CAPITOLO DODICESIMO: NUBI SULL’OLIMPO.

Ermes e Atena trascorsero buona parte della notte a parlare nella Sala delle Udienze alla Tredicesima Casa, alla presenza di Pegasus e di Ioria del Leone, a cui dopo qualche ora si aggiunse anche il Grande Mur. Questi infatti, dopo aver spruzzato il distillato del sangue di Biliku sulle rose di tutto il Grande Tempio e dintorni, e averle osservate con soddisfazione decomporsi nel terreno, si era preso cura di Asher, Tisifone e Castalia, imbottendoli di un sedativo naturale e restando con loro finché non li aveva visti addormentarsi, finalmente cullati da un sonno sereno.

"Quando domattina si sveglieranno ricorderanno poco o nulla di quanto è accaduto! Accuseranno solo un gran mal di testa!" –Aveva commentato Mur, raggiungendo i compagni alla Tredicesima Casa.

Ermes aveva accennato un timido sorriso, sollevato dalle notizie del Cavaliere di Ariete, ma ancora carico di così tanti pensieri da non riuscire a vederne la fine. Sospirò, appoggiando sul vassoio una tazza di tisana, che Isabel aveva fatto preparare, davanti agli occhi attenti dei Cavalieri e della stessa Dea.

"Zeus sta male!" –Esclamò infine, rivelando il motivo della sua visita. –"Da parecchi giorni ormai! E non riusciamo a scoprire la causa del suo malessere! È pallido, spesso febbricitante, e il suo fisico è molto debole, al punto che spesso non riesce neppure a camminare e deve appoggiarsi a Era o a Ganimede per rimanere in piedi! Non sapete quanto il suo orgoglio regale ne soffra e lo faccia sentire impotente! Sono convinto che preferirebbe farsi uccidere in battaglia che vivere come un invalido!"

"Ma com’è possibile, Ermes? Cosa è accaduto al Padre di tutti gli Dei?!" –Chiese Atena, visibilmente preoccupata per la sua sorte.

"Non so dirtelo Atena! Non conosco il male che ha infettato il Signore del Fulmine, ma sento il suo cosmo indebolirsi ogni giorno di più! E questa insolita stanchezza si riflette su tutto il Sacro Monte! La sempiterna primavera dell’Olimpo sta scomparendo, appassendo sotto i colpi di un autunno improvviso di cui non riusciamo a scoprire le cause!" –Sospirò Ermes, con voce triste.

"E Ascelpio cosa ne pensa? Non riesco a credere che il Dio della Medicina non conosca un rimedio per aiutare Zeus!"

"Asclepio è scomparso!" –Confessò Ermes. –"Temo proprio che gli sia successo qualcosa di grave! Come a Morfeo e alle altre Divinità massacrate dai figli di Ares! Una settimana fa ho sentito il suo cosmo esplodere a Pergamo, in Asia Minore, e ho subito inviato alcuni Cavalieri Celesti a controllare! Ma non hanno trovato niente, soltanto l’immenso Santuario del Dio ardere sotto una violenta pioggia di fuoco! Un rogo di morte come quello che ha raso al suolo Themiskyra, città sacra alle Amazzoni di Ippolita, e altri luoghi di culto sull’intero pianeta Terra!"

"Questo è terribile!" –Esclamò Isabel, reprimendo un singhiozzo. –"Asclepio…"

"È tutta colpa di quel bastardo di Flegias!" –Intervenne Pegasus, improvvisamente. –"Sono sicuro che, non pago del dolore che ha provocato a tutti noi risvegliando Crono e Ares, ha ancora in mente qualcosa!"

"Credevo che Flegias fosse stato catturato e ucciso dai Cavalieri di Zeus!" –Precisò il Grande Mur, cercando poi l’assenso di Ermes.

"Ahimè! Temo che i poteri del Flagello degli Uomini siano superiori alle nostre aspettative!" –Commentò il Messaggero degli Dei, raccontando a Pegasus e agli altri le vicende dell’inseguimento, e della cattura di Giasone da parte di Flegias, dopo che questi aveva risvegliato la Maestria di Ombre. –"Apprese tali notizie, Zeus dichiarò che se ne sarebbe occupato personalmente e fece preparare da Efesto nuovi fulmini da usare, pur senza conseguire alcun risultato effettivo! L’innaturale male che l’ha colto non gli ha dato infatti pace alcuna, impedendogli qualsiasi movimento! Era, Demetra ed io, ormai le ultime Divinità superstiti, siamo rimasti al suo fianco sull’Olimpo, per tutti questi giorni, impossibilitati ad occuparci di altro!"

