CAPITOLO QUINDICESIMO: ANGKOR.
Andromeda non credeva ai suoi occhi. Di fronte a lui, bloccato a mezza via in un portale tra due mondi, il corpo del Cavaliere di Virgo risplendeva di pallida luce. Fermo ed immobile. Come il Custode della Sesta Casa poteva rimanere per ore, nelle sue lunghe meditazioni solitarie.
Stupito, Andromeda si voltò verso Dhaval, il Puro, chiedendo spiegazioni, mentre anche Tirtha e Pavit si avvicinavano, con uno sguardo assente che non lasciava trasparire alcun dubbio o timore.
"Cosa ci fa Virgo qua ad Angkor? E perché è prigioniero di questo… di questo specchio?! Credevo che egli fosse scomparso!" –Esclamò Andromeda.
"È una storia che risale a parecchi mesi fa!" –Rispose Dhaval con voce calma. –"Ai giorni in cui affrontavate il Dio della Guerra che aveva occupato il Grande Tempio di Atena e marciava con i suoi berseker sull’Olimpo! Ai giorni in cui Virgo, nostro maestro, venne massacrato da Ares e crocifisso sull’Isola dell’Apocalisse!"
"Ricordo questi eventi!" –Mormorò Andromeda, abbandonandosi ad un sospiro. –"Castalia raccontò a Pegasus e ad Atena tutto ciò che accadde sull’Isola, poiché Ioria sembrava non volerne parlare, ancora afflitto dai sensi di colpa per non aver potuto salvare il compagno!"
"Già! Mai come in quel momento percepii il cosmo di Virgo ridotto al minimo! Neppure quando affrontaste Ade!" –Affermò Dhaval.
"Voi sapete anche di Ade?" –Sgranò gli occhi Andromeda, stupito da tutte le informazioni di cui il discepolo di Virgo pareva disporre.
"Non siamo scomparsi dal mondo, Andromeda! Tutt’altro! In questi anni vi abbiamo vissuto molto più di quanto altri Cavalieri abbiano fatto, usando le nostre forze e i nostri poteri per aiutare un popolo ridotto alla fame!" –Esclamò Dhaval, alzando il tono della voce. –"La Cambogia è insanguinata da quasi vent’anni da una violenta guerra civile, per stupide motivazioni politiche! Gli eserciti si combattono su tutto il territorio nazionale e anche altri Stati sono entrati nel gioco! E chi soffre maggiormente per tutto questo, chi davvero sente la guerra sulla sua stessa pelle è la povera gente, la gente comune, che vive ammassata in villaggi tra la polvere e il fango, mendicando acqua e un pugno di riso! Ecco cosa abbiamo fatto negli ultimi anni! Abbiamo espanso il nostro cosmo fino a raggiungere l’illuminazione, quella che per noi è stata tale! La consapevolezza che i nostri poteri dovevano essere usati per aiutare i bisognosi, non per combattere! Così, il giorno ci mescolavamo alle genti dei villaggi, per aiutarli nei lavori umili, e la notte studiavamo ed esercitavamo i nostri poteri nel sepolcrale silenzio di questo tempio! Nessuno ci ha mai disturbato! Nessuno ha mai varcato il perimetro di Angkor Wat, neppure i soldati, che combattono in aree distanti! Né i popoli delle terre attorno, troppo intimoriti dalla mistica influenza di questo luogo! Soltanto due volte la nostra meditazione è stata interrotta! E in entrambi i casi abbiamo ottenuto preziose informazioni, sul mondo e sui nostri compagni, voi Cavalieri di Atena, impegnati a dar battaglia agli Dei nemici nelle lontane terre di Grecia!
La prima volta è stata poco più di un anno fa, in una notte senza vento come questa. Sentimmo una grande agitazione nella foresta, e rumori di lotta poco distante. Per un momento credemmo che i Khmer fossero arrivati fin qua, a sterminare coloro che rifiutavano di combattere per loro, ma poi percepimmo un’oscura energia annidarsi lungo i confini di Angkor! Un’energia intrisa di ombra e di fuoco!" –Esclamò Dhaval, tenendo fisso lo sguardo su Andromeda, il quale, a quelle parole, provò un brivido improvviso lungo la schiena, realizzando improvvisamente.
