COMMENTI SULLA SERIE DI HADES
La serie di Hades, da molti considerata come la parte più bella del manga, è senza dubbio anomala se paragonata con le saghe precedenti di Saint Seiya, nei confronti delle quali presenta varie differenze.
La serie, compresa nei numeri 19 - 28 del manga, può essere divisa in tre fasi: la corsa dei cavalieri d'oro attraverso le dodici case, la corsa nell'Ade e la battaglia nell'Elisio. In questa serie, Kurumada mette in campo praticamente tutti i personaggi da lui creati, concentrandosi però su quelli che fino ad ora erano stati più in ombra. Un buon esempio è Mu: il cavaliere di Ariete, che non aveva mai combattuto fino ad ora, diventa il cavaliere d'oro che affronta più battaglie, lottando contro Deathmask, Fish, Niobe e Papillon. Milo (Scorpio) invece, che aveva avuto largo spazio ai tempi del duello con Hyoga (Cristal) nei nn 10 e 11, compare e fa ben poco (eccettuando le splendide scene in cui accetta di riconoscere Kanon come un compagno), e più o meno lo stesso si può dire per Aiolia (Ioria). Due casi a parte sono Aldebaran e Virgo. Il primo viene completamente sprecato, e la sensazione è che Kurumada, dopo aver deciso di farlo morire contro Siren (Syria) nel n°14, lo faccia riapparire nel n°17 solo per fargli fare presenza e farlo morire di nuovo qui. Shaka è invece protagonista di alcune fra le più belle scene del manga, ed è un peccato che faccia così poco dopo la battaglia alla sesta casa. Fra i cavalieri di bronzo, è eclatante il caso di Andromeda, che, pur essendo senza dubbio il bronze saint più importante della serie, non combatte neppure una vera battaglia. Un'altra cosa che appare chiaramente nel leggere la saga di Hades, è che Kurumada attua una sorta di rotazione fra i personaggi. Shiryu, che il bronze più attivo alle dodici case, ed Hyoga, che affronta Zellos, appaiono pochissimo nella prima fase della corsa nell'aldilà e combattono praticamente per una sola pagina a testa fino al crollo del muro del pianto, dove poi si rifanno affrontando rispettivamente Shilthead, Queen, Gordon e Minosse.
L'impressione è che con la serie di Hades, Kurumada abbia voluto mischiare le carte, abbandonando parzialmente la "solita" trama della corsa contro il tempo in cui prevalgono i combattimenti uno contro uno, in modo da rendere la serie meno prevedibile. Inizialmente, l'aldilà viene descritto come diviso in prigioni, ciascuna guardata da uno spectre, ed il lettore si aspetta una serie di scontri individuali come alle dodici case o contro Poseidon. Al contrario, Seiya e Shun affrontano insieme tutti i nemici che trovano sulla loro strada, e corrono soltanto fino alla seconda prigione, dalla quale, grazie all'espediente di Orfeo, raggiungono direttamente la Giudecca dove si trova Hades. Shiryu ed Hyoga, dopo le rapidissime battaglie alla terza prigione e l'accenno di scontro alla quarta, attraversano le rimanenti senza alcun problema e senza neppure incontrarne i custodi. Ikki, che Kurumada si ostina a far scendere in campo all'improvviso, in barba a tutte le regole della logica (ma stavolta a salvare Kanon e non Shun), combatte davvero solo alla quinta prigione, ma almeno riesce finalmente ad andare oltre il suo ruolo di "jolly" grazie alle scene fra lui e Shun / Hades, che approfondiscono entrambi.
Un'altra novità della serie di Hades sono i comprimari, che giocano un ruolo più attivo del solito. Grande spazio, praticamente due capitoli, viene dato ad Orfeo, la cui personalità non solo è ottimamente descritta, ma si evolve, fino alla splendida scena in cui, piangendo, ammette che è sbagliato voler riportare in vita un morto, anche se si tratta della persona amata. Ancora di più Kurumada fa per Kanon, che è trattato alla stregua dei protagonisti, accanto a quali corre e lotta per parte della storia. Persino gli altri cavalieri di bronzo hanno finalmente un ruolo attivo, e si dimostrano indispensabili nel proteggere Seika (Patricia) dagli attacchi invisibili di Thanatos.