"Avreste dovuto avvisarci prima, Messaggero degli Dei!" –Esclamò Pegasus, sfregandosi le mani al pensiero di ingaggiare battaglia con Flegias.

"Avremmo voluto evitare di farvi lottare ancora, ragazzo!" –Commentò Ermes, con un timido sorriso. Prima che il suo sguardo si incupisse nuovamente. –"L’isola dove Flegias si è rifugiato… è una vera e propria terra di ombra! Mai avevo provato una sensazione simile, neppure messo di fronte alla prospettiva del Tartaro! Il vento che spira da quella landa desolata è un’immensa ombra, che pare sul punto di avvolgere la Terra intera! Persino i fulmini di Zeus, scagliati dalla cima del Sacro Monte, prima che egli crollasse riverso al suolo, troppo debole persino per sollevarli, non sono riusciti a penetrare la cortina di tenebra che la avvolge! Né alcuno dei poteri degli ultimi Dei Olimpici è stato in grado di entrarvi!"

"E Giasone? È ancora prigioniero di Flegias? O… peggio ancora?!" –Mormorò Ioria.

"Il Luogotenente dell’Olimpo ha armato tutti i Cavalieri Celesti e, noncurante dei miei avvertimenti, li ha condotti sull’Isola delle Ombre, nel disperato tentativo di liberare un amico!" –Spiegò Ermes, mentre i suoi occhi si caricavano di lacrime. –"L’ho pregato ripetutamente di non farlo, di non condurre i Cavalieri al suicidio, perché solo una prospettiva di morte si apre loro, e sono certo che Phantom ne sia a conoscenza! Ciononostante è voluto lo stesso partire, valoroso e nobile fino alla fine, e con lui sono andati Gwynn e tutti gli altri! Nessuno è rimasto sull’Olimpo, a parte Era, Demetra, Ganimede e alcune ancelle, e nessuno dei Cavalieri Celesti più vedrà i Templi del Sacro Monte! Moriranno tutti! Sì, moriranno tutti!" –Pianse Ermes, di fronte agli sguardi inquieti di Atena e dei Cavalieri.

In quello stesso momento i cosmi lucenti dei Cavalieri di Zeus apparvero nel mare al largo dell’Isola delle Ombre. Erano in diciotto, quel che restava della Legione di Glastonbury, e li guidava Phantom dell’Eridano Celeste. Al suo fianco Gwynn del Biancospino e l’intrepida Artemide, Dea della Caccia, che non aveva esitato ad appoggiare il Luogotenente dell’Olimpo nella missione suicida. Del resto, anch’ella aveva validi motivi per voler mettere fine a quella guerra che strage aveva fatto di tutti i suoi Cacciatori, Atteone per primo, e di tanti Dei suoi compagni.

Arrivarono da ovest, cavalcando un’immensa onda, che Phantom aveva generato grazie ai suoi poteri di controllo sull’acqua, aiutato dal Talismano di Demetra, a cui la Dea aveva infuso nuova energia poco prima di partire. In questo modo sarebbero giunti sull’Isola senza dover ricorrere al teletrasporto, che il manto di oscurità sovrastante pareva impedire. Flegias comunque non si lasciò cogliere impreparato, salutando l’arrivo dei suoi ospiti con una violenta esplosione del vulcano principale dell’Isola, che sbuffò improvvisamente, liberando scintille e immense ombre, che piovvero dal cielo, abbattendosi sull’onda e sui Cavalieri Celesti, che furono sbalzati bruscamente a terra. Non passarono neanche pochi secondi, che un esercito di soldati dalle Armature nere venne loro incontro, armati di lance e di spade.

"Attenti!!! Attaccate subito!" –Gridò Phantom dell’Eridano, incitando i Cavalieri e dando l’esempio per primo. –"Gorgo dell’Eridano!!!" –Tuonò, liberando una sfera di energia acquatica che si abbatté su un gruppo di avversari, esplodendo al contatto e scaraventandoli indietro.

