SAINT SEIYA N°23
SILENZIO A CORTE
(LA CORTE SOLENNE)
Personaggi Presenti: Seiya, Shun, Rune, Radamantis, Marchino
Data: Incerto. 26 Novembre circa
Lunghezza: 46 pagine
I due amici percorrono una lunghissima scalinata, al termine della quale trovano un palazzo enorme, su cui è scritto "Palazzo del giudizio". Intorno a loro non c'è nessuno e tutta la zona è immersa in un silenzio irreale. I cavalieri si chiedono dove possano essere, ma appare uno spectre che ordina loro di fare silenzio, in quel luogo sacro ogni rumore è infatti punito con la morte. Seiya però, bagnato per il tuffo nel fiume, starnutisce e compie altri rumori, suscitando le ire dello spectre. Dal nulla compare allora un uomo, con indosso una toga ed in una mano un enorme libro, che, credendo che sia stato lo spectre, di nome Marchino, a fare rumore, gli ordina di andarsene. Quest'uomo, che attualmente sostituisce Minos al tribunale della prima prigione, è Rune di Barlon, della stella Tenei. Il suo libro è un archivio, su cui sono scritti i nomi di tutti i defunti e le loro colpe, in modo che si possa decidere in quale parte dell'inferno mandarli. I nomi di Seiya e Shun, che sono ancora vivi, non si trovano però sul libro, e così lo Rune comprende che si tratta di cavalieri di Atena. In quel momento irrompe nella stanza Marchino, portando la notizia del superamento dell'Acheronte da parte di due cavalieri, ma Rune, stanco del suo rumore, gli lancia la sua frusta, che gli si avvolge intorno. Non appena il giudice ritira la frusta, i segni da essa lasciati sul corpo di Marchino diventano tagli, ed il corpo dello spectre va in pezzi. Rune poi si innalza davanti ai due cavalieri e colpisce Seiya con il colpo "Reincarnation". L'eroe vede davanti a se tutti i peccati fatti in vita, in realtà abbastanza veniali, ma soprattutto è accusato di aver ucciso molti uomini nelle sue battaglie. Seiya si difende affermando che era tutto per il fine della giustizia, ma Rune risponde "Nessuno oltre a Dio ha diritto di punire un altro uomo !", poi colpisce Seiya, scaraventandolo verso la prima valle della sesta prigione, l'inferno di sangue incandescente in cui cade chi ha usato la violenza. La catena di Andromeda però riesce a raggiungere Seiya e lo riporta alla prima prigione prima che l'eroe cada nel lago di sangue. Guardando bene Shun, Rune si rende conto che, eccetto il colore dei capelli, è identico a qualcuno che lui conosce bene, ma poi lo attacca con la frusta. Il cavaliere si difende con la catena ed afferma che non esiste una persona davvero perfetta "Un uomo, per quanto possa essere benevolo, per vivere uccide pesci ed animali…o raccoglie fiori…o uccide insetti. Oppure odia qualcuno, o invidia e ferisce…anche se magari non lo desidera. Se ognuna di queste cose rappresenta il male…lo stesso vivere sarebbe male…" Colpito da queste parole, Rune risponde che il suo compito è giudicare, ma solo Dio può rispondere a quella domanda. Poi lo spectre lancia la sua frusta, che supera la catena di Andromeda e si avvolge intorno a lui. Resosi conto di essere condannato, Shun piange per tutte le persone che è stato costretto ad uccidere in battaglia e chiede perdono ai compagni, poi Rune ritira la frusta ed il suo corpo va in pezzi. Osservando la testa del nemico, Rune decide di seppellirla per la straordinaria rassomiglianza che ha con quella di un'altra persona, ma la testa, sebbene staccata dal resto del corpo, inizia a parlare ed ordina allo spectre di ricongiungerla alle altre parti del suo corpo. Rune, sconvolto, si convince che quella non è la testa di Shun ma di un'altra persona e, strappatosi la toga, cerca invano il suo corpo, improvvisamente sparito. Rune corre fuori dal palazzo, temendo che il corpo sia stato portato via dal vento della seconda prigione, ma si imbatte in Radamantis. Lo spectre gli mostra la testa che ha in mano, ma poi si rende conto che quella non è una testa. Intanto, alla prima prigione, Pegasus ed Andromeda, già convinti di essere morti, si riprendono, scoprendo di essere soli. Pur non capendo cosa sia successo, i due corrono verso la seconda prigione.