"Flegias!!! Quel demonio… era giunto fin qua?" –Esclamò.
"Non conosco il suo nome, né voglio saperlo! Mi è bastato guardarlo negli occhi per un momento per sentire la morte dentro al cuore! La morte di tutto ciò che credevo sacro! Quell’uomo covava nell’animo un fuoco più dannato dell’Inferno e non esitò a rivolgerlo contro di noi! Angkor venne messa a ferro e fuoco e le gallerie del tempio si accesero di oscure fiamme di morte, che non riuscivamo a spegnere! Arnav e Mahendra, due nostri compagni, allievi anche loro del Cavaliere di Virgo, terminarono la loro esistenza terrena quella notte, ardendo in un rogo di disperazione, per difendere questo santuario dal male! Nessuno di noi pareva possedere l’energia necessaria per fermarlo, nessuno di noi che fosse abbastanza folle da lanciarsi contro di lui! Pavit lo fu, e tutt’oggi ne porta i segni!" –Commentò Dhaval, non nascondendo un sorriso sincero, mentre Andromeda si voltava verso il discepolo dai capelli fulvi, che scopriva entrambe le braccia dalla tunica, rivelando i cimeli di quella notte. Ustioni profonde lungo gli arti.
"Ma cosa voleva Flegias? Perché attaccò Angkor?" –Chiese Andromeda.
"Cercava qualcosa!" –Rispose Dhaval a bassa voce. –"Un segreto nascosto tra le piaghe del tempo! Ancestrali manufatti che, a sentir lui, erano stati celati nel mondo antico, forse proprio in questo santuario! Ma non li trovò, e la sua cerca venne interrotta! Quando tutto sembrava perduto, e Tirtha, Pavit ed io ci stringevamo assieme, di fronte ai bassorilievi del Kurma, nella galleria orientale, un angelo discese infatti dal cielo per porgerci aiuto! E allora ci rendemmo veramente conto che al mondo esistono misteri così profondi, e ancora inesplorati, che è sciocco presumere di conoscere tutto!" –Sospirò Dhaval, prima di ricominciare a narrare. –"Un uomo apparve tra le fiamme, che sembravano inchinarsi al suo passaggio, quasi egli ne fosse il principe! Un uomo alto e bello, rivestito da un’Armatura rossastra che pareva essere costruita con il manto delle stelle tanto era luminosa e al tempo stesso eterea! Si rivolse al demonio, che credo già conoscesse, con aria di sfida, prima di scontrarsi brevemente con lui! Il suo intervento probabilmente distrasse Flegias che, convinto forse che non era questo il luogo della sua cerca, scomparve sogghignando in un turbine di ombre e fuoco! L’angelo si rivolse a noi con un sorriso, pregandoci di abbandonare le nostre preoccupazioni e di tornare a pregare, poiché la forza delle nostre preghiere, pure come i nostri ideali, avrebbero dissipato ogni angoscia! Quindi scomparve anche lui, portandosi dietro tutte le fiamme che avevano invaso Angkor, e sprofondandola nuovamente nel silenzio della notte!"
"Incredibile! Il mistero si infittisce! Flegias era dunque già attivo ben prima di recarsi sull’Olimpo! Mi chiedo cosa stesse cercando!" –Rifletté Andromeda, tra sé, prima di chiedere notizie sull’uomo che venne in loro aiuto. –"Era un Cavaliere di Atena?"
"Era un uomo che non avevo mai visto prima, ma posso dirti per certo, e i miei compagni ben testimonieranno, che nessun Cavaliere di Atena ha mai posseduto un cosmo simile! L’energia da lui sprigionata rasentava livelli divini, come se cumuli di spiriti e di mito albergassero in lui. Livelli che neppure il nostro maestro Virgo aveva mai raggiunto!"
"Non mi avete ancora detto cosa fa Virgo dentro questo specchio!" –Commentò Andromeda.