Ma non ebbe il tempo di gioire che dovette coprirsi gli occhi con il braccio destro, a causa dell’improvvisa luce color violetto che comparve di fronte a lui. Non era poi così intensa, ma nell’oscurità dell’Isola abbagliava come un piccolo sole.

"Scansati!!!" –Gridò Artemide, gettandosi su Phantom e sbattendolo a terra, proprio mentre un disco di energia violacea sfrecciava sopra di loro, schiantandosi sulle rocce retrostanti e sbalzando in aria alcuni Cavalieri Celesti.

"Grazie!" –Si limitò a rispondere il Luogotenente dell’Olimpo, rialzandosi.

"Adesso siamo pari! Tu mi hai salvato una volta ed io ti ho reso il favore!" –Commentò Artemide, radunando un gruppo di Cavalieri Celesti. –"Non credere però che questo faccia di noi due amici! Al massimo due compagni d’arme, destinati a vivere e a morire insieme!" –Precisò, prima di lanciarsi nell’ombra, seguita da tali Cavalieri.

Phantom rimase qualche secondo ad osservarla, ricordando quel giorno nella Foresta di Artemide, dove aveva dovuto ingannarla per salvare Castalia. E forse, con lei, anche le sorti di quella guerra. Castalia! Mormorò il Luogotenente, pensando alla donna a cui si era unito mesi addietro. La donna che non aveva potuto rivedere, impegnato com’era in una guerra che pareva non avere mai fine. Una guerra che lo rubò di nuovo ai suoi pensieri, proprio mentre la luce di energia violetta che l’aveva abbagliato in precedenza appariva nuovamente sulla cima di una sporgenza rocciosa poco distante, circondando la sagoma di un uomo in armatura.

"Chi sei, Cavaliere? Mostrati a Phantom, Luogotenente dell’Olimpo!"

"Ambita preda si presenta a Siderius della Supernova Oscura! Addirittura l’Olimpico campione si offre alla mia mano di morte, quale onore!" –Commentò l’uomo, mentre la luce viola del suo cosmo scemava d’intensità, permettendo a Phantom di vedere i suoi tratti, marcatamente latini, e l’armatura che lo rivestiva. Nera come la notte in cui erano immersi, da cui riusciva a distinguerla solo grazie alle rifiniture violacee e argentee che la ornavano. –"Sono il Capitano dell’Ombra preposto a rubare il futuro agli uomini! E per te, Luogotenente, prevedo una fine in miseria! La sorte che spetta a chi impudentemente conduce i propri seguaci allo sbaraglio!"

"Non per obbligo mi hanno seguito, Siderius della Supernova, ma per dare agli uomini un futuro, proprio quello che tu intendi strappare loro!" –Esclamò Phantom, lasciandosi avvolgere dal suo cosmo, dallo scintillante color verde acqua. –"Non avrei potuto trovare avversario migliore, per confrontare i nostri ideali! Così diversi, così contrari!" –Aggiunse, lanciandosi verso l’alto, con il pugno carico di lucente energia cosmica.

Ma non riuscì a raggiungere Siderius che questi scomparve all’istante, fondendosi con la tenebra attorno e lasciando dietro di sé solo una sottile ma pungente risata.

"Dove sei, Capitano?!" –Domandò Phantom, atterrando sulla rupe dove Siderius si era mostrato poco prima, con i sensi tesi a captare ogni singolo movimento.

"Qua!" –Esclamò Siderius all’improvviso, apparendo proprio sul fianco destro di Phantom e poggiando una mano sul suo petto, mentre una sfera di energia viola esplodeva, schizzando il Luogotenente indietro di decine di metri, fino a farlo schiantare contro una roccia.

"Ma… maledetto!" –Rantolò Phantom, crollando sulle ginocchia e tastandosi la corazza dell’Eridano Celeste, fumante per l’assalto ricevuto e piena di crepe. –"Sei un vigliacco! Ti nascondi nell’ombra, attaccando di sorpresa!!!"

