SAINT SEIYA LOST CANVAS
VOLUME 9 - IL TORO
Personaggi Presenti: Hasgard, Cor Tauri, Teneo, Sion, Selinsa, Sisifo, Aspros, Ilias, Encelado, Tifone, Maiya, Agasha, divinità dell’Olimpo, Europa, bambini orfani, abitanti del Santuario.
Data: 1735 / 1749
Lunghezza: 200 pagine in b/n.
CAPITOLO 1 (58) - LE DUE STELLE GIGANTI
Nel 1749, sei anni dopo la fine della guerra sacra, Teneo del Toro continua a sognare il maestro Aldebaran. Al momento lui e Sion, divenuto Grande Sacerdote, sono gli unici Cavalieri presenti, e stanno lavorando alla ricostruzione del Santuario insieme agli abitanti di Rodorio. I lavori però procedono a rilento, rendendo Teneo dubbioso dei propri mezzi. Nel frattempo, un carro di viveri e medicinali su cui ci sono, tra gli altri, Selinsa e Agasha, si avvicina al Santuario, quando una frana rischia di schiacciarli. Teneo arriva in loro soccorso e spazza via le rocce con il Great Horn, ricordando per un attimo Aldebaran a Selinsa, ma poi un terremoto causa un crollo ancora maggiore, obbligando tutti alla fuga. Quella notte, Teneo fa rapporto a Sion, impegnato a restaurare l’armatura di Perseo, e a sua volta sorpreso da quanto sia difficile mandare avanti il Santuario. Questo non è il primo terremoto avvenuto di recente, e si teme ci sia una causa segreta dietro: una missiva segreta ricevuta dal Papa di Roma avverte infatti che Tifone, il Gigante leggendario della Gigantomachia, starebbe per liberarsi dal suo sigillo nell’Etna, sotto la Sicilia, e dovrebbe essere lui la causa delle scosse. Non è in realtà la prima volta che succede, visto che un evento simile si era già verificato 14 anni prima rendendo necessario inviare un messo a imprigionarlo di nuovo, ma evidentemente quel sigillo era incompleto e sta già per cedere. Non avendo i Cavalieri i mezzi per affrontare una nuova Gigantomachia, è necessario fermare Tifone adesso, e per questo Sion vorrebbe inviare Teneo. Vedendolo dubbioso, considera di andare lui stesso, ma alla fine il ragazzo supera le sue paure e acconsente, per non vanificare il sacrificio della generazione precedente. Orgoglioso di lui, Sion gli confida di reputarlo il suo indispensabile braccio destro, e di essere felice della sua presenza. Il mattino dopo, Teneo, pronto alla partenza, va a visitare le tombe di Aldebaran e Saro, dove trova anche Selinsa. La ragazza, informata da Sion della missione, gli rivela che fu proprio il loro maestro a recarsi in Sicilia quattordici anni prima, e che lo conobbe proprio in quell’occasione, quando si chiamava ancora Hasgard ed era venuto sull’isola di Creta per reclutare un alleato. Selinsa è convinta che anche Teneo un giorno otterrà il nome Aldebaran, e per farlo dovrà vedere con i suoi occh la leggenda delle stelle giganti del Toro.
Quattordici anni prima, a Creta, Hasgard affronta l’enorme Cor Tauri, colui che porta il nome alternativo della stella Aldebaran. L’immenso guerriero, sostenuto dalle grida di incoraggiamento di una piccola Selinsa e di altri bambini, riceve senza problemi il Great Horn del nemico, che però è intrigato dall’affrontare qualcuno con un nome così legato alla sua costellazione.
