che rivolge i propri colpi contro la Dea che dovrebbe proteggere? Hai giurato di credere in qualcosa, hai giurato di difendere Atena, ma non l’hai riconosciuta, per quanto palese fosse la manifestazione del suo cosmo, e l’hai attaccata, per provare qualcosa che il tuo cuore da solo non era in grado di capire! Neppure la morte è punizione sufficiente per tale crimine! Ma perché mi stupisco?! Avevi già dimostrato di non credere in niente, tanto meno in Atena! In cosa crede un uomo che caccia l’allievo che lui stesso ha scelto? L’allievo in cui ha visto la famiglia che aveva perduto, trasfigurandolo in un surrogato di felicità che gli era stata strappata?!" –Tuonò Lothar, puntando l’indice verso Ioria e poi verso Siderius, moribondo in una pozza di sangue.
In quel momento due Cavalieri Neri fecero la loro comparsa, raggiungendo Lothar di corsa.
"Ti presento Aglaia dell’Oca e sua sorella Areti del Fenicottero, due orfane che incontrai anni addietro, durante i miei pellegrinaggi nell’Europa Orientale!" –Esclamò Lothar, lasciando vagare per un momento la mente indietro nel tempo. Nascoste nella sacrestia di una chiesa ortodossa sconfessata, Aglaia e Areti avevano accolto di buon grado la proposta dell’uomo di seguirlo, attratte dalla speranza di un futuro e dalla prospettiva di essere veramente utili.
"Missionarie di Dio! Ecco cosa sarete!" –Aveva detto loro Lothar, quel giorno di molti anni prima. E quando aveva incontrato Flegias, turbolento spirito errante lungo le coste del Mar Nero, aveva compreso che egli era il Dio che stava cercando. Egli era il giudice che avrebbe punito l’umanità per i suoi eccessi, per i suoi peccati.
Figlio di una famiglia puritana della vecchia Inghilterra, Lothar aveva viaggiato per tutta l’Europa e il Vicino Oriente nel corso della sua giovinezza e aveva maturato la convinzione che la società moderna avesse dimenticato Dio e i suoi valori. Le antiche radici religiose erano state sacrificate sull’altare del progresso. Per questo aveva seguito Flegias, per mondare la Terra e tutti gli uomini dai loro peccati.
"Sai anche tu che un giorno sarai punito per questo!" –Gli aveva detto Flegias, con un sorriso sarcastico sul volto, osservando Lothar dispensare giudizi severi su tutto e su tutti. –"Condannare gli uomini per i loro peccati non è propriamente diffondere la parola di Dio! Ah ah ah!"
"Ne sono consapevole!" –Aveva semplicemente risposto Lothar. –"Ma qualcuno deve pur svolgere questo ingrato compito! Qualcuno deve condannare la specie umana per la dissolutezza a cui si è abbandonata!"
Flegias non aveva replicato. In fondo, quali che fossero le sue convinzioni, l’integralismo religioso che lo muoveva, Lothar era un buon combattente e dalla sua totale dedizione alla causa non avrebbe potuto che trarre giovamento.
"Portatelo sull’Isola! Tanto grave è stata la sua colpa, che sarà il Maestro di Ombre a decidere che pena assegnargli!" –Esclamò Lothar, rivolgendosi alle due donne, che si chinarono su Siderius, che ancora si dimenava, con il volto stravolto e macchiato dal sangue. Lo afferrarono per le gambe e lo trascinarono via. Solo allora Lothar tornò a volgersi verso Ioria, riprendendo il suo sermone, distratto dal ricordo di quel giorno in cui si era proclamato missionario di fede.
"Non aveva torto quando affermava che non l’hai mai amato! Hai visto in lui solo un modo per sfogare il tedio che ti attanagliava, trasferendo il tuo rancore su di lui, senza curarti dei suoi sentimenti, del suo bisogno d’affetto o del suo desiderio di avere un maestro, un amico, che si prendesse cura di lui! Ma tu, uomo meschino, che mai sei stato in grado di aver cura di se stesso, come hai potuto illuderlo, e illuderti, di potergli dare ciò che gli era stato portato via? Come potevi dargli un futuro, se neppure per te eri in grado di vederlo?!" –Lothar fece una pausa, quindi riprese, avvicinandosi a Ioria e piantandogli un chiodo di energia proprio vicino al cuore, sfondando i resti dell’Armatura d’Oro e strappandogli un grido.