L'impressione complessiva è che nello scrivere la serie di Hades, Kurumada, forse ispirato dall'anime, abbia prediletto la trama e l'approfondimento psicologico agli scontri uno contro uno (che invece scarseggiano almeno fino al duello tra Phoenix ed Aiacos), in modo da realizzare scene dalla straordinaria bellezza. Le sofferenze di Saga, Shura e Camus, la morte di Shaka, le lacrime di Orfeo e, più avanti, quelle di Ikki, il sacrificio dei dodici cavalieri d'oro, l'intervento di Poseidon, sono solo alcuni dei momenti di alta narrazione che la saga di Hades offre.
Accanto a tanti lati positivi però, la serie di Hades presenta anche alcune cose mal riuscite, prima fra tutti lo spreco totale di alcuni personaggi per lunghi periodi (a volte numeri interi del manga). Si tratta di un effetto collaterale della già discussa rotazione dei personaggi, del quale fanno le spese in molti. Il cavaliere più sprecato è senza dubbio Doko: dopo essere stato protagonista di un intero capitolo, nel quale riacquista la giovinezza di un tempo suscitando parecchio clamore e provocando grosse aspettative, il personaggio scompare completamente per numeri interi, senza combattere mai neppure una battaglia, e quando ritorna, si dimostra incapace di abbattere il muro del pianto ed ha il solo merito di unirsi agli altri cavalieri d'oro nel sacrificio finale. Poco di più fa Shaka, che dopo le splendide scene del n°21, non va molto oltre uno scambio di battute e minacce con Hades. Fra i protagonisti, Shiryu ed Hyoga, già messi in secondo piano dalla presenza di Kanon che per un po corre al loro fianco, sono ignorati troppo a lungo (quasi due numeri interi) e raggiungono la Giudecca con una facilità estrema. E' indicativo che, in tutta la saga di Hades, non vediamo mai il tatuaggio sulla schiena di Dragone. Per fortuna, Kurumada verso la fine rimedia facendo combattere il primo contro tre nemici contemporaneamente ed il secondo contro un comandante dell'aldilà, ma un paio di battaglie in più non avrebbero guastato. Migliore la situazione di Shun e Seiya, quest'ultimo protagonista come non mai, sebbene le scene alla prima prigione, seppur divertenti, sono talmente lontane dagli standard abituali della serie da risultare quasi dissacranti. Altro difetto della saga di Hades, ma comune a tutto il manga Saint Seiya, è il mancato approfondimento psicologico degli avversari, con le eccezioni di Hades e parzialmente di Radamantis e Valentino. Gli spectre quasi non hanno personalità, e gli scontri con i cavalieri sono solo questo, sterili battaglie. In realtà, sono gli stessi bronze a non fornire alcuno spunto di discussione: se, nella serie del Grande Tempio, Ikki chiedeva a Shaka perché obbedisse al sacerdote, e, nella serie di Poseidon, Shiryu chiedeva a Krisaore come potesse essere giustificabile il sacrificio di uomini innocenti, nella saga di Hades nessuno chiede ad uno spectre perché vuole che l'umanità sprofondi nelle tenebre, ci si limita a combattere ed uccidere il nemico, ed è un peccato perché Kurumada ci sa fare come scrittore, come ha dimostrato con la miniserie di Saga, Shura e Camus. La cosa più deludente della saga di Hades è però il finale, palesemente affrettato a causa di pressioni da parte della committenza, al punto che, nel solo n° 28, Seiya e gli altri si liberano di Thanatos, Hypnos ed Hades stesso. Inoltre, com'è tipico dei finali di Kurumada, non si riesce a capire se i protagonisti sopravvivono o meno, in quanto le parole di Saori "Ragazzi, torniamo al mondo della luce" (versione Granata), possono essere interpretate in modi diversi, a seconda che per "mondo della luce" si intenda la Terra o il Paradiso. Personalmente, sono sempre più convinto che sopravvivano, in fondo anche al termine della saga di Poseidon sembravano tutti destinati a morire annegati (l'ultima immagine è quella di un'onda che si abbatte su Seiya e Saori), ed infatti in Spagna, dove il manga fu pubblicato solo fino a quel punto, molti pensarono che i saint fossero morti. Nei piani di Kurumada c'era un capitolo successivo, lo Zeus Chapter, in cui si scopriva che persino Seiya era sopravvissuto (vedi articolo "Lo Zeus Chapter"), ma purtroppo questa saga finale non è stata mai realizzata, almeno fino ad ora.