CAPITOLO 2 (59) - IL PUGNO DELL’ONESTA’
1735 - nel Santuario Sisifo è preoccupato per i terremoti sempre più frequenti, segno dell’imminente risveglio di Tifone. Aspros lo informa che il Sacerdote ha inviato Hasgard al vulcano Etna, e insinua che Sisifo serbi rancore verso il parigrado del Toro per non essere riuscito a salvare Ilias di Leo e suo figlio nella sua ultima missione due anni prima. Sisifo però nutre fiducia nel compagno, che non si è ancora perdonato quel fallimento. A Creta, Hasgard prova invano a ottenere l’aiuto di Cor Tauri, che insiste per voler scacciare l’intruso e proteggere i figli di Europa. Lo attacca allora con il Titan’s Break, sollevando le rocce del pavimento e seppellendolo. Selinsa, temendo che Cor Tauri sia morto, aggredisce Hasgard, accusandolo di voler portare via il loro maestro. In quel momento Cor Tauri riemerge, all’apparenza del tutto incolume, ma in realtà cigolante da alcuni strappi nei vestiti, sotto i quali si vedono ingranaggi. Il gigante diventa rosso fiamma e chiede a Selinsa di scappare, affermando che è suo dovere proteggere i "figli di Europa" e sferrando l’Ichor Nova, con cui spacca la terra e crea un vero e proprio crepaccio. All’interno del cratere però non cade solo Hasgard, ma anche Selinsa che il Toro teneva in braccio. Cor Tauri quindi si avvia per recuperarla, intuendo che i due ora sono nel labirinto sotterraneo di Creta, e in effetti è così, con la bambina che è stata salvata dal Cavaliere. Hasgard si è tenuto tutto il tempo delle macerie sulla schiena per evitare di schiacciare dei fiori, cresciuti miracolosamente anche in quel luogo sotterraneo grazie a qualche raggio di sole. Selinsa inizia a trattarlo un po’ meglio, ma ribadisce anche che Cor Tauri è una persona dal cuore gentile, duro solo con i nemici. Racconta poi che lei e gli altri bambini erano stati abbandonati nel labirinto dai genitori, in balia del mostro che si dice vivere laggiù, e che è stato proprio Cor Tauri a tirarli in salvo e ad adottarli. Le sue accuse ricordano ad Hasgard il fato di Ilias e Regulus, per il quale ammette di sentirsi ancora in colpa. I bambini, secondo lui, sono come semi, che trasportano nel futuro i desideri e le percezioni degli adulti del presente, e per questo intende proteggerli. I due si avviano alla ricerca di un’uscita, ma Hasgard non nasconde a Selinsa di aver bisogno dell’aiuto di Cor Tauri per sconfiggere Tifone, e gli chiede che razza di creatura sia, visto che dimensioni e forza lo fanno assomigliare ad un gigante. D’un tratto, i due vengono sorpresi proprio da Cor Tauri, che si rivela essere un automa di bronzo costruito nell’antichità da Dedalo, sostenuto dal cuore di un toro in cui scorre l’Ichor, il sangue divino di Zeus. Sua missione era proteggere Europa, la donna amata da Zeus, e gli abitanti dell’isola, ma ormai è molto malridotto e cigolante. Sbalordito dal fatto che funzioni sin dall’era mitologica, Hasgard lo vede infiammarsi di nuovo e non può fare a meno di ammirarne la determinazione. Decide quindi di convincerlo mostrandogli la propria e si lascia colpire, iniziando una scazzottata a pugni.
CAPITOLO 3 (60) - LE COSE DA PROTEGGERE
Per la prima volta, il pugno di Hasgard spinge indietro Cor Tauri. Il Cavaliere è convinto di dover smuovere il cuore del suo enorme avversario e ottenere il suo aiuto contro Tifone, per il bene di tutti i bambini del mondo, ma dal corpo di Cor Tauri iniziano ad essere sprigionati dei fulmini, frutto dell’Ichor di Zeus e in grado di attraversare la sua armatura d’oro. In lacrime, Selinsa spiega che ormai la carica vitale dell’automa sta terminando, impedendogli di controllare i fulmini, e per questo cercava di non fare sforzi e si tratteneva il più possibile. Lei vorrebbe che Cor Tauri potesse vivere i suoi ultimi giorni a Creta, portando a termine la missione di proteggere la regina Europa e i suoi figli. L’automa travolge Hasgard con una spallata, mostrandosi rovente e ricordando al nemico una stella gigantesca, degna di quel nome, ma anche fissa e destinata a spegnersi lentamente. Per essere degno della sua attenzione, il Toro decide di diventare un astro a sua volta e sferra un Great Horn a bruciapelo, travolgendo il gigante, il cui controllo sulla propria energia è sempre più precario. Cor Tauri ricorda con affetto Europa e i suoi tre figli, che l’avevano accolto come parte della famiglia, e che ora non ci sono più. Cercando di fermare i fulmini con il suo corpo, Hasgard insiste affinché Cor Tauri - che ormai teme di essere alla fine e si rammarica di aver perso di vista i figli di Europa - non smetta di proteggere i bambini del mondo. Per aiutarlo, solleva il suo gigantesco cuore, subendone interamente i fulmini e salvando Cor Tauri, che alla fine sorride. Quella notte, a crisi conclusa, il gigante informa i bambini di aver accettato di accompagnare Hasgard per portare a termine la sua missione, e Selinsa lo appoggia, dicendo che in questo modo finalmente ritroverà la via di casa che da tanto tempo cercava. Poco tempo dopo, i due raggiungono l’Etna ed entrano nel tempio sotterraneo dove dovrebbe essere sigillato Tifone.