"Godo nel sentirti disperare! Godo anche se so, e mi dispiaccio, che quest’espiazione non ripagherà al male che hai commesso! Soprattutto al male supremo! Prima ancora di non credere in Siderius, o nell’amore di Castalia, o in Atena, o nei tuoi compagni, tu hai calpestato qualcosa di più sacro, che ogni uomo dovrebbe tenere caro nel cuore! Hai insultato la tua famiglia, voltando le spalle a tuo fratello Micene, l’uomo che ti aveva addestrato, l’uomo a cui tutto dovevi, persino la possibilità di essere in vita! Lui, che ti amava così tanto, è stato cancellato da parole di tradimento a cui non ti sei mai preoccupato di rispondere, che non ti sei mai curato di mettere in dubbio! Hai creduto ad Arles ma non a Micene! Non all’uomo che per te era tutto! E questo io lo disprezzo, questo io lo aborro!!!" –Gridò Lothar, espandendo il cosmo e caricando i chiodi piantati nel corpo di Ioria di tutta l’energia che aveva.
Quindi, vedendo che il Cavaliere di Leo ancora non accennava a morire, che ancora si agitava lungo la strada del martirio, Lothar gli si avvicinò, sollevando il braccio destro e generando una corona di spine energetiche, sogghignando perversamente.
"Con questa, ogni lamento avrà termine! La Via Crucis del Leone finirà!"
Ma in quel momento una cometa azzurra sfrecciò nel cielo, piombando su di loro, schiantandosi sul bracciale destro della corazza del Sudario di Cristo, ferendo Lothar che venne spinto indietro dall’urto, perdendo la presa della sua corona di cosmo che si dissolse dopo pochi istanti. Quando si rimise in piedi, il Cavaliere Nero notò che c’era una donna di fronte a lui, una Sacerdotessa Guerriero a giudicare dalla maschera argentea che indossava. Una donna che, posizionatasi proprio di fronte a Ioria, pareva intenzionata a non lasciargli continuare il suo rito.
"Liberalo!!!" –Esclamò la Sacerdotessa.
"Mai!!!" –Si limitò a rispondere Lothar, tastandosi il braccio destro indolenzito. –"Ma se vuoi raggiungerlo… te ne darò la possibilità! Ci sono sempre troppi pochi martiri in questo mondo di colpevoli!"
"Ioria ha già sofferto anche troppo per le colpe di cui si è fatto, senza motivo, carico! Non di un martirio ha bisogno, solo di comprensione!" –Affermò la donna, prima di scattare avanti, concentrando il cosmo sul pugno destro. –"Cometa pungente!!!" –E scagliò centinaia e centinaia di pugni di luce contro Lothar, che, per niente impressionato, si limitò a sollevare il mantello, avvolgendosi in esso e parando così l’attacco della Sacerdotessa Guerriero.
"Adesso ti riconosco! E ben comprendo il motivo del tuo intervento!" –Sogghignò Lothar beffardo. –"Come potrebbe Castalia dell’Aquila assistere impotente alla morte dell’uomo che ama da sempre, dell’uomo che l’ha rifiutata!"
"Che sciocchezze vai dicendo?" –Brontolò Castalia. –"Pensa a combattere piuttosto!"
"Come desideri!" –Ironizzò Lothar, evocando un cerchio di spine energetiche che avvolsero Castalia, penetrando nel suo corpo all’altezza dell’addome, dove non era protetta dall’Armatura, e prostrandola a terra. –"Corona di spine!"
"Ma… maledetto!!!" –Ansimò Castalia, cercando di rimettersi in piedi. Ma Lothar fu subito su di lei, torcendole il volto e spaccandole la maschera con l’altra mano.
A quel gesto Castalia trasalì, scossa nel profondo da un immenso disagio, e lasciò esplodere il suo cosmo, scagliando Lothar indietro di qualche metro. Quindi, stanca per la convalescenza e per le ferite, si accasciò a terra, boccheggiando.