"Tutt’altro!" –Ironizzò Siderius, avanzando a passo deciso verso il Luogotenente. –"Cerco soltanto di carpire dall’ambiente ogni profitto che potrei trarvi! Usandolo a mio vantaggio!" –Aggiunse, dirigendo una nuova sfera di energia violacea contro Phantom, che quella volta fu agile a evitarla, saltando in alto, mentre la sfera distruggeva la roccia dietro di sé.

Ma anche Siderius balzò in alto, intuendo il movimento dell’avversario, e lo afferrò per le gambe mentre era ancora in volo, roteandolo in cerchio e scagliandolo poi con forza verso terra. A fatica Phantom riuscì a recuperare l’equilibrio, prima di schiantarsi alla meno peggio sull’arido suolo.

"Ah ah ah! Più che un Luogotenente, mi sembri un giullare di corte, Eridano Celeste!" –Lo sbeffeggiò Siderius, atterrando compostamente a terra.

"Pagherai la tua insolenza, Capitano dell’Ombra! Flegias avrebbe dovuto insegnarti anche l’onore e il rispetto verso il tuo avversario, oltre che a guerreggiare e a togliere la vita!" –Esclamò Phantom, rimettendosi in piedi.

"Non Flegias è stato mio maestro! Ma un Cavaliere d’Oro di Atene! È a lui che devo il merito di avermi avviato alle arti della battaglia!" –Commentò Siderius.

"Bugia! I Cavalieri di Atena sono nobili e valorosi! Mai avrebbero potuto addestrare biechi assassini come i servitori del figlio di Ares!" –Esclamò Phantom indispettito, concentrando il cosmo tra le mani. –"Gorgo dell’Eridano, risplendi!!!" –E lo lanciò contro Siderius, il quale, in tutta risposta, si limitò a portare entrambe le mani avanti, caricandole con il proprio cosmo oscuro e fermando con esse il globo di energia acquatica di Phantom. –"Che cosa?! Non può essere!!!"

"Hai decretato la tua morte quando hai messo piede su quest’isola, Luogotenente dell’Olimpo! La notte che sovrasta questa terra mira all’estinzione di ogni forma di luce, di ogni stella che si azzardi a risplendere sotto questo cielo di tenebra! Perciò più espandi il tuo cosmo, più lucente esso si palesa, e molto più in fretta la tua energia sarà risucchiata, inghiottita dalla grande ombra!" –Spiegò Siderius, avvolgendo il Gorgo dell’Eridano in una matassa indistinta di tenebra. –"Sono quindi vani i tuoi sforzi, e destinati a concludersi in un nulla!" –Precisò, rispedendo indietro l’attacco di Phantom, che investì in pieno il Cavaliere Celeste, esplodendo al contatto e scaraventandolo a terra. –"Osserva, adesso, il potere della Supernova Oscura!!! Esplosione della Supernova!!!" –Gridò Siderius, liberando un devastante potere sotto forma di uno sferoide di energia violacea, che sfrecciò sul terreno, rendendolo incandescente, fino a schiantarsi contro il petto del Luogotenente dell’Olimpo, scaraventandolo indietro e strappandogli un grido di dolore.

Phantom precipitò sul terreno, schiantandosi in una pozza di sangue, tra i frammenti della sua Armatura Celeste, distrutta in più punti, come mai lo era stata prima di allora. Del leggiadro colore che Efesto gli aveva dato nelle fucine nell’Etna adesso non era rimasto niente, soltanto polvere e un macabro rossore di sangue.

"Comandante!!!" –Gridarono alcuni Cavalieri Celesti, accorrendo in aiuto del Luogotenente dell’Olimpo, ma Phantom li pregò di rimanere indietro, per non essere feriti a loro volta.

"Restate, invece! E lasciate che io recida anche lo stelo del vostro futuro!" –Sentenziò Siderius, generando un nuovo sferoide di energia violacea e dirigendolo contro i Cavalieri Celesti, i quali non riuscirono ad evitarlo, tanto elevata era la sua velocità, venendo travolti in pieno e scaraventati ovunque.

Il Capitano dell’Ombra osservò le corazze e i corpi dei suoi avversari schiantarsi in più punti, prima che i loro resti ricadessero sul terreno sterile dell’Isola maledetta. Quindi, scuotendosi le mani dalla polvere, diede loro le spalle, per dirigersi altrove, dove sentiva che vi era battaglia. Ma dopo sette passi Phantom lo richiamò.