"Quella fu la seconda volta in cui le nostre meditazioni vennero interrotte!" –Rispose Dhaval. –"Non pensavo a lui da un po’ di tempo, troppo presi com’eravamo dalle cure ai feriti e ai moribondi dei villaggi qua attorno, quando una sera sentii il suo cosmo esplodere, portato al parossismo! Anche Tirtha e Pavit lo sentirono e mi raggiunsero all’istante, sicuri che il nostro maestro stesse bruciando tutto ciò che restava della sua stessa vita! Quali che fossero le sue motivazioni non lo sapevamo, ma bastò uno sguardo, a tutti e tre, per prendere la nostra decisione! Era il nostro mentore, colui che ci aveva avviato lungo la via del cosmo, insegnandoci a prendere confidenza con l’energia latente dentro di noi! Potevamo non essere d’accordo sull’uso da farne, ma non saremmo mai potuti restare inermi ad osservare Virgo scomparire dal mondo!
Così usammo tutta la nostra energia, tutto il potere del nostro cosmo, spingendoci oltre i nostri stessi limiti, per salvarlo dalla dimenticanza, per afferrarlo in tempo prima che precipitasse negli abissi dell’oblio! Ma la nostra padronanza del cosmo era imperfetta, come lo è tuttora, e il trasferimento da noi auspicato rimase incompleto! Così adesso il Cavaliere di Virgo è prigioniero tra due dimensioni, intrappolato tra due realtà diverse. Dietro di lui c’è la morte, il corso che la sua vita avrebbe dovuto prendere senza il nostro intervento, e davanti a lui, ancora avvolta nella nebbia, c’è la vita!" –Concluse Dhaval infine.
"Abbiamo tentato per tutti questi mesi di condurlo da noi!" –Intervenne Tirtha, la Pellegrina. –"Ci abbiamo trascorso nottate intere, dando fondo a tutte le nostre energie, ma lo sforzo che ci chiediamo è qualcosa che va oltre i nostri stessi limiti! Dobbiamo ammettere, Andromeda, di non essere capaci di salvare il nostro maestro, e di averlo condannato ad una prigionia perpetua, in bilico tra due mondi!"
"Non crucciatevi! Avete dato il massimo!" –Sorrise Andromeda. –"E lo avete fatto con onore, per salvare una vita, in conformità al vostro credo! Non avete niente da rimproverarvi!"
"Quest’oggi abbiamo sentito cosmi inquieti avvolgere le Andamane e il risveglio di Biliku ci ha messo sull’avviso! Da anni non percepivamo l’energia psichica della Donna-Ragno! Così abbiamo deciso di seguire la scia e siamo giunti in tempo per porgerti aiuto!" –Esclamò Pavit, il Devoto. –"Non è stato difficile comprendere quali fossero i nemici e quali gli amici!" –Aggiunse, ridacchiando.
"Questo non risolve comunque il nostro problema! Nessuno di noi può togliere Virgo da tale posizione, a patto di non sacrificare tutto se stesso!" –Tagliò corto Dhaval.
"Io conosco chi può farlo! Il Grande Mur dell’Ariete!" –Esclamò Andromeda. –"Già una volta ha aiutato il Cavaliere di Virgo a tornare da un’altra dimensione! Collaborerà con piacere! E se i suoi poteri non dovessero bastare, sono certo che Atena sarà lieta di dare una mano!"
"Atena…" –Mormorò Dhaval, allontanandosi e sfiorandosi la barba grigia. –"Vedi, Cavaliere di Andromeda, c’è un motivo se non siamo mai andati al Grande Tempio! C’è un motivo per cui dopo aver lasciato Kasia Kusinagara, luogo del nostro addestramento, ci siamo diretti verso Est e non verso la Grecia! E non è stato soltanto l’orgoglio per non aver ottenuto l’investitura! No, è stato qualcosa di più! Qualcosa che, a oggi, non ci permette di credere completamente in Atena e nei suoi Cavalieri, al punto da sentirci rasserenati per non esserlo diventati!"
"Non capisco, nobile Dhaval! Avevo capito che voi amaste la giustizia e l’aiutare gli altri!" –Commentò Andromeda.
"È proprio così, Andromeda! Abbiamo dato la vita a questo piccolo sogno! Ma dimmi, tu che di Atena sei Cavaliere, credi davvero che l’esserlo sia la strada per la vera giustizia? Credi davvero che il lanciarsi in guerre continue, di uomini contro uomini armati, sia l’antidoto per debellare il male che adombra la nostra Terra?"