"Sentiti onorata! Concluderai accanto al tuo amato la tua poco onorevole carriera di Sacerdotessa! Ih ih ih!" –Esclamò Lothar, prima che un’abbagliante esplosione di luce lo distraesse. –"Ma… che succede?! Ancora vivo?!" –Sgranò gli occhi, osservando il corpo di Ioria ardere in una fiamma di oro lucente, mentre il ragazzo, con i muscoli tesi al massimo, strappava via i chiodi che lo avevano finora bloccato. I chiodi dei suoi rimorsi e, forse, delle sue colpe.
"Iaaah!!!" –Gridò Ioria, espandendo al massimo il suo cosmo e generando un’onda di energia che scivolò avanti, sorpassando Castalia e travolgendo Lothar, scaraventandolo molti metri addietro, contro una parete rocciosa nella quale si schiantò, rovinando a terra, con l’armatura danneggiata in più punti.
"Incredibile!!!" –Ammise, rimettendosi in piedi e sputando sangue. –"Un uomo in punto di morte, colpevole di innumerevoli peccati, di stragi e manchevolezze, per le quali qualsiasi Cavaliere si sarebbe tolto la vita, continua a rifiutare la propria punizione? Non hai dunque rispetto per niente, Ioria del Leone? Non credi davvero in nulla per continuare a offendere così Micene, Atena, John Black, e tutti coloro che hanno sofferto a causa tua?!"
"Credo nella vita, e credo nel futuro!" –Rispose semplicemente Ioria. –"E sono certo che, se sono qua, in questo mondo, un motivo deve esserci! Quello stesso motivo per cui non mi arrenderò mai, stringendo i denti e rialzandomi sempre, ogni volta in cui inciamperò, in memoria di coloro che sono passati, e che mi hanno lasciato qualcosa di insostituibile! Il diritto degli uomini di sbagliare, e di migliorarsi!"
"Diritto di cui ti sei arrogato, strumentalizzandolo fino al parossismo! Diritto di cui dichiaro la sospensione immediata!" –Affermò Lothar, bruciando il proprio cosmo e dandogli la forma di una corona di spine, che strinse attorno al corpo di Ioria, il quale non si lasciò però dominare e scatenò l’ardente potenziale del Leone, strappando via le spine e liberandosi da quella morsa. –"Folle! A tal punto giunge la tua eresia?"
"E la tua fin dove si spinge, Lothar del Sudario di Cristo? Ti fai vanto di un nome che non ti appartiene, poiché il figlio del Dio cristiano certo non ha chiesto ai suoi servitori di abbandonarsi a isteriche crociate contro i peccatori! No, nessun Dio vuole il male per i suoi fedeli! E tu, così facendo, hai calpestato la tua stessa fede, sfigurandola in un odio che non gli appartiene!" –Esclamò Ioria pacatamente. –"Pur tuttavia ti ringrazio! Perché mi hai aiutato a crescere!" –Aggiunse, tirando un sorriso a Castalia, appena rimessasi in piedi, pochi passi dietro di lui. –"Quest’oggi, finalmente, mi sono liberato di un demone che mi portavo dentro da tempo! Il fantasma dei miei ricordi, e dei miei rimpianti! E ho ricordato un insegnamento di Micene, uno dei primi, con cui rispose ad una mia domanda!"
"Il demone sei tu, Cavaliere di Leo! L’uomo che sciolse i sigilli di Crono anni addietro, dando inizio alla Titanomachia! Il tuo cosmo è intriso di peccato e io lo monderò con questa Pioggia del Martirio!!!" –Gridò Lothar, sollevando il braccio destro al cielo, mentre migliaia di chiodi energetici comparivano attorno e sopra di lui, sfrecciando nell’aria, diretti verso Ioria al suo segnale.
Ma Ioria non perse tempo, muovendo il braccio destro alla velocità della luce e generando un reticolato di cosmo che si chiuse a sua protezione, lasciando che i chiodi si schiantassero contro i raggi di energia dorata, neutralizzandosi a vicenda.