CAPITOLO 4 (61) - IL GUARDIANO
Nei cunicoli sotterranei dell’Etna, Hasgard e Cor Tauri trovano i resti di centinaia di automi, guardiani che invano avevano cercato di impedire la resurrezione del Gigante ivi prigioniero. Non si tratta però di Tifone, ma di suo fratello Encelado, che proprio Atena aveva precipitato sotto la Sicilia, e che ora vuole liberare i fratelli e scatenare una nuova Gigantomachia per il dominio del mondo. Il suo boato spinge indietro i due, ma Cor Tauri protegge Hasgard e lo ringrazia per avergli permesso di trovare altri automi come lui, e di perpetuare la loro missione di sconfiggere Encelado. Desiderosi di proteggere i bambini del mondo e di non perdere più nessuno, i due lottano con tutte le forze unendo il Titan’s Break ai fulmini di Zeus. Encelado però risponde con il Gigan Loud, generando un’onda d’urto immensa che sembra annientare entrambi e spianargli la via verso il mondo esterno. Improvvisamente, catene di fulmini ne bloccano le ali: è opera di un morente Cor Tauri e dell’Ichor di Zeus che ancora ha in corpo. Adirato contro un essere inanimato come lui, Encelado lo colpisce più volte, ma Cor Tauri riesce a saltargli sopra e afferrarlo, deciso a sacrificarsi per permettere ad Hasgard di ripristinare il sigillo. Rammaricato al pensiero di dover abbandonare Selinsa e gli altri orfani, l’automa, consapevole della propria incapacità di generare altra vita, chiede al Toro di aver cura di loro, prima di diventare rovente come la lava e scatenare tutte le energie residue. Hasgard accetta questa sua eredità e, riconoscendo in Cor Tauri un umano pari a lui, promette di farsi carico di coloro che ha protetto finora. Innalza poi il suo cosmo al massimo e, in lacrime, sferra il suo primo Titan’s Nova, dicendo di voler diventare una stella gigante proprio come Cor Tauri.
CAPITOLO 5 (62) - SEMI
Travolto dal Titan’s Nova e prigioniero delle saette di Zeus, Encelado sprofonda nelle viscere della terra, avvertendo però che un potere simile non lo imprigionerà per sempre. Attraverso l’armatura d’oro, Hasgard ha una visione di Cor Tauri e uno sterminato campo di fiori, simbolo dei semi e delle vite che ha protetto finora e che adesso gli affida, facendo finalmente ritorno da Europa. Imprimendo nel proprio cuore il desiderio dell’alleato, Hasgard decide di prendere per sé il nome Aldebaran e continuare quanto fatto finora dalla "stella gigante". Fa poi ritorno a Creta e adotta tutti gli orfani, cui man mano se ne aggiungono altri.
Nel presente, Selinsa è preoccupata per Teneo, e chiede ad Aldebaran e Cor Tauri di proteggerlo. Nel vulcano, il Cavaliere è alle prese con il nemico, che ancora una volta è Encelado: il sigillo usato quattordici anni prima ha bloccato il suo corpo, ma non ha potuto impedire al suo spirito di forgiarne uno nuovo usando le centinaia di automi distrutti che riempivano la caverna e il potere dell’Ichor di Zeus. Grazie ad esso, Encelado vuole equipararsi a Zeus, liberare il suo corpo e conquistare la terra, come dimostra annullando il Great Horn con l’Ichor Loud. Ripetutamente travolto, Teneo si sente indegno del maestro e cerca di sacrificarsi pur di sconfiggere il nemico, ma lo spirito di Aldebaran compare a incoraggiarlo per qualche attimo. Motivato dalla forza di volontà del maestro i cui ricordi sono impressi nell’armatura d’oro, Teneo trova la forza per lanciarsi in avanti e strappare il cuore di Cor Tauri dal corpo di Encelado, privandolo dell’Ichor di Zeus e facendolo esplodere in pezzi. Al cimitero del Santuario, Sion informa Selinsa della vittoria del ragazzo e le narra del mito di Europa. Mentre lei corre a soccorrere l’amico, che ha appena fatto ritorno, Sion riflette su come la volontà di ferro del Toro verrà sempre tramandata di generazione in generazione, insieme al ricordo della forza e della bontà dei loro predecessori.
Glossario: /
Manga: Il volume è stato pubblicato nel numero 9 della collana Lost Canvas Extra dalla Panini Comics.