"Io…" –Esitò per un momento Andromeda, incerto sulla risposta, prima di abbandonarsi ad un sorriso disteso. –"Credo che lo abbiate chiesto alla persona sbagliata! Ho passato mesi interi, forse anni, a combattere contro me stesso, contro il vero istinto di me che avrebbe abbandonato le armi all’istante, offrendosi al nemico per non doverlo combattere, per non dover spargere ulteriore sangue! Ma crescendo ho maturato la convinzione del male minore e ho capito che se non arginiamo l’ombra, affrontandola con tutte le nostre forze, ne saremo sopraffatti, e con noi saranno vinti anche tutti i popoli, tutti i deboli, che vorremmo proteggere!"
"Hai ceduto al lato peggiore di te, quindi?" –Commentò schietto Dhaval. –"Hai risposto alla guerra con altrettanta guerra!"
"Ho dovuto farlo, per difendere un ideale! Quando si crede davvero in qualcosa, in un sogno che ci portiamo dentro da sempre, spesso bisogna essere disposti a fare dei sacrifici, a perdere una parte di noi, affinché l’altra possa sopravvivere! E continuare la sua missione!"
"Parole vuote le tue, che non ti rendono poi così diverso dai nemici che hai affrontato quest’oggi!" –Rispose Dhaval.
"Dhaval!" –Esclamò Pavit, non condividendo le parole del Puro. Ma Tirtha lo pregò di non aggiungere altro e lasciare che il loro compagno si ritirasse, stanco di quella conversazione, e di tutta la lunga giornata.
"Non è mio interesse incontrare Atena, né nessun’altro dei Cavalieri! Ho deciso di contattarti quest’oggi per un solo motivo! Per mostrarti questo! Se davvero hai a cuore la sua vita, portalo al Grande Tempio e liberalo da quella prigionia!" –Concluse Dhaval, scomparendo nei corridoi scuri del tempio.
Andromeda rimase in silenzio per alcuni secondi, ad osservare l’oscurità, sperando quasi di vederlo ricomparire davanti a sé. La mano amica di Pavit gli sfiorò la spalla, sorridendogli amichevolmente e invitandolo a non prendersela troppo.
"Dhaval ama parlare con schiettezza e i suoi pensieri a volte possono non piacere! Ma è un uomo giusto e onesto, che desidera il meglio per tutti!"
"È quello che vogliono molte persone, Pavit! Ma non tutti conoscono il modo migliore per raggiungerlo!" –Commendò Andromeda, prima di chiedere che ne fosse stato dell’ultimo discepolo. –"Dhaval ha parlato di dieci discepoli, ma sommando a voi Ana, Loto, Pavone, Birnam e i due uccisi da Flegias ne manca ancora uno!"
"Di lui non amiamo molto parlare!" –Commentò Tirtha, con voce dura. –"Arne è la vergogna di tutti noi, e forse ciò che Dhaval davvero temeva potesse accaderci qualora avessimo raggiunto l’illuminazione!"
"Non capisco…" –Mormorò Andromeda.
"Arne ci ha tradito, Andromeda! Ha sfruttato le nostre conoscenze per mirare al potere assoluto, accrescendo la propria forza e facendone strumento di imperio!" –Spiegò Pavit. –"E quella notte… si unì a Flegias, e se ne andò con lui!" –Aggiunse, chinando il capo e sospirando. –"Dhaval da quel momento ha perso ogni fiducia nel cosmo e nei Cavalieri, credendo che tutti, presto o tardi, useranno i loro poteri per fini puramente egoistici, dimenticando l’altruismo che li aveva mossi in origine!"
Andromeda annuì con il capo, conscio della verità di quelle poche parole. I Cavalieri in fondo restano uomini, con tutti i loro pregi e con tutti i loro difetti! Commentò, voltandosi infine verso il Cavaliere d’Oro. Sospeso di fronte a lui, quasi retto da un immaginario piano verticale, che risplendeva tenue sotto la luce della luna. –"Ioria, Mur, mio fratello! In molti saranno felici di rivederti, Cavaliere di Virgo! Devo rientrare subito ad Atene e informare Lady Isabel! Non c’è altro che possa fare in questo luogo!" –Aggiunse, e Tirtha e Pavit gli diedero ragione. Il ragazzo si offrì addirittura di accompagnarlo, desideroso, com’era sempre stato, di ammirare lo splendore del Grande Tempio.