"Non vedi i doni degli uomini, confessore dell’ombra? Il magnifico potere di saper imparare e crescere!" –Commentò Ioria, aumentando l’intensità della gabbia di luce, che si fece sempre più aggressiva, ricacciando indietro la pioggia di chiodi, fin quasi a raggiungere Lothar, rimasto allibito ad osservare la scena. –"Ho sempre saputo di avere una difesa fallace, e ammetto che per anni non me ne sono fatto un problema! Sono un guerriero in fondo, e il mio compito è attaccare i nemici, non rimanere inerme ad attendere il loro assalto! Ciononostante credo di aver saputo in parte ovviare al problema!" –Sorrise Ioria, prima di fissare Lothar con determinazione e lasciare che il reticolato di luce si chiudesse su di lui. –"Lightning Plasma!!!"
"Stolto! Non hai imparato niente? Il sudario di Cristo mi difende!" –Commentò Lothar, avvolgendosi nel suo mantello. Ma tanto ardente era il cosmo del Leone, molto più di quanto era stato prima, che la protezione del Cavaliere Nero non bastò per contrastarlo e Lothar dovette osservare sgomento i raggi di energia lacerare il suo mantello, stridendo sulla corazza e scheggiandola in più punti.
Quando cercò di contrattaccare era troppo tardi. Le sue difese erano cadute e la stretta morsa della gabbia di luce si era chiusa su di lui, dilaniandogli il corpo. Crollò a terra, in una pozza di sangue, pezzi di pelle e frammenti di Armatura, mentre Ioria abbassava il capo, disgustato, voltandosi poi verso Castalia.
"Sto bene!" –Commentò lei, prima ancora che lui chiedesse qualcosa.
"Devo dirti qualcosa che non ti piacerà!" –Mormorò Ioria, avvicinandosi, con aria dispiaciuta.
"Ioria?!" –Balbettò Castalia, non capendo a cosa si riferisse il ragazzo. Mesi addietro, in Tessaglia, gli aveva confessato di vederla solo come un’amica, come una sorella con cui confidarsi. E quelle poche frasi erano bastate per spegnere qualsiasi fiamma del desiderio potenzialmente albergante dentro di lei. –"Hai fatto la tua scelta quel giorno! Così io ho fatto la mia!" –Rifletté, alludendo ai suoi sentimenti per Phantom.
"Cavaliere di Leo!" –Esclamò la rauca voce di Lothar, facendo voltare Ioria, sorpreso che fosse ancora vivo. –"Cavaliere di Leo, vieni qua!" –Aggiunse, stupendo Ioria ulteriormente. Che acconsentì comunque alla sua richiesta, avvicinandosi, ma con prudenza. –"Quale… quale insegnamento ti diede tuo fratello? Cosa può essere così forte da far camminare ancora un peccatore quale tu sei?"
"Perché combatti?" –Aveva chiesto Ioria quel giorno a Micene. E la risposta del fratello gli aveva tolto ogni dubbio.
"Per un ideale! Perché Atena, e la giustizia che proclama, non è altro che un ideale, la somma di desideri di pace e giustizia che anelano nel cuore di tutti gli uomini! Come potremmo infatti difendere i nostri amici, la nostra famiglia, le persone che amiamo, se non imbracciassimo le armi e combattessimo anche per loro? Forse falliremo, forse saremo travolti per via, ma se anche uno solo di coloro che abbiamo cari si salverà, potremo dire di non aver vissuto invano!"
"Un ideale…" –Balbettò Lothar, sputando sangue e crollando al suolo. –"Qualcosa che avevo provato anch’io! Qualcosa che ho tradito!" –E la sua mente volò via, ricordando la sua adolescenza, i suoi studi di teologia, gli anni trascorsi in seminario prima e in giro per il mondo poi, a meditare sul degrado della società presente. Una società che non aveva mai cercato di conoscere.
"Perché se tu lo avessi fatto, Lothar, avresti capito che al mondo c’è sempre una ragione per vivere!" –Commentò Ioria, ricoprendo il corpo martoriato del Cavaliere Nero con i resti del suo mantello sbrindellato.