La logica, questa sconosciuta: Il Grande Tempio non era stato teatro di molte battaglie nel corso della guerra, con solo qualche scontro a Rodorio e all’altare di Atena, quindi lo stato di devastazione visto qui all’inizio pare eccessivo. Sulla tomba di Aldebaran, è indicata la costellazione di appartenenza, ma su quelle di Albafica e Lugonis c’è solo la dicitura "Gold". Vista la minaccia rappresentata dai Giganti, è strano che il Sacerdote invii solo Hasgard, o che quest’ultimo insista tanto per avere l’aiuto di Cor Tauri anziché chiedere a Sisifo o Aspros. A tal proposito, come ha fatto Hasgard a sapere della presenza di Cor Tauri a Creta? Con tutti i posti per abbandonare i bambini, perché lasciarli proprio in un labirinto sotterraneo?
Note: 8. Un gran bel gaiden, che per una volta affronta un tema di rilievo reale - la difesa delle nuove generazioni - al posto di quelli classici più estremizzati e campati in aria. Come spesso accade, verso la fine le dichiarazioni dei personaggi iniziano a diventare ripetitive e ridondanti, ma il doppio contraltare Cor Tauri / Hasgard e Hasgard / Teneo funziona bene, permettendo anche di scoprire diversi retroscena sul passato di alcuni personaggi e incastrandosi bene nella continuity generale.
La storia inizia sei anni dopo la fine del conflitto visto nella serie regolare, quindi nel 1749, anche se il grosso degli eventi ha luogo otto anni prima della guerra, nel 1735. Questa data pone il gaiden due anni dopo la morte di Ilias, vista nei numeri 22 e 23 (44 e 45 in Italia), occasione in cui Hasgard venne inviato in una missione mai ben chiarita, che finì per portarlo a combattere contro Valentino dell’Arpia, impossibilitandolo ad aiutare Ilias contro Radamante. Ciò, unito alla presunta morte del figlio di Ilias, lo ha portato a provare profondi sensi di colpa, anche se di qui a breve si scoprirà che il bambino è ancora vivo. Come verrà poi chiarito nel gaiden del Sagittario, Hasgard, Aspros e Sisifo sono i primi Cavalieri d’Oro della loro generazione ad essere eletti, nonché probabilmente gli unici attualmente attivi. Erano originariamente uniti da una profonda amicizia, ma già qui si intravedono le prime crepe, frutto delle insinuazioni di Aspros che, all’insaputa degli altri due, è finito vittima delle macchinazioni di Yoma. La freddezza con cui Sisifo lo tratta lascia pensare che situazioni come quella attuale non siano rare, e che l’amicizia che li univa sia già deteriorata.
I Giganti, e in particolare Encelado e Tifone, sono già comparsi nell’opera omnia, in particolare nel romanzo Gigantomachia che vede il loro ritorno nell’epoca della serie classica. Unico esempio di racconto puramente testuale della saga dei Cavalieri, è generalmente considerato fuori continuity e mostra un Encelado dalle dimensioni umane e nelle vesti di sacerdote di Tifone, introducendo anche diversi elementi non presenti in questo racconto. Più simile è invece la comparsa di Tifone in un capitolo speciale di Episode G, anche in questo caso solo parzialmente libero prima che il Cavaliere d’Oro inviato dal Grande Tempio, che stavolta è Aioros del Sagittario, riesca a imprigionarlo di nuovo. Sempre Episode G è stato il primo a presentare l’Isola di Creta e il labirinto di Dedalo, rivelando che il Minotauro esiste davvero, avendo fatto ritorno grazie al cosmo dei Titani. In loro assenza però non dovrebbe essere presente, quindi il mostro di cui parla Selinsa in quest’epoca dovrebbe essere ancora solo una leggenda. Europa, che si dice essere capostipite di tutti i popoli europei, compare qui per la prima volta, ma era stata citata dall’episodio 117 dell’anime classico, attraverso l’omonima bambina che dona un fiore a Toro poco prima dello scoppio della guerra con Ade. Al di là del suo valore simbolico, la frase in cui Hasgard dice di amare i fiori è probabilmente un riferimento a quella scena, anche se a Toro i fiori non portarono bene visto che di lì a poco venne ucciso da Niobe. Minosse, figlio di Europa, è invece lo stesso che comparirà in Episode G con l’aspetto di scheletro, responsabile per la costruzione del labirinto e l’eccidio di centinaia di bambini. La sua crudeltà qui non viene mostrata, ma è indicativo che sia l'unico chiamato per nome, con l'accusa di aver fatto un dispetto alla mamma. Una scena mostra la Gigantomachia mitologica tra Tifone e l'Olimpo, del quale si scorgono le divinità: non tutte sono identificabili, ma si vedono Atena con lo scettro di Nike, Poseidone con il tridente, Zeus, Apollo e Artemide con l'arco, il gobbo Efesto e quello che dovrebbe essere Ares, disegnato come un demone/bestia in omaggio a Blanka della serie Street Fighter. Manca, correttamente, Hades, la cui residenza erano gli inferi.