"As… petta!!!" –Mormorò il Luogotenente dell’Olimpo, avanzando a quattro zampe sul terreno e cercando di rimettersi in piedi, per quanto le ferite gli dolessero e sentisse di avere il petto in fiamme.

"Ti alzi ancora? Non credevo che a voi Cavalieri Celesti venisse insegnato come perseguire la morte sempre e comunque! Sei un kamikaze?" –Ironizzò Siderius, tirandogli un’occhiata di sbieco, con i suoi occhi neri. –"Ma se tanto la brami, allora la aiuterò a venirti incontro! Sono o no l’ambasciatore del futuro?!" –Aggiunse, balzando in aria e gettandosi a piedi uniti contro Phantom.

Ma il suo attacco quella volta non riuscì a raggiungere il risultato previsto, venendo frenato da uno scrosciante getto di energia acquatica, che Phantom diresse contro di lui, con il proposito di rallentare la sua discesa, prima di afferrargli i piedi con entrambe le braccia, cariche del suo cosmo scintillante.

"Per quello che mi riguarda, appari troppo pretenzioso per ergerti ad ambasciatore della Nera Signora!" –Commentò Phantom, ansimando, prima di sollevare a fatica le braccia e spingere Siderius indietro.

Il Capitano dell’Ombra compì un’agile piroetta nel cielo tetro ed atterrò compostamente a gambe unite molti metri addietro, ammettendo di essere stupito dalle capacità di ripresa del giovane.

"Non che comunque in queste condizioni tu possa fare molto!" –Ironizzò Siderius, prima di espandere il suo cosmo violetto e caricare un nuovo sferoide di energia.

"Posso combattere per Zeus e per il futuro che voglio offrire agli uomini!" –Esclamò Phantom, bruciando al massimo il proprio cosmo e dirigendo contro Siderius il Gorgo dell’Eridano. –"Madre! Padre! Che avete sempre pregato per me, dal basso versante dell’Olimpo, assistete vostro figlio maggiore un’ultima volta!!!" –Aggiunse, ricordando Elena e Deucalione.

"Esplosione della Supernova!!!" –Gridò il Capitano dell’Ombra, liberando la sfera di energia, che si schiantò contro l’attacco di Phantom producendo una violenta deflagrazione, la cui onda d’urto spinse entrambi indietro, fino a farli schiantare contro le pareti di roccia circostante.

Quando Siderius si rimise in piedi, scuotendo la testa, un po’ stordito dalla violenza dell’attacco, notò che, al di là del cratere generatosi nel terreno, del Luogotenente dell’Olimpo non vi era più traccia. Ad eccezione di macchie di sangue sparse e frammenti di Armatura Celeste. Sorrise soddisfatto, convinto di averlo eliminato, prima di allontanarsi, balzando di rupe in rupe. Se fosse rimasto qualche attimo di più, avrebbe intravisto Phantom riapparire poco distante, appoggiato a una parete di roccia, sudato, sfinito e sanguinante. L’effetto del Talismano di Demetra, che gli permetteva di mimetizzare la propria Armatura con l’ambiente circostante, era ormai esaurito, sia a causa della distruzione della sua corazza, sia per colpa dell’immensa ombra che tutto sovrastava. Ma era comunque durato a sufficienza per impedirgli di fare la fine dei suoi compagni.

Si strusciò gli occhi con una mano, cacciando via le lacrime che non riuscì a trattenere, prima di cercare di rimettersi in piedi. Ma, troppo debole per i colpi ricevuti, crollò sulle ginocchia, poggiando le mani a terra e osservando il sangue bagnare l’arido suolo dell’Isola delle Ombre. Ovunque attorno a lui vi era guerra, ovunque scorreva il sangue degli uomini che aveva portato a morire. E gli tornarono in mente le parole di Ermes, con cui aveva cercato di fermarlo.

"Non per codardia ti dico di non andare, Luogotenente! Ma per amore verso la vita!" –Aveva esclamato il Dio, ore prima, mentre Phantom e i Cavalieri Celesti si stavano preparando per partire. –"Senza Zeus, non avrete alcuna speranza! Nessuno di noi l’avrà!"