"Ioria!" –Lo chiamò Castalia, avvicinandosi.
"Devo andare sull’Isola!" –Esclamò il ragazzo. –"Devo salvare Siderius! Non mi importa se adesso è un Capitano dell’Ombra! È tutto ciò che mi resta della mia famiglia, è l’ultima persona che posso essere in grado di salvare!"
"Sai che è una follia, vero?!" –Commentò Castalia.
"So soltanto che, tra le tante verità distorte, Lothar aveva ragione su una cosa! Ci sono persone che non sono riuscito a salvare, per quanto tutte loro abbiano sempre salvato me, soprattutto oggi! Siderius, almeno lui, non permetterò che me lo portino via!" –Disse Ioria, prima di prendere le mani di Castalia e chiuderle a pugno con le proprie. –"Promettimi di essere forte, perché c’è qualcosa che devi sapere!"
Castalia annuì, iniziando a tremare e ascoltando in silenzio le parole del ragazzo, da cui apprese della morte del Luogotenente dell’Olimpo, l’uomo a cui si era unita mesi addietro. Singhiozzando, la Sacerdotessa si lasciò cadere sul terreno, coprendosi il volto con le mani, cercando di cacciar via quella maledetta verità. Ioria si chinò su di lei, cercando di consolarla, e la abbracciò, donandogli un po’ di luce del suo cosmo.
Rimasero così per qualche minuto. In silenzio, confortandosi l’un l’altro, finché un rumore di passi affrettati non li disturbò. Ioria si rialzò giusto in tempo per vedere Asher e Tisifone spuntare dall’imboccatura della piccola valle interna, entrambi che reggevano il corpo di un Cavaliere Nero sconfitto.
"Umpf! Non valevano poi così tanto!" –Commentò Tisifone, gettando a terra il cadavere dell’avversaria. Asher fece altrettanto e Ioria, avvicinatosi per osservarle, le riconobbe. Erano Aglaia dell’Oca e Areti del Fenicottero, le due discepole di Lothar.
"Ma… se loro sono qua… questo significa che…" –Mormorò il Cavaliere di Leo, prima che Asher, con un sorriso, gli ponesse una mano su una spalla.
"Ti sta aspettando fuori dalla valle! Era troppo stanco per camminar fin qua!"
"Credevo aveste raggiunto i Cavalieri d’Oro!" –Commentò Castalia, rivolta a Asher e Tisifone, da cui si era separata prima di correre in aiuto di Ioria contro Lothar.
"Era là che ci stavamo recando, quando ci siamo imbattute in queste donnette, e nel prezioso carico che portavano con sé! Così, avendo appreso da te quanto Siderius fosse importante per Ioria, abbiamo ben pensato di fermarle!" –Esclamò Tisifone. –"Avevo proprio bisogno di un po’ d’azione!"
Ioria sorrise, ringraziando la Sacerdotessa per l’intervento, e corse verso l’uscita dalla valle, incitando i tre Cavalieri a seguirlo. La marea nera stava ormai sommergendo il Grande Tempio e, Ioria ne era certo, Libra e Virgo avrebbero avuto bisogno d’aiuto.
"Cosa ne pensi?" –Chiese una voce antica, mentre le immagini dei quattro Cavalieri di Atena scomparivano, e la superficie di fresche acque del pozzo sacro si increspava.
"Ardente e battagliero è il cosmo del Leone!" –Commentò il Signore dell’Isola Sacra. –"Tale e quale a suo fratello!"
"In lui risplende la fiamma di Adamant!" –Rispose l’Antico, con voce piena d’orgoglio.
"Adamant?! Immagino che questa sia una delle tante storie che conosci, Primo Saggio! Storie che, voglio ben sperare, un giorno mi racconterai!" –Sorrise Avalon.
"Ne sarei ben lieto… se mai ne avremo il tempo!" –Commentò l’Antico, a cui non sfuggì un sospiro.
Avalon annuì in silenzio, tornando ad osservare le immagini che comparivano sulle acque del pozzo sacro. Sorrise alla vista di Ioria del Leone. Non troppo diverso, si disse, dall’allievo che aveva un tempo addestrato.