I MITI DEI PROTAGONISTI: PERSEO E MEDUSA
By Aledileo
Il regno di Argo, antica città della Grecia centrale, situata nel Peloponneso, vicino a Corinto, risale all’età del bronzo ed è considerato il centro urbano più antico della Grecia e la più importante fucina per la creazione di leggende mitologiche.
Re di questa città era Acrisio il cui nome significa "uomo delle alture". Egli governava felicemente il suo regno coadiuvato dalla moglie Euridice dalla quale ebbe una bellissima figlia: Danae. Un giorno Acrisio consultò l’oracolo di Delfi per conoscere il futuro della sua sovranità e seppe che l’erede che sua figlia Danae gli avrebbe dato, lo avrebbe ucciso. Acrisio allora escogitò un espediente per eludere il fato: fece rinchiudere la vergine assieme ad una ancella in una prigione inaccessibile affinché nessuno potesse avvicinarla. La prigione di Danae era veramente inviolabile, ma non per Giove che, innamoratosi perdutamente della meravigliosa fanciulla, volle unirsi a lei e per far ciò si tramutò in una sottile polvere d’oro che filtrando attraverso gli spiragli e le fessure del carcere, si depositò sulla ignara creatura e la fecondò. Da questa unione nacque un meraviglioso fanciullo: Perseo.
Il pianto del neonato rivelò ad Acrisio la nascita del suo fatale nipote. L’unica soluzione al problema, che nonostante tutto si era venuto a creare, era quella di uccidere madre e figlio, ma ciò era troppo anche per il re spaventato dalla previsione dell’oracolo, per cui ordinò di rinchiudere le due creature in una grande cassa di legno che poi fece gettare in mare; la sua speranza era che le onde, sballottando il singolare naviglio e spingendolo contro gli scogli, avrebbero compiuto quanto lui non aveva avuto il coraggio di ordinare direttamente. Ma ciò non accadde, anzi la cassa fu delicatamente sospinta dai flutti sulla spiaggia dell’isola di Serifo, nelle Cicladi.
Il pescatore Ditti, fratello del re del luogo, Polidette, trovò la cassa e, incuriosito per la sua grandezza e pesantezza, l’aprì rinvenendo i due malcapitati "naufraghi" ormai allo stremo delle loro forze per i disagi subiti. Li portò nella sua casa, dette loro dei vestiti asciutti e puliti, li nutrì e li tenne con se affezionandosi sia alla bellissima madre che al figlio, anzi cominciò ad amare Perseo come se fosse lui il padre. Il re Polidette vedeva di buon occhio ed approvava ampiamente il comportamento del fratello nei riguardi dei due stranieri e cominciò a coadiuvarlo nell’azione di ospitalità anche perché un sentimento d’amore verso Danae cominciava a farsi strada nel suo cuore.
Ma la giovane era sorda a qualsiasi avance del re e nemmeno una formale proposta di matrimonio riuscì a farle cambiare idea; naturalmente Perseo prendeva le difese della madre nei confronti dello sgradito pretendente. Polidette allora, per aggirare l’ostacolo costituito dal giovane, finse di dirigere le sue attenzioni verso Ippodamia, figlia di Enomao, re di Pisa, chiedendone la mano; come dono da recare alla futura moglie, pretese che ogni suddito gli portasse un cavallo. Perseo non possedeva cavalli e nemmeno denaro per comperarne ed allora il re, che era a conoscenza della situazione, in cambio del cavallo pretese dal giovane la testa di Medusa, l’unica mortale delle tre sorelle Gorgoni. Queste (Medusa, Curiale e Steno) erano tre orribili creature che vivevano nell’isola di Samo. Medusa al posto dei capelli aveva un viscido viluppo di serpenti velenosi ed aveva il potere di trasformare in pietra chiunque la fissasse negli occhi, quindi l’impresa di ucciderla era veramente folle. Atena, venuta a conoscenza del vile piano di Polidette, decise di venire in soccorso di Perseo e chiese anche l’ausilio di Ermes.
I due Dei fornirono al giovane aiuto e consigli per portare a compimento l’operazione. Perseo si recò, come prima tappa, dalle tre Graie; queste erano tre sorelle delle Gorgoni, figlie di Forcide e di Ceto e vivevano nel paese della notte dove non splendeva mai il sole. Esse erano nate già vecchie e possedevano in tre un solo occhio e un solo dente che si passavano a rotazione; il loro compito era quello di fare, a turno, la guardia alle Gorgoni servendosi dell’unico occhio che avevano a disposizione. Il giovane si impossessò, con un trucco, dell’occhio delle Graie e minacciò di distruggerlo se avessero avvertito le Gorgoni della sua presenza; poi si recò dalle Ninfe che gli dettero un paio di calzari alati, un elmo che rendeva invisibili chi lo indossava ed una bisaccia dove riporre la testa recisa di Medusa. Atena, reggendo in alto uno scudo di bronzo levigato che fungeva da specchio, guidò Perseo verso Medusa permettendogli di non guardarla direttamente negli occhi; essendo invisibile perché indossava l’elmo, il giovane colse di sorpresa il mostro e servendosi di una spada affilatissima che gli aveva fornito Ermes, la decapitò, poi infilò la testa nella bisaccia e fuggì via veloce come il vento, grazie ai calzari alati, per sfuggire all’ira delle altre due sorelle Gorgoni. Dal collo mozzo di Medusa, uscirono il cavallo alato Pegaso e il guerriero Crisaore, generati da una vecchia relazione che il mostro aveva avuto con Poseidone (il re Nettuno fratello di Zeus).
Sulla via del ritorno Perseo compì altre imprese: servendosi dello sguardo di Medusa, pietrificò Atlante (il Titano condannato da Giove a sostenere sulle spalle la volta celeste) reo di non avergli dato ospitalità nel suo giardino quando, nel recarsi dalle Graie, gliela aveva chiesta per riposarsi; la stessa punizione la riservò al malvagio Polidette. Poi liberò la bella Andromeda, figlia del re Cefeo, incatenata su uno scoglio per essere sacrificata ad un mostro marino e la fece sua sposa; infine compì la previsione che aveva fatto l’oracolo di Delfi ad Acrisio uccidendolo, per sbaglio, infilzandolo con un giavellotto che aveva lanciato durante una gara di atletica. Atena ed Ermes pregarono Zeus affinché, alla sua morte, Perseo fosse portato in cielo fra le stelle per eternare le sue imprese. Giove accolse la richiesta (d’altronde Perseo era suo figlio) e pose la costellazione tra quella del Toro e Cassiopea e per ricordare la giovane madre Danae ed il trucco con la quale l’aveva amata, stabilì che da questa costellazione, ogni anno nel pieno dell’estate piovessero delle particelle d’oro (le Perseidi o Lacrime di S. Lorenzo).