"Saremo noi la speranza di Zeus!" –Avevano risposto in coro i suoi compagni.

"Devo… morire con loro!" –Rantolò Phantom, facendo leva su un ginocchio per rimettersi in piedi. Ci riuscì a fatica, giusto per incrociare lo sguardo di un ragazzo, nascosto tra le rocce poco distanti. Vistosi scoperto, il giovane iniziò a fuggire ma Phantom lo chiamò, spiegando di non volergli fare alcun male. –"Resta!!!"

Il giovane si fermò pochi passi più avanti, voltandosi indietro verso l’uomo ferito, tremando combattuto sul da farsi. Ma poi, osservando meglio la sua corazza e lo sguardo del Cavaliere, pieno di giustizia e speranza, tornò indietro, avvicinandosi a Phantom.

"Sei un Cavaliere di Atena?" –Domandò il ragazzo, magro e gracilino, con una falda di capelli biondi, sporchi e strappati, come se fossero giorni che non potesse lavarli.

"Sono il Luogotenente dell’Olimpo, al servizio del Sommo Zeus! Di Atena e dei suoi Cavalieri amico e alleato!" –Rispose Phantom.

"È il cielo che ti manda!" –Esclamò il biondino. –"O forse la follia!" –Aggiunse, mentre la sua voce veniva sovrastata da un nuovo rombo del vulcano, che liberò altre vampate di fumo e di ombra, aumentando ancora l’oscurità sull’Isola. –"Io sono Matthew, uno dei tanti apprendisti del Grande Tempio di Atena ridotti in schiavitù durante la Grande Guerra e trascinati nei sottosuoli di quest’isola, a lavorare in condizioni disumane, dove ho visto cose orribili venir generate! A stento sono fuggito, ti prego Cavaliere conducimi via di qua, portami in Grecia!" –Esclamò il ragazzo con agitazione.

"Ti aiuterò per quello che posso, Matthew di Atene!" –Commentò Phantom. –"Ma anche tu dovrai aiutare me! Qual è la via per i sotterranei? Indicamela, di modo che io possa raggiungerli e distruggere i progetti del figlio di Ares!"

"Indicarti la via per la morte? Vuoi dunque fare di me il tuo carnefice?! A tal punto giunge la tua follia?!" –Esclamò Matthew, inorridendo alle parole di Phantom. –"Sei solo, Luogotenente! Solo contro un esercito di ombre e Cavalieri assetati di sangue! Andiamocene, ti prego! O posso dirti con certezza che né tu, né alcuno dei pochi Cavalieri che ti accompagnano, riuscirà a sopravvivere a così tanta oscurità! Non senza l’aiuto di qualche Dio che vi sorregga!"

"Maledetto Flegias!!! C’è Giasone là dentro! Ed io devo salvarlo!"

"Giasone?!" –Domandò Matthew incuriosito. –"È questo il nome del giovane Cavaliere della spada e dello scudo?"

"Lo conosci? Lo hai visto? È salvo?!" –Incalzò Phantom.

Matthew si distanziò da lui di qualche passo, iniziando ad incamminarsi lungo la riva scoscesa. Solo dopo qualche metro si fermò, voltandosi indietro verso il Cavaliere.

"Se salvare lui era lo scopo della tua missione, Luogotenente Olimpico, mi duole informarti che essa è fallita! La sorte di Giasone è ormai segnata! Un tunnel di fuoco e di ombra lo attende! E la morte alla fine di esso!" –Sentenziò Matthew con un sospiro. –"Stessa sorte attenderà noi se non ce ne andremo! Perciò ti prego, desisti dal procedere e conducimi in Grecia! Se moriremo qua, nessuno informerà Atena, né Zeus, degli oscuri progetti del figlio di Ares! Hai delle responsabilità maggiori che non dare libero sfogo alla tua vendetta, per quanto giusto il tuo desiderio sia!"

Phantom strinse i pugni, maledicendo Flegias con rabbia. E maledicendo anche se stesso. Sconfitto per la seconda volta. Sapeva che le parole di Matthew erano giuste, che sull’Isola avrebbe incontrato certamente la morte, ma il pensiero di dover abbandonare Giasone nuovamente lo torturava. Nuovamente lo faceva sentire in colpa. Sospirò, prestando orecchio al vento, alle grida dei cosmi di Artemide, di Gwynn e degli altri Cavalieri Celesti impegnati in una dura battaglia.