"Dhaval non approverà! Questo viaggio potrebbe compromettere la tua formazione spirituale!" –Commentò Tirtha, dubbiosa sul da farsi.
"Credo che Dhaval avrà altro di cui occuparsi prossimamente! Eh eh eh!" –Esclamò improvvisamente una quarta voce. Secca e tagliente, quasi la sghignazzata di un ragazzo, sembrava provenire dall’oscurità attorno a loro, dagli androni bui della torre sopra il sacrario centrale.
"Chi sei?!" –Gridò Andromeda, muovendo lo sguardo nella vasta sala, ma non incontrando altro che ombra.
"Sono Sakis del Quadrante Oscuro!" –Esclamò decisa la voce, mentre un uomo, rivestito da una nera armatura, dalle spigolose forme geometriche, appariva proprio di fronte a loro, uscendo da un quadrato di luce grigia, che scivolò lungo tutto il suo corpo prima di scomparire. Non era molto alto, ma aveva un fisico ben piazzato, con corti capelli grigi e una cicatrice sulla guancia destra, vicina all’angolo della bocca.
"Co… come hai fatto a entrare all’interno di Angkor?" –Gridò Pavit, sconcertato da tale accadimento. –"Non ho percepito assolutamente la tua presenza!"
"È da parecchi minuti che ascolto i vostri discorsi! Conversazioni interessanti, devo dire, soprattutto la scoperta che il Cavaliere di Virgo è ancora vivo! Il Gran Maestro di Ombre pagherà bene questa informazione!" –Scoppiò a ridere Sakis, che sembrava essere perfettamente a suo agio. –"Chissà, forse ordinerà proprio a me di ucciderlo!"
"Sei un servitore di Flegias, eh? Ma non ti permetterò di rivelare questo segreto, né di avvicinarti a Virgo!" –Esclamò Andromeda, scagliando la sua Catena avanti. Ma l’arma non raggiunse Sakis, che aprì le braccia di scatto, generando un quadrato di luce oscura, ove la Catena precipitò dentro, senza trovare mai una fine. –"Cosa?! Una distorsione dimensionale?!" –Sgranò gli occhi il Cavaliere di Atena.
"Vedi, Andromeda, non hai potuto impedire che arrivassi in questa stanza dieci minuti fa, come potresti evitare che io appaia accanto al Cavaliere tuo amico e lo colpisca al cuore?" –Esclamò Sakis, con voce divertita. –"Ma resto comunque un bastardo onesto, e ho un mio codice d’onore! Forse perché il ricordo di essere stato un orfano come te non è mai scomparso dal mio cuore? Il ricordo di aver vissuto per anni in quello stesso orfanotrofio dove tu e tuo fratello Phoenix siete cresciuti!"
"Un orfano? Eri anche tu uno dei bambini inviati dalla Fondazione…"
"Per divenire Cavaliere? Sì, lo ero! Ma non ho mai ottenuto un’Armatura, perché non l’ho mai desiderata intensamente!" –Continuò Sakis, toccandosi il naso. –"Il mio maestro mi cacciò dandomi dell’indolente, stufo dello scarso impegno che infondevo nell’addestramento! Neanche un mese fa gli ho spaccato il cranio, con un secco colpo di mano! Non che sia stato difficile, in fondo, apparire dietro di lui e toglierlo dal mondo! Anche se, ammetto, questa personalissima vendetta non mi ha soddisfatto poi così tanto! Eh eh eh!" –Rise Sakis, in modo scanzonato e superficiale.
"Hai ucciso il tuo maestro a sangue freddo, e ridi delle tue azioni! Che persona sei?" –Esclamò Andromeda, ma Pavit gli fermò la mano, facendosi avanti e dichiarando di voler affrontare lui l’invasore del sacro suolo di Angkor.