Glossario: Reincarnation: Reincarnazione. Fire Whip: Frusta di Fuoco. Tenei (Cielo della sapienza): Cielo eccellente
Manga: Il capitolo è presente nel manga n° 34 Granata e n° 23 Shot
La logica, questa sconosciuta: Come al fiume Acheronte, è impossibile che alla prima prigione, il luogo dove sono giudicati i dannati, Seiya e Shun siano soli. Quando Rune indossa la toga, dietro le spalle si dovrebbe notare il rigonfiamento delle ali della surplice. Rune riconosce il volto di Shun, ma nessuno, nemmeno i tre comandanti, avevano mai visto Hades se non dietro le tende della Giudecca (ed infatti Radamantis, pur incontrando più di una volta Andromeda, non fa alcun commento).
Note: "Un uomo, per quanto possa essere benevolo, per vivere uccide pesci e animali, o raccoglie fiori, o uccide insetti, oppure odia qualcuno, o invidia e ferisce, anche se magari non lo desidera. Se ognuna di queste cose rappresenta il male, lo stesso vivere sarebbe male." Un capitolo mediocre, che parte malissimo ma riesce a migliorare verso la fine. Come già al fiume Acheronte, Seiya si comporta in maniera del tutto inappropriata, e le scene con Rune sono più dissacranti che divertenti. A salvare il capitolo per fortuna c'è il dialogo tra Shun e Rune, oltre ai primi indizi sul fatto che Andromeda nasconde un segreto. La prima prigione è separata dall'Acheronte da una lunga scalinata in salita. Sul fronte del tribunale, costruito in stile classico, è scritto DIKASTHRION OU TO, che si legge DIKASTERION OU TO e significa "Palazzo del giudizio". Come nello scorso capitolo, le immagini Granata del tribunale non sono state rovesciate in modo da lasciare leggibile la scritta sulla facciata. La stessa cosa succede nell'immagine ravvicinata del libro di Rune, ma non in quella in cui lo spectre si vede per la prima volta. Giudicando dalla surplice, Marchino è solo un soldato semplice. A quanto pare, Rune non sopporta rumori nel tribunale, ed infatti Marchino racconta che un dannato, per aver starnutito, è stato distrutto prima del giudizio. Rune di Barlon, della stella Tenei, sostituisce Minos al tribunale, visto che lo spectre è impegnato nei suoi compiti di comandante. Il libro di Rune, sul quale sono descritti i peccati di tutti gli uomini, è scritto in greco. Oltre al libro, sulla sua scrivania ci sono dei timbri, una penna d'oca, un calamaio ed alcuni fogli scritti. La frusta di Rune svolge una funziona analoga a quella della coda di Minosse nella Divina Commedia. Il numero di volte che la frusta si arrotola intorno al corpo della vittima equivale al numero dei peccati compiuti da quella persona. La frusta compie almeno nove giri attorno a Marchino e dieci attorno a Shun. Visto però che Rune considera anche i peccati minori, è probabile che un giro di frusta non indichi un solo peccato, ma molti di più. Dopo aver subito il colpo di Rune, Seiya rivede alcuni suoi peccati: da bambino uccideva insetti e pesci, distruggeva fiori e piante, faceva a botte con gli amici, ed in più una volta colpì un uccello con una pietra, ruppe un vaso con una pallina da baseball e maltrattò una bambina (sembrerebbe Miho) fino a farla piangere. La sua colpa più grande però è l'aver ucciso numerosi nemici nel corso delle battaglie come cavaliere di Atena (almeno nove vittime considerando anche Saga). La pagina in cui Rune lo accusa ha come sfondo immagini dei primi scontri del ragazzo, durante la Galactic War e la battaglia contro Ikki. Per queste colpe, Seiya viene precipitato nella 1°valle della sesta prigione, l'inferno di sangue nel quale i violenti bruciano in un lago di sangue incandescente. Viene confermato ancora una volta che la catena di Andromeda può raggiungere luoghi lontani anni luce. Rune è il primo ad accorgersi che, a parte il colore dei capelli, Shun è identico ad Hades. Questo significa che lo spectre ha visto almeno una volta il viso del suo signore (ma vedi "La logica, questa sconosciuta"). Secondo Rune, mai nessun innocente si è presentato alla prima prigione. Tra il tribunale e la seconda prigione c'è la valle nera, un luogo sospeso su un precipizio in cui soffiano violentissime raffiche di vento.