La Dea della Caccia aveva infatti guidato un gruppo di Cavalieri di Zeus contro i soldati di Flegias, sbaragliandoli in fretta, essendo soltanto degli uomini maligni e armati, privi di ogni conoscenza del cosmo. Ma la loro avanzata sull’Isola delle Ombre era stata fermata poco dopo, da una violenta esplosione cosmica, che li aveva spinti indietro, facendoli ruzzolare sul terreno, mentre un uomo alto e possente usciva dall’ombra, avanzando fiero verso di loro.

"Dove credete di andare?!" –Esordì l’uomo, rivelando le sue fattezze e l’Armatura nera che lo rivestiva, dalle forme simili ad un drago.

"Dobbiamo forse rendere conto a te?" –Ribatté Artemide con baldanza.

"Modera i toni, Dea delle Pecore! Hai davanti a te il Comandante del mio Esercito di Ombre!" –Esclamò una voce acuta che Artemide ben conosceva.

Di scatto, la Dea sollevò lo sguardo verso la rupe alla destra del gigantesco guerriero, ove Flegias apparve all’istante, rivestito dalla sua scarlatta Armatura, le cui sfumature parevano fondersi con il turbinio di fiamme e di ombra che lo avvolgeva. Non indossava elmo alcuno, lasciando i neri capelli fluttuare nel vento. E lasciando il suo demoniaco sguardo posarsi su Artemide, senza remore alcuna, e paralizzare i suoi movimenti, mentre un brivido scuoteva la sua colonna vertebrale.

"Phobos e Deimos hanno fallito due volte con te! Ma a me basterà un solo incontro… per dimostrarti quanto sono speciale!" –Sogghignò il figlio di Ares, espandendo il proprio cosmo oscuro e infuocato.

"Quanto sei pazzo, vorrai dire, Flegias!!!" –Ringhiò la Dea, cercando di liberarsi da quella morsa mentale con cui il figlio di Ares l’aveva intrappolata. Ci riuscì, grazie al suo cosmo divino, ma non fece in tempo ad incoccare una freccia dell’Arco della Caccia che Flegias era già di fronte a lei, avvinghiandola in un turbine di fiamme, che parevano davvero volersi saziare del suo corpo e del suo spirito.

"Sbranatela viva, fiamme dell’ombra! Allungatevi lungo il prosperoso corpo della Dea selvaggia e siate rudi con lei! Come la Dea essere trattata!" –Sibilò Flegias, sfoderando la Spada infuocata che portava affissa alla cintura. –"E tu, Orochi, occupati dei suoi tirapiedi! Che nessuno lasci vivo l’Isola! Saranno l’aperitivo per celebrare il mio trionfo!"

"Ungh… bastardo!!!" –Ringhiò Artemide, dimenandosi per cacciar via quelle fiamme che parevano essere vive, che parevano strisciare sulla sua corazza, cercando i punti scoperti e penetrando nel suo corpo, per bruciarla dall’interno. –"Ma non mi avrai così facilmente, no!!! Vendicherò Atteone e i miei Cacciatori, caduti a causa dei tuoi inganni! E lo farò uccidendo te, cane figlio di Ares!"

"Uuuh, lingua biforcuta la tua!" –Ironizzò Flegias. –"Poco adatta per gli Olimpici fasti! Forse sarà meglio tagliarla!" –E si avvicinò a passo lento verso Artemide, sollevando la lama di fuoco davanti al volto e lasciando che le fiamme si mescolassero a quelle che ardevano tetre nei suoi occhi. Gli occhi di un demonio.

"Vi invoco, antichi Spiriti della Foresta di Artemide, che da millenni custodite le immacolate pendici del Monte Sacro! Datemi la forza affinché io possa estirpare le fiamme dell’odio da cui sono avvolta!" –Mormorò la Dea, con voce placida e tranquilla, quasi volesse dimenticarsi della rabbia che l’aveva colta fino ad allora. –"Mi rivolgo a voi, Spiriti della Foresta, alla vostra sapienza e all’ancestrale forza di cui siete custodi!"