"Fai meno lo sbruffone, testa rossa! Verrà il tempo anche per la tua morte! Ma non è adesso!" –Lo zittì Sakis, spingendo il ragazzo indietro con un’onda di energia nera. –"Sono soltanto venuto in ricognizione, a tastare il terreno prima della battaglia! Ah, dimenticavo, vi ho detto che Angkor è sotto assedio?"
Proprio in quel momento una violenta esplosione assordò i presenti, facendo tremare l’intera torre sopra il sacrario principale, mentre grida confuse provenivano dal piazzale anteriore, proprio dove Andromeda aveva ammirato le monumentali torre di Angkor, e i visi scolpiti su molte di esse.
"Temo che il portone principale sia saltato! Iemisch non è tipo da andarci leggero!" –Ironizzò Sakis, posando di nuovo lo sguardo su Andromeda. –"La Tigre Nera è arrivata, Cavaliere, ed è in cerca della sua preda! Ti consiglio di farti trovare quanto prima, onde evitare che si abbandoni a qualche… spuntino, per stimolare l’appetito!" –E strizzò l’occhio ai due discepoli di Virgo.
"Dhaval!" –Esclamò Tirtha, sentendo il cosmo del compagno ardere impetuosamente.
"Maledetto!!!" –Strinse i pugni Pavit, lanciandosi contro Sakis, senza però raggiungerlo, in quanto l’esploratore oscuro stava già scomparendo in un quadrante di energia grigia, che dissolse il suo corpo, strascicando via la sua risata beffarda. –"Cosa facciamo?!" –Chiese quindi ad Andromeda, riluttante all’idea di correre fuori e lasciare Virgo da solo.
Il Cavaliere di Andromeda esitò per un momento, prima di annuire con il capo e lanciarsi in una rapida corsa lungo la galleria, diretto verso l’esterno in aiuto di Dhaval. Sakis ricomparve proprio davanti a Virgo, osservando i tre compagni scivolare verso la battaglia, con un sorriso di sfida sul volto. Quindi si voltò verso l’inerme Cavaliere d’Oro, realizzando che sarebbe bastato un colpo solo per spaccargli la testa, proprio come aveva fatto con il suo mentore. Scoppiò a ridere, scuotendo la testa, prima di disegnare nuovamente nell’aria il suo quadrante oscuro e tuffarvisi dentro, realizzando di possedere ancora un senso dell’onore.
Quando Andromeda, Pavit e Tirtha uscirono nel cortile esterno, trovarono Dhaval intento a difendersi, con una cupola dorata di energia, dagli attacchi congiunti di un gruppo di nemici. Con un colpo d’occhio Andromeda ne contò ben quattro, oltre al Capitano dell’Ombra che ben conosceva. Alto e robusto, con larghe spalle e portamento fiero, Iemisch, la Tigre d’Acqua, avanzò con baldanza, tenendo l’elmo a forma di muso felino sotto il braccio e lasciando che il leggero vento del Sud-Est Asiatico muovesse i suoi folti capelli viola.
"Ben trovato Cavaliere di Andromeda! Spero non ti dispiaccia se ho portato qualche amico!" –Esclamò, abbandonandosi ad un perverso sorriso di sfida.
"Chi sono costoro?!" –Gridò Andromeda, mentre Tirtha e Pavit correvano in aiuto di Dhaval.
"I miei compagni d’avventura! Lascia che ti presenti i miei allievi!" –Ridacchiò Iemisch. –"Timos del Gatto Nero, il cui umore altalenante dipende molto dalla luna! Questa è una delle sere in cui è particolarmente… come definirlo, affamato? Sì, credo sia il termine giusto, vero Timos?" –L’uomo indicato da Iemisch non rispose, limitandosi ad accucciarsi sul terreno a quattro zampe, proprio come fosse un gatto, mentre la luce lunare illuminava le feline forme della sua nera corazza. Da Athanor di recente forgiata.
Emise un suono indecifrabile, simile ad un miagolio, prima di scattare avanti, ad una velocità superiore a quella del suono, diretto contro Tirtha, che venne atterrata e sbalzata indietro. Pavit fece per intervenire, ma la voce imperiosa di Iemisch lo richiamò, presentandogli il secondo Cavaliere nero che lo accompagnava.