Pur iniziando e finendo con Teneo, la storia ci svela diversi retroscena su Aldebaran, a partire dal ricordarci che il suo vero nome è Hasgard. Pur non dicendolo espressamente, sembra che quello di Aldebaran sia uno pseudonimo comune ai Cavalieri del Toro, ottenuto non alla conquista dell'armatura ma quando ci si ritiene adeguatamente degni, e viene dato a intendere che in futuro verrà adottato anche da Teneo. In quest'ottica, andrebbe ritenuto essere un soprannome anche per l'Aldebaran della serie classica, e serve a spiegare la coincidenza di un Cavaliere che ha per nome proprio quello della stella principale della sua costellazione. La storia dei bambini è invece un palese riferimento a Ken il Guerriero, e in particolare al personaggio di Fudo della Montagia, stereotipo del gigante buono che aveva preso con sé numerosi orfani di guerra. A quanto pare, pur essendo più grande di Teneo, Selinsa venne adottata prima, dopo il "passaggio di consegne" da Cor Tauri, ed è di origini cretesi. Prima del Titan’s Nova, il suo colpo segreto più potente e caratteristico, Aldebaran usava il Titan’s Break, una versione meno esplosiva che sfruttava le rocce del suolo per seppellire il nemico. La presenza di numerosi automi creati da Dedalo non è una novità assoluta nel mito greco, dove Efesto era solito costruire ancelle robotiche che lo aiutavano nella sua fucina, anche se in questo caso viene da chiedersi cosa facesse funzionare quelli privi del sangue di Zeus. A tal proposito, l’Ichor o Icore, sangue divino, è uno degli elementi centrali di Episode G e, pur senza venir indicato per nome, della serie classica dove permette l’evoluzione delle armature dei protagonisti.
Nel presente, ritroviamo Teneo, la cui futura investitura a Cavaliere del Toro era già stata anticipata nel numero 11 (21 in Italia) della serie regolare. Ha passato i sei anni successivi al conflitto contribuendo alla ricostruzione del Santuario - parrebbe con scarsi risultati visto che è tutto ancora in macerie pur non essendoci stati particolari scontri in quella zona - ed è l’unico Cavaliere attivo e presente insieme a Sion. Questa situazione mette nuovamente in dubbio la bontà della decisione di Atena di non ripristinare il cosmo degli altri superstiti, tra cui Yato e Yuzuriha, annullato da Hades, come visto in coda al numero 25 (50 in Italia) della serie regolare. Nel cimitero del Santuario si vedono diverse tombe di personaggi noti, a partire da Saro, giovane compagno di addestramento di Teneo e Selinsa morto nel fallimentare attacco alla cattedrale di Hades del numero 11 (22 in Italia), e passando per Albafica dei Pesci e il suo maestro Lugonis, caduti rispettivamente nel numero 3 (6 in Italia) e nel gaiden dei Pesci. La ragazza che prega per loro, Agasha, è la stessa che Albafica aveva salvato da Minosse nel corso di quella battaglia: figlia di un fioraio, ha imparato a lavorare sulle erbe mediche, probabilmente dopo aver conosciuto Pefko come accennato dall’autrice in un’intervista. Sion invece sta lentamente riparando le armature, presumibilmente dosando le forze in modo da non usare troppo del proprio sangue e morire per lo sforzo. Ironicamente, lo vediamo a lavoro sulla corazza di Perseo, danneggiata non da un nemico ma da Defteros in modalità cannibale. A chiedere aiuto al Santuario contro il risveglio dei Giganti è addirittura il Papa di Roma: legami tra le potenze politiche del mondo e il Santuario erano stati già mostrati nel primo capitolo di Episode G, quando il governo americano richiede l’intervento di Ioria a Three Miles Island, ma è interessante che in questo caso la missiva non provenga dalla corona spagnola, che all’epoca regnava sulla Sicilia, ma dal Papa, che quindi, pur essendo a capo di una religione monoteista, sarebbe consapevole dell’esistenza di Atena e delle divinità pagane.