"Mormora pure le tue preghiere, vacca dissennata! Non sarà il tuo rosario ad impedire il martirio che ti ho riservato!!!" –Sibilò Flegias, sollevando un braccio e mostrando ad Artemide il polso, avvolto in fiamme d’ombra. Sogghignando, Flegias chiuse le dita della mano, a stringere il fuoco dentro sé, aumentando in tal modo la stretta sulla Dea della Caccia, che sentì le ossa scricchiolare sinistramente, la pelle incendiarsi per le ustioni e addirittura la Veste Divina schiantarsi in più punti.

"Spiritiii!!!" –Gridò Artemide, espandendo al massimo il suo cosmo e generando un’esplosione di luce che squarciò le tenebre di quel giorno, sfilacciando le fiamme che l’avevano avvolta e permettendole così di impugnare il proprio Arco della Caccia e puntare una freccia contro Flegias, che era stato sbalzato indietro di qualche metro dalla deflagrazione. –"Dardo di Artemide!" –Esclamò, liberando lo strale lucente, che sfrecciò verso il figlio di Ares ad una velocità superiore a quella della luce.

Ma Flegias lo colpì con rabbia e con precisione, tagliandolo perfettamente a metà con un secco colpo della sua Spada Infuocata, stupendo la Dea della Caccia, e balzando su di lei, con la lama sollevata, prima di calarla sul suo braccio destro.

"Aaaah!!!" –Gridò Artemide, mentre la Spada Infuocata scheggiava la Veste Divina, bruciandole la pelle al di sotto e facendole perdere la presa dell’Arco, che cadde a terra. Quindi Flegias la spinse indietro, con una secca ginocchiata in pieno petto, gettandola in malo modo tra la polvere. Un attimo dopo le montò sopra, schiacciandola con il suo peso e stritolandola con il suo cosmo carico di fiamme e ombra. Le afferrò i capelli, tirandole su la testa con rabbia, giusto in tempo per osservare il Drago dell’Ombra strappar via la vita degli ultimi Cavalieri Celesti.

"Guarda, oh Dea delle Pecore, la strage del tuo gregge!" –Sibilò Flegias, strusciando la lama infuocata sul collo di Artemide, assaporando gocce del suo sangue divino e lasciando che le fiamme incendiassero i lunghi capelli corvini della Dea.

"Male… Maledettooo!!!" –Gridò infine Artemide, espandendo al massimo il suo potere e scaraventando indietro Flegias dalla violenza dell’onda d’urto che generò. Si risollevò in piedi, avvolta nel suo cosmo color indaco, e portò entrambe le braccia avanti, invocando le ancestrali evanescenze della Foresta di cui era custode sull’Olimpo. –"Gli Spiriti della Foresta non avranno pietà di te, Flegias! Troppo hai peccato per concederti di vivere ancora!" –E diresse contro il figlio di Ares le evanescenti figure di cosmo con cui aveva contrastato Phobos e Deimos mesi addietro.

"Non mi avrai!" –Ringhiò Flegias, sollevando il braccio destro al cielo e generando una violenta tempesta di energia, ove fiamme e ombra parevano mescolarsi in un reciproco gioco al massacro. –"Apocalisse Divina!!! Impera!!!"

Gli Spiriti della Foresta di Artemide cozzarono contro la tempesta di energia, fiamme ed ombra, stridendo gli uni contro l’altra, mentre i due avversari riversavano il massimo del loro potere per strappare la vittoria. Flegias, sogghignante, pareva non sentire neppure lo sforzo immenso a cui Artemide lo stava chiamando. O se anche lo sentì, fu abile a non mostrare cenno alcuno di cedimento, né davanti alla Dea, né davanti a Orochi.

"Eccitante!" –Sibilò il figlio di Ares, i cui occhi lampeggiavano di un fuoco di morte. E subito dopo aumentò il potere della tempesta di energia, che sopraffece gli Spiriti della Foresta, disperdendoli nell’ombra circostante, abbattendosi su Artemide e sollevandola in un’onda di fiamme e tenebra. Con violenza inusitata, Flegias sbatté la Dea contro il terreno roccioso, molti metri addietro, ghignando soddisfatto nel vedere i cocci della sua Veste Divina e una macchia di sangue allargarsi sotto di lei.