"Dario del Fiume Tigri! È persiano, ed è un po’ pazzo! La notte sogna di essere la reincarnazione di Dario il Grande!" –Scoppiò a ridere il Capitano dell’Ombra. –"Ma anche la pazzia, dico sempre, ha il suo fascino! Soprattutto quando è volta al male!" –In quel momento l’uomo chiamato Dario si portò di fronte a Pavit, separandolo da Tirtha ed impedendogli di correre in aiuto della sua compagna.
"Stratis e Stelios, dei Capretti!" –Esclamò Iemisch, mentre gli ultimi due uomini al suo fianco si lanciavano contro Dhaval, obbligandolo a fronteggiarli entrambi. –"Sono assai scarsi, ma spero che almeno in due riusciranno a tenergli testa! Ah ah ah!" –Scoppiò a ridere Iemisch, prima che un movimento nello spaziotempo accanto a lui lo distrasse. –"Ah, e ovviamente già conosci Sakis, del Quadrante Oscuro?!" –Esclamò, mentre il giovane appariva vicino a lui, uscendo dal portale dimensionale.
"Il Cavaliere di Virgo è prigioniero tra due mondi nell’alta torre sopra il sacrario centrale!" –Affermò Sakis, inginocchiandosi di fronte a Iemisch, mentre tutto intorno la battaglia tra i discepoli di Virgo e i Cavalieri neri seguaci di Flegias iniziava. –"Inerme e impotente, si offre a voi come un agnello sull’altare del sacrificio!"
"E perché non l’hai ucciso subito?" –Esclamò sorpreso Iemisch.
"Credevo che voi avreste voluto gloriarvi di tale onore! Il Maestro di Ombre loderà indiscutibilmente chi gli farà dono di una simile vittoria!" –Commentò Sakis, ancora a testa bassa, volgendo piano lo sguardo verso Andromeda e strizzandogli un occhio.
"Brillante intuizione la tua, Sakis! E sia, me ne occuperò io! Trincerò la vita di quell’efebico santone con questi miei artigli! Rimani in disparte e osserva come si vince un Cavaliere di Atena!" –Esclamò ruggente la Tigre d’Acqua, indossando il proprio elmo. Osserva come si diventa il Comandante dell’Esercito delle Ombre! Rifletté, espandendo il cosmo e sfrecciando contro Andromeda, dirigendogli contro migliaia e migliaia di fendenti energetici, simili alle unghiate incandescenti di un felino. –"Fiera di sangue!"
Il Cavaliere di Atena non si fece prendere alla sprovvista, sollevando le Catene e generando una difesa circolare che non lasciò passare neanche uno dei sottili artigli di energia di Iemisch, per quanto Andromeda fosse obbligato a mantenere la massima concentrazione, per garantire un movimento costante della Catena. Sarebbe bastata una minima incertezza, un ritardo anche se piccolo nella rotazione di un paio di anelli e la Tigre Nera avrebbe sicuramente trovato un varco nella sua difesa, raggiungendo e dilaniando le sue carni.
Era agile e determinato, e questo Andromeda glielo leggeva negli occhi, in quell’iride grigia dalle attraenti sfumature argentee. Lo sguardo di una fiera desiderosa di affondare nel corpo della preda, saziando il suo inesauribile appetito. Per quanto fisicamente lo fosse, ad Andromeda Iemisch non appariva affatto umano. Tutt’altro. Molto più che Mizar e Alcor, o Kira, i cui simboli erano anch’essi animali, Iemisch pareva aver acquisito movenze squisitamente feline, pareva davvero cacciare come una tigre. Senza dargli tregua, rimanendo sempre con il fiato sul collo della preda.
"Onda del Tuono!!!" –Esclamò il ragazzo, lanciando la Catena a Triangolo e cercando di smuovere la situazione, per togliersi da una pericolosa impasse. Ma Iemisch, come Eligor della Mantide l’anno precedente, pareva davvero distruggere la Catena ad ogni attacco che portava, scheggiandone ogni volta un pezzo. E il fatto che l’arma fosse stata ricostruita con parti di mithril la diceva lunga sulla precisione e la potenza del Capitano dell’Ombra. Che sembrava sapere dove e come colpire. –"Disponiti a tagliola!!!"
"Non servirà!" –Precisò Iemisch, con un sorriso bieco sul volto, mentre la Catena di Andromeda assumeva la forma di una trappola per belve, al fine di bloccare i suoi movimenti. Sembrò riuscirci per un attimo, prima che il Capitano dell’Ombra ne sgusciasse fuori, con l’agilità di un delfino, stupendo lo stesso Andromeda.
"Come hai fatto?! Nessuno si è mai liberato dalla stretta dalla mia Catena!"
"Forse perché nessuno possedeva la corazza della Tigre d’Acqua, Andromeda! Agile e potente, si aggira nelle acque dei fiumi e dei laghi della Patagonia, catturando le sue prede e trascinandole sott’acqua!" –Spiegò il Capitano dell’Ombra. –"L’Armatura che mi veste è tale e quale al manto del leggendario animale, vischiosa quanto basta da poter scivolare via, nell’ombra ove cacciare! Difficilmente la tua Catena potrà intrappolarmi, poiché io potrò sempre liberarmi!" –Aggiunse, mentre Andromeda scagliava nuovamente la sua arma contro di lui, che si annodò attorno al suo braccio destro. Ma bastò uno strattone di Iemisch per scioglierla e liberare l’arto. Un attimo dopo la Tigre Nera già caricava il suo nemico. –"Fiera di sangue!!!"
L’energia di Iemisch elettrificò l’aria circostante, abbattendosi su Andromeda sotto forma di un poderoso reticolato di luce argentata, fitto e incisivo, obbligando nuovamente il Cavaliere d’Atena alla difensiva. Ma così vigoroso era l’attacco della Tigre d’Acqua che Andromeda venne sbilanciato e barcollò all’indietro, dando modo a Iemisch di trovare un varco nelle sue difese. E sfruttarlo.
"Assaggia gli artigli della Tigre Nera, Andromeda!" –Ringhiò Iemisch, strusciando una violenta unghiata di cosmo sul fianco destro dell’Armatura Divina, che sfrigolò tra mucchi di scintille. –"Contentati della coriacea pelle che t’han donato gli Dei! Non fosse per quella, saresti già un agnello sacrificato! Come Virgo presto sarà! Eh eh!" –Rise Iemisch, caricando di nuovo con gli artigli incandescenti di pura energia.
"Onda energetica!!!" –Gridò Andromeda, liberando guizzanti fulmini dal palmo della mano destra. Ma Iemisch, che aveva osservato bene la sua preda mentre combatteva con Iaculo, si aspettava quella mossa, così la anticipò, gettandosi a terra, scivolando con facilità sul notturno manto erboso e portandosi proprio ai piedi di Andromeda. Sogghignò, notando lo stupore sul volto del ragazzo, e la paura montare in lui, prima di colpirlo dal basso con una raffica di calci. Mille e forse più. Andromeda non riuscì a contarne altri perché venne spinto indietro, perdendo l’elmo dell’Armatura Divina e sbattendo la testa su qualche masso sporgente.
Iemisch non gli diede tempo di rifiatare, lanciandosi su di lui, con gli artigli sguainati e montando sopra il corpo ferito del Cavaliere, in modo da bloccargli le braccia e le gambe. Andromeda si dimenò, usando le Catene per cacciar via il suo avversario, ma le vide con orrore sgusciare sulla vischiosa corazza nera, proprio mentre Iemisch gli mostrava le dita della mano destra, ove artigli di energia argentata si allungarono all’istante, dietro al suo eccitato sorriso di vittoria. Un attimo dopo il Capitano li piantò nel collo di Andromeda, strappandogli un grido così violento da fermare persino gli altri tre scontri in atto fuori da Angkor.
Pavit e Tirtha avrebbero voluto correre in suo soccorso, ma Timos e Dario non glielo permisero, rinnovando i loro assalti e obbligandoli alla difensiva. Dhaval si liberò in quel momento di Stelios e Stratos, travolgendoli con un’onda di energia dorata e gettandoli a terra a gambe all’aria. Troppo deboli per lui, ma ugualmente noiosi da impedirgli di fare altro.